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Autore: Lucifer_    14/04/2012    3 recensioni
Salve gente! :)
Questa è una one-shot su MiTsu. Non so, ieri improvvisamente, in 5 minuti, m'è venuta questa sottospecie di ispirazione. XD Boh. Non mi aspetto granché, quindi sono ben accette critiche e quant'altro. :)
In 5 minuti uno che può aspettarsi? XD Buona lettura, comunque... (Se mai qualcuno leggerà. X'D)
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Mio, ti amo.”

Mio riaprì di scatto gli occhi, alzandosi di colpo e sedendosi sul letto. La fronte era sudata e aveva l’affanno.
Ma cosa diavolo è stato?
La stanza era illuminata appena da piccoli raggi di sole che oltrepassavano il vetro della finestra e si facevano spazio tra le tende. La camera, stranamente, era in perfetto ordine.
Improvvisamente le tornò alla mente, in modo più chiaro, il sogno che aveva appena fatto.
Era seduta su una piccola spiaggia, osservava il tramonto. Le onde del mare si divertivano a giocare con i riflessi rossastri dei raggi del sole, che in quel momento si preparava a sparire all’orizzonte. Il suono delle onde che si increspavano vicino la riva era così piacevole…
Non era sola.
Alla sua destra c’era il suo inseparabile basso; alla sua sinistra c’era qualcun altro. Qualcuno che aveva la mano poggiata sulla sua. Qualcuno che stava godendosi quello spettacolo con lei.
Ritsu.
La sua migliore amica, la ragazza che conosceva sin dai tempi delle elementari. Ritsu, la sua inseparabile compagna casinista.
D’un tratto l’amica, senza neanche distogliere lo sguardo da quello spettacolo magnifico, disse qualcosa.
“Mio, ti amo.”
Di nuovo l’affanno, di nuovo gli occhi sbarrati.
Ma che razza di sogno è stato!? Cosa diavolo dovrebbe significare  un sogno simile!?
“Miooo, ma cosa stai facendo?! Sbrigati a preparati, altrimenti farai tardi a scuola!”
“S-si mamma! Arrivo!” urlò Mio in risposta alla madre.
Indossò la divisa scolastica in tempo record, e velocemente scese a fare colazione.
Per tutto il tempo non fece altro che pensare a quello strano sogno.
Quando ebbe finito di fare colazione, e in seguito di lavarsi i denti, prese il suo basso, si infilò le scarpe ed uscì di casa.
Oh, ma insomma. Mi sto preoccupando per nulla. E’ stato solo uno stupido sogno, tutto qui. Sai che risate quando lo racconto a Ritsu?
Un sorriso divertito comparve sul suo viso.
Mio camminò da sola per pochi minuti. Ben preso arrivò Ritsu a farle compagnia, con la sua solita euforia e la sua solarità.
Parlarono del più e del meno, Mio ancora non se la sentiva di raccontarle di quel sogno. Non sapeva bene il motivo, ma sentiva che qualcosa la bloccava. Vergogna? Timidezza? Paura?
Paura? Paura di cosa? Mio davvero non capiva, ma sentiva che il suo cuore le impediva di parlare apertamente.
Arrivarono alla fine del marciapiede.
“Né, Mio, c’è qualcosa che non va?”
“E-eh!? No, non c’è nulla che non va. E’ tutto ok.”
“Sicura?” insistette Ritsu, avvicinandosi al suo viso.
Erano ferme aspettando che il semaforo diventasse da rosso, verde.
Più Ritsu s’avvicinava al suo viso, più Mio pregava che quel semaforo si sbrigasse a cambiare colore.
Ma che sta succedendo!? D’un tratto mi sento così … Calda.
“Mio, secondo me hai la febbre.”
Ritsu poggiò la sua fronte contro quella di Mio. La bruna assunse un colore decisamente più roseo in viso.
Ritsu si fermò a guardarla negli occhi. Alla bruna, gli occhi di quella ragazza, non le sembrarono mai così belli come in quel momento. Di un castano così chiaro che sembrava oro. Dolci, gentili, delicati. Sì, delicati. Guardavano lei in modo così delicato, così etereo, che Mio ne fu letteralmente stregata.
Ritsu, dannazione, ma che sta succedendo? Che stai facendo?
“Né, Mio …”
Ritsu…
Il semaforo cambiò colore e Mio tornò in sé tutto d’un tratto.
“R-Ritsu, andiamo!”
Mio staccò la sua fronte da quella di Ritsu e prese a camminare in modo spedito, con lo sguardo piantato sul suolo. Le nocche ancora arrossate.
Ritsu fece lo stesso, anche lei lievemente arrossata.
Arrivarono a scuola pochi minuti dopo, in silenzio.
La giornata scolastica trascorse più o meno velocemente. Tra le battute demenziali di Yui, le stranezze di Mugi e i piccoli litigi comici di Mio e Ritsu.
Mio ancora non riusciva a capire bene, però, che cosa stesse succedendo. Oramai quel momento di tensione ed imbarazzo  che s’era creato tra loro era svanito, sì, però sentiva qualcosa che ancora non andava.
Il suo cuore non andava. Si sentiva inspiegabilmente appesantita; appesantita da un qualcosa che chiedeva di essere liberato. Come quando sei su una mongolfiera che vola alto nel cielo, ma che ad un certo punto inizia a perdere quota, e allora devi liberarti dei carichi inutili.
Quale era questo suo carico inutile? Possibile che quel sogno l’avesse turbata in tal modo? Possibile che richiedeva tutta quella importanza e peso?
Finite le lezioni, tutte iniziarono a prepararsi per recarsi nella stanza del Club di Musica Leggera, ma Mio proprio non se la sentiva.
“Scusatemi ragazze, ma oggi credo proprio che tornerò a casa prima.”
A Yui scappò un quaderno da mano.
“C-cheee!? E perché!?” chiese preoccupata, con la sua solita vocina demenziale.
“Semplicemente non mi sento molto bene, tutto qui.”
Ritsu la guardava in silenzio.
Yui insisteva.
“Mio-chaaan!” si avvicino al suo viso e le toccò la fronte con una mano per vedere se effettivamente avesse la febbre “uhm… A me pare tu stia bene, invece!”
Mio non rispose, lo sguardo rivolto verso il basso.
“E’ il suo cuore a darle dolore.”
Mio spalancò gli occhi. Yui e Mugi si voltarono di scatto, contemporaneamente, verso Ritsu.
Ritsu si avvicinò lentamente a Mio, le prese una mano e poi la trascinò via con sé.
“Mi dispiace, ma oggi dovrete fare a meno anche della batterista.”
“Cooosa!?” le voci di Mugi e Yui si sovrapposero.
“E’ la mia migliore amica, ragazze.” rispose Ritsu con un gran sorriso. “Salutatemi Azusa, mi raccomando.” E infine si congedò.
Ritsu stava portando Mio da qualche parte, ma alla bruna non interessava granché di che posto si trattasse. Il suo sguardo era ancora rivolto verso il suolo, uno sguardo perso nel vuoto dei propri pensieri.
Eccoti qui, Ritsu, che fai ancora una volta quel che ti pare e piace, assumendo quell’aria da leader indiscusso. Quell’aria decisa e allo stesso tempo protettiva.
Che cosa provi davvero tu, Ritsu? Che cosa prova il tuo cuore?
E io? Io che cosa provo? Cos’è che mi tormenta da questa mattina? Quel sogno? E’ quel sogno a tormentarmi? Se è così, perché?
Ritsu, aiutami…

Improvvisamente i suoi pensieri vennero interrotti da uno spettacolo magnifico che già conosceva.
Spiaggia, mare, tramonto.
Non è possibile…
“Adesso ci sediamo qui e tu mi dici cos’è che ti passa per la mente da questa mattina, chiaro?”
Mio aveva gli occhi spalancati. Allora quel sogno era stato una sottospecie di sogno premonitore? Possibile che esistessero cose simili? E adesso? Se fosse accaduto davvero quello che il sogno le aveva riportato, cosa avrebbe dovuto fare? Cosa avrebbe fatto?
No, deve essere solo un’assurda coincidenza. E’ impossibile!
Ritsu si era già seduta sulla sabbia, ammirando quell’ipnotico tramonto, e Mio decise di fare altrettanto.
Non riusciva a tenere a freno l’ansia. Il suo cuore batteva veloce e ogni tanto dei piccoli brividi le percorrevano la schiena. No, non erano brividi di freddo.
“Allora, chi è il fortunato?” attaccò Ritsu, per prima.
“C-che?! Fortunato?”
“Già. Ti sei trovata un ragazzo, no?” proprio come nel suo sogno, Ritsu parlava, ma senza distogliere lo sguardo dal disco rosso sangue che andava a nascondersi dietro l’orizzonte.
“Ma … ma quale ragazzo, Ritsu! Non c’è proprio nessun ragazzo!” il suo sguardo cadde di lato, alla sua destra, piantato sulla sabbia. Le nocche un po’ arrossate.
“Guarda che non devi fare la misteriosa con me, Mio. Sono la tua migliore amica, si oppure no?” questa volta Ritsu si girò verso Mio, la quale era intenta a giocherellare con la sabbia con l’indice della mano destra.
“Certo che sei la mia migliore amica…” lo sguardo ancora piantato sulla sabbia.
“E allora dimmi chi è lo stupido che ha fatto scomparire quei sorrisi sinceri e spontanei dal tuo viso, per un’intera giornata!” Ritsu si alterò.
Prese Mio per una spalla e, facendosi leva sull’altra mano, si portò su di lei. Le gambe di Mio erano tra quelle di Ritsu, mentre il suo viso era oscurato dalla sua ombra.
“Allora? Chi è?!” chiese Ritsu, con voce ancora più alta, scuotendola.
Mio non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua amica. Da quando era diventata così protettiva nei suoi confronti? Da quando si preoccupava così per lei?
“Ritsu…”
“Dimmelo! Voglio saperlo!” gli occhi di Ritsu iniziarono ad ospitare alcune timide lacrime. “Dimmi chi è, lo picchierò io per te!”
Mio non riusciva a muoversi, né tantomeno a parlare. Era come stregata da quella situazione, da quella scena.
Le piaceva. Quella Ritsu così preoccupata, le piaceva. Quella Ritsu così protettiva, le piaceva. Quella Ritsu che stava iniziando a piangere per lei, le piaceva.
Ritsu … Le piaceva?
“Non posso sopportare che tu abbia al tuo fianco qualcuno che ti faccia soffrire, Mio! Non posso sopportare che tu abbia al tuo fianco un ragazzo! Capisci?!”
Mio si sorprendeva sempre più. Iniziò a mancarle il fiato, perché il cuore accelerava sempre più. Per ogni secondo che passava, per ogni parola che Ritsu pronunciava, il suo cuore accelerava sempre di più.
Ritsu…
Le lacrime iniziarono a solcare il viso di Ritsu.
“Io non voglio che tu soffra! E, allo stesso tempo, non voglio che tu mi lasci sola! Io… Io…!”
Questa volta fu Ritsu a sbarrare gli occhi.
Le lacrime continuavano a scendere incessanti sul suo volto, ma forse queste erano lacrime di gioia.
In quel momento fu come se il tempo si fermò di colpo. Tutto il mondo si fermò per loro due. Persino quel grazioso venticello che stava soffiando fino a pochi minuti prima, decise di fermarsi.
Le labbra di Mio erano così morbide, così dolci. Che bello, zucchero filato. Pensò Ritsu. Per lei, le labbra di Mio, erano così dolci che sapevano di zucchero filato. Lo zucchero filato che più desiderava al mondo, lo zucchero filato più speciale del pianeta.
Per Mio, invece, le labbra di Ritsu sapevano di cioccolato. Sì, cioccolato. E’ rinomato che il cioccolato contenga delle sostanze che azzerano quelle sensazioni di tristezza e sconforto nelle persone, e in cambio iniettano loro una certa dose di felicità e benessere.
Per Mio, le labbra di Ritsu, erano quella dose di felicità. Per Mio, la stessa Ritsu, era quella dose di felicità. In quel momento il suo cuore e il suo animo si sentivano felici. Lei stessa, in tutto e per tutto, si sentiva felice, finalmente leggera.
Si staccarono dopo qualche altro minuto, ma solo per il bisogno di riprendere fiato.
Entrambe avevano un po’ d’affanno.
Il tempo tornò a scorrere inesorabile d’improvviso, proprio come s’era fermato per loro due.
“Mio…”
Mio sorrise, asciugando le residue lacrime che s’erano depositate sul viso di Ritsu.
“Ritsu… Sarebbe meglio che tu ti tolga di dosso, questa posizione è alquanto equivoca…” propose Mio divertita.
“S-subito!”
Ritsu divenne paonazza. Le scese subito di dosso e si sedette accanto a lei, proprio come prima, posando la sua mano su quella di Mio.
Alla bruna tornò in mente, ancora una volta, quel sogno. In effetti, adesso non mancava proprio nulla.
La fine del tramonto, la mano di Ritsu sulla sua, il suo basso alla sua destra. Ritsu rivolta nuovamente verso quello spettacolo che stava per giungere al termine.
Sorrise.
“Mio…”
“Ritsu, ti amo.”
Ritsu balzò verso sinistra completamente rossa in viso.
“E-eeeh!?”
“Beh, che c’è? Non era questo quello che volevi dirmi, forse?” Mio fu colta dalla timidezza, lo sguardo nuovamente rivolto verso la sabbia.
Ritsu sorrise, poi si avvicinò a lei. La baciò nuovamente, con dolcezza e delicatezza.
“Si, era questo che volevo dirti. Ti amo.”

  
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