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Autore: shesfede    03/04/2012    7 recensioni
Ci saremmo innamorati di nuovo, avremmo ricominciato da dove ci eravamo lasciati. Come un nastro che si riavvolge, noi avremmo messo in pausa e saremmo tornati indietro, riscrivendo la nostra storia. Questa volta sarei rimasto al suo fianco, non ci sarebbero state né paure, né lacrime. Niente sarebbe più riuscito a farmi allontanare da lei. Avrei rimediato ai miei errori, avrei fatto qualsiasi cosa pur di riaverla.
Perché nessun’altra avrebbe mai potuto prendere il suo posto nel mio cuore e nella mia vita, perché nessun’altra sarebbe mai potuta essere lei.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Get me with those green eyes, baby.'
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Nobody else it’s gotta be you.


Camminavo per le vie di Holmes Chapel solo, come un povero pazzo. La gente, i ragazzi attorno a me si divertivano, uscivano, si innamoravano… vivevano. Tutto questo infischiandosene di me. Ero come invisibile. Esistevo, ma solo fisicamente. Non avevo più vita da quando avevo commesso l’errore colossale di andarmene via. Me ne stavo lì, al margine della società, immerso nella solitudine assorto tra i miei mille pensieri. In realtà di pensiero ne avevo solamente uno, ed era fisso ed impossibile da allontanare dalla mia mente.
Pensavo a Julie al mattino appena sveglio, mentre mi lavavo i denti, quando mi vestivo. Pensavo a Julie quando accompagnavo nonna a fare la spesa o quando mangiavo. Pensavo a lei quando guardavo la televisione per un intero pomeriggio non sapendo come altro impegnare la mia inutile vita. Pensavo a Julie prima di andare a dormire e continuavo a pensar a lei anche quando ero con gli occhi chiusi, immerso in uno dei soliti sogni in cui mi immaginavo ancora accanto a lei. Lei che con la sua semplicità, il suo essere ancora bambina, i suoi occhioni marroni e la sua risata cristallina era riuscita a farmi innamorare senza neanche darmi il tempo per rendermene conto.
Un bambino mi passò correndo accanto, urtandomi e facendomi tornare in me. Scossi la testa, riconoscendo le condizioni in cui mi ero ridotto. Ma d’altronde non avevo alcun diritto di stare male.
Ero stato io ad andarmene via, ad abbandonare la mia vita, a tagliare i rapporti con i miei amici e a lasciare la donna della mia vita. Ero uno stupido, ma questo non bastava per giustificare il mio comportamento.
Più di una volta avevo pensato di tornare indietro, di riprendere in mano le redini della mia vita. Avrei voluto saltare sul primo treno per Londra, suonare al campanello di casa e stringerla forte tra le mie braccia non appena avesse aperto la porta. L’avrei baciata fino al punto di perdere la sensibilità alle labbra, l’avrei fatta mia ancora una volta, le avrei sussurrato di amarla fino a farla annoiare e poi avrei ricominciato dall’inizio. Mi mancava. Mi mancava come l’aria.
Ma come da manuale ero stato capace di perdere anche la cosa migliore che la vita mi avesse mai offerto. Avevo tutto, lei era tutto, e lo avevo distrutto con le mie stesse mani. Lo avevo fatto scivolare, mollando la presa, e, come vetro, si era frantumato al suolo in milioni di pezzettini impossibili da ricomporre. Non potevo tornare, non potevo neanche lontanamente immaginare di poterlo fare. Lei non mi avrebbe mai perdonato e come biasimarla? Non si meritava tutto il male che le avevo fatto, eppure l’avevo abbandonata, lasciandola da sola ad affrontare quell’uragano di problemi. Sarei dovuto rimanere al suo fianco, dirle che non mi importava di quella storia passata, mantenere la promessa fattale tempo prima riguardante lo stare insieme per sempre. No, non dovevo tornare. Lei non meritava una persona con me, lei ne meritava una migliore. Lei meritava un ragazzo che le stesse sempre accanto, che non la abbandonasse, che affrontasse le difficoltà insieme a lei. Io ero solo un vigliacco. Un ragazzino che aveva paura della verità e che scappava quando questa gli si presentava davanti.
Alzai gli occhi al cielo, per vedere se qualcosa fosse cambiata dall’ultima volta che lo avevo fatto. Era ancora scuro, ma non come prima. Il terreno era ancora umido a causa del temporale avvenuto giusto un’ora fa e terminato poco prima che io uscissi. Che poi a dirla tutta non sapevo neanche perché ero uscito quel pomeriggio. Era una cosa più unica che rara vedermi mettere il piede fuori casa nell’ultimo periodo.
Erano tre mesi che mio nonno mi ripeteva di farmi vedere da un dottore e puntualmente mia nonna rispondeva al posto mio che per l’amore non esisteva cura. Quanto aveva ragione.
La mia tasca che vibrava mi fece distrarre dalle seghe mentali che ormai facevo giornalmente. Non mi preoccupai neanche di vedere chi o cosa fosse. Ormai era inutile. Si poteva trattare solo o dei miei nonni o dei miei genitori, quindi senza perdere tempo tornai sui miei passi, diretto verso quella che adesso chiamavo casa mia.
Per quanto mi sforzassi, anche quel posto mi ricordava lei.
Ogni volta che mi soffermavo sul portico per cercare le chiavi per aprire, la mia mente tornava indietro a quella sera di dicembre, dove per la prima volta l’avevo presentata come la mia fidanzata, quando ancora la nostra storia era un segreto, il nostro segreto. Se chiudevo gli occhi riuscivo ancora a vedere la luce brillare nei suoi occhi a quelle mie parole. “Nonno, nonna, lei è Juliette, la mia fidanzata” dissi semplicemente. Eppure per lei quello significò molto, esattamente come per me.
Ricordavo come si strinse al mio braccio perché si sentiva in imbarazzo di fronte ai miei nonni. Sorridevo ripensando a quando mio nonno ci aveva sorpreso in atteggiamenti poco composti e lei per la vergogna non voleva scendere per la cena. Fui costretto a prenderla in braccio e a portarla giù con la forza per farla mangiare, altrimenti sarebbe rimasta chiusa in camera per l’intero weekend.
Ripensavo a quando, quella stessa sera, uscimmo e ci imbattemmo in una mia vecchia conoscenza. Julie si ingelosì, perché credeva di contare meno delle altre con cui ero stato in passato. Ma non aveva ancora capito che lei era l’unica padrona del mio cuore. L’unica che amavo e che poteva considerarmi suo.
Ridacchiavo ogni volta che pensavo a quel suo ‘fottiti Styles’ dettomi prima di baciarmi appassionatamente, proprio come piaceva a me. Quello era il suo modo per dirmi che mi aveva perdonato. Ed essere perdonato da lei era una delle cose che più mi riempiva il cuore di gioia.
Quella stessa sera ci fu un temporale. Non era niente di eclatante, ma Julie ne fu terrorizzata. Lei era fatta così, i temporali rientravano fra le sue paure più grandi fin da quando era bambina. Nonostante stessimo insieme da più di un mese, quella sera fu la prima volta che facemmo l’amore. Per me quella sera fu tutto così… diverso. Per la prima volta mi sentii vivo.
Con lei qualsiasi cosa facessi era come se per me fosse la prima volta. Julie mi portava alla scoperta di un mondo per me del tutto nuovo, un mondo dove lei stava al centro e io le ruotavo attorno. Non avevo molto da offrirle, se non il mio amore.
Mi trascinai a fatica su per le scale. Ero così invisibile che neanche i miei nonni mi sentirono rientrare. Mi sedetti sull’orlo del letto e aiutandomi coi piedi levai le scarpe. Talmente era il mio entusiasmo che non mi scomodai neanche a piegarmi e slacciarle. Mi lasciai cadere indietro sul materasso morbido e sentii di nuovo quella vibrazione insopportabile. Sbuffai, tirando fuori dalla tasca posteriore dei jeans il telefono. Sfiorai appena il tasto centrale dell’iphone e lo schermo si illuminò. Di sfuggita lessi il nome del mittente. Convinto di essermi sbagliato, riguardai una seconda volta, facendo attenzione. Il nome dell’ultima persona che mi sarei mai aspettato brillava davanti ai miei occhi come se nulla fosse.
Tirai su con la schiena e mi sedetti a gambe incrociate. Fissavo quel nome spaventato dall’eventuale contenuto di quel messaggio. Deglutii rumorosamente e mi torturai le maniche della felpa prima di farmi coraggio ed aprirlo.
“Si sta lasciando il passato alle spalle. E tu fai parte di quel passato” lessi con voce tremante. Per quanto era bassa, neanche io riuscii a sentirmi parlare.
Con più agitazione di prima, feci scorrere la pagina fino ad arrivare al contenuto multimediale del messaggio. Una foto mi si presentò davanti.
Riconobbi subito la mia Julie, in primo piano. Era bella come sempre. I lunghi capelli castano scuro lasciati ricadere delicatamente sulle spalle, gli occhi dolci che ti guardavano speranzosi. Indossava un paio di jeans scoloriti e una vecchia felpa blu di Louis. Stava ridendo. Era una risata spontanea e genuina, ci avrei scommesso la qualunque. Sapevo riconoscere ogni sua espressione dopo tutto il tempo che avevo passato ad osservarla silenziosamente in ogni minimo dettaglio. Guardarla mentre non se ne poteva accorgere era una delle cose che preferivo fare. Era così bella, anche se lei spesso diceva il contrario. Ma era anche questo uno dei motivi per cui l’amavo. Sorrisi istintivamente ripensando a quante volte l’avevo stretta tra le mie braccia perché diceva che quando lo facevo si sentiva protetta e al sicuro.
Solo in un secondo momento notai il ragazzo dietro di lei. O meglio, sotto di lei. Come avevo potuto tralasciare quel particolare? Era seduta sulle gambe di un biondino a me sconosciuto. Erano a casa nostra (o meglio quella che una volta era anche casa mia) a meno che quel divano non fosse una copia esatta di quello che si trovava nel salotto. Vederla sorridere adesso aveva un peso diverso. Lei non era felice. Lei era felice insieme ad un altro. Insieme a qualcuno che non ero io.
Sentii il mondo crollarmi addosso, mentre io restavo immobile a vedere la mia vita andare in frantumi un’altra volta. Ero stato uno stupido a pensare che lei mi avrebbe aspettato, sempre se lo credevo davvero. Era riuscita ad andare avanti, a ricominciare. A lasciarsi il passato alle spalle, come aveva detto Charlie in quel messaggio.
Ma poi perché proprio lei? Per quale motivo mi aveva inviato quella foto? Voleva spingermi a tornare o cosa? Forse quello era un segnale. Era un modo per dirmi di darmi una svegliata e di andare a riprendermi l’amore della mia vita. Da vero masochista tornai a guardare la foto.
Un’improvvisa stretta allo stomaco mi fece rendere conto di ciò che stavo realmente provando in quel momento. Per mesi avevo ripetuto a me stesso che la cosa migliore per lei fosse non tornare, sparire per sempre in modo che si potesse dimenticare di me e di quello che insieme eravamo stati. Ma in quel momento riuscii a ritrovare la forza e la determinazione perse nel tempo.
Presi la prima decisione intelligente da lì a tre mesi. Decisi di tornare a Londra.
Si, lo avrei fatto. Sarei tornato e avrei chiesto il suo perdono. Avevo la faccia tosta per farle una richiesta del genere? Beh, dicono che per amore si fa qualsiasi cosa, quindi si: l’avrei trovata costi quel che costi.
Sentivo il bisogno di stringerla tra le mie braccia più forte che mai.
Sentivo di dover essere io a darle protezione.
Dovevo cullarla io fino a farla addormentare sulle mie gambe.
Volevo essere io a scostarle i capelli dal viso e a baciarle la fronte.
Volevo rincorrerla per la casa fino a non avere più fiato, ma continuare ad inseguirla lo stesso semplicemente perché una volta presa mi avrebbe baciato e detto di amarmi.
Mi alzai di scatto dal letto e corsi verso l’armadio. Presi la stessa valigia con la quale ero arrivato e in fretta e furia buttai dentro le prime cose che mi capitarono tra le mani. Non riuscivo a vedere niente, se non la sua immagine davanti a me che mi sorrideva dolcemente.
Scesi di corsa le scale senza sapere bene cosa stessi facendo. Non avevo il biglietto, né i soldi per comprarlo. Non avevo pronto alcun discorso da fare al mio arrivo. Non avevo niente. Con me stavo portando solo il mio amore.
“Harry cosa stai facendo?” i miei nonni accorsero nell’atrio non appena sentirono il trambusto che la mia discesa provocò.
“Quello che avrei dovuto fare mesi fa nonno” risposi indossando il giubbotto. “Dire alla ragazza che amo che sono un coglione e che lei è l’unica con cui voglio stare, l’unica con cui voglio passare il resto della mia vita” continuai senza neanche rendermene conto. Alzai lo sguardo e incrociai quello fiero di mio nonno e quello sognante di mia nonna.
“Vai e riconquistala figliolo” disse mia nonna sistemandomi i capelli come se fossi un bambino. “Lei ti ama ancora” aggiunse. Le rivolsi uno sguardo triste.
“Le ho fatto del male, l’ho ferita” risposi abbassando la testa. Non avevo alcuna certezza. I suoi sentimenti potevano essere cambiati, anche se io speravo nel contrario.
“Fidati di tua nonna, noi abbiamo più esperienza di te” riprese mio nonno, facendomi sorridere.
Lasciai così casa dei miei nonni e Holmes Chapel per tornare finalmente alla mia vera casa e chiederle un’altra possibilità.
Ci saremmo innamorati di nuovo, avremmo ricominciato da dove ci eravamo lasciati. Come un nastro che si riavvolge, noi avremmo messo in pausa e saremmo tornati indietro, riscrivendo la nostra storia. Questa volta sarei rimasto al suo fianco, non ci sarebbero state né paure, né lacrime. Niente sarebbe più riuscito a farmi allontanare da lei. Avrei rimediato ai miei errori, avrei fatto qualsiasi cosa pur di riaverla.
Perché nessun’altra avrebbe mai potuto prendere il suo posto nel mio cuore e nella mia vita, perché nessun’altra sarebbe mai potuta essere lei



here i am:
eccomi qua, con la tanto attesa one shot (?). 
ne avevo parlato tempo fa alle lettrici della fan fiction, alla quale come avete ben capito questa storia è collegata.
non c'è molto da dire. 
la storia stessa è un chiarimento di quanto è successo ai personaggi. ah, penso che si sia capito, ma tanto vale dirlo chiaramente: è harry a narrare.
asmklcmalmcw non so più che dirvi D:
ah si! come avrete notato la parte finale è ispirata alla canzone dei ragazzi 'gotta be you'. alla fine questa canzone riapparirà anche nella fan fiction e sarà molto imporante per la storia tra harry e julie. ci sono particolamente legata proprio per questo motivo *u*
spero solo che vi sia piaciuta **
grazie a tutti voi lettori xx

   
 
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