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Autore: Yuchimiki    11/04/2012    2 recensioni
La vita non era mai stata granché buona con me… ma che dico, non poteva essere più puttana di così, e ho tutte le ragioni di questo mondo per dirlo.
Insomma, non è che attirare l’attenzione di qualcosa più immenso di me fosse una grande svolta nella mia breve e misera esistenza, almeno allora, in particolare quando codesto essere aveva una passione sfrenata nel succhiare le anime agli umani col sadismo bastardo che si ritrovava.
E con questo ho detto tutto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mephisto Pheles, Nuovo personaggio
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Urca, sembra che neanche i morti si aggirino per la sezione! Su, su gente!
Cavolate varie a parte, ho deciso di spolverare un pò la vecchia roba e traendo spunto da una drabble per un concorso, ho deciso di fare un One-shot, che credo sia uscita carina. Più che altro era per riabituarmi a dialogare con Mephisto. Dopo quasi mezzo anno è un'impresa!

Non scasso oltre. Buona lettura.





La vita non era mai stata granché buona con me… ma che dico, non poteva essere più puttana di così, e ho tutte le ragioni di questo mondo per dirlo.
Insomma, non è che attirare l’attenzione di qualcosa più immenso di me fosse una  grande svolta nella mia breve e misera esistenza, almeno allora, in particolare quando codesto essere aveva una passione sfrenata nel succhiare le anime agli umani col sadismo bastardo che si ritrovava.
E con questo ho detto tutto.

Posso solo sperare che nessuno ripeta il mio stesso errore, se così lo si può definire.



“È purtroppo destino ineluttabile che il tempo distrugga ogni cosa nel suo fluire perenne”.

Ai miei tempi, secoli fa, una frase del genere avrebbe scatenato l’ira di ogni cristiano o religioso in generale in circolazione, non che m’importasse. Non sono mai stata una credente, ma avevo abbastanza sale in zucca da comprendere che qualcuno o qualcosa con un senso dell’umorismo da demente mi aveva creata, come il resto delle cose, e avevo una visione del mondo tutta mia.
Ma a dispetto di tutto questo, se c’era una cosa in cui credessi fermamente era che il valore della vita fosse eterno. Un credo infantile se non da ingenui, ma a dieci anni chiunque lo sarebbe.

Certe idee non fanno mai bene alla salute, non che me ne curassi. Forse avrei dovuto.
Prima che me ne accorgessi, l’essere più bizzarro che avessi mai visto mi apparse davanti di punto in bianco, col suo stravagante modo di vestire e quello sguardo che fu la mia dannazione, non che lo capii, non subito almeno.
Beata innocenza, mi difese dal dolore che di lì a poco avrei patito.

“Cosa ti spinge a crederlo? Cosa dà una tale convinzione ad una fragile creatura come te, che vive in un mondo dove l’uomo uccide i propri simili per credo?” Mi era sempre piaciuto il verde, di quella tonalità in particolare, tuttavia quella pupilla allungata, a mo’ di rettile, gli dava un’aria oscura.
Piccola e indifesa, davanti a un essere alto il doppio di me e con un sorriso tutt’altro che rassicurante, non nascosi lo sguardo.

“Non ti sarebbe più semplice fare come gli altri? È comodo!” Come chiunque altro, avevo anch’io dei fattori che scatenavano l’ira che portavo dentro di me, e uno di questi era essere presa in giro, da uno sconosciuto per giunta. Tuttavia, benché l’uomo che avevo davanti istigasse la mia rabbia, la mia mente non fu oscurata al punto da non vedere quelle fiamme che ardevano passionatamente nei suoi occhi.

“Non sono come gli altri. Il semplice fatto di dire quel che penso mi ha reso un’anomalia, e di certo non sarai tu, un tizio strano che sbuca da nulla, a farmi rimangiare le mie parole” Mi dicevano spesso che ero maturata troppo in fretta, lasciandomi alle spalle il mondo. Peccato non avessero mai pensato che in verità erano loro i lenti.

Touché.

L’ironia di tutta quella situazione stava nel fatto che le parole che mi uscirono di bocca ebbero l’effetto del carburante nel fuoco. Penso che con loro firmai allo stesso tempo la mia condanna.

“Ti va di fare una scommessa, signorina?” In quel suo ghigno intravidi i canini con curiosità, sorpresa dalla loro lunghezza. Forse avrei dovuto prestare più attenzione al cagnolone.

“Scommettiamo che un giorno l’umanità perderà il ricordo del valore della vita? Dovrai rimangiarti le tue parole!” Un affronto! Era un affronto personale!
In quelle parole avrei dovuto cogliere una trappola. La trappola.
Certo, una sfida del genere non finisce da un giorno all’altro, vi pare?

In seguito maledissi il caratteraccio scontroso che mi ritrovavo “Non vedo perché no, non ho niente da perdere” Decisamente lo maledissi dal profondo del cuore.

“Beh, c’è la tua anima in gioco…”



Stupida, stupida, stupida. Non trovavo altre parole per descrivermi. Solo stupida.
Mi aveva maledetta, lasciandomi in ricordo una clessidra che cercai di spaccare non so quante volte e un cerchio demoniaco posto su tutta la schiena.
Ma mi aveva sottratto qualcosa di gran lunga più importante, cosa che notai solo dopo alcuni anni, cosa che fin dalla nascita ogni umano aveva, neanche fosse un diritto: la mia mortalità, mi aveva sottratto alla morte.
Non compresi inizialmente cosa implicasse essere eterna, non capii che avrei guardato il mondo cambiare, vedendolo lasciarmi alle spalle, chiamatela ironia della sorte. Un’ironia di merda, per come la vedo.

Avevo tempo da perdere, abbastanza da riuscire un giorno a leggere l’iscrizione nel cerchio “Se l’umanità mai dimenticasse, perirà al cadere dell’ultimo granello”. Da quel momento in poi la clessidra ha fatto un numero di voli sempre maggiore. Solo il pensiero al fatto che avrei dovuto aspettare in eterno mi faceva dare di matto. La cosa peggiore è che non riuscivo a morire.

Ma c’erano anche altri aspetti di questa dannata immortalità che con il tempo scoprii. Invecchiavo, sì, ma per avere l’aspetto di una ventottenne dovetti aspettare quattrocento anni. Quattrocento lunghi anni di agonia, durante i quali avevo scoperto chi ero, portando con onore la furente chioma che adornava il viso pallido e gli occhi nerastri dei miei avi, non più ingenui, non più ciechi.
Gli orrori del mondo li avevo visti e vissuti in prima persona tutti, dal primo all’ultimo, ma la speranza ora come ora era ancora dentro il mio cuore, per quanto Mephisto avesse provato a contraddirmi.

Mi tormentava, non mi dava pace. Ovunque andassi, come un’ombra era alle mie calcagna, fino ai confini del mondo “Non rompere e vatti a fare un giro, demone” Insopportabile, sadico, ma troppo scaltro, troppo intelligente.

“Dai, Kat, avresti dovuto abituartici da secoli ormai!” Era in quei momenti, quando faceva il bonaccione, che non riuscivo più a guardarlo in faccia. Per quanto lo detestassi, era ormai parte integrante del mio io, più di quanto avrei desiderato.
Sempre a seguirmi, sempre a ricordarmi della scommessa, ma non volendo mai pensare che infondo, benché mi avesse sottratto il diritto a chiamarmi umana, avevo dei sentimenti anche io, un cuore che dopo tanto si stava atrofizzando. Il mio carnefice semplicemente non ci voleva pensare.
Così vagavo, senza meta, non più disperata, ma accettando che il destino dell’umanità gravasse sulle mie spalle tanto quanto la mia salvezza dipendesse da essa.

Però la vita non mi ha mai preso in simpatia, nemmeno allora, nemmeno quando, con la clessidra tra le mani e la schiena lacerata e grondante di sangue, attraverso il rigonfiamento vitreo intravedevo il sole tramontare; gli ultimi granelli cadevano tranquilli.

Non era una resa, solo frustrazione. Magari anche il desiderio di poter decidere come e quando morire.
Per mia meraviglia, stavo morendo dissanguata, per davvero “Cocciuta fino all’ultimo, eh, Kat?” Se fossi stata ancora umana, sarebbe stato considerato suicidio il mio gesto, ma Mephisto l’umanità di cui mi aveva privata l’aveva fatta a brandelli, così come il mio cuore e ogni speranza di rivalsa.
Ero al capolinea “Di che ti lamenti, tanto sei in procinto di averla vinta. Io il mio compito l’ho finito, compiuto, esaurito”.

Non parlò, sicuramente guardandomi accarezzare le rifiniture dell’antica clessidra. Come era bello il sole.

Tramontava il tempo dell’umanità.
“Au revoir, Mephisto”.

“Addio, Katerina”.



Lei, mi aveva fregato. Avevo sempre saputo, non ero un cretino, ma l’anima della donna era troppo appetibile. Il gioco era finito, e lei era stata convinta del valore della vita più di ogni altro prima di lei.

“È un peccato, Kat. Avevi vinto”.





Non so, ditemi voi. Potete bombardarmi su quanto faccia schifo e lo accetto volentieri, imparare qualcosa e accorgersi dei propri errori fa sempre bene, però ditemi cosa nel dettaglio non va.
Come sempre, commenti e critiche sono ben accette (Se non si era capito -_-).
*edit* E la mattina seguente, dopo un'attenta rilettura, la scrittrice si rese conto degli errori che aveva fatto *facepalm* *fine edit*

Ora, scusate, ma alle tre di notte il cervello è andato.

Alla prossima!
  
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