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Autore: Hime__    06/04/2012    5 recensioni
- Che faccia da pesce lesso. Cos’ha di tanto bello il mio sorriso? – domando, incrociando le gambe, poggiando i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle mani chiuse a pugno, per evitare il tuo sguardo.
Questa domanda imbarazza molto più me che te, infondo.
Credimi.
- Sembra una frase fatta, ma ti giuro quello che ti pare che se sorridi sei capace di illuminare questa stanza. – bisbigli.
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kazamasa Kohara , Takashi Sakamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finito un live, indipendentemente dall’ora in cui si rientra in hotel, sono solito farmi un bagno.
Non importa quanto sono esausto, quanto non senta più le gambe e quanto la mia gola bruci.
Mi piace prendermi il mio piccolo pezzettino di mondo in quel bagno grande e silenzioso di quella suite grande e silenziosa.
Se qualcun’altro entrasse nella vasca con me, non sarebbe la stessa cosa.
Quella pace che mi riporta al mondo verrebbe rotta, e il profumo del bagnoschiuma alla ciliegia verrebbe contaminato.
In tutti questi anni, però, mi sono convinto che tu sia l’unico in grado di mantenere questa quiete.
Non è una cosa che so per certo, è una cosa che sento.
Lo dici sempre anche tu, o sbaglio?
Che le canzoni che scrivo, le parole che scelgo, non le devo pensare.
Le devo sentire.
Eh sì, Takashi.
È un po’ come l’amore che provo per te.
Se ci penso, me ne vergogno, e tanto anche.
Perciò mi limito a sentirlo.
Così facendo, evito impicci inutili, quelli che crea la testa per confondere.
La gelosia, i dubbi, le paure.
Non esiste niente di tutto questo.
Sorrido, facendo scorrere il polpastrello sulla superficie liscia delle mattonelle bianche del bagno.
Poi passo quello stesso dito sulle mie labbra, sulla curva del sorriso che vi piace tanto.
Che ti piace tanto.
Io amo sorridere.
Per me farlo significa tante di quelle cose che è impossibile nominarle tutte.
Significa che sono felice.
Oppure sorrido per farci coraggio, sorrido per dire: ‘ehi ragazzi, possiamo farcela!’.
Per dare una certezza.
E poi, sorrido perché a te piace vedermi sorridere.
È una cosa sciocca, ne sono consapevole, ma non può far altro che rendermi ancora più felice.
 
Una volta asciugati i capelli sottili che non vogliono saperne di stare al loro posto, varco la soglia del bagno, tornando nella grande suite vuota.
Stavolta quella con la vetrata che da sulla città illuminata è toccata a me.
L’ho giustamente faticata a ‘sasso carta forbici’, il nostro modo di votare preferito.
E pensare che così sono stati decisi anche alcuni titoli di canzoni.
Che bambini!
Nonostante l’aria condizionata accesa fino a poco fa, nella stanza regna il caldo.
Fortunatamente sono stato previdente e ho portato via il pigiama estivo, che corrisponde a dei pantaloncini corti con una canottiera larga.
Lo infilo in fretta, mi sento abbastanza a disagio con la pelle nuda esposta all’oscurità.
È un’altra cosa stupida, ma una di quelle fissazioni che ho da quando sono piccolo e che a trent’anni suonati non riesco ad eliminare.
Mi siedo al centro del letto.
Sono combattuto se tentare di dormire con la tenda aperta, per godermi le luci della notte e rischiare di essere svegliato all’alba oppure chiuderla e dormire fino a mezzogiorno.
Mentre sto ancora decidendo, sobbalzo quando sento bussare.
Mi guardo attorno.
Magari è Hiroto che ha lasciato qualcosa.
Velocemente scendo di nuovo dal letto, e rifletto sull’ottimo odore del mio shampoo.
Apro la porta, appena uno spiraglio.
- Ohi… -
Ti lascio entrare.
Addosso hai ancora l’odore del concerto, del casino, di tutte quelle cose che rendono i live stupendi.
- Che ci fai sveglio a quest’ora? –
- Non riuscivo a dormire – velocemente raggiungi il letto e ti ci butti sopra.
La frase che hai appena detto, ha tutta l’aria di essere una bugia bell’e buona, ma acconsento a crederti, sollevando solo un angolo dalla bocca, in modo da creare un mezzo sorrisetto compiaciuto.
Mi siedo accanto a te.
- A te tocca sempre la camera migliore. –
- Non è colpa mia se a sasso carta forbici sono il più veloce* - alzo le spalle, e sposto lo sguardo da te ai palazzi illuminati che da quella stanza d’hotel sembrano tanti minuscoli coriandoli.
 
Dopo parecchi istanti di silenzio, sento che devo dire qualcosa.
- Ti voglio bene. – me ne esco così.
La verità è che se avessi taciuto qualche attimo di più sarei finito col pensare, e ti avrei detto che ti amo.
E in qualche modo sento che è sbagliato.
Perché sei un uomo, perché sei un mio compagno di band, perché sei il mio migliore amico.
Sì, hai ragione tu.
Io non devo pensare.
Cerco di avvicinarmi di più a te.
Quanto sarebbe facile baciarti adesso.
Invece mi limito a poggiare la mano sulla tua, un contatto che tuttavia mi causa dei brividi tremendi.
Pieghi la testa di lato, ti avvicini a me e mi guardi per un po’, senza aprire bocca.
Senza lenti a contatto, i tuoi occhi sono un po’ più piccoli.
- Perché hai la fissa di farti il bagno finito un concerto, quando a malapena ti reggi in piedi? –
- Perché mi rilassa. E perché al contrario di te non mi piace puzzare. – rido, scompigliandogli i capelli.
- Che faccia da pesce lesso. Cos’ha di tanto bello il mio sorriso? – domando, incrociando le gambe, poggiando i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle mani chiuse a pugno, per evitare il tuo sguardo.
Questa domanda imbarazza molto più me che te, infondo.
Credimi.
- Sembra una frase fatta, ma ti giuro quello che ti pare che se sorridi sei capace di illuminare questa stanza. – bisbigli.
Guardo di sfuggita l’orologio sul comodino.
Sono già le tre, ma io avverto solo una minima parte di stanchezza, e lo stesso deve essere per te.
Prima che possa domandarti se hai sonno, riprendi a parlare.
- Shoko, posso farmi la doccia? –
Sorrido contento per quel soprannome che mi avete dato e che mi piace tanto, e annuisco.
- Se però quando torni dormo non lamentarti – sussurro per poi ridacchiare.
- No, tu mi aspetti sveglio e vigile, chiaro? –
Inarco le sopracciglia.
- Come siamo autoritari.. –
Non ridi, né sorridi, ti limiti a guardarmi torvo e a chiuderti nel bagno.
So bene che stai scherzando.
Poggio la testa sul cuscino.
Continuo a guardare fuori, o la tenda di velluto rosso, o i ghirigori sul muro, o il battiscopa marrone.
O la moquette rossa.
Quella stanza è anche un po’ troppo chic per i miei gusti, ma non posso far altro che trovarla splendida.
Tra i pregi della PSC, c’erano queste suite stupende.
Passo tra le dita una ciocca di capelli, e l’annuso.
Bhè, ti stai lavando con il mio stesso shampoo.
Passerò il restante della nottata ad annusarti, chissà?
Sorrido.
Tu esci dal bagno.
I capelli asciutti, hai fatto un casino del diavolo con il phon.
- Credo che si terranno i 2150 yen di cauzione.** -
- Mica posso dormire con i capelli bagnati! – ti lamenti, però sorridi.
Stavolta ti sdrai accanto a me e socchiudi gli occhi.
- E bravo Shou-chiko, mi hai aspettato sveglio. –
- Voglio la ricompensa. –
Ti volti verso di me.
- E cosa vuoi? –
- Un biscotto . – sussurro.
- Non ne ho. –
- Allora dammi un bacio. – sì, non so se l’ho detto più per un momento di lucida follia kamikaze o cosa, fatto sta che ti incito anche a baciarmi, pregando Dio o chi per lui che la mattina seguente finirà tra le cose etichettate come ‘cazzate del sonno.’.
Ti avvicini a me, io ho la pelle d’oca.
Come sempre quando ci sei tu nei paraggi, del resto.
Mi tiri a te, e poi è questione di un secondo.
Poggi le tue morbide labbra che sanno di bagnoschiuma sulle mie.
I tuoi capelli mi accarezzano la guancia e sì, sono scemo del tutto, ma quei pochi secondi non mi bastano più, e il desiderio supera persino quello che sento, tanto da spingermi a baciarti di nuovo.
Ho una paura del diavolo che tu mi respinga, ma una parte di me sa che non lo farai.
Lo sa.
Porto una mano dietro alla tua nuca e accarezzo quei milioni e milioni di fili liscissimi e puliti.
Sento il tuo odore.
E per la prima volta mi ritrovo a pensare che è il bagnoschiuma alla ciliegie che contamina un profumo, anzichè il contrario.
Il profumo di Takashi.
Mi stringi a te.
Ah, adesso perdiamo le staffe in due dunque?
La cosa inizia a piacermi tremendamente – come se già non fossi al settimo cielo. - 
Continui a baciarmi, baci sempre più lunghi e profondi che mi fanno desiderare al termine di ognuno di essi, di riaverti ancora e ancora.
Mi tiri sopra di te.
Poi mi stringi, facendo poggiare la mia testa al tuo petto.
Sento il cuore martellarmi nelle orecchie, velocissimo.
È il tuo.
 
Se in questo istante riuscissi a spicciare una sillaba, mio Takashi, ti direi che i nostri cuori vanno allo stesso ritmo.
Insomma, suonano la stessa caotica canzone, come quando siamo su quel palco.
 
 
 
 
 
# Note:

* per 'veloce' si intende la versione di 'sasso carta forbici' a cui giocano gli Alice al NicoNico.
Quella con tanto di martello e padella, per rendere più chiara la cosa.
** La cauzione dovrebbe essere di circa 20 euro.

Fic scritta alla due di notte, dopo un anno che rimango a fissare il magico bianco foglio di world.
Che dire?
La SagaShou non è nemmeno una delle mie coppie preferite ma… boh, il mio cuoricino mi ha detto questo ed ho eseguito gli ordini.
Pensavo di fare più capitoli ma non sono affatto sicura di riuscire a trovare l’ispirazione.
Che altro dire?
Ringrazio i due protagonisti, in particolar modo Shou che mi illumina le giornate quando sono giù di morale, la mia vasca da bagno e la mia donnina che ha letto e commentato tutto in previù (??).
Grazie grazie grazie, je t’aime.
E ovviamente chiunque si appresterà a leggere e magari, forse, chissà, commentare.
A quando la signora Ispirazione tornerà a farmi visita! D:
<3
 
 
 
 
 
  
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