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Autore: eliocentrica    13/04/2012    0 recensioni
«Amore? Pronto! Ascolta... ho perso il treno. … No, era l'ultimo. Mi cercherò un posto dove passare la notte...» dissi sconsolata prima di salutarlo e chiudere la chiamata.
Non mi fidavo a vagabondare per una città sconosciuta alla ricerca di un albergo, così tirai fuori dalla tasca il cellulare e cercai nella rubrica il numero dell'amico che ero venuta a trovare quel giorno.
-- Probabilmente erano passate due ore, e io non ero ancora riuscito a prendere sonno.
Continuavo a pensare che lei era lì, a un passo da me, ma mi sembrava lontanissima. E poi pensavo a come avrebbe reagito la mia ragazza...

A volte, perdere un treno cambia tutte le carte in tavola.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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= The Beginning =

 

 

 

«Amore? Pronto! Ascolta... ho perso il treno. C'era una coda lunghissima per fare il biglietto e quando sono arrivata al binario, ho visto il treno allontanarsi. … No, era l'ultimo, cazzo! … Eh, non lo so... … No, non serve che venga tu. Mi cercherò un posto dove passare la notte...» dissi sconsolata prima di salutarlo e chiudere la chiamata.

Mi guardai intorno. Gente che correva veloce da un punto all'altro, affollando la stazione centrale di Genova. Cosa potevo fare?

Cercai di stare calma. Una cosa alla volta.

Primo, cenare. Escludendo il McDonald's, rimanevano un bar e un negozio di caramelle. Mi diressi verso il bar a testa bassa, un altro pasto a base di panino all'orizzonte. “Morirò di fame o di anoressia, se continua così.”

Mentre masticavo controvoglia, seduta su una delle panche nella sala d'aspetto, mi resi conto che si stava facendo buio. Non mi fidavo a vagabondare per una città sconosciuta alla ricerca di un albergo, così tirai fuori dalla tasca il cellulare e cercai nella rubrica il numero dell'amico che ero venuta a trovare quel giorno.

Tuuu... “Rispondi!” Tuuu... “Risp-”

«Pronto!»

«Ehi, Ale, ascolta... ho bisogno di un favore. Però non mi sfottere!», mi bloccai.

«Hai perso il treno?» Sentii una punta di divertimento nel suo tono di voce.

«Sì...» risposi in un sussurro, e subito avvertii una risatina soffocata.

Odiavo dover chiedere il suo aiuto! «Senti, non fa niente. Mi ha fatto piacere averti rivisto oggi... addio.» Stavo per premere pulsante rosso, ma lo sentii rispondere tranquillo: «Ti vengo a prendere, dai.»

Dov'erano le prese in giro? «No, no. Volevo solo che mi dessi delle indicazioni su qualche albergo in zona...»

«Sicura? Ma non preferiresti sfruttare un'amicizia e dormire sul comodissimo pavimento del mio appartamento?»

Ah, ecco l'ironia... «No, ma non voglio disturbare...»

«Per una volta che sono gentile!!»

“Infatti è questo che mi turba”, pensai, “e poi come reagirebbe il mio ragazzo?”

«No, preferisco di no.» dissi decisa, «Solo fammi il favore di cercare un posto poco costoso e poi richiamami. Grazie.» e riattaccai.

Dopo un quarto d'ora, il mio telefono era ancora muto. Nessuna telefonata in arrivo.

Ciondolavo all'entrata della stazione in modo da tenere d'occhio i taxi. Ormai era buio fuori e la tensione cominciava a crescere.

Stavo osservando un ragazzo in penombra scavalcare un muro vicino alla stazione, quando sentii battere un colpetto sulla mia spalla.

«Cazzo, che fifona!» disse una voce familiare alle mie spalle, commentando il salto di 3 metri che avevo fatto per lo spavento.

Mi girai di scatto pronta a sferrare uno dei miei pugni sulla spalla. Guardai il mio amico minacciosa come un toro da corrida davanti al telo rosso, mentre lui manteneva il suo ghigno.

«Ti sono venuto a prendere!» disse allegramente.

Abbassai la guardia e lo guardai interrogativo.

«Il posto che mi ha consigliato un mio amico non si trova sulle Pagine Gialle... Non potevo darti nessun indirizzo da dire al tassista, perciò sali che ti accompagno io!» mi disse indicandomi la sua auto.

Mi guardai intorno e poi l'ora nel cellulare. Era tardi. Sì, forse era meglio fare così, tutto sommato. E lo seguii.

Mentre guidava mi tranquillizzai e cominciai a osservare la città di notte, ombre e luci che diventavano scie luminose. Mormorai tra me «Chissà che bello guardare dall'alto il porto...», e con la coda dell'occhio vidi un mezzo sorriso. Dolce, non d'ironia. Insolito sul suo viso. Alessandro stava ascoltando assorto la musica, se così vogliamo chiamarla, che proveniva dall'autoradio. Ho sempre cercato di migliorare i suoi gusti, ma non c'era stato verso.

Tra un pensiero a Francesco e al treno, mi accorsi che stavamo percorrendo una stradina in salita. “Ma dove mi sta portando!?” e proprio mentre stavo per chiederglielo, vidi che stavamo di nuovo scendendo. Guardai meglio fuori dal finestrino e vidi il porto, la città formata da un miliardo di puntini luminosi. Che avesse sentito il mio commento?

Cercai di intuire la sua espressione, ma la mancanza di illuminazione mi ostacolava. Poco dopo arrivammo a destinazione, in un quartiere residenziale.

L'edificio davanti cui ci eravamo fermati mi sembrava familiare, ma col buio non ne potevo essere sicura. Vidi che Ale estraeva delle chiavi dalla tasca dei pantaloni.

«Aleee!! Che bugiardo! È casa tua!» esclamai.

«Abbassa la voce che sennò i vicini s'arrabbiano!! Ed entra.» mi disse tenendomi aperta la porta.

In fin dei conti non era un cattivo amico, anzi era stato proprio carino a offrirmi di stare da lui. “E poi siamo solo amici, Francesco non avrà motivo di arrabbiarsi.”

Entrai e imboccai la rampa di scale con lui a fianco, salimmo in silenzio fino al quarto piano. Stremata, volevo solo farmi una doccia e dormire.

Alessandro aprì la porta dell'appartamento e due voci salutarono distratte. I suoi coinquilini. Senza fermarsi ad annunciare l'ospite, mi condusse verso camera sua. Appena entrata, piombai sul suo letto, sfilandomi le scarpe.

«Vorrei proprio dirti di dormire sul pavimento. Sarebbe troppo divertente vedere la reazione, visto il tuo livello di stanchezza.» commentò col solito ghigno.

Lo guardai male, ma comunque sapevo che non potevo farci nulla: ero io quella che aveva perso il treno e aveva chiamato in soccorso il suo amico sarcastico.

Prese un asciugamano dall'armadio e me lo lanciò addosso dicendo solo «Porta di fronte.»

«Grazie», mi alzai ed entrai in bagno.

Chiusi a chiave la porta alle mie spalle, posai l'asciugamano sul water ed estrassi il cellulare dalla tasca per avvisare il mio ragazzo che ero sana e salva.

Digitai un paio di brevi frasi. “Ho trovato dove dormire. Sono stanchissima. Ci vediamo domani. Buona notte!” e premetti invio, poi lo spensi. Ero stata vaga e per questo mi sentivo un po' in colpa, sapendo quando potesse diventare apprensivo.

Ma la stanchezza era troppo forte e mi portò dritta dentro la doccia. Dieci minuti d'acqua calda spazzarono via ogni tensione.

Con l'asciugamano stretto intorno al corpo aprii uno spiraglio di porta, sufficiente per mettere fuori la testa e chiamare «Aleeee!»

Lui si affacciò dalla camera con un lenzuolo in mano, «Problemi?».

«Sì. Non ho nulla di comodo per dormire. Prestami una tua maglietta. Lunga.» puntualizzai.

Trenta secondi dopo una maglietta arancione mi arrivò in faccia. Così mi rivestii e uscii dal bagno con le mie cose in mano, controllando che gli inquilini non passassero e non mi vedessero con quella mise.

Con uno scatto felino mi chiusi la porta della camera da letto alle spalle e per sicurezza girai anche la chiave. Non si sa mai che scherzi faccia il sonnambulismo.

«Mi vuoi sequestrare?» chiese Alessandro con finta aria di preoccupazione mista a malizia.

Lo mandai a quel paese e mi adagiai sul giaciglio che aveva preparato per terra, tra il letto e la finestra, lasciando cadere a caso i miei vestiti.

«No, quello era per me. Sono gentile e ti cedo il mio letto.»

«Tranquillo, sei stato gentile abbastanza offrendomi la tua camera. Posso dormire a terra. Il letto è il tuo.» Ero troppo stanca per discutere, o per alzarmi, e sembrò che Alessandro capisse, perciò non insistette oltre. Insolito. Così aggiunsi scherzosamente, «Semmai se proprio dormo male, ti butto giù dal letto per usurparti il posto!»

«Non ci contare! Ormai hai scelto. Buona notte!», mi rispose sottolineando ironicamente il "buona".

«Buona notte.» La luce si spense e io presi sonno pensando a quanto carino, rispetto a solito, era stato il mio amico nei miei confronti.

 

 

 

Nota dell’autrice: Beh, questa è la prima storia originale che pubblico qui. È composta di pochi capitoli, non molto lunghi, che ho già scritto (tempo fa). Dunque la pubblicazione sarà molto veloce.

Probabilmente vi sembrerà sciocca o banale, ma dopo averla rivista più volte (e addirittura tradotta in un’altra lingua, come esercizio) non sono riuscita a fare di meglio. >_<

Lo spunto è preso dalla realtà, ma ci ho decisamente romanzato sopra. Un What if? sulla mia vita, insomma. XD Non so a voi, ma a me a volte piace fantasticare su come sarebbero andate certe cose, se avessi preso una decisione diversa. Solo che la fantasia, stavolta, si è trasformata in una storia.

Per concludere, mi sento di affibbiare a questa storiella l’etichetta di “per ragazzine” e siete liberissimi di rivolgermi commenti negativi! Anzi, direi che almeno da quelli posso imparare qualcosa per quello che scriverò in futuro! ^_^

  
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