Anime & Manga > Gintama
Segui la storia  |       
Autore: Geisha    04/04/2012    2 recensioni
Dal capitolo 12:
Un cenno... Un solo, misero cenno e lei si sarebbe allontanata, avrebbe sciolto quell'abbraccio tenue che gli stava facendo perdere ogni inibizione, sarebbe ritornata distante e inavvicinabile. L'avrebbe persa ancora... Il panico aumentò e tremando si ritrovò a stringere i suoi fianchi.
-Chyo-chan- il suo naso sfiorò quello di lei e a quella distanza minima, poteva avvertire il suo respiro regolare e che sapeva di sake -Non sei patetica, non lo sei mai stata.-
Non seppe per quanto rimasero immobili a fissarsi e perfino il pensiero di dover avvisare Shinpachi e Kagura del ritardo sfumò nel dimenticatoio. La voleva, del resto non gliene fregava granché...
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gintoki Sakata, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Some things just won’t change



 

-Come Zura non c'è?!-  

 

Il samurai che aveva aperto la porta indietreggiò di un passo, squadrandola con un sopracciglio inarcato. Isterica, Chyo sbatté le mani sui fianchi, tossicchiando un imbarazzato -E quando torna?- provando a darsi un contegno, anche se la sceneggiata di cinque secondi prima non le aveva fatto fare granché bella figura.

Aveva i nervi a fior di pelle da quella notte con Gintoki e riversava il proprio nervosismo su chiunque le capitasse a tiro ma non poteva farci nulla. Quella notte di sesso l'aveva segnata più di quanto avrebbe osato immaginare… E immediatamente il pensiero volò al diretto interessato che, come da copione, non si era presentato più alla sua porta e nemmeno aveva chiamato per accertarsi che stesse bene.

 

"Chyo-chan… Non sei patetica, non lo sei mai stata."

 

Più ci pensava più sentiva lo stomaco contorcersi in una strana fitta di piacere, speranzosa come una ragazzina che aveva dato il primo bacio al ragazzo dei sogni… E puntualmente, la ragazzina rimaneva di fianco ad un telefono che non squillava mai. O restava sofferente a fissare la sua larga schiena che si allontanava verso la porta, pregando che qualche parola uscisse da quelle labbra sottili che per tutta la notte aveva assaporato riscoprendone lo stesso, identico sapore di cinque anni prima mentre lei avrebbe voluto urlargli di guardarla. Guardami, guardami, guardami!, aveva continuato a ripetersi con rabbia ma poi si era voltato a fissarla per davvero, e quello che vi aveva letto non le era piaciuto affatto: c'era rammarico e senso di colpa... E aveva pensato che sarebbe tornato da lei con miliardi di scuse, pronto ad abbandonarla ancora. Ma Gintoki non aveva chiamato, non si era fatto vedere e dubitava che l’avesse anche solo minimamente pensata in quelle due settimane di silenzio.

-Non saprei... E' da ieri sera che non torna.- mormorò l'uomo continuando a tenere le mani sulla porta, quasi volesse proteggersi dalla sua furia omicida. Chyo si ridestò e annuì.

-Quello non esce mai e quando serve non c'è.- borbottò seccata gonfiando le guance, volgendo il viso di lato per manifestare la propria irritazione.

L'uomo rise nervoso -Signorina Fujiwara, sa bene che il nostro capo è sempre molto impegnato.-

Chyo sospirò di fronte alla propria sfortuna e alzò le spalle –Sì, sì, d'accordo, digli che sono passata e che devo parlargli. Urgentemente.- sottolineò l'ultima parola con tono grave, facendolo annuire vigorosamente.

-Ma, signorina, è successo qualcosa? Sembra piuttosto sconvolta.- sentendosi studiata dagli occhietti piccoli dell'ominide, Chyo scosse la nuca, mordendosi l'interno delle guance per far scemare lo stress. In realtà non sapeva nemmeno lei perché avvertisse l'urgenza di vedere Kotaro. Forse voleva un po' del suo the amaro così da potergli urlare contro quanto inetto fosse nel preparare una bevanda così semplice; magari voleva rubargli qualche elastico per capelli per passare il tempo, magari facendosi qualche acconciatura... Anzi, a dir la verità il motivo per cui si era spinta fino al loro nascondiglio era solo e unicamente uno: sfogarsi. Aveva solo voglia di parlare, raccontagli di come Gin l'avesse aiutata a sistemare casa e di come c'era finita a letto perché troppo ubriaca; di come, una volta che il respiro era tornato regolare e stranamente la sbornia si era dissolta per entrambi, si fossero guardati negli occhi colmi di imbarazzo e colpevolezza, comprendendo all'istante quanto sbagliato fosse stato ricercare un contatto fisico così intimo se, tra loro, c'erano ancora troppe cose in sospeso; di come le fosse preso il panico quando aveva visto la sua figura sparire dietro il chiudersi della porta, conscia che avrebbe trovato l’ennesima scusa per defilarsi da lei. Lei, che se ne era innamorata ancora di più.

Voleva dirgli tutto questo, magari fra i singhiozzi, e sentirsi dare della stupida dal saggio amico che, più di una volta, l'aveva consolata quando il cliente carino la lasciava senza dire nulla, abbandonando gli yen sul comodino, considerandola un gatto appollaiato sul letto. Ma Zura non c'era e, sinceramente, non era propensa a parlare dei propri problemi di cuore con un tizio che fissava insistentemente la sua scollatura.

-Nh, no, non mi sono pettinata, tutto qua.- passò una mano fra i lunghi fili neri, giocherellando poi con le punte.

Sentì l'uomo tossire prima che si appoggiasse allo stipite con aria da playboy mancato, sistemando meglio lo yukata scuro -Se vuole un po' di compagnia posso sempre--

Chyoko si chiuse la porta in faccia da sola, interrompendo le idiozie dell'omino e girò i tacchi, pronta a tornare a casa col morale sotto terra.

Due occhiaie spaventose le solcavano il viso ovale e pallido, conferendole un'aria malaticcia accentuata dalla cascata di capelli neri come la pece e mossi che ricadevano come una matassa disordinata, facendola apparire una vecchia bisbetica piuttosto che una fulgida ragazza di ventidue anni suonati. Il corpo esile era fasciato in un kimono sfatto e poco elegante, di un opaco azzurro cielo che poco si intonava alla carnagione diafana. Anzi, a dirla tutta la faceva apparire uno spettro vivente dal passo lento e pesante. Chyoko Fujiwara era ormai distante dall'essere il sogno proibito delle tante persone che avevano attraversato, anche se solo di passaggio, l'Atomic Wango ed era tristemente certa che il proprietario avrebbe riso se l'avesse mai beccata in tali condizioni. Per fortuna sua, Zura non abitava vicino al locale.

Uno sbuffo pesante fuoriuscì dalle labbra carnose mentre si immetteva nuovamente nelle trafficate vie di Edo, stranamente animate quella mattina soleggiata. Tutta questa felicità immotivata le stava dando sui nervi… O forse erano le felici coppiette che tubavano per strada a farla uscire fuori dai gangheri. Era invidiosa di tutte quelle ragazze della sua età e che ora se ne stavano appese al braccio del fidanzato, vivendo felici in un mondo tutto rosa e di nuvole di panna montata dove niente e nessuno sembrava scalfirle, quasi la potenza dell'amore potesse renderle immuni alle cattiverie del Mondo. Lei, invece, si ritrovava invischiata in una pseudo relazione imbastita con l'ex che anni prima le aveva dato il ben servito e che ora si era dileguato come suo solito, trattandola come la mera prostituta che era stata per i tanti clienti che avevano riscaldato il suo letto per un'ora o due. E sempre con la consapevolezza di essere l'unica innamorata tra i due e che l'amore poteva far male proprio come una spada conficcata nello stomaco.

La storia si ripete sempre” avrebbe detto Takasugi ghignando derisorio in sua direzione, ma per un breve istante, quando Sakata aveva sussurrato il suo nome fra i loro respiri spezzati con una tale dolcezza da spaccarle il cuore, Chyo si era permessa di credere che, forse, le cose tra loro non erano finite del tutto e la mancanza era stata avvertita da entrambi in egual maniera. Ma poi se ne era andato, lasciandole un gelo dentro capace di paralizzarla e di far precipitare ogni sua certezza.

Sono finita in Marmelade Boy*, pensò angosciata mentre si metteva a braccia conserte, storcendo il naso alla vista dell'ennesima coppietta felice e zuccherosa. Da lì, la consapevolezza che, pur potendo avere Gintoki tutto per sé, non sarebbero mai stati una classica coppia: Sakata non l'avrebbe mai presa per mano, non l'aveva mai fatto; non l'avrebbe stretta in un abbraccio mentre gli altri guardavano, non era nel suo stile palesare la loro intimità di fronte agli estranei o amici; non le avrebbe mai elargito qualche complimento, non era solito elemosinarne; non le avrebbe mai detto con noncuranza ti amo... Non glielo aveva mai detto. Ma nonostante tutto, Gin era sempre stato capace di far sentire la sua presenza anche se in maniera impalpabile ed era bastato sempre un suo bacio improvviso a farle comprendere come non volesse ciò che le altre ragazze avevano. Niente carezze in pubblico, niente complimenti o smancerie, non le servivano. Bastava solo lui, il resto era superfluo.

Un sorriso sereno fiorì sulle labbra color ciliegia, poi le immagini risalenti a quella notte la assalirono prepotenti, costringendola a scuotere la testa -Stupida, stupida, stupida!- batté una mano sulla fronte, procedendo a passi sempre più svagati mentre una smorfia di fastidio si delineava sul viso ovale. Doveva dimenticare quel loro riavvicinamento! Era uno sbaglio, un errore madornale che avrebbe portato solo incomprensioni e litigi, nient'altro...

Eppure continuava a ripensare al suo corpo dall'incarnato bianco che aveva aderito perfettamente al proprio; alle cicatrici che nell'arco delle loro notti di passione adolescenziale aveva accarezzato con minuzia, e attraversando il suo corpo da venticinquenne ne aveva riscoperte di nuove, portandola a chiedersi cosa diamine combinasse per tagliuzzarsi il corpo in quella maniera, e aveva sfiorato le grinze della pelle intorno ad esse quasi ad imprimerle nella memoria. Il suo respiro spezzato e irregolare che soffiava nel proprio orecchio, il suo stringerla ad ogni spinta, quasi fosse spaventato al pensiero che tutto quello fosse una semplice illusione. O forse, lì, l'unica terrorizzata era stata lei che con incredibile imperturbabilità aveva eclissato le proprie paure all'ombra del sake.

Forse devo chiuderla qui. Andarmene, cambiare aria, lontana da lui”, pensò esasperata, rallentando il proprio passo. Un sorriso zeppo di ironia fece guizzare gli angoli della bocca all'insù. Come poteva andarsene se continuava a restare incatramata in quel sentimento troppo denso?

 

-Sicura di non voler venire con noi? Dovresti svagarti un po’. Da quanto non metti piede fuori?- Chyoko si era allungata per sistemare dei libri sulla mensola, dando le spalle ad un serioso Zura fermo sulla porta che sembrava studiare ogni sua mossa.

-Dall’altro ieri.-

-Le uscite per cambiare accampamento non valgono!-  Chyo ridacchiò di fronte all’isteria dell’amico, concentrandosi nuovamente sulle proprie faccende. Non aveva voglia di divertirsi e soprattutto non voleva trascorrere la nottata con Gintoki. Immediatamente, il suo viso si rabbuiò e Zura prese la palla al balzo -Chyo, posso sapere cosa ti turba?-

-Si vede così tanto?- mormorò con grigiore.

-Sembra che tu abbia il ciclo peren-- lo zittì  scaraventandogli contro un libro, ricevendo un sibilo sommesso in risposta  -Sembri isterica, d'accordo? L'altro giorno hai quasi trafitto con una forchetta l'occhio di Sakamoto!- aggiunse turbato mentre lei mugugnava a bassa voce che era stato lui a provocarla -Ti ha solo fatto notare che hai messo su un chiletto o due!-

-Scusa se sono sensibile sulla mia linea da ippopotamo!- gracchiò stridula pensando a come mozzare una gamba pure a quel capellone di Zura.

-Andiamo, anche Gintoki te lo dice spesso, ma solitamente ci scherzi su!- eppure non le venne da ridere, non quella volta. Anzi, al suono di quel nome il suo viso si era contratto in una smorfia di fastidio e angoscia mentre un grugnito le era sgattaiolato dalle labbra serrate  -C'entra Gintoki, per caso? Che ha fatto ora?- si passò una mano sulla fronte, quasi fosse stanco degli atteggiamenti del ragazzo.

-Non ha fatto niente. Che avrebbe dovuto fare?- mascherò la propria irrequietezza giocherellando con la punta della coda, avvertendo il sospiro pesante di Zura perforarle le orecchie, quasi fosse il primo segnale delle parole catastrofiche che di lì a poco sarebbero seguite.

-Da un po' di tempo è strano. Sembra irrequieto e sul campo di battaglia sembra una belva feroce impossibile da trattenere. Gli uomini si rifiutano di voler combattere al suo fianco-  Chyo si sorprese di fronte al racconto dell'amico. Di Gintoki avrebbe potuto dire di tutto, ma mai che sotto quel ragazzo pigro e dall'aria scema si nascondesse qualcuno di così terribile. E prima che potesse concretizzare la propria incredulità con qualche domanda, Katsura diede libero sfogo alle proprie preoccupazioni -Quando combatte sembra come... Posseduto, ecco. Non guarda in faccia nessuno, si scaglia contro gli Amanto con ferocia inaudita e i suoi occhi mettono i brividi, come se fossero iniettati di sangue. Fatico a riconoscerlo... Sai, tutti lo chiamano...- Zura alzò il capo, gli occhi socchiusi ed espressione mortalmente seria, sussurrando poi un greve -Shiroyasha.**-

Le sopracciglia di Chyoko si arcuarono -Che idiozia!-

-Dici così solo perché non lo hai mai visto combattere!-

-A me sembra il solito pagliaccio- protestò piano, incerta nelle proprie convinzioni. Effettivamente, aveva notato anche lei che qualcosa nell'amico non andava, ma chissà che cavolo gli passava per la testa. Il suo essere sempre nervoso, il suo muoversi come un leone in gabbia dopo ogni battaglia, i suoi occhi spenti e colmi di sofferenza ogni volta che qualche compagno cadeva, continuando a ripetersi che era solo ed esclusivamente colpa sua. Cominciava a dirsi che,  forse, si stava sobbarcando della salvezza dell'umanità da solo e per quanto fosse bravo, non avrebbe retto a lungo. E lei avrebbe voluto stargli al fianco, anche se solo come semplice amica... Ma in qualsiasi caso, Gintoki trovava sempre una scappatoia per rendersi inavvicinabile –Hai provato a parlargli?-

-Figurati se quello parla mai dei suoi problemi!- Zura aveva alzato le braccia al cielo per l’esasperazione.

-Già.- soffiò amareggiata –Gin è ermetico.-

-Come te…- le lanciò uno sguardo eloquente, riportando poi in superfice quello che era l’argomento principale della loro confidenza –Allora, me lo dici o no che è successo con Gintoki?-

Chyo temporeggiò, si lisciò i capelli con la vana speranza che Sakamoto venisse ad interromperli… Ma nulla accadde e ormai alle strette, Chyo prese un bel respiro –GintokiEdIoCiSiamoBaciat!- si abbracciò, cercando di scomparire alla sua vista.

Zura, d'altro canto, la fissò con tanto d'occhi -Tu e chi... Cosa?- scettico, la guardò a lungo. Chyo deglutì.

-Gintoki ed io ci siamo baciati, un po' di tempo fa- quando lo vide aprire la bocca dalla sorpresa, subito la ragazza portò le mani avanti -Non farti strane idee, d'accordo? Non significa nulla!-

-Allora ti piace! Lo sapevo!- alzò i pugni in segno di vittoria, come se non gliene fregasse nulla della sua agitazione. Le balenò in mente l'ipotesi che quel cretino e Tatsuma avessero scommesso sulla loro storia affettiva, ma subito l'amico tornò a concentrarsi su di lei avvolto dall’aura della serietà che lo caratterizzava -E com'è successo?-

-Ah, non lo so...- il suo naso arricciato la costrinse a continuare -Una sera abbiamo discusso e poi boh!, l'attimo dopo ci stavamo baciando.- alzò le spalle, superandolo e uscendo nel corridoio.

-Sapevo che era questione di tempo- annuì orgoglioso della propria perspicacia, ricevendo uno sbuffo in risposta -Quindi adesso siete fidanzati?-

-Non ti pare di correre troppo?!-

-Quindi non siete assieme?-

-Certo che no! Non credo nemmeno di piacergli!-

-Questa è una cazzata!- sparò con voce grossa -E come fai a saperlo?-

-Perché quando gli ho detto che mi piace non mi ha nemmeno risposto!- alzò le braccia al cielo, ormai al culmine della tensione -Si è eclissato, puff!, sparito senza dire nulla!- e quando si voltò, pronta a regalare all'amico un sorriso di rassegnazione, quel che vide sul volto di Zura fu un miscuglio di emozioni tra loro disparate che imbruttirono i suoi lineamenti. Ma tra tutte, quella che spiccò maggiormente fu la collera... Non l'aveva mai visto così arrabbiato, nemmeno quando Sakamoto aveva perso i suoi elastici per capelli.

-Io lo ammazzo!- in un impeto di follia, Zura cominciò a fiondarsi verso i dormitori ma Chyoko gli si parò davanti, bloccandolo con il proprio esile corpo -Chyoko, fammi passare! Quell'idiota merita una lezione!-

-Tu non lo ammazzerai!- strepitò spingendolo all'indietro, saldando i piedi al suolo pur di non farlo procedere.

-E chi lo ammazza quello? Io voglio solo prenderlo a pugni!-

-Non lo picchierai!- si seccò di fronte alla propria stupidità femminile -Non puoi fargliene una colpa se non gli piaccio.- Zura smise di dimenarsi e quando lo vide respirare affannosamente ma senza più cercare di riprendere la propria marcia assassina, Chyo lasciò scivolare le braccia.

-E allora perché ti ha baciata?- domandò serio, massaggiandosi una tempia.

Alzò le spalle -Magari è uno che elemosina baci. Cosa vuoi che ne sappia?-

Una risata nervosa sfuggì dalle labbra sottili del ragazzo -Ma stiamo parlando di Gintoki, sicura? Quello stesso Gintoki che ha rifiutato di fare nian nian con ben tre infermiere?- Chyo si chiuse nel proprio mutismo, mettendosi a braccia conserte -Kami, si vede lontano un miglio quanto ci tiene a te e lui rovina tutto!-

-Forse te la stai prendendo troppo a cuore- gli sorrise placida, mettendo a tacere la speranza che aveva cominciato a brillare alle sue affermazioni -Guarda che non è un problema. Va bene così, sul serio. Sono abituata agli amori a senso unico!- si grattò la punta del naso, ridacchiando scioccamente prima di riprendere il proprio discorso -Vorrei solo che tornasse a parlarmi, almeno quello.-

-Figurati se quell'idiota--

-Zura, sappiamo bene quanto Gin-chan sia scarso a parole, lui non è portato per i discorsi.-

-Non è una giustificazione!-

-Non lo sto giustificando, solo-- l'immagine dei suoi occhi cremisi spalancati sfrecciò nella sua mente, l'espressione di puro stupore che gli aveva dipinto il viso le fece ribaltare lo stomaco e la sua larga schiena che si allontanava le stava facendo pizzicare gli occhi. Se le parole ferivano più della spada, Chyo avrebbe giurato che i gesti di Gintoki creavano molta più sofferenza, ma a Zura non disse nulla, limitandosi a scuotere la nuca come a dirgli che non aveva altro da aggiungere. E Katsura se lo fece andar bene, probabilmente, perché dopo averla studiata sospirò pesantemente, portandosi le mani fra i lunghi capelli corvini –Senti, promettimi che non gli dirai nulla.- mormorò stanca, pronta a chiudere quel discorso che continuava a straziarle il cuore.

-Chyoko- la voce di Zura volò fino a lei -Davvero non ti sei mai accorta di quello che Gintoki prova per te?- lo fissò ad occhi larghi, completamente prosciugati e incapaci di rimpicciolirsi.

-Te lo ha detto lui?-

-Certo che no, ma si vede! Quando ci sei tu, lui--

Chyoko posò le mani sulla sua bocca, tappando ogni frase che avrebbe potuto alimentare la propria chimera.

-Zura, io non credo di essere brava in queste cose- sorrise tirata avvertendo gli occhi bruciare e le lacrime spingere per poter uscire -Ricordi con Shin-chan? Credevo che sarebbe stato l'uomo della mia vita e poi sono successe così tante cose- le frasi pregne di cattiveria riecheggiarono nella mente e l'immagine di lui che usciva dalla stanza di Kaory mentre si sistemava i vestiti fu come un pugno in pieno stomaco -E mi sono sentita così umiliata anche se sapevo di non piacergli e poi credo di essermi innamora di Gintoki-- portò la ciocca sfuggita alla treccia dietro l'orecchio, le labbra che cominciavano a tremare -E non voglio risentirmi così stupida. Quindi non ci voglio pensare, le cose si aggiusteranno e—

-E se le cose non si aggiustano?-

Chyo alzò le spalle, conscia di non avere alcuna risposta da dargli. Non aveva ponderato su quella eventualità e nemmeno voleva pensarci. Sperava solo che Gintoki non fosse così scemo da buttare anni di amicizia per quel gesto dettato dalla sofferenza di entrambi.

 

-Tana per Myoko e Katsuo!- l'idiozia dilagante di Sakamoto li distrasse, costringendoli a voltarsi in sua direzione. Ad accompagnarlo c’era solo Takasugi –Allora, venite al cabaret? Abarai ha deciso di accompagnarci!-

-Ibarachi- soffiò Shinsuke passandosi una mano sul viso quando udì la sua risata sguaiata –Avete visto Gintoki? È diventato invisibile per caso?!- perché cavolo la stava guardando?! Chyoko guardò il soffitto di fronte allo sguardo eloquente del samurai, decisa a non rispondere alla provocazione.

-No, sono un Mojito- ed eccolo lì, camminata lenta e svagata, mano fra i capelli e sguardo sonnolento; Chyo, guance imporporate, evitò accuratamente di guardarlo negli occhi –Che vuoi?-

Takasugi grugnì –Andiamo al cabaret. Vieni?-  Gin si limitò ad annuire, cominciando poi le pulizie di primavera nel proprio naso –Diamine, sei disgustoso!- lo ammonì Shinsuke estraendo la katana quando lo vide avvicinare le dita che avevano terminato la perlustrazioni alla propria maglietta.

Chyo ridacchiò divertita mentre Katsura scuoteva la nuca sconsolato –Allora, vieni con noi?- si rivolse a lei con tono speranzoso, ma Chyo si ritrovò a sorridergli e scuotere il capo.

-Nah, finisco di sistemare la mia camera e vado a dormir--

-Non insistere, con lei ci annoieremmo.- a quella sparata per nulla delicata, Chyo gonfiò le guance e trafisse Gin con la sola forza dello sguardo.

-Ha parlato l’anima della festa!-

-La tua voce da gallina coprirebbe il rumore della musica.-

-Chi sarebbe la gallina?!-

-Ragazzi, smettetela!-

-Katsura, non lo sai che non si ci intromette nelle liti fra fidanzati?- ironizzò Shinsuke incamminandosi verso l’esterno, ricevendo il dito medio di Gin in cambio. Sakamoto batté una mano sulla spalla del capellone e lo trascinò via con sé, blaterando su quando si era intromesso in una lite fra coppie e ne era uscito più morto che vivo. Chyo volse il capo per celare l’imbarazzo e giocherellò con la punta della coda, rendendosi conto di essere rimasta sola con il samurai dai capelli argentei.

-Un giorno ti mancherà la mia voce da gallina.- mormorò convinta, aggrappandosi al filo della loro amicizia che, lo sapeva, era ancora lì.

Ma Gin l’aveva guardata annoiato e girando i tacchi se ne era andato, lasciandosi alle spalle un –Non contarci troppo.- che la destabilizzò. Faceva male sapere che Gin non ricambiava le sue attenzioni, ma ancora peggio era rendersi conto che anche il suo sguardo era mutato.

-Sei proprio un cretino.-

 

-Fai più attenzione!- persa nei propri pensieri, Chyo non si era resa conto dell'uomo che aveva ostruito il suo passaggio. Anzi, solo in quel momento si accorse del nuvolo di gente che bloccava la via, accalcata lungo la balaustra che dava sul fiume

-Mi perdoni!- con le gote imporporate, fece un breve inchino in segno di scuse, per poi riportare lo sguardo sulla calca -Cosa sta succedendo?-

-A quanto pare c'è stato un altro omicidio, un altro samurai- la donna appesa al braccio muscoloso dell'uomo portò una mano sulla guancia mentre, angosciata, gettava un'occhiata verso la ressa -E' già il quinto questa settimana!- Chyoko strabuzzò gli occhi, dicendosi di essersi persa qualcosa in tutto questo periodo. Perché non sapeva nulla circa questi assassinii? Ah, avrebbe dovuto guardare un po' di più il telegiornale!

Si sporse sulla ringhiera, osservando il corpo di uomo nascosto alla vista da una coperta e un gruppo di uomini che lo circondavano. Era da anni ormai che non vedeva un cadavere e, sinceramente, non voleva più avere a che fare con una vista del genere.

Un battito sulla propria spalla richiamò la sua attenzione: Elizabeth le si era avvicinata silenzioso come un ninja, riparandosi gli occhi con un cappello di vimini enorme.

-Chyoko-san!- il proprio nome svettava a caratteri cubitali su di un enorme cartello, quasi le stesse gridando “aiuto”.

-Elizabeth! Che ci fai qui?- domandò sorpresa, guardando oltre la sua spalla per intravedere Zura... Ma di lui, nemmeno l'ombra -Sei in giro solo? Ma... E Zura dov-- il paperone la prese per un polso e la trascinò nella via trafficata senza darle spiegazione alcuna -Elizabeth! Si può sapere cosa c'è?!- ma quello niente, si limitava a trattarla come un aquilone. E poi, senza che lui si voltasse, il cartello svettò alto, facendo sorgere più dubbi che chiarezze:

-Abbiamo un problema...-

 

*******

Due tazze di caffè fumanti svettavano al centro del basso tavolino in legno, fissate dagli occhi vuoti di Elizabeth e da quelli sfuggenti di Chyoko. Shinpachi, dietro il divano, continuava a sussurrare quanto la presenza dell’Amanto lo inquietasse, Kagura guardava gli ospiti incuriosita e lui… Lui voleva solamente scappare da casa propria. O cacciare la Fujiwara a calci, faceva lo stesso. Ma per qualche strana ragione, i muscoli erano come intorpiditi e per quanto si sforzasse, non riusciva ad alzarsi da quel sofà e sfuggire alla sua presenza. O, forse, erano i suoi occhi grigi velati di malumore a farlo sentire a disagio fra le proprie quattro mura.

Gintoki Sakata, come solo poche volte nella sua giovane esistenza era accaduto, si trovava completamente a disagio, incapace di tirarsi fuori da quella situazione con qualche battuta ironica.

Credeva che a rompere le palle di prima mattina fosse Otose in cerca dei soldi per l’affitto e aveva aperto la porta, pronto a ribattere alla vecchiaccia che non aveva i suoi stupidi yen e che doveva smetterlo di assillarlo, che lo stava facendo soffocare come una ex gelosa e con manie da stalker. E prima che potesse dar luogo al solito teatrino, ecco che la figurina esile e sciatta di Chyo era comparsa di fronte ai suoi occhi cremisi divenuti vividi per la sorpresa. E’ troppo presto, solo questo pensiero continuava a prendere forma nella sua mente vorticante di pensieri e immagini che avrebbe dovuto seppellire nei meandri della propria anima, intensificatisi quando la ragazza gli passò affianco e il suo buon profumo di Loto raggiunse le sue narici. E non riusciva a sopportare il suo sguardo malinconico e quelle labbra serrate che sembravano voler trattenere un’infinità di domande che, dalla notte trascorsa assieme, sarebbero riuscite a raggiungere chissà quali nervi ancora scoperti.

La studiò ancora, vedendola giocherellare con le punte dei lunghi capelli. Si sentì sollevato nella certezza che nemmeno lei sembrava sentirsi a suo agio, ma quella vacillava al pensiero che, in un’eventuale discussione, la ragazza sarebbe riuscita a barcamenarsi meglio.

-Fujiwara-san, c’è qualche problema?- chiese Shinpachi, affabile come suo solito.

-Non saprei. Elizabeth mi ha trascinato qui dicendo che ha un problema.-

-Quel coso ne ha tanti di problemi.-

-Gin-chan, non insultare nostro unico cliente!- lo ammonì Kagura nascondendo la bocca dietro la mano e lui, per tutta risposta, grugnì rumorosamente, lasciando che almeno un po’ del suo nervosismo fosse palpabile.

-Se è lui ad avere un problema… Che ci fai tu qui?- svogliato, indicò la cameriera di fronte a sé, ricevendo un’alzata di sopracciglio in cambio.

-Sei sordo? Ho detto che mi ci ha trascinato lui qui.- ruvida come cartavetrata, Chyo sembrava essere appena stata morsa da un Cobra.

Gin si morse la lingua, trattenendo le infinità di cattiverie che gli stavano passando per l’anticamera del cervello e sembravano volersi scagliare con forza contro di lei che, lo sapeva, stava sicuramente combattendo con sé stessa per starsene zitta e buona senza porre domande complicate. Perché Chyoko era arrabbiata, visibilmente a disagio e circondata da un’aura di sofferenza, reso ancora più concreto dall’aspetto trasandato che, nonostante tutto, non intaccava la sua fragile bellezza. E subito la mente giocò brutti scherzi, riproponendo, in un susseguirsi di sequenze in bianco nero manco i suoi neuroni stessero girando un film muto, la nottata trascorsa fra fiumi di sake e poi tra le sue gracili braccia. Ed ecco che la cattiveria prese il sopravvento, sbaragliando ogni sua buona intenzione:

-Beh, allora puoi anche andartene ora, no?-

-Come hai sempre fatto tu?- il sorriso di Chyo, sgradevole alla vista e al suo cuore che cominciava a battere sempre più veloce, si increspò su quelle labbra carnose –Nh, forse prima dovrei chiedere delle lezioni a lei, Sensei.- concluse avvicinando le mani affusolate alla tazza di terracotta, cominciando a sorseggiare il caffè con indifferenza. E comprese che l’insoddisfazione della ragazza non era dovuto all’errore commesso la notte del trasloco, bensì al suo tagliare la corda in qualsiasi circostanza come il ragazzino immaturo che era, dimostrando quanto poco tenesse a lei e ai suoi sentimenti.

 

Nulla è cambiato in tutti questi anni”

 

Le parole di Takasugi tornarono a galla, pronte a tormentarlo come una cantilena irritante, facendo riemergere tutti quei ricordi che aveva pensato bene di nascondere ma che erano lì, pronti a fargli pesare la sua inettitudine e vigliaccheria. Si grattò la nuca nel vano tentativo di scacciare le proprie paranoie, ma quelle si erano saldate alla sua anima e sembravano non volersene separare troppo a lungo.

-Brutta--  il telefono squillò, interrompendo la sua deliziosa imprecazione che, ora, continuava a pendere sulle labbra sottili. Con un Diavolo per riccio si fiondò verso il telefono, ringraziando mentalmente chiunque ci fosse dall’altro lato, visto che aveva appena scongiurato una guerra atomica. E quello che udì gli piacque… Gli piacque talmente tanto da farlo sorridere come un deficiente. Quella chiamata aveva portato il sole in quella nera giornata e tanta, tanta libertà! Poteva finalmente andarsene lontano dall’inquietante Amanto che ancora non si era deciso a renderli partecipi del perché della sua sciocca presenza, dalle lagne di Shinpachi e Kagura che voleva aiutare Elizabeth a tutti i costi e soprattutto da lei, Chyoko Fujiwara, che lo avrebbe portato sull’orlo di una crisi di nervi se continuava a starsene muta sul quel divano a braccia conserte. Nh, che poi forse era meglio se stava zitta: quando apriva bocca, era paragonabile ad un serpente a sonagli.

-Beh, io vado. Un cliente ha bisogno urgentemente di me- si massaggiò il collo, evitando accuratamente di osservare la ex che, imperturbabile, continuava a sorseggiare il caffè –Occupatevi voi due di loro.-

-Ma, Gin-chan…-

-Gintoki! Torna immediatamente qui, non accampare le tue solite scuse!- Shinpachi scagliò il vassoio per terra, agitando i pugni con nervosismo –Tu stai solo scappando!-

Chiuse dietro sé la porta con forza, facendo sì che le parole del quattrocchi sfumassero nell’aria, anche se continuavano a colpirlo pesanti e assordanti. Sicuramente, nell’udire ciò, le labbra di Chyoko si erano incurvate in un ghigno malevolo, ci scommetteva quei pochi spiccioli che gli erano rimasti! Si massaggiò la spalla. E pensare che le labbra di Chyo erano stato così ricche di dolcezza mentre riempiva il suo corpo di baci… Ora sembravano solo capaci di scagliare litri di veleno.

Si staccò dalla porta di legno, pronto a recarsi a casa del suo nuovo cliente e pronto a lasciarsi indietro, ancora una volta, Chyoko.

Mosse un passo appena prima di avvertire la porta aprirsi piano e voltato il capo, l’espressione mortificata di Chyo si parò davanti ai propri occhi sfumati di sorpresa. Avrebbe dovuto immaginarlo che la strega avrebbe approfittato della sua uscita teatrale per rivolgergli domande a tradimento!

-Vipera!-

-Cosa?!-

-No niente, lascia perdere- sventolò una mano, mordendosi la lingua per aver espresso quel pensiero ad alta voce –Che c’è? Devo--

-Gintoki, mi dispiace per prima. Non avrei dovuto- lo aveva interrotto con delle scuse appena mormorate, torturandosi le mani e continuando a guardare verso la strada, quasi si aspettasse di venire interrotta da un momento all’altro. E lui, che avrebbe dovuto apprezzare questa sua incredibile capacità e voglia di aggiustare sempre tutto e di prendersi interamente la colpa anche quando non ne aveva nemmeno un po’, semplicemente si limitò ad annuire e a darle le spalle. Non le avrebbe chiesto né scusa né grazie, non le avrebbe detto nulla. Avrebbe solo aggravato la situazione con le proprie goffe parole e si sentiva già abbastanza in colpa. Nemmeno il tempo di posare un piede sul primo scalino che la voce vellutata di Chyoko lo raggiunse ancora, paralizzandolo -Posso parlarti?-

Gin si massaggiò il collo, mordendosi l’interno delle guance mentre si preparava a risponderle il più gentilmente possibile; ma non era proprio bravo a controllarsi e così replicò con un secco -Non mi hai sentito? Devo andare a lavorare.-

Chyo però sembrava intenzionata a non volerlo lasciare andare -Ti prego, Gin. È importante.-

Volse il busto, esaminando la sua espressione cupa. Non era un idiota, aveva ben compreso quale fosse la questione di vitale importanza che tanto le stava a cuore, ma sentiva che se non ne avessero parlato affatto le cose si sarebbero aggiustate da sole. Lei magari si sarebbe messa l’anima in pace, avrebbe trovato un uomo migliore di lui e sarebbe uscita dalla sua vita… E lui avrebbe proseguito i propri giorni nella monotonia, senza la sua dolcezza, senza la valanga di ricordi che un suo solo sguardo riusciva a far riaffiorare.

-Oggi non ho tempo, mi dispiace- le diede le spalle, riprendendo la propria lenta camminata -Chyo...- e la sua voce strascicata, intrisa di calma apparente, uscì senza che potesse controllarla -Fai attenzione quando torni a casa.-

-Dovresti fare tu attenzione, piuttosto- aveva sentito i suoi passi delicati spingersi fino a lui, ma una volta voltatosi, si rese conto di quanto distante fosse –C’è un killer che uccide i samurai!- si preoccupava sempre per lui. Sia che andassero d’accordo sia che litigassero dalla mattina alla sera, Chyo sembrava sempre essere preoccupata per la sua vita. E questo lo mandava in bestia. Se lei continuava ad essere così dolce, come poteva allontanarla senza provare senso di colpa? La vide portarsi dietro le orecchie due ciocche di capelli –Secondo te Zura--

-Zura sa badare benissimo a sé stesso!- la interruppe asciutto, scacciando dalla mente l’eventualità che all’amico potesse essere accaduto qualcosa. Riportò lo sguardo su di lei, vedendola mordersi il labbro inferiore mentre la sofferenza le contraeva i muscoli del viso –E anche io me la so cavare da solo. Non ho bisogno che ti preoccupi per me. Anche se ti preoccupi, io non posso fare nulla.- quel pensiero scomodo e pesante che tanto aveva girovagato nella mente uscì in un sibilo pregno di indifferenza. E lei incassò stringendo i pugni sullo yukata. Si grattò la nuca, scendendo una volta per tutte quella scalinata che pareva infinita.

-Sei proprio un idiota.- udì indistintamente le sue parole intrise di seccatura, portate dal vento e che si spezzarono quando la porta di casa sbatté.

Deglutì e procedette svagatamente verso la propria meta borbottando un incolore –Lo so da me, cosa credi?-

********

Avvolta nel kimono sgualcito, appoggiata al muro di legno di un’anonima baracca che dava sul fiume, Chyoko fissava insistentemente il ponte su cui, per l’ultima volta, era stato visto Katsura.

-Dovresti tornare a casa. Può essere pericoloso.-

Chyo osservò di sbieco il cartello di Elizabeth che fissava dritto davanti a sé. Alzò le spalle e tornò a fissare il punto di prima, appoggiando la nuca alla parete –Non riesco a stare a casa. Mi sento soffocare.- spiegò mogia, dando della scema alla propria speranza che continuava ad alimentarsi grazie a chissà quale pensiero sciocco. Pregava seriamente che a Zura non fosse accaduto nulla, ma non era da lui sparirsene in quel modo senza avvertire nessuno e soprattutto, con quel killer che uccideva i samurai, non bisognava abbassare la guardia.

Si abbracciò quando si rese conto di come anche Gin fosse in giro in perlustrazione o da chissà quale fantomatico cliente, storcendo il naso al pensiero che si era eclissato così, davanti ai suoi occhi, senza lasciarle possibilità alcuna di poter chiarire quella notte di fraintendimenti. Che poi, chiarire cosa? A lei era piaciuta, non si pentiva di nulla… Ma voleva sapere cosa ne pensava lui. Voleva sentirsi dire in faccia quanto sbagliato fosse stato, così magari se ne sarebbe fatta una ragione e avrebbe guardato avanti.

-Come no.- bofonchiò a sé stessa, sorridendo amara. L’amore che provava per quel buono a nulla di Sakata era talmente ingombrante che non sarebbe riuscita a spostare l’attenzione su qualcun altro.

-Fujiwara-san, Elizabeth-senpai, ho portato del pane!- la voce decisa e ferma di Shinpachi la fece voltare. Gli sorrise appena, poi tornò a guardare di lato.

-Volevo delle crocchette di pane!-

-Non credo sia il momento esatto per sindacare sulla cena- lo ammonì Chyo ricevendo una sbuffata di sigaro in viso. Da quando fumava quello Psyduck troppo cresciuto?! –E togliti quella bandana! Sembri Rambo!-

-Fujiwara-san, riguardo ad oggi- Mr. Quattrocchi zampettò fino a lei, posando la busta su di una cassa. Chyo gli regalò un’occhiata confusa -Deve scusare Gin-san, sa, non è particolarmente caloroso con gli ospiti.-


Non ho bisogno che ti preoccupi per me.

Anche se ti preoccupi, io non posso fare nulla”

 

No, solo con me, pensò truce mentre continuava a restare immobile contro il muro e le parole vorticavano nella sua testa. Sentendolo però agitarsi al proprio fianco, gli rivolse un sorriso di gratitudine.

-Smettetela con queste smancerie!- la katana di Elizabeth tagliò l’aria, conficcandosi nel legno della parete opposta. Chyo, occhi ridotti a due puntini minuscoli, guardò dapprima l’Amanto, poi un Shinpachi stesosi a terra.

-Ma non sono smancerie!- gracchiò l’occhialuto agitando i pugni –E poi, si può sapere perché mi hai colpito?!-

-Non comparire dietro le spalle. Mai.- lo accusò il paperone sbuffando del fumo.

-Oh, per l’amor del cielo, volete smetterla?- brontolò Chyoko osservandoli di sbieco. La ragazza però sobbalzò quando una lanterna rischiarò la notte illuminata fiocamente dalla luna –Ah, lo Tsujiri!- strillò in preda al panico, gettandosi dietro il cassonetto insieme a Shinpachi.

-Signorina, crede davvero che lo Tsujiri andrebbe in giro armato di lanterna?!- trillò il ragazzo appiattendosi contro il cassonetto.

-Allora perché non esci a dare un’occhiata?!-

-Oi, volete fare silenzio?- l’uomo li richiamò all’ordine, squadrandoli malevolo -Ma cosa prende a voi giovani d’oggi, si può sapere?- la cameriera arcuò le sopracciglia, sporgendosi appena oltre il cassonetto per guardare in viso il nuovo arrivato. Era un uomo della magistratura col codino e l’aria cattiva.

-Stiamo girando una scena di Rambo- mormorò sarcastica,  portando una mano sul cuore che, piano, si placava –Piuttosto, cosa ci fa lei qui? Non sa che--

-Questo dovrei chiederlo io a voi!- tuonò l’uomo illuminandoli con la lanterna –Insomma, non lo sapete che recentemente ci sono de—

Fu un taglio silenzioso ma che ebbe la potenza di farli ammutolire per la paura. Gli occhi di Chyoko si spalancarono alla vista del sangue che grondava dal corpo dell’uomo, ora diviso a metà, e quando un vecchio dall’aria allucinata puntò la spada insanguinata contro loro, portò le mani sulla bocca per trattenersi dal gridare.

-Cosa stava dicendo? Ah, sì, ci sono degli Tsujiri recentemente- il sorriso si allargò a dismisura –Dovreste fare attenzione, no?- e prima che potesse anche solo muovere un muscolo, Chyo venne sbalzata all’indietro da un cartello di Elizabeth, finendo rovinosamente a terra trascinandosi dietro Mr. Quattrocchi. Si appestò ad aprire gli occhi grigi e trovarsi di fronte un Elizabeth trafitto da una katana… Ma quello era appoggiato al muro e davanti a sé c’era una sagoma familiare.

-Uffa, che strazio…- Chyo si puntellò sui gomiti, scostando i lunghi capelli dal viso per riuscire a guardare l’uomo davanti a sé incredula e sorpresa. I capelli argentei ricadevano lunghetti fino al collo, in quella zazzera di ricci fluenti e morbidi che sembravano ben descrivere la complessità di quel ragazzo e i vestiti erano bianco candido come li ricordava –Possibile che vi ficchiate sempre nei guai?-

-Gin-chan…- mormorò flebilmente, sentendo il cuore battere più veloce. Scosse la nuca e davanti alla vista annebbiata, la sagoma pigra del venticinquenne tuttofare riprese le proprie sembianze, sostituendosi all’immagine dell’adolescente ancora indelebile nella sua mente e nel suo cuore –Cosa ci fai qui?- domandò pulendosi il kimono logoro, ricevendo una smorfia in risposta.

-Questo dovrei chiederlo io a te- le diede le spalle, superando gli ostacoli di cartoni e bidoni –Shinpachi, tornate a casa.-

-No, tranquilli, continuate pure senza di me- l’uomo si tolse il cappello e andò a recuperare la spada conficcatasi nel terreno –Ma, ripensandoci, posso concedervi una breve rimpatriata visto che sarà l’ultima che avrete. Mi spiace solo che Katsura non possa partecipare…- una risata rauca si propagò nell’aria ora pregna di tensione. Chyo si strinse nel kimono, affiancandosi a Shinpachi ed Elizabeth, immobile come statue di sale all’udire di quella frase sibillina.

-Che-Che cosa hai fatto a Katsura-san?!- strepitò il Quattrocchi agitandosi.

-Oh, non lo sapevate? Mi duole dirvelo così, ma sapete, ero così eccitato quando ho ricevuto questa spada che l’ho ucciso! E sono così fortunato da aver incontrato te, Gintoki, che quasi non riesco a trattenere la gio—

-Zura non è così debole da farsi battere da uno come te!- eclissando le proprie paure dietro la larga schiena di Sakata, Chyo si ritrovò ad urlare quella frase che le stava raschiando la gola mentre la rabbia e il dolore si impossessavano di ogni fibra del suo corpo.

-Ah, e allora cos’è questo?- dalla tasca dello yukata tirò fuori una lunga coda di capelli trattenuti da un elastico verdognolo, agitandolo come se fosse un gioiello di inestimabile valore. Chyoko squittì, stringendo la mani sulle braccia –Volevo tenermelo come souvenir, ma credo che sia meglio se lo regalo a voi, che ne dite? Mmm, però sono così soffici questi capelli. Siamo sicuri che Katsura sia un uomo?- alzò la nuca, guardando oltre la spalla di Gintoki e Chyo si sentì scrutata -Mi chiedo se anche i tuoi siano così morbidi, donna- Chyo si irrigidì e istintivamente alzò la spallina del kimono scivolata appena lungo la spalla –Oh, magari potremmo sempre divertirci in altra maniera una volta fini—

-Toccala con un dito e sei morto- vide Gintoki scagliarsi contro Nizou quando lo sguardo del killer si era soffermato troppo a lungo su lei, ora attraversata da mille brividi di paura –E te lo ripeto un’ultima volta: Zura non è tipo da farsi battere così facilmente.-

Chyoko si lasciò scivolare lungo il muro, cercando di riacquistare un briciolo di energie mentre sotto la sua vista annebbiata cominciava il combattimento tra i due samurai. Non era più abituata a tutta quell’adrenalina, alla paura che contorceva le budella e alla sensazione di essere in costante pericolo. Ma soprattutto, non era più abituata a vedere l’amico sferrare colpi di katana contro qualcuno.

Nascose il viso fra le braccia, appoggiando la fronte sulle ginocchia sollevate.

 

"Anche se ti preoccupi, io non posso fare nulla."

 

Ma lei si preoccupava sempre per lui, era più forte di lei. E lui arrivava sempre a proteggerla, sempre… Del resto, certe cose proprio non volevano saperne di cambiare…

 

Guardò malevola il quaderno aperto sul tavolo su cui svettava il nome “Sakata” ripetuto più e più volte, dandosi mentalmente della stupida sognatrice per aver anche solo vagamente pensato che quel cretino potesse provare qualcosa per lei. Gintoki era uguale a Takasugi, doveva farsene una ragione. Con un gesto secco chiuse il quaderno, tornando a sistemare i libri sullo scaffale. Nulla sarebbe riuscita a distrarla da quella giornata dedita alla pulizia. Nessuna gara di bevute, nessuna gara di rutti, nemmeno la gara di spogliarello tra un Sakamoto e un Takasugi ubriachi sarebbe riuscita a deconcentrarla… Ma c’era troppo silenzio, cullante e quasi assurdo, graffiato da un tonfo sordo e una risata rauca. Che quegli idioti fossero già tornati? Il capo cadde pesantemente in avanti quando udì lo scricchiolio della porta che veniva aperta –Sentite, oggi non ho proprio voglia di giocare.-

-Oh, peccato…- il libro le sfuggì dalle dita, infrangendosi contro il pavimento in legno –Io volevo proprio divertirmi, con te.- volse il busto, paralizzata nel ritrovarsi di fronte quella figura che, da tempo, credeva sparita nell’oblio.

Era un Amanto dalle sembianze di un enorme maiale, simile a  quelli che aveva visto durante le proprie fughe, uguale a quelli trafitti dalle katane degli amici. Identico… Ma così diverso che sarebbe riuscito a scorgerlo e riconoscerlo in mezzo a migliaia di cloni. Riconobbe il suo sguardo tagliente, il suo ghigno perfido solcato da una serie di denti giallastri, il suo odore, la malignità che emanava da ogni poro di quella sua pelle rosa confetto… Portò una mano sulla fronte che aveva cominciato a vorticare.

-Tu-Tu dovevi- deglutì, lasciando scivolare la mano fino allo stomaco in subbuglio –Shin-chan ti aveva ucciso!- balbettò spaventata, stringendo gli occhi per scacciare le immagini di quella tremenda notte a casa propria, dove le grida dei paesani avevano riempito le mura di casa e l’odore di sangue e del fuoco aveva impregnato le sue narici. Sentì la bile salirle fino alla gola ma deglutì e tornò a guardarlo, scorgendo la sua espressione famelica.

-Nah, mi ha solo intontito- grugnì seccato –Sai, ti ho cercata per così tanto tempo. Ho seguito il tuo odore, non sei lusingata?- inclinò il capo.

Chyoko rise nervosa -Disgustata, a dir la verità.- una smorfia pitturò il suo volto candido. Doveva trovare una via di fuga, ma l’odore di cadavere che quel mostro aveva portato con sé le stava facendo venire la nausea.

-Però devo dare ragionare ai miei compagni, sei davvero bella come dicono per essere uno schifoso umano- la scrutava ad occhi socchiusi pregni di malizia e Chyo, d’istinto, si mise a braccia conserte –Forse dovrei divertirmi con te prima di ucciderti.- accarezzò amorevolmente l’enorme ascia che stringeva fra le mani.

Chyo si appiattì contro il muro. Fantastico, ora era diventata l’oggetto dei desideri di un maiale bavoso! Avrebbe preferito finire a letto con Sakamoto, piuttosto –No, guarda, senti, non ti divertiresti affatto. Ho messo su qualche chilo, ho la ciccia sballonzolante e—

-A me sembri magra.-

-Oh, tu dici?! Grazie! Effettivamente ho fatto un po’ di attività e— il rumore dell’ascia che si abbatteva sul basso tavolino in legno la fece sobbalzare e portando le mani sulle labbra, soppresse un grido.

-Ora siamo tu ed io, bambolina- si era avvicinato ad un palmo da lei, poteva scorgere le grinze sul suo volto paffuto e l’odore di carogna del suo alito le impregnò le narici –Non credo che Takasugi verrà a salvarti, non questa volta- Chyo provò a buttarlo a terra con la forza di mozzarella che si ritrovava, finendo però per ritrovarsi intrappolata tra il suo grasso corpo e il muro. Fantastico, palpata per la prima volta da un Amanto che odorava di spazzatura… Rimpiangeva di aver rifiutato una notte di sesso sfrenato in compagnia di Tatsuma. Chyo volse il volto, stringendo il labbro inferiore mentre cercava di cacciare indietro le lacrime.  Le prese il mento fra il pollice e l’indice, impedendole ogni possibilità di movimento e di pensiero. Strinse gli occhi mentre lo vedeva avvicinarsi al proprio viso, sentendo la sua pelle viscida sfiorare la propria guancia mentre le sue labbra gonfie accarezzavano il suo orecchio -Chissà se urli come tua madre.- sussurrò divertito, ridendo raucamente subito dopo.

Gli occhi le si spalancarono a dismisura mentre qualcosa in lei si spezzava, facendole montare la rabbia. Sua madre, suo padre, gli odori e i suoni che, da quella sera, albergavano indelebili in lei, facendola svegliare nel cuore della notte madida di sudore e col fiato spezzato… Credeva che l’incubo fosse finito, invece vi era ripiombata senza alcuna via d’uscita. Strinse i pugni e con tutta l’energia che aveva in corpo scagliò con ferocia una ginocchiata fra le sue gambe, facendolo accasciare al suolo in un rantolo spezzato.

-Lurida— l’Amanto si piegò in avanti, agitando l’ascia e colpendola sul polpaccio, facendola scivolare a terra per il dolore.  Era solo un taglio netto e poco profondo ma che fu in grado di paralizzarla per un breve istante. Strinse i denti e si trascinò fino alla porta chiudendosela alla spalle, ricacciando indietro le lacrime quando vide i corpi martoriati di suoi due compagni che giacevano lì, davanti ai suoi occhi enormi e velati di terrore. Deglutì mentre giungeva le mani sotto le labbra tremanti, un unico pensiero in mente:

-Gin-chan, ti prego, corri.-

******

Balzò sul ponte all'ennesimo fendente che il killer gli regalò, strisciando i piedi sulle tegole di legno per fermare il proprio andare. E prima che potesse prepararsi a scagliarsi con tutta la forza che possedeva contro il vecchiaccio, quello si era fiondato all’attacco, precedendo ogni sua possibilità di reazione.

Sentì il proprio corpo precipitare nell’enorme voragine che si era creata sotto sé, finendo di schiena sui sassi del fiume che, placido, continuava a scorrere sotto i suoi piedi.

-Ti facevo più forte.- lo derise il killer affacciandosi dalla crepatura, sbandierando la spada che sembrava essere dotata di vita propria.

Gin ghignò nonostante la situazione giocasse a suo svantaggio, soffermandosi a fissare gli enormi cavi che fuoriuscivano dal braccio di Nizou, intrecciandosi fino a saldarsi alla spada. Gli pareva un cuore pulsante più che una comune katana –Non dovremmo combattere ad armi pari?- a fatica, si alzò in piedi, avvertendo i capi bagnati pesare sul proprio corpo indolenzito per la caduta -Insomma, io ho una katana di legno mentre tu hai appeso al braccio un parassita!-

-Combattere?- Nizou saltò e si gettò contro Gin che, portando il peso in avanti, riuscì a parare il colpo con la propria spada –Chi ha parlato di combattimento?- la sua risata rauca si sparse ancora nell’aria, strozzandosi quando Sakata gli assestò un calcio sul ginocchio, facendolo capitombolare a terra.

-Perché, questo cosa sarebbe?- con un piede calpestò il suo stomaco, avvertendo il suo mugolio di dissenso che non fece altro che aumentare l’adrenalina che aveva cominciato a scorrergli nelle vene. Doveva ammetterlo, da tempo non combatteva con così tanto vigore e per quanto si stesse trattenendo per non liberare la bestia che urlava dentro sé, sentiva la voglia di colpire crescere ad ogni sferzata di spada, ad ogni calcio ricevuto. Per un breve istante, fu come ritrovarsi sul campo di battaglia, circondato dagli Amanto. Sollevò la spada a mezz’aria, sorridendo appena alla vista dell’uomo che non sembrava essere turbato davanti alla sua aria omicida, anzi, sembrava quasi divertito. E fu proprio quella scintilla di divertimento a coglierlo in fallo, paralizzandolo per un breve secondo, giusto il tempo di sollevare il capo e accorgersi che quei maledetti fili si erano attorcigliati attorno alla spada di legno, bloccando ogni sua possibilità di attacco.

-Secondo te?- Nizou gli mollò un calcio, facendolo sbilanciare in avanti. Incespicò nei propri piedi, reggendosi con la mano libera quando inciampò –Io la chiamerei esecuzione, non credi?- volse il busto, provando a pararsi con la spada, ma a nulla valse. Venne scagliato con forza contro il muro di pietra alle proprie spalle, accasciandovisi addosso mentre sentiva le ossa sbriciolarsi. Digrignò i denti per il dolore, portando una mano sul petto quando vide del sangue chiazzare di rosso l’acqua limpida del fiume.

-Gin-san!- sollevò lo sguardo, scorgendo la sua tifoseria personale sporta sul parapetto in legno che lo chiamava a gran voce, come se così potesse prendere in mano l’intera situazione. Peccato che fosse ricoperto di sangue, avvertisse gli arti formicolare e la vista si stesse annebbiando ogni secondo che passava. Appoggiò le mani sul muro, strisciò i piedi avanti e provò a sollevarsi, cercando con lo sguardo la propria spada che giaceva a pochi metri da lui, spezzata in due –Oh, merda—

-Gin-san, attenzione!- issò il capo all’urlo di Shinpachi ma prima che potesse spostarsi, Nizou si era aizzato contro di lui, conficcandogli la lama della spada nel fianco. Una fitta lancinante pervase il corpo, lo stomaco si attorcigliò e sentì la bile salire fino alla gola, ma tutto ciò che riuscì a sputare fu sangue mentre si piegava in avanti, sentendosi sorretto solo dalla spada che, nel conflitto, doveva essersi incastrata nel muro.

Lasciò scivolare le mani sui fianchi mentre stringeva i denti per far sì che il dolore non si concretizzasse in grida. Nizou continuava a ciarlare di lui, di come fosse stato una delusione per il paese, di come fosse inutile… Di Shiroyasha… Peccato aver perso ogni briciolo di energia; gli avrebbe spaccato volentieri la faccia al suono di quel nome.

-Dovresti smetterla di parlare. Se perdi la concentrazione, è la fine. Per esempio, non potresti accorgerti dell’altra mia spada.- non seppe nemmeno lui come riuscì ad ironizzare la critica situazione in cui verteva, ma in qualche modo ce la fece e prima che potesse venir massacrato una volta per tutte, Shinpachi riuscì a correre in suo soccorso tuffandosi in picchiata dal ponte, tranciando il braccio destro dell’uomo che barcollò all’indietro, mentre la spada cadeva a terra in un tonfo sordo.

I suoni intorno a sé si fecero ovattati, lontani. Il proprio corpo pesava, la testa girava e la vista si appannò. Voleva solamente cadere a terra e scivolare in un lungo sonno, di quelli che sapeva non lo avrebbero turbato con gli incubi ricorrenti e che lo tenevano sveglio.

-Gin-chan!- aprì gli occhi stanchi, scontrandosi con la figura di Shinpachi in posizione d’attacco verso il killer e sollevato il capo vide la sagoma di Chyoko scendere le scale.

-Non muoverti- provò a gridare, ma le parole si spezzarono in gola, pesando come macigni. O erano le sue gambe che erano diventate un blocco di cemento? –Non fare un passo, non—indugiò sul suo viso ovale contratto in una smorfia di terrore, ma nessun urlo era uscito da quelle labbra meravigliose.

Morire davanti a lei, con quello sguardo sofferente a deformarle il viso, non era esattamente il suo sogno...

 

-Se continui così morirai vergine, Kintoki!- Sakamoto ingoiò il decimo bicchierino di sake, ammiccando in direzione di una ballerina con un succinto vestito di paiette rosse che ridacchiò insieme ad una collega.

-Sai che me frega- mugugnò l’argenteo in risposta, staccandosi di dosso le mani avide della ballerina brilla che continuava ad avvinghiarsi come una cozza sullo scoglio –Vuoi levarti?!-

-Scommetto che se ci fosse Chyoko al suo posto non ti lamenteresti tanto!- la risata sguaiata di Tatsuma si mescolò alla alta musica di sottofondo, facendogli perdere ogni voglia di divertirsi. Era a quello stupido cabaret solo perché Abarai o come si chiamava aveva finalmente deciso di portarcelo, ma non avrebbe mai pensato che ogni essere femminile in quel postaccio si sarebbe degnato di assillarlo! Lui era abituato alla pacata presenza di Chyoko, quella che si limitava ad accarezzargli i capelli e che, fugaci abbracci a parte, mai si era permessa di appiccicarsi a lui. Tranne quando si erano baciati… Lì si era aggrappata al suo collo con tutta la forza che aveva in corpo. A distanza di settimane poteva ancora avvertire il suo calore bruciargli lo yukata…

-Smettila con le cazzate.- soffiò seccato, dando una manata alla ballerina che aveva deciso di divenire un tutt’uno con lui. Ma si levava dalle palle?!

-Nemmeno con Chyoko si divertirebbe- la ragazza finalmente cadde a terra e la sua attenzione si concentrò su un Katsura inquietante che, occhi socchiusi, sembrava volerle trafiggere con le bacchette che stringeva in mano. Ma che Diavolo combinava quell’idiota? Sembrava un prete entrato in un Night club! -Me lo spieghi adesso cos'è successo con lei o devo mandarti una lettera timbrata e firmata?- l'ironia di Zura spezzò l'armonia di quella serata svagata, ora resa tesa dalla sua espressione arcigna.

-Di che cosa stai parlando?-

-Del bacio, di che cosa vuoi che stia parlando?-  Zura inclinò il capo e lui, sotto il suo sguardo tagliente, si irrigidì -E' per questo che non le parli più?-

-Vi siete baciati?!- Sakamoto sbatté le mani sul tavolo e si sporse, felice a quella notizia –Ma era ora! E dimmi: com’è stato?-

-Non sono affari vostri!- berciò sistemandosi meglio sulla poltrona di velluto rosso, sperando che la propria incazzatura facesse desistere i due da importunarlo ancora. Ma Sakamoto rise come suo solito e Zura sospirò pesantemente. Gin si appiattì contro lo schienale.

-Si può sapere dove sta il problema?-

-Non c’è nessun problema.- si rivolse a Katsura con sguardo fiammeggiante, ostinandosi a volersi tagliar fuori da quel discorso. Non era affare loro come si comportava con Chyo, così come non avrebbero dovuto permettersi di ficcare il naso nei suoi affari. Soprattutto, odiava il loro trapanargli il cervello pur di carpire chissà quali verità. Insomma, c’era stato uno sciocco bacio datole senza pensarci troppo su, senza preoccuparsi delle conseguenza, stringendola a sé con urgenza quasi fosse consapevole che, una volta concluso il tutto, mai ne avrebbe goduto ancora. E poi c’era stata la sua confessione sincera e pulita che lo aveva messo con le spalle al muro, trasformando quel gesto banale in qualcosa di troppo grande da gestire. E la paura lo aveva fatto comportare come il Takasugi della situazione. I suoi occhi grigi lucidi e grandi, le sue labbra traballanti, il suo corpo esile e piccolo che tremava… Piegò il capo strofinando i capelli, cercando un po’ di ristoro nell’alcol ingerito. Ma quello, piuttosto che aiutarlo a fargli perdere i sensi, continuava a far cantare la sua coscienza e il senso di colpa in un duetto decisamente fastidioso.

-Sembra quasi che tu ti sia pentito.- e se già era tremendo essere psicanalizzato da Zura, era ancora più fantascientifico venir compreso al volo da quel babbeo di Sakamoto.

-No che non si può pentire! A lui piace Chyoko!-

-E con questo?!- li interruppe con bruschezza –Vi ripeto, non impicciatevi negli affari mie—

-Sei solo un idiota, mi fai venire e nervi!- Zura scosse la nuca, puntandogli poi il dito contro –Prima fai di tutto per avvicinarti a lei e quando ci riesci, la lasci senza dire nulla? Ti rendi conto di quanto tu la stia facendo soffrire?!-

-Kintoki, le hai parlato dopo, vero?- Sakamoto lo guardava sereno mentre Katsura mordeva un cuscino di velluto rosso pur di far scemare il nervoso.

-A dir la verità— si massaggiò il collo, gettando lo sguardo sul tavolo colmo di bottigliette di sake. Finalmente cominciava a vedere doppio, il maledetto alcol stava cominciando a fare effetto! Però avrebbe dovuto immaginare che la sbronza avrebbe portato anche alla fuoriuscita di un mucchio di parola insensate –E’ solo un bacio, ho pensato, non ne terrà troppo conto. Lascerà correre e torneremo amici come prima. Però ha detto che le piaccio e io non ho più capito nulla, io non—rise appena, sentendosi patetico nel confidare i propri confusi pensieri agli amici che, ora, lo guardavano attenti -Un conto è accorgerti che ti piace, l'altro è scoprire che ricambia.- lo aveva confessato. Finalmente, quel pensiero si era concretizzato e dalle labbra era volato fino alle orecchie di Zura e Tasuma.

-Quindi cos’hai intenzione di fare?- Zura si era sistemato sulla poltrona e lo guardava accigliato, come se si stesse sforzando di capire. Perfino Sakamoto pareva essere interessato alla sua risposta, anche se dalla sua espressione ebete non era poi così sicuro.

-Nulla…-

-Come sarebbe a dire nulla?!-

-Oh, Kintoki, vai da lei, sbattila al muro e dille che ti piace! Ah ah ah! Alle donne piace l’uomo aggressivo!-

-Ha mai funzionato?- chiese Zura scettico.

-Assolutamente no! Ah ah ah!-

-Idiota…- biascicò Katsura sospirando, poi si rivolse di nuovo a lui –Senti, Gin, non puoi lasciare tutto così. Devi parlare con Chyo. Se ti piace, devi--

-Non posso!- aveva alzato la voce, ritrovandosi a respirare affannosamente –Non posso, non posso andare da lei e dirle che mi piace- E se le cose non funzionano? E se mi accorgo che non è ciò che voglio? E se la faccio soffrire? Le domande ronzavano fastidiose nella sua mente confusa, ma sotto lo sguardo seccato di Zura comprese come in realtà avesse già sbagliato: lasciare Chyoko senza replicare alla sua dichiarazione, anzi, andarsene sbattendo la porta con scarsa grazia non aveva fatto altro che peggiorare la sua posizione –Mi viene da vomitare.- farfugliò stropicciandosi il viso.

-Ma cosa c’è di così difficile?- Sakamoto alzò le spalle, guardandolo con curiosità.

-Tutto diventa troppo serio e io non credo di averne il tempo- strinse le mani fra i capelli ricci -C'è la guerra cui pensare e-- e poi, diede sfogo a quel pensiero martellante che continuava a tormentarlo, facendolo sentire a disagio nonostante fosse circondato da compagni che ci tenevano a lui -E un mostro come me non può stare con una come lei, non le farei altro che del male.- digrignò i denti, redendosi conto di come fosse ormai giunto al limite del proprio equilibrio. Una bestia come lui non avrebbe mai potuto darle amore, ricambiarla di tutta la gentilezza e la dolcezza che lei gli aveva donato senza chiedere nulla in cambio, non poteva stringerla con quelle mani che da troppo tempo mietevano vittime. Avrebbe finito col trascinarla nel baratro di follia in cui lui stesso stava affondando e il terrore lo paralizzava al pensiero che, anche lei, sarebbe potuta essere preda della sua furia.

-Kintok—

-Ovvio che la farai soffrire se continui con questo atteggiamento- gli occhi di Zura era infuocati e le sue mani erano strette intorno ai pantaloni scuri –A Chyoko non importa nulla di tutto questo! Lei sa vedere oltre, possibile che tu non te ne accorga?- lo prese per il bavero, stringendo la mano con tutta la forza che aveva ma prima che potesse reagire, il sibilo di Katsura lo colpì in pieno viso -Prenditi le tue responsabilità, Gintoki.-

-Dai, ragazzi, state calmi!- Tatsuma agitò le mani sorridendo tirato, trascinando Katsura di nuovo sul divanetto. Ma che Diavolo voleva saperne quel maledetto che non si era mai avvicinato ad una donna, troppo preso dalla guerra che stavano combattendo? Cosa voleva saperne lui di cosa si provava nel desiderare la propria amica in maniera così viscerale da sentire i brividi scorrere quando se la ritrovava a pochi passi? O del costante pensiero di tornare nella sua stanza e ricompiere gli stessi errori se ciò significava tenerla stretta a sé più tempo possibile? Della consapevolezza di volere tutto questo e di essere ad un palmo di mano dal poterlo avere senza però essere capace di fare quel minuscolo passo. Della paura che lo attanagliava, mozzandogli il respiro, corrodendogli l’anima se solo si soffermava a pensare che, un giorno o l’altro, Chyoko avrebbe sofferto per colpa sua. No, Katsura e quelli come lui non lo sapevano e stava per urlarglielo con tutta la rabbia che aveva in corpo, quando un loro compagno entrò frenetico nel cabaret, barcollando al loro tavolo.

-Katsura-san, Katsura-san!- la musica coprì il suo respiro affannato e i tre si guardarono confusi.

-Eiji-san, non dovresti essere a letto a riposare?- domandò Sakamoto sorridendogli gioviale -Sei sempre così vitale!- il sorriso del ragazzo si spense quando si ritrovarono a fissare il suo viso contratto dal terrore e graffiato. Ora che ci facevano caso, anche i suoi vestiti erano pregni di sangue. Giusto il tempo di realizzare l’accaduto ed ecco che l’uomo si accasciò sul tavolo, finendo sul pavimento appiccicoso.

-Che Diavolo è successo?!- Katsura si piegò su di lui, scuotendolo leggermente per evitare che perdesse i sensi. Fu come se tutto il locale si fosse accorto dell’accaduto, perché tutti cominciavano a prestare loro attenzione.

Gin si alzò lento, osservando il liquido rosso che colava dalle sue labbra -Hanno attaccato il campo! Gli Amanto ci hanno teso un'imboscata!-

 

Blackout, buio totale...

 

I sassi erano morbidi, non gli stavano raschiando il viso... O, forse, ciò che lo stava sorreggendo malamente non era il terreno, bensì l'esile corpo dell'ultima persona che avrebbe voluto vedere in punto di morte. Incredibile come quella ragazzina fosse sempre in grado di sorreggerlo anche a distanza di anni nonostante le cattiverie, le sue barriere… Ma quel barlume di gioia che stava illuminando il grigiore della sua anima venne spento dal suo pessimo carattere che, quando si trattava di Chyo, tornava sempre a farsi sentire.

-Ti avevo detto di tornartene a casa- digrignò i denti macchiati di sangue mentre la fronte si adagiava sulla spalla dell'amica -E' pericoloso, non posso pensare a te, non— portò una mano al ventre, osservando il sangue scorrere fra le fessure tra le dita.

-Ma chi ti ha chiesto niente!- fu il sibilo sommesso di Chyo mentre le sue mani affusolate si stringevano di più sullo yukata -Pensa a te, piuttosto- le uscì un verso strozzato mentre lo aiutava a non crollare a terra come un peso morto -Stai perdendo sangue, dobbiamo andare all’ospedale.-

-Tu fai di un graffio una malattia.- Chyo non replicò, limitandosi a premere la mano affusolata sulla ferita grondante.

-Questo non è un graffio!- stridette acidula, guardandosi attorno agitata.

-Già…- ridette flebile, studiando il suo profilo delicato –Perché non sei tornata a casa?-

-Ero preoccupata per Zura, volevo aiutarvi a trovarlo- la sua voce tremava –Ed ero preoccupata per te.- la vide volgere il viso riparando il dolore dalla sua vista con l’enorme cascata di capelli neri che gli solleticavano il collo. Non era proprio capace di starsene fuori dai casini e non trascinarcela, proprio non ce la faceva. Era per questo che non aveva voluto trattenerla nella propria vita, solo per questo. Non sarebbe mai riuscito a darle un briciolo di felicità, anzi, oggi come all'ora sarebbe stato solo capace di esporla ai pericoli. E lui non avrebbe sopportato di vederla morire, non avrebbe sopportato di non riuscire a proteggerla, non avrebbe retto al pensiero di non poterla vedere più sorridere con quella lucentezza che rischiarava le sue giornate. La voleva, ma allo stesso tempo voleva saperla al riparo da sé stesso.

Strinse le mani tagliuzzate, evitando accuratamente di commettere cazzate come mani che sfiorano le guance dell'amata o che cercano le sue in segno di sostegno. Avrebbe rischiato di trasformare tutto in una scena di quei tremendi film romantici e soporiferi che tanto odiava. Ma le parole, stranamente, non riusciva più a tenerle rinchiuse nella propria mente o nel petto squarciato. Uscivano placide e spezzate, volando verso la ragazza che adesso lo aveva fatto stendere con la testa sulle proprie cosce.

-Non sono per niente bravo, ti faccio solo preoccupare.-

-Sai che sono iperprotettiva.- la sua risata strozzata era vellutata, leggera. Solo ora si rendeva conto di che suono stupendo fosse.

-Ci sono tante cose che dovrei dirti, ma non so come-- chiuse gli occhi un momento, stringendo i denti per il dolore lancinante. Sentiva formicolare tutto il corpo, cominciando ad avvertire i brividi di freddo coglierlo impreparato. Era stanco, voleva solo dormire...

-Non ha importanza.- la sua voce tremava, così come le sue mani, il suo corpo. Chyoko era in lacrime, lo immaginava, quella pensava sempre al peggio. Ma quando la guardò per un istante, nel suo sguardo c'era solo rabbia e tanta, tanta apprensione... Ma niente pianto, niente volto rigato dalla lacrime.

Una breve risata appena udibile sfuggì alle sue labbra sanguinanti a quella vista -L'ho detto io che sei cambiata.-

-Stai straparlando.- mormorò lei nervosa, regalandogli un flebile sorriso. E si disse fortunato di averla incontrata di nuovo, di aver potuto godere ancora della sua dolcezza quella notte, e di averla fatta stare in pensiero per tutto questo tempo.

Deglutì, mentre il sapore metallico del sangue scivolava nella sua gola contorcendogli lo stomaco. La mano di Chyo era ferma sul proprio viso mentre con il pollice compiva dei piccoli movimenti circolari sulla guancia, lo sguardo preoccupato puntato verso la propria destra. Cominciò a sentire i sensi distendersi, la pace avvolgerlo. Va bene così, si disse piano, percependo il dolore della ferita smettere di pulsare e placarsi.

-Chyo-chan...- la chiamò adagio, cercando di infondere nel proprio tono spezzato tutta la delicatezza che possedeva. Se doveva andarsene per sempre, voleva almeno lasciarle un buon ricordo. Magari dirle che gli dispiaceva per come si era comportato cinque anni prima, dirle che per quanto stronzo fosse stato le aveva voluto davvero bene, in maniera viscerale e che tutto questo non era cambiato, anzi, era amplificato se possibile. Dirle che dopo quella notte con lei sarebbe rimasto steso nel futon al suo fianco, ma che il panico lo aveva preso alla sprovvista e si era ritrovato a trattarla come una donna da poco, quando invece lei era tanto, troppo per uno come lui... Incredibile come mille pensieri, vertenti tutte su Chyo, vorticassero nella sua mente in un momento come quello senza però riuscire a concretizzarsi. Sciocco da parte sua credere che in punto di morte sarebbe riuscito a dirle chissà quale perla... Così la guardò, stringendo dapprima gli occhi per mettere a fuoco la sua figura delicata e quando i suoi occhi grigi e dal taglio orientale si puntarono nei propri, cremisi e stanchi, percepì l'amorevolezza di quella donna che lo stringeva a sé tremante.

-Non parlare, non sforzarti- mormorò lei lasciando scivolare le dita dal suo viso imperlato di sudore fino ai capelli ricci mentre un pallido sorriso le increspava le labbra traballanti -Adesso arriva Shinpachi con Elizabeth, sono andati a chiamare aiuto e-- la vide porta una ciocca di capelli corvini dietro l'orecchio, macchiandola di sangue -Gin-chan, non lasc--

-Chyo-chan-- la interruppe debole, bloccandola sul nascere, conscio che nemmeno quella volta avrebbe potuto mantenere la promessa. E la vide stringere le labbra mentre gli occhi grigi si allargavano e divenivano lucidi -Mi sei mancata, Chyo-chan.-

 

La  musica giungeva distante nonostante il frastuono lo circondasse, la mente ormai svuotata e senza alcun pensiero.

Fu come avvertire i propri sensi stendersi mentre la parte più aggressiva di sé prendeva il sopravvento, vedeva appannato, il sangue ribolliva dall’ira che piano piano stava prendendo il controllo di ogni fibra del suo corpo. Gli Amanto avevano attaccato il campo, lo stesso campo dove Chyo aveva deciso di trascorrere la nottata… Strinse i denti, le mani, il respiro era  pesante e irregolare.

-Oi, Kinto--  Sakamoto si ammutolì, indietreggiando di qualche passo.

In quel momento la sua mente corse incontro a Chyo, sola e incapace di maneggiare una spada nonostante gli anni di allenamento e i brividi corsero lungo la schiena al pensiero che la stratega fosse in pericolo. E lui, che aveva promesso di proteggerla, se ne stava lì a cicalare con gli altri samurai. Spinse via i compagni che gli erano di intralcio e si catapultò in strada, correndo come un indemoniato.

-Kintoki, aspettaci!- la voce di Sakamoto, non più scherzosa, lo raggiunse nella sua frenetica corsa. I piedi si erano mossi senza neppure pensarci.

 

Un giorno ti mancherà la mia voce da gallina!”

Non contarci troppo.”

 

Aumentò il passo. Aveva già perso una persona importante, non voleva perdere anche lei…

 

Il proprio nome gridato con dolore da Chyo giunse ovattato, le sagome offuscate di Shinpachi ed Elizabeth che correvano verso di lui divennero due contorni neri e privi di significato. Il buio lo stava avvolgendo e prima che potesse rendersene conto, si era ritrovato a chiudere gli occhi percependo la calma intorpidirgli i sensi.

Cambiò idea. Morire tra le braccia di Chyoko, non era poi tanto male.

 

 

*****

*Marmelade Boy:  Piccoli problemi di cuore.

**Shiroyasha: Demone Bianco.

 

Note noiose dell'autrice:

Tremendo D: E’ stato un parto scrivere questo capitolo, non sapevo come gestire i dialoghi e soprattutto i personaggi. E' di una tristezza dilagante (e non nel senso che è strappalacrime, ma perché scritto con i piedi). Chiedo venia per le descrizioni di lotta approssimative, banali e confuse... Purtroppo non sono il mio forte (si è notato xD) ma ho dovuto inserirle e ho provato a cimentarmici (anche se avrei voluto liquidare il tutto con un “Dopo diversi minuti, la battaglia si concluse”).  Comunque, vediamolo come un capitolo di transizione, d’accordo? J

La scena di Gin ferito fa tanto finale della Bella e la Bestia. A proposito di Gin: su una scala da uno a dieci quanto è OOC? Ma diciamo anche 1000 per essere gentili! E va beh, mi piace immaginarmelo così da adolescente: un po' impacciato, un po' innamorato (forse?)... Nel presente direi che è bello stronzo, quindi mi sono parata per bene (spero…).

Riguardo la battuta del Mojito e l’Invisbile… No, pessima, ma mi è capitata davvero e ricordo di aver riso come una scema xD

Passo subito ai ringraziamenti, doverosi e sentitissimi, rivolti ad Elizabeth_smile e LoScrittoreMisteriosoX che hanno carinamente commentato il capitolo precedente (siete sempre troppo buoni con me; tiratemi i pomodori quando me lo merito, tipo con questo schifo appena pubblicato L)

Ringrazio anche chi continua a leggere ma resta in silenzio J e ne approfitto per augurare a tutti una buona Pasqua (anche se in anticipissimo!).

 

Alla prossima,

Geisha.

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Gintama / Vai alla pagina dell'autore: Geisha