Fanfic su attori > Logan Lerman
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Autore: enchatedfire    05/04/2012    5 recensioni
loganlerman/hunterparrish.
Poggiai la mano sulla fredda maniglia della porta della mia stanza e ci entrai, richiudendomi velocemente la porta dietro alle spalle e poggiandomi su di essa, riaprì gli occhi e lasciai cadere la tracolla a terra, poi mi girai e in quel momento lo vidi.
Un ragazzo biondo era accucciato sul mio letto, aveva le labbra socchiuse e aveva sbavato leggermente, i capelli gli ricadevano sopra gli occhi, ricordo che notai le sue lunghe ciglia.
Dalla posizione in cui era, nella quale somigliava più a uno scoiattolo che a un ragazzo, pensai avesse freddo.
Non so perché ma non mi chiesi cosa ci facesse nella mia stanza, avevo smesso di domandarmi molte cose in quel periodo, sembrava tutto spento e privo di significato, soprattutto a casa.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 1





Mi chiamo Logan, o meglio mi chiamavo Logan.

In realtà è piuttosto bizzarro dire “mi chiamavo” perché in realtà non ero io a chiamarmi così, era la gente che mi stava attorno a chiamarmi con quel nome e  non me l’ero naturalmente scelto da solo, era stata mia madre a sceglierlo per me. Cosa le passasse in mente nel momento in cui aveva deciso di chiamarmi così però non l’ho ancora capito, nemmeno adesso che ho tanto di quel tempo libero da annoiarmi a morte, eppure, sono già morto, cosa potrebbe accadermi in più?

I modi di dire sono un qualcosa che non comprenderò mai, non hanno senso , ogni tanto mi capita di fermarmi a pensarci su per un po’.
Voglio dire che, se esistono, qualcuno li avrà detti per primo, e quando ci rifletto su , durante queste lunghe giornate che passo da solo, mi domando come abbiano potuto avere origine.

Ma non è di questo che voglio parlare.

Avevo iniziato dicendo che mia madre mi aveva chiamato Logan ma non ho detto che questo nome m’è dispiaciuto solo per un periodo della mia vita, il periodo che va dal 19 gennaio 1992, il giorno della mia nascita, sino al 14 dicembre del 2008,curioso che io sia morto in quella stessa data cinque anni dopo.

Ah, prima di iniziare a raccontare per bene la mia storia vorrei solo dire che nel momento in cui sto parlando dovrebbe essere il 2026, una roba del genere, non ne sono sicuro perché qui dove mi trovo adesso non abbiamo orologi o calendari e non c’è un’alternanza precisa tra giorno e notte, perciò è un po’ difficile seguire esattamente lo scorrere del tempo, e se si va in giro a chiedere a qualche sconosciuto di passaggio trovato lì per caso, potete starne certi,  non vi saprà rispondere, perché qui a nessuno importa molto dello scorrere del tempo, quando hai un’eternità da non-vivere è piuttosto diverso dal vivere consueto. Voglio dire solo un altro paio di cose: innanzitutto questa non è una di quelle stupide storie dove io sarei un fantasma intrappolato  sulla terra per una ragazza che guarda caso è bellissima, con una carnagione chiara e le guancie rosee … e non è tantomeno bionda.
E sottolineo che non sono un fantasma, stupidi film di bassa qualità che inculcano queste folli idee nella gente che legge, sono morto e basta, e quando sei morto muori, non continui a vivere, non ti viene offerta una seconda possibilità, sei morto, io sono morto.

Ma comunque ripeterlo non rafforzerà il concetto, la gente sa essere tanto caparbia.
Quindi, questa storia ha inizio il 14 dicembre 2008, ed era uno di quei giorni bui, chi non ne ha mai avuto uno?
Era una domenica mattina e il cielo era più grigio del solito, sembrava tutto ancora addormentato per le strade della città.
Ricordo che tirava un bel po’ di vento e avevo la punta del naso congelata, sicuramente era talmente rossa che somigliavo a Rudolf o giù di lì.

Per fortuna quando vivi in una grande città, mentre cammini per la strada, sei come invisibile.
Gli altri ti passano attorno, magari ti vedono, ma non ti guardano.
Forse perché la gente non ha nemmeno il tempo di fermarsi e osservare.
E se questo può farti sentire invisibile a volte, altri giorni ti fa sentire benissimo.

Perciò, sì, avevo feddo.
Entrai nel caffè all’angolo e mi sedetti, era quasi del tutto vuoto.
Mi feci portare una cioccolata calda fondente e mi guardai attorno.
Il ricordo è realissimo ma mi sembra anche troppo ovattato.
Non sopportavo di restare a casa in quel periodo.

Mio padre aveva deciso di farci sul serio con Meredith e adesso pretendevano che ci comportassimo come una comune e felice famiglia, l’ipocrisia mi dava un particolare fastidio.

Me ne stetti a lungo seduto a quel tavolo, osservavo fuori dalla finestra.
A un certo punto però sentì la necessità di andarmene e così feci.
Camminai ancora e ancora, poi mi sedetti, su una panchina qualsiasi, mi lasciai scivolare fino a sdraiarmi e stetti lì con gli occhi chiusi a sentire il vento che scorreva tra la foglie, provavo una calma interiore. Non saprei dire per quanto tempo restai lì, ma quando mi alzai e decisi di dover far ritorno alla mia abitazione, sembrava essere passato molto tempo.

Non appena aprì la porta dell’attico, notai uno strano silenzio, proseguì fino alle camere e sentì dei gemiti sommessi dalla stanza di mio padre, chiusi gli occhi ed espirai, espirai più volte. Poggiai la mano sulla fredda maniglia della porta della mia stanza e ci entrai, richiudendomi velocemente la porta dietro alle spalle e poggiandomi su di essa, riaprì gli occhi e lasciai cadere la tracolla a terra, poi mi girai e in quel momento lo vidi.
Un ragazzo biondo era accucciato sul mio letto, aveva le labbra socchiuse e aveva sbavato leggermente, i capelli gli ricadevano sopra gli occhi, ricordo che notai le sue lunghe ciglia.

Dalla posizione in cui era, nella quale somigliava più a uno scoiattolo che a un ragazzo, pensai avesse freddo.
Non so perché ma non mi chiesi cosa ci facesse nella mia stanza, avevo smesso di domandarmi molte cose in quel periodo, sembrava tutto spento e privo di significato, soprattutto a casa.
Ricordo che mi spogliai e mi infilai sotto le coperte, lo guardai un momento di nuovo prima di riaddormentati, con gli occhi pieni di stanchezza, poi, senza riuscire nemmeno a formulare un pensiero, chiusi gli occhi e mi isolai, com’ero bravo a fare, feci sì di non sentire i rumori che venivano dalle altre stanze,  osservai la nuca ricoperta di capelli biondi del ragazzo che era nel mio letto, poi mi addormentai, ero calmo.


enchatedfire:
yo, seconda fan fiction.
Logan Lerman&Hunter Parrish sono shippabili e voi dovete  dovreste shipparli uù
sì perchè siccome ho tanto tempo per scriverlo e aggiorno sempre le mie fan fiction frequentemente mi metto pure a scriverne una nuova, ha senso.
Quuuuindi, lo so che come capitolo, soprattutto come primo capitolo, faceva un po' schifo... però, niente.
Spero la seguirete, lasciatemi una recensione anche piccinapicciò e cose del genere.
#parman
adios (:

ps. Il titolo è una citazione di "the perks of being a wallflower" se non l'avete mai letto dovreste farlo.

  
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