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Autore: ilpunto    10/04/2012    0 recensioni
credo che un'auto prefazione sia una violenza al testo, alla speranza dell'autore. tuttavia quanto ho scritto è frutto di deduzione e dedizione: ho immaginato L molto prima del caso kira, L nella vita privata, i suoi legami, la sua emotività, l'ho fatto muovere a New York alle prese con l'attraente sensibilità di una ragazza.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Watari
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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semplice e schematico il quadro si chiudeva davanti gli occhi impenetrabili che, senza alcuno sforzo, avevano catalogato tutto riguardo la famiglia Aires, Airone puntualizzando.

Scaltro aveva letto ed immaginato Gianni per Staten Island, uomo in una moltitudine, nella medesima condizione, aveva raccolto tutti i suoi averi, progetti e speranze, affinché il mito americano potesse nelle sue mani, concretizzarsi.

Tentò di focalizzare l'espressione che il giovane siciliano avesse in viso, quando dall'atlantico l'alta fiaccola della signora faceva capolino. 

“3 marzo 1890 registrato l'arrivo, quaranta giorni di quarantena." 

Si soffermò un' attimo sull'assonanza delle parole; l'aroma fantasma del disinfettante che correva nei corridoi, voci leggere e dialetti estranei.

"Per dieci anni deve aver lavorato presso qualche bottega di Little Italy. 1897 sposa un'altra italiana, Maria Messina, forse dato il cognome doveva avere origini ebree." constatò dubbioso. 

"23 aprile 1900, nasce il primo figlio Salvatore, 1902, la secondogenita, Giuditta, della quale è registrata la morte nel 1904.  il terzo della progenie è Santino. Santino." Ripeté.

lo scoppio della seconda guerra mondiale, il boom economico, il piano Marshall, 1956 prima figlia Matilde, 1958 Albert, il secondo genito.

"i loro investimenti puntati sui sindacati, e con il ricavo comprò dei territori vicino a Merida in Venezuela, e un’industria di caucciù.”

Il collegamento illuminò la mente di L: "Il condannato a morte Lucas Ramirez è nato e cresciuto a Merida. Perché muovere un atto tanto violento al benefattore della propria città, il padre di Alice?"

 Senza bighellonarsi troppo in constatazioni tornò immediatamente al suo ragionare, tentando in tutti i modi di collegare i moventi che il venezuelano potesse avere. C'erano troppe coincidenze.

"Watari." esordì determinato. " ho bisogno di tutte le informazioni riguardo Lucas Ramirez, il detenuto che è stato condannato a morte."

"va bene. ci vorranno un paio di giorni per indagare fra stampa e polizia."

"Perfetto" sibilò senza dar tono alla sua voce.

Le deduzioni riconducevano l'attenzione di L ad un unico anello mancante, un oggettivo dettaglio che alle indagini non avrebbero dato differenza, ma una luce del tutto nuova volgeva rapporto con la ragazza.

"devo stabilire quale sia il suo ruolo in questo disegno." ammise a se stesso, amaro.

"le probabilità di un suo coinvolgimento sono dell'80 %"

Nell'attesa delle risposte la mente geniale, aveva escogitato una precauzione per coloro, che come Alice, avessero tentato di scoprire la sua vera identità; costruendo un triangolo di giustizia: L, Coil, e Deneuve; chiunque per scoprire l'identità di uno degli altri due, si sarebbe rivolto a uno dei vertici; Geniale; ma stavolta non sarebbe bastata, o sembrava non bastargli, poichè lei l'aveva visto in volto, l'aveva vissuto.

Giunto a questa conclusione non rimaneva che estrarre la spina dal suo animo, ideare un modo per scoprire se ci fossero doppi fini nel comportamento di Alice, e se così fosse inquadrarne la natura. 

Pensò d' interrogatorio, sapendo che l'emotività della ragazza avrebbe scaturito la verità; fece appello a tutta la sua freddezza, il numero di telefono di Alice, il rumore dei tasti, l'invito.

"Alice, potresti per favore, raggiungermi in hotel?"

"come fatto. c'è qualcosa che non va?"

"ne parliamo appena arrivi."

"va bene." espresse remissiva, lasciando fuggì una vena di preoccupazione dal tono.

 

 

 

Ryuzaki tolse il pollice dal labbro inferiore, alzatosi in piedi, sgranocchiò un muffin, la fede che gli zuccheri potessero agevolarlo in questo compito.

Nell'attesa comparò questo metodo con quello di L che avrebbe previsto una lunga prigionia, l'assenza di cibo, nessuna libertà di movimento, e forse lo stesso risultato. 

" Se realmente Alice, fosse colpevole, avrebbe un enorme privilegio." considerò scontento; " ma se non lo fosse, sarebbe solo vittima del mio segreto. Ma devo concentrarmi ora. A questo penserò dopo, se sarà necessario." concluse.

 

Dopo circa quindici minuti sentì bussare alla sua porta.

 

"Ryuzaki." esclamò Alice nel fiatone.

"L'ascensore è rotto?" domandò impassibile.

"no" sprofondando distratta nel divano.

"allora perché non lo hai aspettato."

"ero impaziente di sapere quello che ti gira per la testa." un sorriso nella fatica.

"perché una possibile indiziata, dovrebbe sprecare del tempo, utile per formulare bugie, correndo per le scale?" stimò di primo acchito lui.

"per questo hai corso quattro piani di scale?" ribottò sarcastico.

"ora, prima che mi prenda un infarto, mi dici che cos'hai?" Il tono della telefonata aveva scosso profondamente la ragazza, perché non aveva ma assistito agli umori di Ryuzaki, e da quest'ultimo aveva elementarmente dedotto che vi fosse una motivazione seria, che immediatamente bramava smantellare.

"Dovresti usarli certi privilegi, visto che sono disponibili."

"l'ascensore non è un privilegio."

"è solo uno dei tanti." perseguiva Ryuzaki nell'insinuare.

"mi auguro che tu sia sarcastico."

"se tu fossi veramente interessata all'identità di L, berceresti in tutti i modi di rimanermi accanto. Camuffando il tuo secondo fine, dovrei comunque avvertirne la presenza di un altro no?" sardonico e silenzioso insinuò. 

"non lo sono, affatto."

"cosa stai insinuando?"

"che gli ascensori sono comodi, l'opera è stupenda, e tutto il bel lusso che tramite il mio datore di lavoro ti viene concesso, sono una gran bella cosa no?"

Alice scoppiò s ridere, la negazione della situazione, il primo cenno della risposta emotiva.

"Ryuzaki... Ryuzaki." lo riprese lei. " non ti sei mai chiesto perché sono da più di due mesi a New York e non ho combinato nulla di finanziariamente utile? perché non ho un lavoro?"

Fingeva ingenuità, mentre si chiudeva a riccio nel mutismo; sapeva che Alice era estremamente benestante, l'aveva intuito la prima volta, dai suoi gusti, dai suoi gesti.  Ma apparire come un ingenuo non interessava alla sua indagine, per questo non dette cenno di nulla nella sua attesa.

"Ryuzaki." di nuovo lo riprendeva. " Ti ricordi quando ti parlai del quadro di Vettriano?"

Annuì.

"La mia famiglia possiede l'originale."

"vuoi dirmi che sei ricca?" caricando di un’enfasi negativa.

"Sì." Poi dai suoi occhi venne un’espressione estremamente inadeguata per il tono della discussione.

"è solo una scusa, dimmi la verità." espresse furibonda.

"scusa?"

 "una scusa per lasciarmi non è così?"

Ryuzaki aveva quasi completato il suo fine, la soluzione era prossima.

"vigliacco." urlò.

"vigliacco." insinuò.

"vigliacco." considerò.

le guance si rigavano di lacrime che a lui sembrarono sincere.

"devo chiederti un’ultima cosa." Azzardò lui senza slanci.

"come mai, non mi hai mai parlato della tua situazione?"

 " non volevo che mi considerassi per la mia situazione. Desideravo soltanto stare con te, e ho pensato che, tu, che lavori, avresti profondamente criticato la mia posizione. E poi... " mutando il suo tono in accusa 

" nemmeno tu ti sei mai perso in dettagli sulla tua. So quante lingue parli, so quali sono i tuoi dolci preferiti, so che odi i calzetti, so di non poter guardare un film con te senza conoscerne prima la fine, ma non so nemmeno il tuo cognome." esprimeva mossa dal fervore:" per giorni e giorni mi sono chiesta come mai nonostante il tuo aspetto occidentale usassi un nome giapponese. Non ci sono mai riferimenti al tuo passato, né al tuo presente."  Ryuzaki si sentì colpevole, artefice come Otello di un gioco che tagliava.

Poco prima che la rabbia di Alice esplodesse nel tonfo della porta chiusa alle spalle, fu tentato di rivelarle ogni cosa, ma a quel punto, la prospettiva di una vita in incognito sarebbe stata troppo scorretta per il futuro di lei.

Lasciandolo e tagliando i ponti, aveva reso la certezza d'innocenza, più precisamente di inconsapevolezza di quanto le gravasse attorno.

" si può essere grandi attori ma pessimi interpreti dell'esistenza." concluse laconico. 

  
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