Titolo: jealousy
and attraction.
Autore: braver than nana
Rating: arancione
Conteggio
Parole: 1511
(momento inquietante in cui scrivi due
parole dello stesso, identico numero di parole.
Riassunto: Louis
neanche l’aveva visto
quel video, gli faceva schifo quella canzone, gli faceva solo una gran
rabbia,
quel cavolo di ragazzo. Gli avrebbe spaccato la faccia se ne avesse
avuto l’occasione
e se Harry non fosse sempre tra i piedi quando le mani gli prudevano
talmente
tanto da fargli male. Perché lui lo sapeva, che era geloso
marcio.
Note:
Parecchio
Jealous!Louis, accenni EdSherran/Harry e bitchy!Harry. Questa storia
è
interamente dedicata a mia moglie e ad esse, che mi hanno spinto a
scriverla
(la frase all’inizio è di esse ♥)
e che se la meritano tutta. Sinceramente non è
uscita come desideravo, pensavo di mettere più Ed. E giusto
per la cronaca, io
AMO Ed Sheeran, anche se dalla fic potrebbe non sembrare. La canzone
alla fine
è Kiss Me di quel figo
coi capelli
rossi.
jealousy and
attraction
Solo
il due per cento dei rossi è naturale: Ed è
speciale!
E chissene, solo uno su sei miliardi è Louis Tomlinson.
Sono in
Australia da pochi
giorni e sinceramente, per quanto tutto l’alcol ingerito
nelle ultime
ventiquattrore, il poco sesso che è riuscito a fare, il
caldo asfissiante e le
ragazzine stalker che non fanno che accecarlo con i flash poco discreti
delle
loro macchine fotografiche, Louis si sta divertendo. Ha fatto surf per
la prima
volta nella sua vita, non gli è andata neanche tanto male, e
gli piace avere un
po’ di tempo per sé, per godere veramente di tutta
quella situazione. Infondo
sono famosi da quanto?, quasi due anni?, eppure questa gli sembra la
prima vera
volta in cui riesce a trarne beneficio.
Il sole, il
mare –quello vero,
quello che ti gela le ossa e te le riscalda dal movimento delle onde-,
i
pompini nella cabina di una barca così grande, con quel
movimento così
rilassante e quell’odore di salsedine anche dentro le coperte
da fargli venir
voglia di fare una pazzia e comprarne una.
Louis si sta
divertendo
davvero fino a quando non succede, di
nuovo. E magari avrebbe preferito non accorgersi di nulla ma
quando si
parla di Harry le sue orecchie sono più attente, i suoi
occhi più vigili, la
sua attenzione più sveglia. Non è colpa sua se percepisce tutto, anche lo strano
magnetismo che ha sulle persone,
e non è colpa sua se qualcuno
ne
risente più degli altri.
All’inizio
quel ragazzo non
gli stava neanche antipatico. Quando li avevano presentati era stato il
primo a
stringergli la mano, alzandosi dal divano della sua nuovissima casa nel
centro
di Londra, ma poi proprio dietro le sue spalle era arrivato quel furbo
del suo
migliore amico, con il sorriso da conquista e gli occhi accesi dal
gusto della
caccia –perché lo sanno tutti, Harry si diverte a
sedurre le persone, a vedere
quanto tempo ci mettono a cadergli ai piedi, a godere delle sue
capacità di
ammaliatore- e gli aveva teso la mano, con i riccioli umidi della
doccia sulla
fronte e i piedi scalzi.
All’inizio
quasi gli
piaceva, aveva qualche sua canzone nell’iPod, trovava la sua
voce delicata e
insolita. Per un certo periodo aveva ascoltato
Gold Rush praticamente in ogni singolo momento della giornata
perché gli metteva allegria, poi però era
successo.
E quel cavolo
di ragazzino
dai capelli rossi era sempre buttato a casa sua, a casa loro,
con la sua chitarra in spalla e un sorriso timidi, chiedendo
di Harry. Voleva insegnargli a suonare la chitarra diceva, ma lui lo
sentiva
che si era preso una bella cotta. Lo vedeva come si sedevano vicini,
sul
divano, come arrossiva quando Harry improvvisamente alzava la testa
dalla
chitarra, scuotendo il ciuffo profumato a pochi centimetri dal suo
viso, come
lo guardava, come praticamente se lo mangiava con lo sguardo.
È
un caro amico, diceva il
più piccolo, sorridendo quando
si mettevano a letto dopo giornate passate a strimpellare note che non
miglioravano mai, e Louis non ce la faceva a dargli torto, a spiegargli
come attraeva
la gente, soprattutto se si comportava in quel modo. Era capitato anche
a lui,
era caduto anche lui in quella trappola che era Harry Styles, con i
boccoli e
le fossette.
Ed Sheeran gli
è diventato
ufficialmente antipatico il giorno in cui, mentre avevano uno dei primi
pomeriggi liberi dopo mesi di lavoro al cd, si era presentato a casa
loro,
quella cavolo di chitarra vecchia e rovinata al fianco e i capelli che
sembravano prendere fuoco illuminati dal tramonto che cadeva su Londra,
e
aveva, naturalmente chiesto di Harry. Gli aveva riportato una felpa che
aveva dimenticato
a casa sua la notte che era andato a fare quella specie di pigiama
party –
quello che era costato a Louis una grossa ubriacatura con Zayn- e si
era mosso
tranquillamente in casa loro come
ci
vivesse ed era direttamente andato in camera del ragazzo. E aveva
iniziato ad
odiarlo perché loro stavano per fare sesso, aveva nella
pancia ancora la sensazione
della bocca di Harry attorno al suo cazzo stretto in pantaloni, e lui
si era
intromesso. Vieni con me, gli aveva
detto, ti voglio nel mio nuovo video.
Così li aveva visti sfrecciare via, senza praticamente
salutare, e si era
sfogato facendosi una sega rabbiosa sul divano.
Louis neanche
l’aveva visto
quel video, gli faceva schifo quella canzone, gli faceva solo una gran
rabbia,
quel cavolo di ragazzo. Gli avrebbe spaccato la faccia se ne avesse
avuto l’occasione
e se Harry non fosse sempre tra i piedi quando le mani gli prudevano
talmente
tanto da fargli male. Perché lui lo sapeva, che era geloso
marcio. Perché ne
approfittava, si divertiva a vederlo con la mascella serrata ogni volta
che
quel Weasley venuto male gli metteva una mano sulla spalla, o si
sporgeva un po’
di più per fargli capire come mettere le dita sulla tastiera
della chitarra.
Gli avrebbe
spaccato la
faccia, come quella volta ai Brits, con le sue due fottutissime
statuette in
mano era venuto a salutarli, quando
in realtà si era solo accovacciato vicino la sedia di Harry
già ubriaco perso e
aveva parlato fitto fitto con lui per un quarto d’ora,
spostandogli una ciocca
di capelli dal viso dopo una risata brilla per chissà quale
cavolata.
Da quando erano
in giro
però non si era fatto sentire più tanto, forse
perché stava registrando qualche
altra puttanata delle sue, magari perché si era trovato
qualcuno da scopare
senza rompere quello che si scopava lui, non gli interessava il motivo,
era
solo notevolmente contento di non sentire più la suoneria
che il riccio aveva
impostato alle sue chiamate. Poi però, successe.
La camera era
nella
penombra, sentiva ancora il sapore della sabbia e dell’acqua
salata sotto la
lingua, e era steso su quel letto morbido con il suo ragazzo tra le
gambe, che
concedeva alla sua erezione le giuste attenzioni, quando il telefono
sul
cuscino, a qualche centimetro dalla sua faccia distorta dal piacere,
squillò.
Harry
ingoiò la saliva che
gli si era raccolta in bocca, alzando lo sguardo e sorridendo come uno
scemo si
era alzato in ginocchio, lasciando il suo cazzo teso e bagnato,
asciugandosi
gli angoli delle labbra con il dorso della mano.
«Eddy!
Quanto tempo!» aveva
detto e allora non ci aveva visto più.
Si era alzato,
aveva
infilato furente i boxer che era ancora ai piedi del letto e aveva
ringhiato
contro la porta del bagno, sbattendola. E non era perché
stava ricevendo il
miglior pompino della sua vita, ma per principio. Era sempre tra i
coglioni
quel ragazzo e anche se Harry se ne accorgeva che praticamente gli
sbavava addosso
– perché gli piace sedurre le persone, ma dopo
aver visto che a cadergli ai
piedi ci mettono veramente poco, gode nel rigirarsele sulle dita,
giusto per
non perdere gusto nell’appurare le sue capacità di
ammaliatore – se ne fregava
di quello che diceva lui. Rideva e lo abbracciava, magari glielo
prendeva in
bocca per farsi perdonare e poi non fare
il geloso, gli sussurrava.
«Lou?»
la sua voce gli
arrivava lontana, non aveva voglia di parlare con lui. Non era geloso,
cioè, lo
era, ma solo di Harry. Non lo era mai stato, non ce ne era mai stato
bisogno,
poi però lui entrato nella sua vita e allora aveva dovuto
riformulare alcune
teorie che aveva sulla vita. Aveva rivalutato il prenderlo nel culo,
gli occhi
verdi e la gelosia. E quest’ultima era un mostro gli era
entrato nelle viscere
e che non sopportava perché lo sapeva, di diventare
petulante a volte, ma che
ci poteva fare se il suo ragazzo era la personificazione di qualche dio
greco?
Non era colpa sua se tutti si giravano a guardarlo, se tutto restavano
a
fissargli le labbra, o il sedere, o gli occhi.
«Dai
Boo, apri.»
«Non
ho chiuso, coglione.»
aveva ringhiato, e si era guardato allo specchio. Aveva i capelli tutti
spettinati e quando, alle sue spalle, apparve la figura nuda e
longilinea di
Harry, poté osservare l’incredibile
facilità con cui i suoi lineamenti si distesero.
Sospirò girando a fronteggiarlo e gli tese una mano,
accarezzando la pelle morbida
delle guance senza un filo di barba. Perché infondo Harry
Styles era un
bambino, con i suoi giocattoli in giro per il mondo e
l’orsacchiotto preferito
sotto l’ascella.
Se lo era
tirato contro e
lo aveva baciato a lungo, mordendogli la lingua più volte,
per punirlo almeno
un po’, strofinando la sua erezione dolorosa contro la sua
gamba e stringendo
le sue natiche forte, per farlo gemere. Mio,
pensava mentre con i denti provava a scavare nella sua bocca, mentre
Harry si
abbandonava tra le sue braccia consapevole di star ripristinando un
po’ della finta
autorità che Louis aveva in quel rapporto.
Perché
tutto girava attorno
a Harry. So kiss me like you wanna be
loved,
wanna be loved, wanna be loved,
gli aveva
sussurrato all’orecchio, mentre con le dita morbide e
asciutte gli sfiorava l’apertura,
tra le natiche spalancate.
«Vaffanculo,
Styes.»
«Pensavo
toccasse a te,
questa volta.» rise.
Fine.