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Autore: Yu_Kanda    12/04/2012    6 recensioni
Si dice che il cielo sappia tutto delle città che sbircia dall'alto e che il vento sussurri nelle orecchie della gente quelle dicerie; ma è quando si unisce alla pioggia che accadono le cose più strane.
La pioggia è il pianto del cielo che genera l'arcobaleno, aveva sempre pensato Lavi; affascinante e misteriosa. Fino al giorno in cui, quelle lacrime non l'avevano fatto scontrare con uno sconosciuto.
Kanda aveva sempre considerato la pioggia una terribile seccatura; noiosa e scomoda. Finché questa non aveva portato un idiota sbadato a sbattergli contro.
Sotto il sole di Agosto, nulla è come sembra, specie se accetti l'invito di uno sconosciuto. Ma la pioggia lava via menzogne e segreti e forse, quando si erano incontrati, i due non avevano capito di non volerne avere.
[AU, YAOI, LAVIYUU]
[Fanfiction Classificata 1° e vincitrice del "Premio Guida Turistica" al Contest "Travel Awards" indetto da MRSLOVETT sul Forum di EFP]
[Fanfiction Classificata 2° al "Random Contest" indetto da Fabi_Fabi sul Forum di EFP]
[Fanfiction Classificata 2° e vincitrice del "Premio IC" al Contest "Universi Alternativi" indetto da Kiki e Roro sul Forum di EFP]
[Fanfiction Classificata 3° al Contest "Yaoi is the Way!" indetto da Hariken e Silvia_Shio sul Forum di EFP]
[Fanfiction Classificata 5° al Contest "Windy TOwn" indetto da RubyTuesday sul Forum di EFP]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Rabi/Kanda
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: non possiedo alcun diritto su D. Gray-man, PURTROPPO è tutto in mano a quella pazza della Hoshino... Perchè, se fosse stato altrimenti... Il manga non sarebbe diventato un'accozzaglia informe di assurdità, e Lavi sarebbe insieme a Kanda da un bel pezzo!

ATTENZIONE YAOI - se non sapete cosa questa parola voglia dire, o se non gradite le relazioni uomo/uomo questa storia non fa per voi, siete avvisati! Come si dice, se non vi piace NON LEGGETE!









 


Due Volte, la Pioggia


 

Capitolo I : Il Pianto del Cielo

 

 

Sole.

Sbuffi di nubi sparsi qui e là per l'azzurro immenso che l'avvolge, e sonnecchia, distratto, sovrastando la città di cui è la volta.

Aria. Calda, opprimente, una coltre spessa e umida che circonda il passante ignaro, talmente avvezzo a respirarla da non far più nemmeno caso alla sua esistenza.

Il sole ammicca, le nubi fuggono e il blu terso del cielo si staglia dietro di loro, curioso; sotto di lui esserini minuscoli camminano diretti chissà dove, persi fra i palazzi di quella metropoli così grande, eppure vista da lassù così insignificante.

Un rombo squassa il silenzio, le nubi si ammassano di colpo, ora scure, un lampo abbaglia il sole, una scarica di energia si connette con la terra. Gocce d'acqua iniziano a scrosciare, dapprima solitarie, poi copiose, una cascata che violenta si abbatte su edifici e persone, cogliendo impreparata ben più di qualcuna di esse.

Un nugolo di ombrelli si apre, qualcuno inizia a correre coprendosi il capo con mezzi di fortuna, qualcun altro si rintana sotto un cornicione, una tenda, l'ingresso della metropolitana.

E in tutto questo trambusto, c'era anche chi, nel panico, non guardava dove andava.

 

 

Perso nei propri pensieri, un giovane sulla ventina camminava distrattamente per la strada assolata di uno dei quartieri più famosi della città, maledicendo fra sé l'impertinenza del vento, che da quando aveva messo piede in quel dannato posto non smetteva un momento di scompigliargli i capelli, già sufficientemente arruffati per loro conto.

Estrasse dalla tasca una bandana, cercando di domare quelle ciocche ribelli così simili a lingue di fiamma, tanto intenso era il rosso del loro colore, quasi innaturale. Non gli piaceva granché scoprirsi la fronte, perché rendeva palese la sua menomazione all'occhio destro, costringendolo a indossare una benda medica per coprirlo; ma in una situazione simile, con il vento che gli spostava continuamente i ciuffi facendoli finire nell'occhio sano rischiava di non vedere un bel niente, quindi doveva adattarsi.

Scegliere Tokyo, questa volta, come meta del suo ultimo viaggio non pareva essere stata una brillante idea, non in estate quantomeno e in modo particolare non a inizio Agosto, con quel caldo infernale e solo una misera brezza, per giunta fastidiosa, a mitigare la temperatura.

Si piazzò la benda che aveva appena comperato in un minimarket, una di quelle bianche che di solito si usano per proteggere gli occhi durante terapie o dopo interventi; a suo parere faceva molta meno impressione della classica benda nera in stile 'pirata', che gridava 'mi manca un occhio' solo a guardarla. Quindi, con un sospiro, indossò la bandana, bloccando finalmente i ciuffi spettinati lì dove dovevano stare.

Non fece in tempo a guardarsi intorno per capire dove fosse finito mentre litigava con il vento, che questo cessò di colpo e il sole sparì all'improvviso. Vide la gente intorno a lui iniziare ad agitarsi, ma solo quando fu colpito dalle prime gocce d'acqua comprese ciò che stava per accadere e iniziò a correre, come tutti, verso un riparo.

- Maledizione! - esclamò seccato. - Non ci mancava che questo!

Si tirò la maglietta fino a coprirsi i capelli, assestò lo zaino in spalla e s'infilò nel primo ingresso che trovò sulla sua strada a testa bassa. Cosa molto poco saggia da fare in un posto affollato, si accorse subito dopo nello sbattere violentemente contro qualcosa, o meglio qualcuno, visto che l'impatto fu seguito da una sonora imprecazione.

- Dannato idiota, guarda dove vai! - ringhiò lo sconosciuto, cercando di toglierselo di dosso per non cadere, ma fallendo.

I due finirono a terra con un tonfo sordo, proprio a un passo dalla scalinata che conduceva verso l'interno di quella che era la stazione della JR (1), nell'esatto momento in cui fuori scoppiava il finimondo. Sibilando un'inaudita sequela di altre imprecazioni, il giovane Giapponese che era stato atterrato si liberò con violenza del corpo sopra di lui, portandosi in ginocchio e poi afferrando l'idiota colpevole di quell'affronto per la collottola, intenzionato a dirgliene quattro come meritava, salvo poi accorgersi, come questi sollevò il viso a guardarlo, che era un dannato turista! Un occidentale!

- M-Mi dispiace, non ho fatto apposta! - balbettò detto turista, sorprendendolo con delle scuse nella sua lingua; che fosse una frase imparata a memoria?

- Tch. - gli sfuggì dalle labbra; mollò la presa e si rialzò, scrollandosi gli abiti con fare irritato, poi si voltò per andarsene senza aggiungere un'altra parola, sdegnato e ancora in collera, ma si sentì afferrare per un braccio.

- Ehi, aspetta, ti ho chiesto scusa no? - si lamentò l'idiota occidentale, di nuovo in giapponese. Dunque non era stato un caso, parlava la sua lingua e anche bene.

- E con questo? - gli rispose, aspro, sperando che desistesse e lo lasciasse in pace, ma l'altro non pareva essere dello stesso avviso.

- Posso offrirti qualcosa per farmi perdonare? Davvero non mi aspettavo la pioggia, e sono senza ombrello, e così mi è preso il panico, perché non ho con me un cambio di vestiti, e allora... - il fiume di parole che fuoriuscì dalla bocca del giovane occidentale fece saltare definitivamente i nervi al suo interlocutore, che roteò gli occhi esasperato, troncando bruscamente quel discorso senza capo né coda.

- Vuoi piantarla?! - esplose in faccia alla seccatura oltremodo assillante che non accennava a voler tacere. - D'accordo, ho capito! Ora lasciami, ho di meglio da fare.

- Nemmeno un caffè? - il tono dell'idiota era sinceramente dispiaciuto. Perché mai doveva prendersela tanto per aver urtato un perfetto sconosciuto? Davvero non lo capiva, e fu ancora più sorpreso quando questi gli porse l'altra mano, un sorriso esitante sul viso. - Il mio nome è Lavi. Lavi Bookman.

Uno sbuffo, poi si voltò del tutto, accettando di stringere quella mano. Forse non tutto il male veniva per nuocere, si disse; e lui era in giro senza meta quel giorno proprio perché aveva bisogno di distrarsi.

- Kanda. - disse in tono non troppo cordiale. - Vada per il caffè. Ma poi sparisci.

- Ricevuto! - mimò Lavi, scattando sull'attenti e guardandosi intorno subito dopo. - Accidenti, ora devo procurarmi un ombrello. - mormorò, più a sé stesso che al giovane accanto a lui, cercando un negozio che potesse averne.

- Tch. - ancora quell'esclamazione; sembrava che Kanda la usasse piuttosto che parlare, o quando era seccato. Il che doveva avvenire spesso, visto il suo caratterino. - Aspetta cinque minuti e non sarà necessario. - aggiunse, indicando fuori e poi incrociando le braccia al petto.

Lavi guardò la pioggia cessare e la gente tornare ordinatamente a camminare senza protezione, come se nulla fosse accaduto. Una fila di persone che uscivano dalla stazione gli passò davanti, proseguendo per la propria destinazione. Si voltò verso Kanda con aria interrogativa e lo trovò con un ombrello in mano, uno di quelli di plastica trasparente; sorpreso, lo fissò mentre gli si avvicinava e glie lo appendeva al braccio.

- Che c'è? - chiese il giovane Giapponese, sollevando un sopracciglio e indicando un punto in terra a poca distanza da loro, dove ne giaceva un altro. - È per questo che si chiamano ombrelli usa e getta. - commentò sarcastico nell'incamminarsi anch'egli verso l'interno della stazione. Quando si rese conto che l'altro non lo seguiva, tornò sui suoi passi, mostrando evidente irritazione. - Allora, intendi venire o no? Credevo dovessi offrirmi un caffè. - lo apostrofò con durezza; Lavi parve spiazzato.

- Già, bè, ecco... Dove siamo? - domandò grattandosi la nuca, molto imbarazzato di essersi anche perso. - Io volevo andare al SunshineBuilding... - iniziò, ma Kanda lo prese per un braccio, trascinandolo con forza insieme a lui.

- Questo è l'ingresso principale della stazione di Ikebukuro (2), hai fatto il giro, idiota! - e con quell'insulto lo condusse fuori, attraversando la strada e poi fermandosi. - Prendi dei punti di riferimento se non vuoi perderti. - disse, indicando i palazzi intorno a loro e la facciata della stazione subito dopo. - E ora andiamo.

Lavi si lasciò trascinare, approfittando per osservare ogni edificio sul tragitto, le strade così enormi e le macchine così rare; era bizzarro che ci fosse pochissimo traffico, in maggioranza taxi, ma la ragione era piuttosto chiara: in pieno centro città, dove lo spazio scarseggiava, in pochi potevano permettersi di tenere un'auto. Svoltarono in una piazza alberata e attraversarono una strada più piccola, entrando in uno spazio pedonale in cui diversi ragazzi e adulti distribuivano pubblicità varia ai passanti, molti di loro invitandoli a entrare nel ristorante per cui lavoravano.

C'erano davvero tantissimi locali in cui mangiare in quella zona, di ogni genere, tanto da avere l'imbarazzo della scelta, ma Kanda non si fermò finché non raggiunsero un immenso ponte, che doveva essere la bretella di un raccordo sopraelevato. Delle enormi strisce pedonali portavano dall'altro lato dell'altrettanto enorme strada sottostante.

- Quello laggiù è il Sunshine. - lo informò allora il giovane Giapponese, mentre il semaforo diventava verde e una bizzarra musichetta iniziava a scandire l'attraversamento della gente, additando un altissimo edificio alla loro destra. - Dentro ci sono anche caffè e ristoranti. Cammina. - ordinò poi, lanciandosi sulle strisce prima che tornasse il rosso.

Lavi si trovò completamente spiazzato da quel comportamento, era come se Kanda fosse seccato della sua ignoranza; prima voleva liquidarlo su due piedi, ora lo accompagnava di forza dove lui gli aveva detto di voler andare. Bizzarro, ma molto attraente, si sorprese a pensare osservando i lunghi capelli neri del giovane, raccolti in una coda alta come usavano fare gli antichi samurai, i lineamenti scultorei e il fisico invidiabile. Era anche piuttosto alto per un Giapponese, appena un poco meno di lui, e molto bello per un uomo, forse persino troppo.

Bè, gli andava a genio, doveva assolutamente farci amicizia e convincerlo a essere la sua guida, anche se era irascibile e un tantino acido. I suoi pensieri furono interrotti quando varcarono le porte a vetri dell'imponente grattacielo, allorché Kanda gli indicò le scale mobili.

Finalmente seduti davanti a quel famoso caffè, il piano di Lavi prevedeva lo scusarsi ancora e poi il tentativo di entrare in confidenza per potergli proporre di accompagnarlo, pregandolo fino allo sfinimento perché accettasse, ma Kanda lo sorprese.

- Perché volevi venire qui? - chiese d'un tratto, interrompendo dall'inizio la sequela di 'mi dispiace' che stava per rovesciarglisi addosso.

- Ecco, ho letto che dalla cima si gode di un panorama favoloso, che si può vedere perfino il monte Fuji! - esclamò Lavi con un sorriso raggiante, come un bambino al quale hanno promesso di andare sulle giostre. - Se non hai altri programmi, perché non vieni anche tu fino in cima? Pago io. Ti prego?

Kanda alzò gli occhi al cielo. Non poteva credere che l'idiota lo stesse davvero invitando a visitare qualcosa che lui conosceva palmo a palmo. E... Ehi! Sapeva che si pagava per salire fino all'osservatorio per cui tanto smarrito non doveva essere, in più parlava benissimo la lingua, quindi perché assillare lui per essere accompagnato? Stava per rispondere in malo modo quando incontrò lo sguardo implorante che Lavi gli stava rivolgendo; perché gli faceva un effetto così strano? Forse il fatto che aveva un occhio ferito, forse quello rendeva la sua espressione tanto toccante... Sì, doveva essere per quello.

Sbuffò, portandosi una mano al viso con fare sconsolato.

- Sta bene; ma poi sparisci dalla mia vista. - disse, pentendosi immediatamente dopo di aver accettato, perché si ritrovò le braccia del giovane intorno al collo.

- Promesso! - assicurò Lavi, raggiante, liberandolo dall'abbraccio e alzandosi subito dalla sedia prima che lui potesse reagire.

Inutile narrare quale incredibile tortura fu per Kanda dover assistere al modo in cui l'idiota 'esplorava' il perimetro dell'osservatorio; era estremamente imbarazzante vedere come si appiccicava alle vetrate, neanche avesse avuto cinque anni e fosse stata la prima volta che osservava qualcosa dall'alto.

Stava raggiungendo il limite estremo di sopportazione allorché notò di essere seguito. Dannazione, era proprio così, un gruppo di ragazzine lo stava fissando! Con movimenti rapidi si sciolse la coda, lasciando ricadere i capelli liberi sulle spalle e tirando fuori un paio di occhiali da sole, quindi si avvicinò a Lavi per esortarlo a velocizzare la sua visita.

Quest'ultimo si mostrò meravigliato del cambiamento, ma non chiese nulla, lanciando un'ultima occhiata alla città e poi incamminandosi verso l'ascensore.

Una volta di nuovo nell'atrio Kanda era davvero sollevato di poter mollare finalmente la disgrazia che gli si era appiccicata; mise le mani in tasca preparandosi a guadagnare la porta, solo,ma nel liquidare Lavi con un laconico 'Addio' si scontrò nuovamente con quella sua espressione a metà fra idiota disperato e cucciolo smarrito. La bocca gli si mosse da sola e fu sorpreso dalle sue stesse parole.

- Che c'è ancora? Scommetto che non sai dove andare. - in realtà ciò che intendeva era sottolineare che si era di nuovo perso, ma la risposta di Lavi fu invece scioccante.

- Già. Sono partito un po' allo sbaraglio, non ho trovato un albergo. - confessò a disagio. - Non potresti...

Oh, questa poi! Adesso lo prendeva anche per un'agenzia viaggi? Kanda serrò la mascella per impedirsi di gridargli in viso di scomparire dalla faccia della terra e lasciarlo in pace una volta per tutte, stringendo i pugni e costringendosi a respirare profondamente per riguadagnare abbastanza la calma da poter parlare senza attirare l'attenzione dell'intero palazzo su di loro.

Procedura che funzionò sorprendentemente bene, perché si rese conto che poteva sfruttare la cosa a suo vantaggio, usando quel turista per sparire per un po' dalla circolazione senza che parenti ossessivi, sedicenti amici e colleghi di lavoro potessero rintracciarlo così facilmente. Se solo fosse riuscito a farlo stare un tantino più zitto sarebbe stato perfetto...

- Ascolta. - disse brusco, forse troppo, perché Lavi quasi fece un passo indietro nel timore che potesse di nuovo prenderlo per il collo. - Se mi giuri di tenere la bocca chiusa, per stanotte ti ospito nella mia camera d'albergo.

Aveva pescato un turista come lui? Lavi rimase a bocca aperta nell'udire la proposta, ma si affrettò ad annuire prima che l'altro cambiasse idea pentendosi dell'offerta appena fatta.

- Oh, cavoli, sì certo... Va benissimo! - esclamò, ancora incredulo. - Giuro di non disturbarti. Non avrei mai immaginato che anche tu fossi qui in vacanza.

Kanda si maledisse per essersi lasciato tentare da quell'opportunità. Nonostante avesse appena promesso, Lavi non riusciva proprio a chiudere il becco cinque minuti consecutivi. Il classico caso senza speranza. Ma lui non poteva restare lì un istante di più, o qualcuna delle ragazzine che l'aveva visto nell'osservatorio l'avrebbe ripescato e si sarebbe fatta avanti per parlargli.

- Non lo vado certo a dire al primo idiota che mi sbatte contro. - rispose gelido. - Seguimi, l'albergo è qui vicino.

 

 

Kanda lo condusse indietro verso la stazione, quindi lo guidò dentro di essa facendogliela attraversare tutta fino a raggiungere l'uscita nord e, una volta usciti, gli fece strada infilandosi in una via laterale. La piazza antistante la stazione era ampia e trafficata, circondata da alti grattacieli e complessi commerciali con insegne immense; la via che avevano imboccato invece contrastava con il resto, costeggiata da edifici più bassi intervallati anche da casupole fatiscenti. Il tutto sempre costellato di ristoranti.

Qualche minuto più tardi si fermarono dinanzi a un palazzo che svettava su quelli adiacenti, sulla cui cima era posta a mo' di corona un'insegna cubiforme che le girava attorno, quasi fosse il puntino di un'enorme 'i', sulla quale era scritto il sito internet dell'hotel: .

La reception era lussuosa e le impiegate in divisa li accolsero con molta cortesia al loro ingresso, cosa che rese Lavi assai felice; temeva che il suo nuovo amico fosse un Giapponese di ceto medio-basso e che quindi avesse scelto la cosiddetta topaia, alias ryokan economico, anche perché gli abiti molto casual che indossava suggerivano un gusto nel vestire non troppo ricercato: jeans e un'anonima camicia bianca a mezze maniche. Non che lui sembrasse Rockefeller, tutt'altro, ma era esattamente nei suoi piani di non dare nell'occhio, i viaggiatori che ostentano vengono facilmente presi di mira e derubati, ed era l'ultima cosa che voleva. Probabilmente anche Kanda la pensava così, si disse, mentre quest'ultimo parlava con una delle ricezioniste e tirava fuori il portafogli per saldare la stanza. Si sentiva in colpa che dovesse pagare un extra per la sua presenza, per cui decise che gli avrebbe proposto di coprire lui tutta una notte rendendogli i soldi.

Kanda presentò la sua tessera di socio alla ragazza della reception e chiese una camera doppia non fumatori, rendendosi però conto nel tirare fuori la carta di credito che se avesse pagato con quella sarebbe stato facilmente rintracciato. Dannazione, questa piccola fuga non era prevista, per cui non aveva molti contanti con sé, bastavano a malapena per coprire una notte; il giorno seguente doveva assolutamente prelevare.

Una mano che gli si posava sulla spalla lo fece voltare di colpo verso il proprietario di lei, il quale gli sorrideva in modo oltraggioso.

- Che c'è? - chiese bruscamente, riprendendo la carta di credito che aveva posato sul bancone prima di decidere per i contanti, in attesa del resto e della ricevuta, oltre che della sua Toyoko-inn card.

Lavi non poté evitare di notare il luccichio di quella JCB (3) Platinum che scompariva nel portafogli di Kanda, interrogandosi su come potesse permettersela qualcuno giovane come lui. Era di famiglia ricca? Oppure già lavorava in qualche grossa azienda? La ricevuta fu posata sul bancone accanto alla tessera dell'hotel e a una manciata di yen, permettendogli di leggerne l'intestazione prima che il proprietario le facesse sparire insieme alla carta di credito. Almeno ora sapeva il nome completo del suo ospite, si compiacque Lavi, anche se lui non voleva dirgli nulla.

- Ascolta, Yuu, vorrei pagare una notte, non trovo giusto approfittare della tua gentilezza. - propose; vide un guizzo irato attraversare gli occhi scuri di Kanda quando ne pronunciò il nome di battesimo, ma non fece in tempo a chiedersene la ragione che fu preso da parte in modo piuttosto rude.

- Non permetterti più di usare il mio nome! - sibilò il giovane a denti stretti, cercando di non farsi udire dalle impiegate dell'hotel. - Non siamo amici e non lo diventeremo, tienilo a mente o la prossima volta te ne faccio pentire. Mi hai capito? - aggiunse in tono truce.

Lavi deglutì a fatica, annuendo. L'aveva appena minacciato! Che fosse uno della Yakuza? Avrebbe spiegato perché d'improvviso si era messo gli occhiali scuri e slegato i capelli... Forse lo avevano riconosciuto! Notò solo allora lo strano involucro tubolare di stoffa che portava in spalla. Come mai prima non ci aveva fatto caso? Santo cielo, somigliava pericolosamente a una katana! Era sicuramente una katana! In che guaio si era cacciato, avrebbe dormito nella stessa camera con un killer della mafia Giapponese!

- C-Certo. - disse piano, un tremito che gli percorreva la spina dorsale.

- Bene. - il ghigno compiaciuto, che forse voleva essere un sorriso, comparso sul viso di Kanda spaventò l'altro giovane anche di più. - Adesso riguardo la tua offerta, visto che ho pagato solo fino a domani, sì, accetto volentieri.

Lavi si avvicinò alla reception offrendo un sorriso di circostanza e spiegò che voleva pagare lui la notte seguente, pregando con tutto il cuore di non doversene pentire. Alla risposta affermativa che ricevette estrasse la sua carta di credito, consegnandola all'impiegata sotto gli occhi stupiti del futuro compagno di stanza. Una VISA Acquire Black (4), non poté fare a meno di osservare quest'ultimo, chiedendosi se fosse rubata considerato l'aspetto sciatto del suo possessore e scartando l'ipotesi nel leggere che il nome su di essa corrispondeva a quello con cui l'idiota gli si era presentato qualche ora prima. Certo, poteva essere un nome falso, ma uno come lui non pareva il tipo del truffatore. Oppure sì? Dannazione.

Kanda sperò di non doversi pentire amaramente di quel colpo di testa.

 

 

Entrati in camera, Lavi sbiancò nel vedere che c'era un solo letto matrimoniale e si voltò immediatamente verso Kanda, più di un'ombra di panico visibile nel suo unico occhio verde. L'altro giovane sollevò un sopracciglio con aria sarcastica, lasciando che la porta si richiudesse dietro di loro.

- Non farti strane idee. - mise subito in chiaro. - La camera doppia costa di più.

Avrebbe molto volentieri evitato anche lui di dividere il letto con l'idiota lì presente, ma non arrivava a pagare in contanti la stanza con due letti separati, per cui aveva dovuto fare buon viso a cattiva sorte. E poi era sicuro che Lavi non fosse dell'altra sponda.

Il giovane parve rilassarsi dopo quella precisazione, iniziando a fare progetti per il giorno seguente, come se il fatto di dividere l'alloggio per una maledettissima notte li avesse automaticamente resi compagni di viaggio. Ora parlava di Obon (5) e fuochi d'artificio, una cosa che lui aveva accuratamente evitato tutta la vita, perché diavolo doveva andarci adesso proprio con qualcuno appena incontrato? E l'idiota pretendeva anche di comperare uno yukata per l'occasione!

- Ehi, Yuu... Cos'hai in quella custodia che ti porti in spalla? - chiese d'un tratto il suddetto idiota, interrompendo il discorso su Odaiba e i fuochi. C'era curiosità e timore in quella domanda.

- La mia spada da kendo. - bè, non poteva certo dirgli che dentro c'era la sua adorata katana, giusto? L'avrebbe senz'altro preso per uno Yakuza!

Kanda rispose a monosillabi alle successive domande stupide come 'Ah, pratichi il kendo?', fino a che il discorso ritornò sui progetti per i successivi giorni di permanenza lì a Tokyo. Quel tizio non stava zitto due minuti consecutivi, ma forse lui e le sue vacanze potevano tornargli utili, dopotutto.

Non ascoltò neanche la metà di ciò che gli veniva detto, sforzandosi di mantenere un'espressione neutra eppure non distratta. Finalmente l'idiota tacque per concentrarsi sul suo stupido computer portatile, iniziando a scrivere chissà cosa; davvero non pareva un viaggiatore alla buona come si sforzava di sembrare. Ma forse era solo lui a essere troppo sospettoso. Almeno adesso avrebbe potuto farsi una bella doccia e poi mettersi a dormire.

Entrò nel bagno senza neanche che l'altro se ne accorgesse, chiudendosi la porta alle spalle con uno sbuffo sollevato: finalmente solo. Aprì l'acqua della doccia e iniziò lentamente a svestirsi; appoggiò gli abiti ordinatamente piegati sopra la grata che reggeva gli asciugamani e, con un sospiro appagato, si infilò sotto il getto caldo.

 

 

Lavi era così preso da ciò che stava componendo da non notare nemmeno marginalmente il movimento sul letto accanto al proprio e la sparizione del compagno di stanza.

La sistemazione rimediata così, all'ultimo minuto, lo soddisfaceva moltissimo, sebbene il suo sesto senso gli stesse dicendo insistentemente che era stato un azzardo clamoroso dividere la stanza con uno appena incontrato. Di solito era il nonno che si occupava di tutto ciò che concerneva la parte 'tecnica' dei loro viaggi, come era appunto il trovare un alloggio prima di partire... Era così eccitato all'idea di visitare qualcosa senza il suo vecchio al seguito questa volta, che si era completamente dimenticato di pianificare la sua permanenza sul posto.

Quando se ne era reso conto, una volta salito sull'aereo, in realtà non si era preoccupato più di tanto: era una persona estremamente versatile, avrebbe saputo di certo arrangiarsi, come difatti era stato.

Ora, mentre appuntava le proprie impressioni su ciò che aveva visto durante quel primo giorno a Tokyo, la sua mente rifletteva sugli innumerevoli viaggi che aveva fatto fino ad allora e non poté evitare di riportare quella diserzione all'interno del suo diario.

"Io sono sempre stato un viaggiatore; ma, per quanto sia meraviglioso, interessante, avventuroso o anche mistico a volte, come diceva Cesare Pavese, 'Viaggiare è una brutalità. Obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici. Ci si sente costantemente fuori equilibrio. Nulla è vostro, tranne le cose essenziali – l'aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo – tutte le cose tendono verso l'eterno o ciò che possiamo immaginare di esso.', un pensiero riguardo il quale adesso posso dire di essere completamente d'accordo, poiché mi trovo a sperimentare questa sensazione io stesso.

È qualcosa che si percepisce unicamente viaggiando da soli, perché tutto ciò su cui si può fare affidamento è sé stessi e gli abitanti del luogo."

Fermò le dita a mezz'aria, sollevando di colpo il viso dallo schermo del suo portatile, il pensiero improvvisamente su uno di quegli abitanti di cui stava parlando.

- Yuu... - fece per chiedere qualcosa, accorgendosi però che il giovane non era nella stanza. - Yuu? - ripeté, una nota di panico nella voce. E se l'avesse lasciato lì da solo, pronto per essere aggredito e derubato dai suoi compari Yakuza? - Yuu! - gridò, realmente allarmato.

- Dannazione, vuoi chiudere quella bocca? Sveglierai l'intero hotel! - gli giunse la risposta irata dal proprietario del nome di cui stava così sfacciatamente abusando, il quale emerse dal bagno con un asciugamano in vita e uno gettato sui capelli, che stava accuratamente tamponando quando, presumibilmente, si era sentito chiamare a gran voce da lui.

- Oh, eri sotto la doccia. - Lavi sorrise, sollevato di vedere che il suo compagno di stanza non l'aveva abbandonato, ma ricevette in cambio uno sbuffo seccato; pareva proprio che Yuu fosse parecchio insofferente alle comuni, civili regole dei rapporti umani.

- Tch. Dove volevi che fossi? - ribatté il giovane Giapponese, caustico, indossando la veste che era posata sul letto accanto al cuscino e lanciando poi l'asciugamano che aveva attorno ai fianchi nella vasca. Lavi si aspettava che fosse un kimono, invece gli somigliava solo vagamente per il taglio della scollatura, perché altrimenti aveva le maniche all'occidentale e si abbottonava sul davanti. Notando di essere fissato con insistenza, Kanda rivolse uno sguardo truce al colpevole di una tale irritante sfacciataggine. - Ora chiudi quella bocca e lasciami dormire. - aggiunse, regolando l'aria condizionata e infilandosi sotto la coperta con un gesto tanto brusco che quasi mandò Lavi a sedere in terra con tutto il computer.

- Aww! - esclamò il giovane, colto completamente alla sprovvista. - Non era necessario essere così rude, Yuu. Bastava chiedere... - ma Kanda si era già voltato dall'altra parte, coprendosi fino al viso. - Okay, messaggio ricevuto.

Se Yuu non voleva più parlare con lui pazienza, si sarebbe rifatto l'indomani, quando l'avrebbe trascinato a comperare uno yukata da indossare per la festa dell'Obon.

Con quei pensieri in testa Lavi chiuse il portatile, andando a sua volta a farsi una doccia. Dopotutto, la giornata era stata abbastanza pesante persino per uno come lui.

Appena ebbe finito indossò anche lui la veste fornita dall'hotel e con molta attenzione si infilò a sua volta accanto a Kanda, badando bene a non disturbarlo.

"Che giornata incredibile!" Fu l'ultimo pensiero cosciente di Lavi prima che il sonno si impadronisse di lui.




NOTE:

(1) La JR (Japan Railways) è la compagnia dei trasporti statale Giapponese.

(2) Ikebukuro: uno dei quartieri più famosi del centro di Tokyo.

(3) JCB: Japan Credit Bureau, l'ente Giapponese delle carte di credito.

(4) VISA Acquire Black: una delle carte di credito più costose come canone fisso di gestione: quasi 4.000 dollari al mese, ovvero un po' più di 3000,00 Euro.

(5) Obon: ricorrenza Giapponese che cade fra il 13 e il 16 Agosto, durante la quale le famiglie rendono omaggio ai propri defunti.

   
 
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