Fanfic su artisti musicali > Marilyn Manson
Ricorda la storia  |      
Autore: MishaLaMezzElfa    07/04/2012    2 recensioni
Partono le prime note della canzone e lui le identifica istantaneamente: “Coma White” di Marilyn Manson.
Come avrebbe potuto non riconoscerla immediatamente? Era sempre stata la sua canzone preferita prima della morte di Abbey.
Non era più riuscito ad ascoltarla da quel momento e decide che non ce l’avrebbe fatta neppure ora.
Ho scitto questo racconto sulla base di una songfiction, ma è, in realtà una storia originale, con personaggi inventati da me.
La canzone e tutti i suoi diritti appartengono a Marilyn Manson.
Questo racconto è senza scopi di lucro.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Si sveglia quando il sole colpisce i suoi occhi attraverso lo spiraglio delle persiane: è un bel giorno d’estate e il termometro segna già 17°C, nonostante siano solo le nove del mattino.
Quella sarebbe stata un’estate dannatamente calda.
Evan si alza, mettendosi a sedere sul letto matrimoniale, e getta una fugace occhiata accanto a sé: sua moglie doveva essersi alzata già da un bel po’ di tempo, ma la casa è immersa nel silenzio.
L’uomo entra nel piccolo bagno adiacente alla camera, accende la radio e si fa una doccia.
Canticchia qualcosa d’indistinto poi, uscito dalla cabina, cambia stazione radio e decide di indossare una tuta: quel giorno avrebbe iniziato un nuovo romanzo e si sente particolarmente portato a narrare una vicenda post-apocalittica.
Giunge in cucina ma non vede Kaelee, la sua compagna, né Cora, la loro figlioletta di appena quattro anni.
«Dove diavolo sono finite?» Si domanda con stupore.
Nota un foglio attaccato al frigorifero, si avvicina e legge a voce alta: “ Evan, tesoro, ricordati che quest’oggi sono fuori città per il raduno. Controlla Cora, mi raccomando. Baci. “
Un ricordo riaffiora nella sua mente: sua moglie si trova ad una conferenza sulle donne fuori città; probabilmente sarebbe stata via fino a sera.
«Tanto meglio, sarò più tranquillo. »
Dopo aver fatto colazione controlla la bambina che dorme tranquilla nel suo lettino.
Esce dalla stanza in silenzio e accende il computer in salotto.
Appena si siede il campanello trilla, costringendolo ad alzarsi.
Chi può essere alle dieci del mattino? Si chiede fra sé e sé, andando ad aprire.
Si trova di fronte una ragazza di circa diciassette anni con i capelli blu e viola; un piercing al sopracciglio e le unghie laccate di nero.
«Buongiorno Signor E. Tutto bene? »
«Ciao Mireen, sto bene, tu? »
Lei solleva le spalle con non curanza e varca la soglia.
«Sua moglie mi ha chiesto di badare a Cora mentre è via. Non ripone troppa fiducia in lei, vero? » Domanda all’uomo con aria divertita.
« Sono uno scrittore, sa perfettamente quanto sbadato io sia… Una volta sono riuscito a mettere in frigo delle mollette da bucato. Credo di essere un caso disperato. » Risponde lui rassegnato.
Mireen ride di gusto poi, senza troppe cerimonie, si avvia verso la stanza della bimba: Evan e sua moglie si fidano ciecamente di lei. Nonostante l’aspetto da metallara, sanno che possiede un gran cuore; inoltre Cora la adora, soprattutto quando le fa ascoltare la musica metal di nascosto da Kaelee.
La giovane torna nel salotto con la bambina in braccio.
« Signor E. Siccome la sua signora non c’è potrei…? »
Lui comprende al volo.
«Hai la mia approvazione. » Risponde con un sorriso, mentre torna a sedersi sulla sua postazione.
«Cosa mi proponi oggi?  
La ragazza accenna un sorriso e accende la radio, inserendo un cd.
«Le piacerà, ne sono certa. »
Evan fin da giovane era stato un grande amante della musica metal, come sua moglie del resto, ma dalla nascita della bambina avevano entrambi deciso di diminuire il loro ascolto della suddetta per non disturbarla troppo.
In realtà Cora andava in visibilio per il metal.
Partono le prime note della canzone e lui le identifica istantaneamente: “Coma White” di Marilyn Manson.
Come avrebbe potuto non riconoscerla immediatamente? Era sempre stata la sua canzone preferita prima della morte di Abbey.
Non era più riuscito ad ascoltarla da quel momento e decide che non ce l’avrebbe fatta neppure ora.
«Mireen potresti cambiare canzone per cortesia? Questa non mi piace molto. »

Questa è una palla colossale, lo sai vero?

Impone il silenzio al suo cervello e si concentra sulla pagina bianca del computer che si trova di fronte a lui.
Continua a fissare il monitor davanti a sé per dieci minuti, fino a che la ragazza non gli si avvicina e, con un sorriso, dice:
« Coma?»
Lui strabuzza gli occhi: non può averlo detto davvero!
«Potresti ripetere? Non credo di aver capito bene.» Mente lui.
Lei lo osserva con sguardo interrogativo e dice:«Le ho chiesto: tutto bene?»
Evan la guarda un attimo e poi torna a concentrarsi sul computer, scuotendo la testa
«Io… Non so, mi sento un po’ scosso. Mi manca l’ispirazione.»
Mireen medita sulle sue parole e poi gli suggerisce di mettersi in giardino a scrivere: è una splendida giornata di sole, sarebbe un peccato rimanere chiusi in casa.
L’uomo annuisce, spegne il PC e, dopo aver preso la sua macchina da scrivere, esce, andandosene nel giardino di fronte alla casa.

Dopo essersi sistemato all’ombra dell’enorme acero che troneggia nel parco, si siede e distende le gambe sotto il tavolo.
Non sa come iniziare il suo nuovo romanzo: ha davvero il blocco dello scrittore?
«Un’eroina! Ecco il mio personaggio principale: una sedicenne, ribelle, sfacciata e più matura dei suoi coetanei. Deve sempre sorridere.»
In casa Mireen ha rimesso “Coma White” e la canticchia mentre accudisce Cora.

“ There's something cold and blank behind her smile ”

Abbey sorride: sa che ogni attimo potrebbe essere l’ultimo. Il suo è un sorriso triste, cupo. Non vuole deluderlo, è ovvio.
Lei aveva promesso che non sarebbe mai successo, avrebbe lottato, non si sarebbe mai fatta convincere.
Invece lei è lì, che lo guarda con tristezza e timore: Evan lo ha capito, sa tutto e lei ha paura.


«Basta! Non è il caso di pensarci! È finito tutto tanti anni fa!» Evan sta urlando contro sé stesso: sa che ricordando sua sorella non si farà che male.
È tutto inutile:  la canzone affiora prepotentemente in lui, strofa per strofa, ricordandogli Ab in tutti i suoi momenti peggiori.
 
“ She's standing on an overpass
In her miracle mile ”


Lei è in piedi sul cavalcavia, i lunghi capelli raccolti in tante minuscole treccine. Ride, in modo spensierato, in un modo che non fa da almeno otto mesi: lui ha capito tutto già da tempo ed ha cercato si aiutarla ma ora teme il peggio.
Si butterà, ne è certo.
Lei ha deciso di farlo già da qualche tempo ma solo ora, ha trovato il coraggio, solo a causa di quelle maledette pillole.
Vuole fermarla, deve fermarla.


“ Coma ”

Evan non riesce a sopportare tutti quei medici in camice bianco che lo guardano e scuotono il capo, dicendo che non sanno nulla.
Scappa dall’ospedale; da sua sorella in punto di morte; da sua madre, che non smette di piangere; da suo padre, che non riesce ad accettare la situazione.
Lui scappa, perché è debole.


L’Evan del presente stringe con forza i bordi del tavolo, come se stesse per cadere: ormai sa che non può fermare tutti quei sentimenti che ha represso per anni.
Si sente morire. Vorrebbe che quello fosse un incubo, ma sa che non è così: nulla svanirà, tutto continuerà a tormentarlo.

" You were from a perfect world ”

La vede nel giorno del loro ultimo litigio: lei lo accusa di essere un bastardo insensibile, di non capirla.
Lui è furioso: da due mesi non riesce più a vedere l’Abbey di un tempo. È morta sotto una montagna di pasticche.
Lacrime e strilli, grida ancora più forti.
Evan la afferra per un braccio e la caccia in macchina, dicendole che vuole portarla a farsi disintossicare.
Lei urla più e più forte: dice di stare bene, di non avere bisogno di medici.
Le chiede perché l’ha fatto, perché ha cominciato e lei risponde: a causa tua.
Lui è sempre stato il figlio preferito, mentre lei è la pecora nera di famiglia.
Abbey non si sente figlia di quel mondo …


Evan sa che sta dando pubblico spettacolo, ma non sa fermarsi. Non ci riesce.
Cerca di chiamare Mireen, ma la sua voce non vuole uscire.
Sta per cadere dalla sedia, ne è certo, ma i suoi muscoli non vogliono obbedire.
Come può una canzone arrivare a tanto?

“ A world that threw me away today
Today to run away "


… Quel mondo la sta uccidendo dentro e lei deve scappare, deve andarsene da lì.
Sono entrambi sul vialetto della casa dei genitori. Abbey vuole andare, Evan vuole restare.
Lei è tutto per lui, ma non sembra capirlo. Non gli vuole abbastanza bene, non lo capisce.
Una moto parcheggia davanti a loro e Abbey monta dietro al guidatore, con una mossa repentina, senza degnare il fratello d’uno sguardo.
Evan è allibito: sua sorella e il suo ragazzo sono scappati e lui deve trovarli a tutti i costi.


Come dimenticare Aaron? Era lui che aveva costretto sua sorella ad entrare nel tunnel della droga: era tutta colpa sua.
Evan digrignava i denti: lo aveva già picchiato una volta ma si era sempre rammaricato di non averlo ucciso.
Se non fosse stato messo in galera per furto con scasso e spaccio in quel momento starebbe guardando da molto, molto vicino i vermi nel campo di fronte a casa sua.

“A pill to make you numb”

Una, due, tre … Dieci … Trenta pasticche.
Un numero: ciò che era divenuta lei in quel dannato ospedale, pieno d’ipocrisia e falsità.


“A pill to make you dumb ”


Quaranta … Sessanta … Ottanta pillole.
Una stupida: quello che lei era per le forze dell’ordine. Un’altra sciocca ragazza catturata da vane promesse.

 
“ A pill to make you anybody else ”


Poteva divenire tutto ciò che voleva, ma era diventata un nessuno.
Ora era solo una foto sbiadita nella stanza da letto dei loro genitori, una lapide ingiallita nel piccolo cimitero del loro paesino natale.


Per Evan, però, lei era ancora viva e vegeta: sentiva proprio in quel momento la sua presenza accanto a sé.
«Non può essere, non può assolutamente essere così. I morti non tornano in vita nella realtà!»
Ma nella mente si. Soprattutto in quella di uno scrittore con una fervida immaginazione.
«è solo suggestione. Non è altro che suggestione causata dalla canzone.»

“ But all the drugs in this world
Won't save her from herself ”


Neanche Dio in persona avrebbe potuto salvarla da se stessa.
Se solo lui fosse riuscito a prenderla un attimo prima che si buttasse, forse sarebbe ancora viva.
Ma ci avrebbe riprovato, ne era certo: Abbey era autodistruttiva di natura.
Probabilmente se avesse cercato di fermarla, se lo avesse fatto con convinzione, lo avrebbe portato con sé.
Forse sarebbe stato un bene. Avrebbe smesso di soffrire.


Evan cade a terra, tremando: più la canzone si avvicina alla fine, meno riesce a controllare il suo corpo.
Sa che la sua è una reazione irrazionale, smisurata ed eccessiva ma non riesce a fermarsi, i ricordi affluiscono nella sua mente veloci, liberi.
Deve trovare una soluzione a quella situazione: da quanto tempo sta dando spettacolo? In quanti l’hanno visto?
Soprattutto, perché si preoccupa di questo? È Assolutamente una preoccupazione inutile e ne è perfettamente consapevole.
Poi lo sente: un altro ricordo entra prepotentemente nella sua mente, preceduto da una strofa della canzone.

“ Her mouth was an empty cut ”

Evan la vede: è sporta sulla balaustra del ponte e fissa il suo volto riflesso dall’acqua limpida.
Lui sa già che ha deciso di saltare; anche lei l’ha capito e lo guarda.
Abbey sorride,le sue labbra formano una piccola fessura; sembra non avere più un’anima e quel sorriso tristemente forzato
calza perfettamente alla sua esile figura ormai corrosa dalla droga.


“ And she was waiting to fall “

Come dimenticare l’attimo più brutto della sua vita? Abbey lo guarda, sorride, fissa per un attimo l’orizzonte e si butta.
L’acqua gelida l’avvolge in un attimo e lui grida.
urla con tutto il fiato che ha in corpo.
Strilla il suo nome correndo giù per la piccola scarpata che conduce al fiumiciattolo dove si è buttata.
Vede il corpo trascinato dall’acqua contro le rive e prega che non sia già morta.
Gli abiti della ragazza si incastrano in un ramo sporgente, che fermano quel suo folle navigare.
Evan la soccorre, la tira fuori dall’acqua e telefona ai soccorsi; cerca di tenerla al caldo e di controllare se respira: flebilmente ma ancora lo fa. È In preda al panico e non sa che fare, ma vuole salvarla a tutti i costi.


“  Just bleeding like a polaroid that
Lost all her dolls ”


L’espressione di Abbey dopo una dose era sempre identica a quella di quando si era buttata: era imbambolata, sembrava fissare qualcosa che gli altri non riuscivano a cogliere.
Sempre persa in quel mondo falso e utopico, un mondo del quale lei era dipendente da quasi un anno, che le provocava un dolore straziante e la faceva piangere come una bambina, una bambina viziata che ha perso le sue amate bambole.


Evan sa che la canzone è quasi alla fine: riesce a sentire Mireen che canticchia il ritornello e vorrebbe chiamarla, vorrebbe implorarla di aiutarlo, ma la voce non vuole uscire.
Per quanto si stia sforzando nemmeno il più piccolo suono scaturisce dalla sua gola.
Ha quasi paura e si chiede se riuscirà mai a riprendersi da quell’esperienza così devastante.


“ Coma ”

Li vede ancora: medici del cazzo che non sono stati in grado di salvare la sua povera sorella.
Esce dalla stanza della donna spintonando le infermiere e, dopo un a discussione col caposala, tira un pugno ad una vetrata, mandandola completamente in frantumi.
Evan corre, scappa via dal dolore e dal male.
Fugge dal corpo disteso sul letto nell’asettica stanza d’ospedale: non è più Abbey, quella è solo una donna in stato vegetativo che SOMIGLIA a sua sorella, ma non è lei.
Si allontana dall’edificio pregando che quello sia solo un sogno.
Alla fine inciampa, si rialza, cade nuovamente e gli occhi si riempiono di lacrime: urla e bestemmia contro il cielo plumbeo, ma sa di non risolvere nulla in quel modo.


"You were from a perfect world ”

Abbey sorride felice: ha solo sedici anni e non ha ancora conosciuto Aaron; la sua vita è tranquilla, serena e non ha preoccupazioni.
Evan la vede perfettamente com’era a quell’epoca, l’epoca in cui sua sorella non era ancora una tossicodipendente e non aveva tentato il suicidio per ben tre volte.
Sorride davanti all’obbiettivo della macchina fotografica nel giorno del suo diciassettesimo compleanno.
Ride con i genitori all’apertura dei regali.
Si commuove leggendo una lettera spedita dalla sua migliore amica, che all’epoca era andata a vivere in Australia.


“ A world that threw me away today ”

Abbey comincia ad essere sempre più assente e disattenta: salta la scuola, non va più agli allenamenti della squadra di basket e ha smesso di ascoltare la musica rap che ha sempre amato.
Non ha più interesse per nulla.
Poi, il fattaccio: Evan la vede prendere quella robaccia.
La minaccia, vuole costringerla a smettere; butta tutte le pastiglie, la porta all’ospedale, ma non basta: lei riprende e comincia a drogarsi sempre più frequentemente e pesantemente.


“ Today to run away "

Alla fina Abbey scappa dalla realtà che le ha sempre fatto così tanto male: non vuole più soffrire né far soffrire.
Si butta nel fiume, sapendo che solo con la morte potrà rinascere libera dai quei vincoli che l’hanno oppressa fino a qual momento.
Si butta perché non vede alternative.
Si butta perché non c’è soluzione.



“ A pill to make you numb
A pill to make you dumb ”


Una pillola per renderti un numero, una per renderti stupido.
Abbey decide di non essere né l’uno, né l’altro: è tardi, perché quelle maledette pastiglie l’hanno già resa un nulla ma, almeno alla fina, vuole decidere da sola.
Prima di buttarsi non prende nulla: è perfettamente cosciente di ciò che fa e vuole restare tale.
Evan arriva e la vede: lei è felice che lui sia lì, così saprà che non è stata colpa sua, semplicemente, non ce la fa più.
Un salto e tutto diventa buio.

 
Evan apre gli occhi e si ritrova nel salotto di casa sua, di fronte al suo computer acceso: ha immaginato tutto.
Nulla di ciò che ha appena vissuto è reale. È sollevato ma in fondo al cuore sente un dolore che lo attanaglia.
«Tutto bene Signor E?» Domanda Mireen un po’ preoccupata.
Evan annuisce e comincia a scrivere:

“ Abbey aveva diciotto anni e, probabilmente, sarebbe diventata una grandissima donna se non fosse scoppiata la guerra … ” .

Evan sorride fra sé e sé: dedicare a sua sorella il prossimo libro, romanzando la sua storia, lo avrebbe aiutato a superare il lutto.
«Mireen, fammi un favore, rimetti “ Coma White “ , per cortesia. »
La ragazza esegue l’ordine mentre l’uomo scrive ma non nota alle sue spalle una presenza eterea che sorride.

Finalmente felice.
 
 
 
Angolo di Misha
Questa storia non è nata così, il mio primo proposito era quello di scrivere un racconto narrando la giornata di uno scrittore senza ispirazione, ma alla fine ho deciso di cambiare.
In realtà non so perché l’ho fatto, ma mi piaceva molto di più questa trama: non è un capolavoro, ma mi sento soddisfatta.
Che altro posso dire? Amo Marilyn Manson e proprio per questo ho deciso di usare una sua canzone ( una delle mie predilette, fra l’altro ).
Dedico questo racconto a tutti i fratelli e le sorelle che ascoltano Manson.
Spero vi sia almeno minimamente piaciuta.
In ogni caso lasciate un commentino tutti quanti, positivo o no io l’accetterò.
Arigatou Gozaimasu
Misha
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Marilyn Manson / Vai alla pagina dell'autore: MishaLaMezzElfa