Gojyo amava
suo fratello.
Amava il
modo in cui Jyen lo rendeva partecipe delle sue
passeggiate o dei lavori domestici, amava quando veniva stuzzicato o trattato
come un moccioso, si sentiva parte di un qualcosa che non riusciva a definire,
qualcosa di piacevole e che rendeva le sue giornate meno vuote.
Amava
quando, dopo una giornata passata a prendere botte dalla madre, Jyen lo faceva entrare nel suo letto e gli accarezzava i
capelli raccontandogli stupide storie raccolte chissà dove.
Il profumo del
fratello era forte e dolce, gli piaceva da impazzire accoccolarsi al suo petto
e lasciare che quell’odore penetrasse nella sua pelle, nei suoi vestiti, in
tutto il suo essere.
Quando poi Jyen lo lasciò solo accanto al cadavere della madre, Gojyo
si rese conto che non avrebbe avuto più l’occasione di stringere nelle sue
piccole mani quelle grandi e calde del fratello, capì che non avrebbe mai più
sentito quell’odore che tanto amava e che lo faceva stare bene.
Era stato
abbandonato e con Jyen se n’era andato anche parte
del suo cuore.
Jyen amava
suo fratello.
Amava farsi
aiutare da lui per i lavori più leggeri, gli piaceva sentirlo brontolare per
ogni inezia.
Amava
trattarlo come un bambino, magari rubandogli le monete e vederlo saltare come
un grillo per cercare di riprenderle, gli piaceva averlo accanto, era un
bambino con un triste destino e lui voleva solo che fosse un po’ meno infelice.
Odiava
quando la madre, in sua assenza, lo riempiva di botte fino a farlo sanguinare,
perciò lasciava che entrasse nel suo letto ogni volta che ne sentiva il
bisogno.
Amava
accarezzargli le lunghe ciocche rosse e raccontargli storielle sentite in giro
o lette per caso in qualche libro sconosciuto.
Jyen amava
l’odore di Gojyo, sapeva di sapone e di pulito, sapeva di ragazzo puro
nonostante il sangue che quasi ogni giorno lo ricopriva; gli piaceva inoltre
vederlo stringersi a lui, lo faceva sembrare ancora più piccolo e indifeso di
quanto già non fosse e lui, di riflesso, lo abbracciava forte lasciandosi
inebriare dal suo profumo.
Quando poi
lo lasciò solo dopo avergli salvato la vita e aver ucciso la propria madre, Jyen si rese conto che, con le sue mani imbrattate di
sangue, non avrebbe più potuto stringere quelle piccole e soffici del fratello
che tanto adorava.
Lo aveva abbandonato
e i suoi occhi non ne volevano sapere di smettere di lacrimare: una parte del
suo essere avrebbe voluto morire in quell’istante.
Quando,
circa 10 anni dopo, i due si erano incontrati, si erano scoperti nemici, ma la
cosa non li aveva turbati troppo.
Ad ogni
scontro, ad ogni colpo e ogni affondo, Gojyo riusciva a sentire il nostalgico
profumo di Jyen- ora chiamato Dokugakuji-,
riusciva a percepire quel calore che da piccolo lo aveva accolto e protetto e
che ora lo stava fintamente respingendo, perché Gojyo sapeva che suo fratello non lottava sul serio.
Ad ogni
presa, ad ogni mossa bloccata e ad ogni scontro corpo a corpo, Jyen riusciva ad avvertire distintamente l’odore del
fratello ormai uomo, un odore che, per quanto potesse essere cambiato, manteneva
ancora qualche traccia della purezza infantile, come se Gojyo non fosse
cresciuto del tutto, come se avesse mantenuto quella traccia affinché lui potesse rintracciarlo e ritrovarlo.
Quando erano
in una posizione di stallo, con le mani intrecciate e le vene in evidenza per
lo sforzo di mantenere la posizione, entrambi sentivano una scossa, una
piacevole sensazione di calore che partiva dalle mani e si propagava in tutto
il corpo lasciandoli sereni e in pace con loro stessi, come se quel semplice
contatto avesse il potere di annientare ogni cattivo pensiero e ogni cosa
spiacevole intorno a loro e dentro di loro.
Le mani di
Gojyo erano rimaste morbide, più lunghe di prima e con le dita affusolate, ma
comunque morbide e lisce.
Le mani di Jyen erano sempre grandi e forti, le dita possenti, ma
restavano calde e piacevoli da toccare.
Combattevano
ora, ma entrambi speravano che, una volta conclusasi la guerra per la
resurrezione di Gyumao, avrebbero potuto ricominciare
a vivere come fratelli, magari raccontandosi come avevano passato gli anni
della loro separazione.
Accadeva
così che, anche durante le lotte più serie, entrambi sorridessero immaginando,
all’insaputa dell’altro, lo stesso futuro insieme e felici.
Gojyo amava Jyen.
Jyen amava
Gojyo.
Che a vincere
fosse il gruppo di Kogaiji o quello di Sanzo non
aveva importanza, perché loro,
vincenti o vinti che fossero stati, avrebbero saputo trarre dall’altro la forza
necessaria per andare avanti, Jyen con Gojyo e Gojyo
con Jyen.
Erano i
fratelli Sha e lo sarebbero stati per sempre.
Angolo della beota:
Che dire di questa fic?
Ok dai, sinceramente mi piace, adoro il rapporto tra i due fratelli, lo scambio
di battute che si danno, il modo in cui si guardano…
Sembrano sempre felici quando combattono!
Ah, l’amore di cui parlo io è puramente amore fraterno,
quello che si prova quando vivi una situazione tragica come quella di Gojyo e
sai di poter contare solo su una persona. Niente incesto, niente roba simile
ok? Non era nelle mie intenzioni.
Se avete capito questo, be’, vi siete sbagliati di
grosso. Avrei potuto usare la parola “affetto”, ma mi pareva troppo soft, il
loro legame è ben più forte, è paragonabile davvero all’amore.
Fatte queste premesse (che io, OVVIAMENTE, ho messo al fondo del capitolo), spero che la lettura sia stata di vostro gradimento.
Ringrazio come al solito tutti i miei lettori e spero di ricevere qualche recensioni, che non sono obbligatorie, ma fanno sempre piacere.
A presto,
SakuraX16