Libri > Twilight
Segui la storia  |      
Autore: Shinalia    13/04/2012    7 recensioni
Estratto capitolo:
Essere la sorellina del capitano della squadra di rugby della scuola non era un grande vantaggio, soprattutto considerando l’ammonimento che aveva rivolto all’intero corpo studentesco maschile.
Chi si avvicina alla “piccola” Bella si ritroverà con le gambe spezzate prima di un paio d’ore.
Uno scherzo divertente?
Affatto…
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 
La vista della mia stanza quasi totalmente spoglia mi provocava un profondo senso di tristezza che, sommata all’inquietudine per i cambiamenti che mi attendevano, generavano un tripudio di sensazioni disarmanti e avvilenti.
Sospirai sommessamente richiudendo uno degli ultimi scatoli di cartone, contenente un numero potenzialmente sproporzionato di libri, nonché una misera parte di quelli che possedevo. Mia madre aveva sempre contestato la mia ossessione per la lettura, avrebbe preferito vedermi sperperare i miei risparmi in scarpe e vestiti, essendo la sua unica figlia femmina.
Purtroppo per lei le sue speranze erano state brutalmente disilluse.
Io e lo shopping eravamo disgraziatamente incompatibili.
Lo dimostrava la mia valigia, contente appena due completi decenti e un gran numero di comode felpe e jeans. Probabilmente avrei dovuto rimediare, pensando che forse quei pochi vestiti non sarebbero stati sufficienti per un intero anno di college, ma aborrivo l’idea di trascorrere un intero pomeriggio in centro in compagnia della mia esuberante madre.
Il risultato della nostra prima e ultima esperienza di quel genere avevano comportato un’emicrania da record e una serie di vestiti che l’anno seguente erano finiti tra quelli destinati alla beneficenza, ancora muniti di targhetta.
Un vero disastro.
Forse però anche quel genere di cose mi sarebbero mancate, una volta lontana.
Nei mesi precedenti, che mi avevano vista finalmente stringere il diploma tra le mani, avevo avuto modo di meditare su quanto sarebbe avvenuto e su quello che desideravo realmente fare della mia vita.
Da bambina avevo avuto molti sogni sui quali, riflettendo lucidamente, non era possibile fare affidamento.
Una persona dotata del mio precario equilibrio non avrebbe mai avuto speranza nel mondo della danza, come dimostravano gli anni sprecati tra piroette e passè.
Intercalati immancabilmente da qualche mia rovinosa caduta…
Fortunatamente in un barlume di lucidità avevo dato fuoco a tutti i filmini che mia mamma si ostinava a conservare, mormorando qualcosa riguardo la dolcezza della mia goffaggine.
Molto gentile da parte sua ridicolizzarmi in quel modo.
Con gli anni naturalmente i miei orizzonti si erano ampliati e mi ero dedicata a ben altre aspirazioni,  leggermente più plausibili.
L’interesse per la letteratura mi aveva indirizzato verso un campo umanistico, così come la passione per la scrittura mi aveva spinto a vagliare l’ipotesi di un’ ipotetica carriera giornalistica.
Semplice, no?
… Non proprio.
Purtroppo c’era quella piccola e fastidiosa parte di me sempre pronta a rammentarmi che un simile ambito dava prospettive future tutt’altro che rosee. Troppo concorrenziale per aspirare ad una buona possibilità successo.
Sono paranoica?
Forse un tantino…
Nonostante i miei continui ripensamenti alla fine avevo ceduto, ponendo da parte, per una volta, il mio raziocinio.
L’assennatezza nei giudizi era una dote di cui disponevo, caratteristica ereditata dal mio adorato papà. Una delle poche che stranamente non rimpiangevo… almeno non del tutto. Qualche volta avrei preferito possedere un carattere più affine alla mia eclettica madre, Renèe. Una donna piuttosto particolare, giovanile, socievole e… completamente fuori di testa.
Mi doleva ammetterlo ma era l’esatto opposto di mio padre. Come avessero potuto sposarsi e tirar su una famiglia insieme era l’arcano mistero che aveva riempito le mie notti insonni.
Certo, insieme ai mille tentativi per regalare un po’ di massa cerebrale al mio povero fratello: Emmett.
Rammentavo ancora una delle frasi che Rose, una mia cara amica, aveva utilizzato con lo scopo di convincermi ad iscrivermi al College, in seguito ad una mia crisi di insicurezza.
 “Se quel bestione, zucca vuota, frequenta l’università con buoni risultati, immagina cosa potresti fare tu!”, aveva affermato ripensando al suo primo incontro con il mio sconclusionato fratello.
In fin dei conti non si conoscevano granché, soprattutto considerando che io stessa avevo avuto modo di incontrare lei da ben poco tempo. Durante gli ultimi mesi dell’anno scolastico, il nostro istituto aveva organizzato un piccolo scambio culturale con una scuola di Forks , grazie al quale Rose era stata condotta qui a Vancouver.
La simpatia era nata quasi istantaneamente, benché i nostri caratteri non fossero affatto somiglianti. Fortunatamente la trigonometria, con le sue folli formule, era stata in grado di sopperire alle mie mancanze ed avvicinarmi a lei, che si era rivelata un genio dei numeri, nonché mia salvezza.
Avevamo trascorso insieme i mesi della sua permanenza, creando un magnifico legame che, malgrado la distanza, perdurava.
Durante quel periodo, per una serie di sfortunati eventi, mio fratello, impegnato con gli ultimi esami al college, era stato costretto a trattenersi alla Brown, impedendogli di conoscere la mia avvenente amica.
E così sarebbe stato se il fato non avesse voluto ugualmente un loro incontro. Avvenne in treno, più precisamente in una delle stazioni intermedie dove entrambi erano stati costretti a fare scalo. Lei tornava a casa dopo due mesi di soggiorno presso di noi, lui dalla sua facoltà.
Emmett non si era fatto sfuggire la ghiotta opportunità di comportarsi da cascamorto con l’avvenente bionda che leggeva placidamente un bel romanzo. E lei, rammentando le innumerevoli foto di cui mia madre aveva tappezzato la casa, per non dimenticare il viso del suo cucciolo, non aveva perso occasione per raccontarmi le prodezze del mio adorato fratello.
Com’è che lo aveva definito? Ah si… scimmione senza cervello.
Non potevo certo contraddirla, anche se a sua discolpa ero costretta ad aggiungere che Rosalie avrebbe risvegliato anche un morto con la sua bellezza.
Fisico statuario da far invidia anche ad una modella, capelli biondo cenere ed occhi azzurro cielo. Un mix decisamente letale e lo dimostrava la miriade di corteggiatori che qui a Vancuver aveva tentato di far breccia nel suo cuore di ghiaccio.
Non biasimavo Emmett, benché avrei potuto sindacare in merito alle frasi da cioccolatino e ai complimenti che aveva sciorinato sperando di far colpo.
Sei l'aria che respiro.
Sono giorni che la tua immagine angelica popola i miei sogni… ecc ecc.
Ma davvero esistono ragazze cadono ai suoi piedi dopo certe cavolate?
Scoppiai in una fragorosa risata rammentando il racconto della mia amica che recitava perfettamente la scena, emulando la voce di mio fratello, beffandosi di lui.
« Tesoro, perché ridi? » la testa castana di mio padre fece capolino nella stanza, mentre un’espressione incuriosita e leggermente inquieta si delineava sul suo viso.
« Ehm… pensavo. » mugugnai, a corto di scuse plausibili.
Lo vidi scrollare il capo e bofonchiare qualcosa di incomprensibile prima di allontanarsi e chiudere la porta dietro di sé.
Ops.
Tentando di rimuovere la pessima figura appena fatta, mi avviai verso la scala per recuperare gli ultimi oggetti da impacchettare. Sull’ultimo ripiano dell’armadio custodivo quelle cose che ritenevo di maggior valore o che tentavo di celare all’indiscrezione di mia madre. Non era raro vederla curiosare tra i miei cassetti alla ricerca di qualche sorbito indizio.
Una volta, incuriosita da una sua possibile reazione, avevo pensato di abbandonare in un cassetto un pacchetto di sigarette. Naturalmente avevo scacciato quell’idea dopo ben poco, conscia che un simile gesto avrebbe irrimediabilmente causato la confisca dei miei pochi averi e settimane di punizione.
Proprio come quando Emmett si fece trovare in dolce compagnia sul divano del salone.
Cinque mesi di segregazione nella sua camera.
Brutta storia, soprattutto perché probabilmente quella scena resterà impressa a fuoco nella mia mente in eterno.
Che orrore.
« Bells, hai tu il nastro adesivo? » il vocione possente di mio fratello mi fece sobbalzare, rischiando di farmi ruzzolare dalla scala su cui ero momentaneamente adagiata.
« Emmett, dannazione potresti evitare di spaventarmi? » sbottai furente, portando una mano al petto per placare i battiti furiosi del mio cuore.
Morire prematuramente colta da un infarto non è tra le mie priorità.
Lo vidi sbuffare contrariato, ignorandomi deliberatamente, mentre il suo sguardo vagava frenetico per la stanza alla ricerca del nostro adesivo che faceva bella mostra di sé nella tasca della sua felpa.
Lo avrei avvertito?
E perdermi le sue scurrili imprecazioni riguardo il disordine nella nostra casa e la maledizione fatta agli oggetti?
No, assolutamente no.
« Qui non c’è. » replicai con indifferenza, tentando di celare con un colpo di tosse la mia risatina divertita.
Mi compiacqui nel notare che per una volta una mia bugia era risultata credibile, o quanto meno non eccessivamente palese. Mi rivolse un’occhiata alquanto scettica prima di allontanarsi borbottando frasi indistinte.
« Scemo… » bofonchiai, scendendo dalla scala dopo aver recuperato il mio inseparabile plaid, per le notti di studio alla scrivania.
Il mio rapporto con Emmett non era stato sempre tanto conflittuale. Al contrario durante la nostra infanzia lui era quasi un eroe per la sottoscritta.
Solo una mente infantile poteva produrre un simile pensiero… beata innocenza.
Purtroppo crescendo le cose erano cambiate e la mia irritazione per lui era aumentata a dismisura con il nostro ingresso alle superiori.
Era appunto a causa del mio malfidato fratellone e la sua ossessiva gelosia che durante la mia giovane vita avevo avuto ben poco l’opportunità di fare esperienze in campo sentimentale. Essere la sorellina del capitano della squadra di rugby della scuola non era un grande vantaggio, soprattutto considerando l’ammonimento che aveva rivolto all’intero corpo studentesco maschile.
Chi si avvicina alla “piccola” Bella si ritroverà con le gambe spezzate prima di un paio d’ore.
Uno scherzo divertente?
Affatto…
Una simile minaccia, fatta da uno della sua stazza, avrebbe terrorizzato anche il più temerario dei ragazzi con gli ormoni in subbuglio, e di conseguenza la sottoscritta veniva avvicinata solo da coloro che non venivano visti come potenzialmente pericolosi: ragazze e ragazzi poco interessati al genere femminile.
Una vera e propria tragedia.
L’ausilio delle sue molteplici spie, sparse per l’edificio, sempre pronte a riportare anche il minino segno di cedimento, erano poi la proverbiale ciliegina sulla torta.
Assurdo!
Sbuffai sommessamente rimuginando su ciò che avrei dovuto subire al college, anche se cresceva in me la speranza che, in un ambiente tanto grande, il suo controllo potesse non rivelarsi altrettanto esasperante.
La speranza è l’ultima a morire!
Uno strappo di scotch segnò definitivamente la conclusione della mia opera di impacchettamento.
Sospirai di sollievo abbandonandomi fiaccamente sul letto, alla ricerca di un po’ di meritato riposo.
« Che stanchezza. » esclamai volgendo lo sguardo sulla stanza denudata dalla miriade di oggetti che prima la decoravano.
Un po’ mi sarebbe mancato quel luogo, erano tanti i ricordi ad esso legati ed il pensiero di trascorrere del tempo lontano dalla mia famiglia era altrettanto sconsolante.
Naturalmente avrei avuto Emmett con me, ma avrei dovuto rinunciare a Charlie, a Reneé… a Jacob.
« Jake! » chiamai in un lamento, angosciata per quella separazione tutt’altro che gradita.
Il mio cucciolo di pastore tedesco corse da me scodinzolando felice, alla ricerca di coccole e carezze. Il solo pensiero di dover rinunciare alla sua compagnia mi affliggeva. Lui tra tutti era il mio migliore amico, era entrato nella nostra casa qualche anno prima ed eravamo divenuti inseparabili.
La sua dolcezza e il suo affetto erano un continuo sostegno quando il malumore prendeva il sopravvento, durante una delle mie furiose litigate con Emmett o anche successivamente alla sua partenza. Benché io e mio fratello fossimo stati definiti spesso incompatibili, la sua assenza era stata destabilizzante.
Mi era mancato tremendamente, anche se non lo avrei mai ammesso!
Il mio cucciolo iniziò a strusciare il suo musetto sul jeans, tentando di attirare la mia attenzione ed io mi piegai sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza, facendo scorrere le mani sul suo folto e morbido manto.
« Lo sai che mi mancherai, piccino? » mi lagnai, stampandogli un bacio sul musetto peloso.
Ok, forse definirlo piccino non era adeguato considerando la stazza. Solo la sua coda poteva essere definita un’arma impropria, con la quale aveva distrutto il sessanta percento delle vetrate presenti in casa.
Ed i ninnoli di cristallo della mamma… 
« Scricciolo, datti una mossa. Tra meno di due ore dobbiamo essere in viaggio ed i tuoi bagagli non sono ancora nella jeep. »
Le urla di mio fratello mi giunsero dal piano inferiore, infervorate come suo solito.
Sbuffai contrariata. « Sei tu il figlio maschio, le valige toccano a te! » sbottai, con la misera speranza di vederlo accorrere in mio aiuto.
Vane speranze?
Avvertii distintamente i suoi passi pesanti per le scale. Entrò nella mia camera sorridendo beffardo e scuotendo sconsolato il capo. « Adempierò a questo compito gentil pulzella, ma solo perché non ho intenzione di trascorrere la notte all’ospedale a causa di una delle sue solite cadute. » mi denigrò ridendo sguaiatamente.
Il solito barbaro.
« Emmett. » urlai, rossa in viso per l’irritazione mentre lui si caricava di pesanti bagagli, senza alcuno sforzo, uscendo velocemente dalla camera per evitare il libro con il quale purtroppo non riuscii a colpirlo.
Mi lasciai sfuggire una risatina divertita. « Che scemo! » mugugnai alzandomi di scatto dal letto. Sospirando sommessamente mi affrettai a recuperare le ultime borse rimaste da caricare sulla jeep.
Volsi lo sguardo alla mia stanza, facendolo scivolare sugli scatoloni che presto mi sarebbero stati inviati alla mia nuova destinazione… Dartmouth College.

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Shinalia