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Autore: Amy_    12/04/2012    1 recensioni
Un ragazzo sensibile e determinato, un albero di amamelide e una radura che compare solamente nelle notti di luna piena.
Siamo nel XVII secolo, in un piccolo paese sperduto nel verde che nasconde nella sua foresta la presenza di una misteriosa fanciulla.
Riuscirà Alessandro a scoprire cosa si nasconde dietro la luce della luna?
Dal 3° capitolo:
Alessandro sbuffò e si stese sull’erba.
“Suona il flauto. Sei davvero brava. Lo puoi fare, almeno questo, per me?”
La faccia della fanciulla fu immediatamente a un centimetro dalla sua.
“Solo se mi dai un bacio”.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTE DELL’AUTRICE:
Semplicemente grazie. =)

 
EPILOGO.

 
Il vento soffiava leggero tra le foglie degli alberi, danzava libero nella notte facendo ondeggiare sotto di lui i verdi fili d’erba. Un petalo giallo smarrito dai rami volteggiò al suo passaggio facendosi trasportare nell’aria. Il vento accarezzò i lunghi capelli di una fanciulla per poi addormentarsi tra le fronde di un amamelide. Il petalo si dissolse in polvere dorata.

 
Era passato un anno dalla notte in cui tutto era stato distrutto per poi rinascere in nuova forma.
Una pigra nuvola si spostò lentamente lasciando la luna brillare nel cielo. La fanciulla appoggiò la schiena sull’albero al centro della radura.
“Bentornata.” la salutò, con una voce profonda, quest’ultimo.
Ormai l’albero non aveva più bisogno del suo rituale: da quella notte la sua luce risplendeva senza mai accennare a spegnersi e lo avrebbe fatto per l’eternità. Adesso la fanciulla doveva solo stare attenta che…l’albero non soffrisse di solitudine.
“Salve.” lo salutò.
La fanciulla chiuse gli occhi assaporando il silenzio dell’attesa.
Una pressione delicata sulle labbra.
Aprì gli occhi.
Alessandro era lì che sorrideva con i suoi begli occhi azzurri, lei prese il suo volto tra le mani e lo salutò a sua volta. Sentì le mani di Alessandro sulla sua pelle, poi fece scorrere una mano sul suo petto, dove la ferita era ormai diventata solo una grande cicatrice.
“Alessandro.”
“Amamelide.”
Assaporò le lettere del suo nome una ad una. Era passato così tanto tempo senza che nessuno dicesse il suo nome che un anno non le era bastato per abituarsi all’idea.

 
I ricordi di quella notte si susseguirono nella sua mente.
Aveva davvero creduto che fosse la fine, aveva sentito la vita scivolare via lentamente e inesorabilmente. Poi tutto si era risolto per il meglio e lo doveva ad Alessandro, che aveva fatto tutto senza un secondo fine: aveva seguito la sua voce interna. Non era da tutti lasciarsi guidare dal proprio cuore, era difficile.
Da quella notte aveva guardato tutto con un occhio diverso, ogni singola cosa era speciale, di ogni piccola vita faceva tesoro e ogni giorno era importante. Da allora guardava tutto con ammirazione. Sorrise al ricordo dell’ulteriore spavento che si era presa quella notte, come se non fosse bastato tutto quello che era successo.
Ad un certo punto Alessandro si era accasciato al suolo tenendosi stretto il petto con un braccio, l’erba si era macchiata di rosso, rosso del sangue che era fuoriuscito dalla sua ferita. L’aveva preso in braccio facendo attenzione a non fargli del male e poi, più in fretta che aveva potuto, lo aveva riportato a casa sua. L’aveva steso sul letto ed era andata a cercare acqua, bende, qualche candela per fare un po’ di luce. Una volta trovato tutto, aveva appoggiato le candele e la bacinella con l’acqua su un piccolo tavolino.
“Perché siamo a casa mia?” aveva chiesto Alessandro. Era rinvenuto, l’aveva guardata confuso.
“Stai sanguinando. Ti ho portato qui per fasciarti la ferita.”
Aveva provato a guardarsi il petto, ma aveva rinunciato subito reprimendo un mugolio tra le labbra, poi la consapevolezza di quello che era successo gli era luccicata negli occhi.
“Ancora non mi è ben chiaro come sono arrivato nella radura e poi…questa ferita…”si era coperto gli occhi con una mano “Prima o poi dovrai spiegarmi tutto…mmm”.
Lei  aveva bagnato un panno e aveva iniziato a pulire la ferita ed Alessandro non era riuscita a trattenere un verso di dolore.
“Mi dispiace, cercherò di fare più piano.”
Sapeva di averlo salvato da morte certa, ma si era sentita comunque in colpa per avergli procurato quella ferita. Alessandro aveva visto il tormento sul suo volto, attraverso lo spazio tra le dita.
“Grazie.” aveva detto semplicemente.
Lo aveva guardato senza capire.
“Stavo morendo, ma adesso sto bene.” aveva detto.
“A parte questa ferita” aveva aggiunto lei, ma solo mentalmente.
“Non so cosa sia successo e prima poi me lo dirai, ma io so che sono salvo grazie a te.”
Aveva parlato con la mano sul volto, per non pensare troppo al pulsare della ferita. Poi, gli era venuta un’idea migliore, forse anche un po’ troppo sdolcinata: aveva deciso di guardare lei. L’aveva vista annuire, come risposta silenziosa alle sue parole, mentre il suo volto si era rilassato.
Dopo aver finito, si era lavata le mani sporche di sangue e gli aveva fasciato la ferita.
Lui l’aveva osservata stringendo i pugni per contenere il dolore e poi le aveva rubato un bacio. Lei l’aveva guardato contrariata per poi sciogliersi, per fortuna, in una silenziosa risata.
“Ho finito!” aveva detto sollevata, rompendo il silenzio.
“No, mi devi una spiegazione!”
“Non ora, adesso voglio solo…”aveva lasciato la frase sospesa a metà.
“Tutto bene?” aveva chiesto Alessandro, dimenticandosi il suo desiderio di spiegazioni.
“Sei così bello. Ti amo così tanto.”
“Ti amo…” uno sbadigliò si era fatto largo rovinando quel momento romantico, rendendolo un po’ strano, ma in fondo loro due non erano romantici e strani allo stesso tempo?!
Si era seduta sul bordo del letto.
“Adesso dormi!”
“E tu? Te ne vai?” le aveva chiesto con occhi imploranti.
“No, rimango qua. Naturalmente finché non sorgerà il sole.”
Alessandro le aveva stretto la mano e si era addormentato. Lei era rimasta tutta la notte a guardarlo dormire. Non l’aveva mai fatto con nessuno.

 
“Ehi… ehi, Amamelide, a cosa stai pensando?”
“A quanto sei scemo!” rispose Amamelide, ridendo alla faccia contrariata di Alessandro.
“Io invece pensavo a quanto sono morbide le tue labbra sulle mie.” disse Alessandro fingendo un tono seducente.
“Visto, sei uno scemo!”
Amamelide, dolcemente, spinse via Alessandro, che si era avvicinato sempre di più a lei e si nascose dietro l’albero.
Alessandro la seguì.
“Ti ho portato un regalo.” disse tutto ad un fiato “Mi ha aiutato una signora giù al villaggio a farlo.”
“Un regalo?”
“Si…spero che ti piaccia.” disse accennando un sorriso.
Mise una mano in tasca e tolse un piccolo pacchetto. Con attenzione slegò lo spago, che teneva insieme la carta che lo avvolgeva, e lo liberò. Un piccolo fermaglio comparve tra le sue mani. Alessandro vi aveva sistemato sopra un bellissimo fiore giallo: un fiore di amamelide.
“L’ho colto dall’albero vicino la mia casa. Tra i tuoi capelli, grazie al tuo potere, questo fiore non seccherà mai.” disse e poi la guardò negli occhi, con uno sguardo intenso e profondo, come ad invitarla a comprendere il significato nascosto tra le sue parole.
Una sola lacrima rigò il volto di Amamelide, non un pianto liberatorio mescolato a rassegnazione e rabbia, ma una sola lacrima di tristezza e affetto verso Alessandro e i ricordi che aveva e che avrebbe avuto insieme a lui. Una sola lacrima perché aveva capito: quel fermaglio sarebbe rimasto sempre con lei anche quando lui non avrebbe più potuto farlo. Alessandro aveva cercato più volte di parlargli della sua… di quello, ma lei si era sempre rifiutata di starlo a sentire, ma lui si era fatto ascoltare lo stesso. Ed eccolo lì, con il suo regalo in mano e le chiedeva di accettarlo e lei, prendendolo, avrebbe accettato fino in fondo il suo essere umano. Amamelide osservò con attenzione quel fermaglio: era davvero stupendo, accettarlo avrebbe significato accettare fino in fondo la sua futura morte. Non voleva farlo, ma Alessandro era un essere umano e quella era una parte di lui: questa volta non gli avrebbe risposto con un rifiuto. Lo guardò e semplicemente “grazie ” gli disse e quel grazie non era solo per il suo regalo così importante, ma era anche un grazie per averla trovata, per aver accettato quel suo bacio così improbabile, per non essere scappato, per averle dato la possibilità di vederlo dormire, per averla salvata, per aver scoperto il suo nome e per essere sempre lì a stringere la sua mano.

 
Alessandro si avvicinò e le accarezzò i morbidi capelli, rimasti lunghi da quella notte. L’albero non si era più riappropriato dell’energia che Amamelide aveva avuto nel suo corpo per il rituale, gliel’aveva donata.
Amamelide si soffermò a guardare i tratti familiari del viso di Alessandro, per lei era un modo per sentirsi a casa. Arrivò ai suoi occhi, anche lui la stava osservando. Incatenarono i loro sguardi, i caldi occhi castani color della terra di lei, con i profondi occhi color del cielo di lui: ognuno dei due amanti aveva in sé il colore che apparteneva alla casa dell’altro. Adesso, però, l’uno era la casa dell’altro.
Il vento soffiò tra i loro volti così vicini, una ciocca di capelli ricadde sul viso di Amamelide che, subito, mosse la mano per riportarla dietro l’orecchio. Alessandro, però, la fermò stringendo la mano nella sua, prese quella ciocca di capelli e la fermò tra la chioma di Amamelide con il piccolo fiore giallo sistemato accuratamente sul fermaglio color dell’oro. Poi le diede un dolce bacio sulla guancia. Amamelide sentì il suo cuore accelerare i battiti. Portò la mano a sfiorare i petali di quel fiore che non sarebbe mai appassito. Sorrise tra sé: Alessandro aveva colto quel fiore dall’albero vicino a casa sua, che non era un albero qualunque, ma proprio un’amamelide e…ed era come se quell’albero fosse cresciuto proprio lì per predire il loro incontro. Alessandro la guardava, come aveva fatto così tante di quelle volte, ma ogni volta era come se il tempo e lo spazio si annullassero: era così bella persa nei suoi pensieri.

 
Poi, quella notte, accadde qualcosa di magicamente incredibile.
Il vento soffiò leggero tra le fronde dell’albero portando con sé numerosi petali gialli. Un piccolo ramo si mosse avvicinandosi al viso di Amamelide che, come chiamata da quel piccolo fiore sbocciato sul ramo, allungò una mano per toccarlo. Non appena le sue dita arrivarono a quei petali, Amamelide sentì stabilirsi un legame, attraverso di lei, tra il grande albero della natura e il piccolo fiore che aveva tra i capelli.
I suoi occhi si aprirono sul vuoto.
Tese una mano verso Alessandro che, anche non capendo il significato di quell’invito, la afferrò senza esitare.
Una serie d’immagini apparve davanti ai loro occhi che, ormai, non vedevano più la piccola radura.
“La natura…” disse Amamelide “Ci vuole parlare!”
Doveva essere qualcosa di molto importante, era molto raro che la natura comunicasse attraverso le immagini.
Alessandro e Amamelide furono catapultati con la mente in un viaggio attraverso il tempo.
Videro l’immagine della radura, ma non la loro: erano scene di un tempo passato e l’albero di amamelide non si ergeva ancora al centro del loro piccolo spazio verde. Un’altra immagine subentrò a quella.
Amamelide, insieme ad Alessandro, rivide la se stessa del passato, rivide lo spirito della luna che prendeva, da un piccolo pacchetto fatto con una foglia ricoperta di polvere di stelle, un piccolo seme: il seme che, poi, sarebbe diventato l’albero custode. Avvertirono il vento soffiare, in quel tempo passato, e poi videro l’immagine stringersi su quella foglia brillante di stelle: lì erano custoditi, non uno, ma più semi di amamelide. Intrappolato dal soffio del vento, uno di quei semi, abbandonò la sua sicura dimora per volare via da lì: videro il percorso che, in quell’antica notte, il seme fece per poi fermarsi, poco più in là della foresta, in una seconda radura che aveva qualcosa di familiare. Le immagini si susseguivano: da quel seme nacque un albero che crebbe e attraversò il tempo sottoposto alle stagioni. Sentirono che l’albero aspettava qualcuno. La visuale si allargò e videro una casa costruita da poco proprio a pochi passi dall’albero. Alessandro sussultò: quella era la sua casa. Una serie d’immagini si susseguì velocemente: Alessandro che si prendeva cura dell’albero, che gli parlava, che passava il tempo seduto sotto le sue fronde. Poi l’attimo in cui il nome dello spirito della luna era stato rivelato e, infine, due ultime immagini: un tenue scintillio verde all’interno dell’albero e lo stesso scintillio all’interno di Alessandro.
La connessione si spezzò e ritornarono con la mente al presente.
Alessandro ripensò a tutto quello che aveva visto: la natura voleva dirgli qualcosa, proprio a lui, ma la sua conoscenza di quel mondo, che aveva scoperto da poco più di un anno, non gli permetteva di comprendere a pieno quelle immagini; Amamelide, sicuramente lei aveva compreso tutto.
Le loro mani erano ancora strette l’una nell’altra, così, Alessandro tirò Amamelide a sé. Scrutò nei suoi occhi per cercare di capire quali sentimenti avevano suscitato in lei le immagini: non vi trovò né gioia né tristezza, solo incredulità.
“Che cosa è successo? Che cosa vuol dire tutto quello che abbiamo visto?”
“Il fiore…”
“Il fiore?”
“Il fiore che mi hai regalato ha creato una connessione con l’albero.” disse indicando l’amamelide alle sue spalle.
“Come ha fatto?”
“Lo hai appena visto anche tu… quella notte di secoli fa, quando sono scesa sulla Terra per piantare il custode della natura, un seme mi è stato portato via dal vento. Avevo scelto personalmente i semi, di amamelide, e vi avevo sparso sopra la mia magia.”
Alessandro finalmente iniziava a capirci qualcosa.
“La mia casa…quel seme che è volato via è l’albero vicino la mia casa!” disse “Ed ha una connessione con il custode della natura?!!!”
“Esatto!” rispose Amamelide “E’ una cosa stupenda!” e sui suoi occhi si affacciò la gioia trattenuta.
Alessandro, però, non aveva ancora finito con le sue domande.
“E tutte le altre immagini? Perché c’ero anch’io?”
Amamelide iniziò a camminare per la radura, faceva sempre così quando doveva raccogliere i pensieri.
“Hai sentito che l’albero aspettava qualcuno?”
“Si!” rispose con il fiato sospeso.
“Quel qualcuno sei tu!” rivelò Amamelide con dolcezza.
Alessandro sgranò gli occhi.
“Ti sei preso cura di lui come nessuno aveva mai fatto, hai stabilito un legame con lui. Aveva cercato a lungo la persona giusta e poi sei arrivato tu e tutto questo è stato reso possibile dalla tua umanità autentica!” gli spiegò Amamelide con un enorme sorriso sul viso, ormai non riusciva più a contenersi.
“La mia umanità autentica? ”gli veniva da ridere al pensiero di quelle parole, erano proprio da ‘mondo della magia’. Era vero, però, lui aveva sempre sentito un legame con l’albero.
“Penso” continuò Amamelide distogliendolo dai suoi pensieri “che il destino si sia divertito ad intrecciare così le nostre strade!”
“Perché?”
“Perché tu sei innamorato di me e io di te e non è una cosa passeggera. Tu hai scoperto il mio nome e, così, ti si sono aperte le porte di questo mondo. Questo ha fatto si che il tuo legame con l’albero risvegliasse in lui la mia magia assopita.”
Alessandro non riusciva a trovare parole per esprimere cosa provava dopo aver saputo tutto questo. Si sedette per terra. Certo che si era divertito il fato! Era come se avesse ricamato nel tempo, intorno alla loro storia d’amore, per farli arrivare fino a quel punto, ma qual era il suo scopo?
“Cos’erano quelle luci verdi? Ce n’era una dentro di me?!”
Amamelide smise di camminare e inclinò la testa su un lato.
“Questo non lo so neanche io. Questa è una cosa che riguarda te, ma forse posso aiutarti: il custode vuole stabilire un contatto con te, me l’ha detto!”
Un contatto? Con il custode? Alessandro non aveva mai neanche sfiorato quell’amamelide. Fu spiazzato da quella richiesta: non ne capiva il senso, un’altra volta… quel mondo a volte lo faceva sentire così deficiente, un po’ fuoriposto. Amamelide gli tese la mano, per fortuna c’era lei che metteva tutto in ordine.
“Vieni con me!”
Si avvicinarono all’albero, Amamelide vi poggiò sopra la mano di Alessandro e poi la coprì con la sua.
“Adesso chiudi gli occhi e concentrati sulla luce verde dentro di te.”

 
Un soffio di vento, un lampo sullo sfondo del cielo preannunciava un temporale in lontananza.
Mentre Alessandro, ad occhi chiusi, si concentrava su se stesso, Amamelide si guardava intorno: sapeva di dover attendere qualcosa. Percepì un flusso di energia dall’albero ad Alessandro: era quella la scintilla che mancava per dare il via a tutto.
Accadde tutto in silenzio.
Strano, alla natura piaceva tutto l’opposto.
Stava accadendo qualcosa di unico e raro.
Vide una luce verde in lontananza, ma non con gli occhi: ne percepì, più che altro, la presenza. Era stata assopita per lungo tempo e adesso, quella luce, si stava risvegliando: apparteneva all’albero gemello del custode. Un piccolo filo scintillante di luce verde smeraldo si affacciò da quella sfera di luce e attraversò il bosco: era diretto alla radura.
Amamelide osservava tutto in silenzio, stava iniziando a capirci qualcosa e stentava a credere alle sue stesse intuizioni.
Il filo fece capolino nella radura, brillava come le prime foglie di primavera. Muovendosi nell’aria si avvicinò ad Alessandro, si fermò per un secondo come ad assicurarsi che fosse veramente lui e, dopo aver riconosciuto l’altra luce verde che completava quella da cui proveniva, si legò al polso del ragazzo assumendo la forma di un sottile bracciale.
Come tutto era iniziato nel silenzio, tutto era finito nel silenzio e tutto era tornato alla normalità.

 
Alessandro sentì Amamelide spostare la mano da sopra la sua, così riaprì gli occhi. L’espressione che vide sul volto di Amamelide era indescrivibile.
“Cos’è successo? Niente?”
Amamelide gli prese il braccio e glielo portò davanti agli occhi ponendolo alla sua attenzione.
“Cos’è questo? E’ verde… è stato il mio albero a donarmelo?”
Amamelide annuì con la testa, poi allungò a sua volta il braccio dove, intorno al suo polso, era comparso un bracciale identico a quello di Alessandro, ma argentato.
“Ne hai uno anche tu?!?!!! Cosa vuol dire tutto questo?”
Amamelide prese un bel respiro e si decise a parlare.
“Questo bracciale mi è stato donato, alla mia nascita, dalla luna. Io sono una parte di lei, sono nata da lei e questo bracciale mi ha reso il suo spirito.”
Il filo argentato risplendette come un diamante, poi Amamelide lo celò agli occhi del mondo. Il bracciale era sempre lì, solo in questo modo era sicuro e protetto.
“Puoi farlo anche tu.” disse.
Alessandro, però, non rispose: il suo corpo non reagiva, mentre la sua mente elaborava le informazioni.
Amamelide con quel bracciale era diventata lo spirito della luna quindi lui adesso era…
“Sono lo spirito della Terra!” disse a fior di labbra.
Cercò la conferma negli occhi dello spirito della luna e quando l’ebbe trovata, strinse Amamelide tra le sue braccia e cercò le sue labbra. Si guardarono l’un l’altro per poi perdersi nella sensazione di quel caldo e umido bacio, il respiro affannato, con la consapevolezza del loro nuovo ed eterno futuro.
Ed ecco scoperto lo scopo del destino: voleva donarli la possibilità di non dividersi mai più e, quel dono ben nascosto, era stato scoperto e accettato volentieri. Alessandro era stato messo alla prova dal ’suo’ albero e si era dimostrato degno della sua fiducia e del ruolo.

 
Adesso erano lo spirito della luna e della Terra ed Amamelide fu così contenta di aver scelto i fiori di amamelide quel giorno in cui le chiesero di decidere il suo nome, di decidere quale seme piantare per far nascere il custode della natura perché il significato di quei fiori è incantesimo e incantesimo era quello che era adesso la sua vita insieme ad Alessandro.

 
Notte e giorno, luna nuova e luna piena, niente più condizionava ormai il loro tempo insieme.
Uno apparteneva alla Terra, l’altra alla luna, ma adesso vi era un luogo che apparteneva ad entrambi a metà strada tra le due realtà. Fili argentati e verde smeraldo risplendevano, in quel luogo creato dalle loro anime, intrecciati tra i fiori di amamelide.
A volte, nelle notti di luna nuova, quando il mondo dormiva, ritornavano in quella radura dove si erano incontrati la prima volta. Il lago di acqua cristallina era lì, come sempre, con le sue lucciole e la sua magia. Alessandro aveva imparato a usufruire del potere della sua fiamma verde sempre meglio. Lei manipolava l’acqua, lui l’aria, così insieme danzavano volteggiando nell’aria su sassi d’acqua, sospesi sul lago, con le lucciole che illuminavano i loro passi.
Amamelide e Alessandro non furono più divisi e mai lo saranno e anche oggi danzano tra la luna e la Terra.

 
FINE

 

  
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