Mi scuso prima di tutto per il ritardo ... ma, beh, è un capitolo niente male. Tante cose succederanno e ... non voglio anticiparvi niente u.u
Inizialmente era un capitolo intero, ma abbiamo preferito dividerlo ... e speriamo che la seconda parte arrivi meno in ritardo xD
Anche se devo dire che una piccola recensione da parte vostra ... aiuterebbe :)
Io e Vale ci
auguriamo che questo capitolo vi piaccia :D
BACI
Missy&Vale
Capitolo XIV
“E mi
avresti detto della cena dell’università
… quando?” chiese Jake.
Mi fissai
allo specchio socchiudendo gli occhi. Alice aveva stile, senza dubbio.
Il top era
azzurro
ed elegante; si abbinava benissimo con i miei occhi e il mio incarnato.
Sotto
avevo dei pantaloni scuri. Sorrisi, anche se non mi sentivo per niente
a mio
agio.
Avevo saputo
della cena tre giorni prima, quando Stella mi aveva praticamente
implorato di
venire. E io, beh, avevo accettato, con la segretissima speranza di
vedere Edward.
L’avevo incontrato solo un paio di volte, e per pochissimo
tempo.
Stavo
impazzendo, e mi ero ricordata di dire della cena a Jacob solo quando
lui
stesso mi aveva chiesto spiegazioni, vedendomi in abito da sera. Sono un genio, sì.
“ Mi
dispiace, Jake” dissi, cercando di sembrare il più
mortificata possibile “me ne
sono completamente dimenticata. E’ solo una piccola
festicciola all’Università,
ok? Niente di che. Farò il prima possibile, non dovrai
pensare a Nessie … “
Mi
fermò con
un sorriso disarmante.
“Bells,
è
tutto ok, sono contento che tu vada a divertirti!”
replicò.
Chiamalo
divertimento. Probabilmente
sarà il solito party dove non conosco nessuno e non posso
fare altro che
rimanere attaccata a Stella o, peggio, al tavolo del buffet. “Sicuro?”
chiesi.
“Certo!
E
poi non ti devi preoccupare per Nessie … non mi
dà certo fastidio. Posso anche
pensare a cosa fare per la sua festa, no?”
“Oh,
già, la
festa. Sì, è una buona idea. “ risposi.
Mi
baciò
sulla guancia.
“Vai a
divertirti.”
Lanciai una
lunga occhiata al mio riflesso. Cercai di sorridere; forse era una
delle prime
volte nella mia vita che recitavo in modo convincente, nonostante
l’agitazione.
Chissà
se
avrei rivisto Edward …
“Contaci.”
dissi.
“Bells,
ti
ho detto che stai benissimo con quel vestito?”
“Questa
è la
quinta volta, Stella.”
La mia amica
rise, scendendo dall’auto. Lei, si che era bella. Indossava
un vestito rosso
scuro, che la fasciava perfettamente e si fermava un po’
sotto le ginocchia; i
capelli ricci erano legati in un’acconciatura elaborata. La
mia pettinatura
consisteva in una chioma castana, lasciata sciolta, e impallidiva al
confronto.
Uscimmo dal
parcheggiò ed entrammo a scuola.
La sala dove
si teneva la festa era probabilmente la più grande
dell’Università: illuminata
e imponente, decorata in modo molto elegante e pacato. Il tavolo del
buffet era
una specie di gioia per gli occhi: dolci, salato, pietanze
dall’aspetto
complicatissimo. Non potei fare a meno di sospirare. Non ero quel tipo
di
persona.
Certo, era
tutto bellissimo, ma non significava niente. Era come se mi trovassi in
una
stanza vuota.
“Tutto
ok,
Bells?” mi chiese Stella.
“Sì”
replicai “tranquilla … E’ tutto
perfetto.”
Sì,
Bella. Come no.
“Oh,
bene. “
tutto a un tratto sembrava stanca.
“Tu
stai
bene, sì?” mormorai.
Stella mi
guardò per un attimo con sguardo vacuo, persa nei suoi
pensieri, poi sembrò
accorgersi che avevo parlato.
“Sto
… sì,
sto benissimo, tranquilla. Anzi, sono contentissima!” sorrise.
Ci
avvicinammo al tavolo del cibo, e lei iniziò subito a
chiacchierare con un
ragazzo moro della sua ex-classe di Architettura; sembrava davvero
contenta, e
la lasciai lì mentre cercavo qualcosa da bere che non mi
uccidesse
immediatamente tramite coma etilico. Quando riuscii ad accaparrarmi un
bicchiere d’acqua mi spostai verso una zona di divanetti.
Qualcuno mi salutò
sorridendo, e cercai di replicare con lo stesso entusiasmo. Non era poi
tanto
male, in fondo … Solo che continuavo a non trovarmi nel
posto giusto per me. O con la persona giusta.
Stella mi
raggiunse raggiante.
“Bells!”
esclamò “C’è qualcuno che ti
sta cercando!”
Edward, pensai, Edward …
Cercai di
chiedere di chi si trattava, quando una bellissima ragazza, vestita
d’oro e con
un delizioso caschetto di capelli neri non mi piombò
addosso, stritolandomi in
un abbraccio troppo forte per la sua esile statura.
“Alice!”
esclamai, quando la vampira ebbe finito di stringermi.
“Bella!
Sono
così contenta di vederti! Dio, dove sono gli altri? Erano
dietro di me un
secondo fa …” sbirciò alle sue spalle.
Stava fingendo di non sapere dove
fossero gli altri, ovviamente, ma la sua felicità era
palpabile.
La presi per
la mano, e lei si voltò verso di me.
“Alice,
sono
felicissima che tu sia qui, ma … come mai? E chi sarebbero
gli altri?”
Mia sorella
acquisita mi sorrise.
“Ovviamente
siamo venuti tutti, no? Io, Jazz, Rose, Carlisle ed Esme …
Un uccellino ci ha
detto che una certa bambina”
abbassò
la voce, così che nessun’altro la
sentisse“avrebbe avuto una festa di qui a
pochi giorni … e volevamo farle una sorpresa!”
“Diciamo
che
ve lo ha detto un lupo, uhm?” mormorai, il tono bassissimo.
La risata
cristallina
della vampira mi accompagnò mentre mi guardavo in giro alla
ricerca del resto
dei Cullen. In quel momento Stella si avvicinò sorridendo.
“Bells,
non
mi presenti?” chiese.
Stavo per
rispondere, quando Alice fece un passo avanti e si presentò
da sola.
“Alice
Cullen, amica di Bella, piacere.”
Guardò
Stella per alcuni secondi, osservando gli occhi, il viso,
l’abito.
La mia amica
sorrise, per poi replicare: “Stella De Curtis, sono una
compagna di università
di Bella.”
Per la prima
volta, mi resi conto di quando Stella e Alice potessero apparire simili
e, al
tempo stesso, diverse: entrambe belle, solari, sorridenti. Eppure Alice
manteneva, in qualche modo, una grazia, una serietà
particolare, mentre Stella
era incredibilmente piena di energia, più passionale ed
emotiva; le avevo
sempre associate tra loro, a causa del rapporto con me, ma non mi ero
mai
soffermata su quei … punti di contatto, fra le due.
“Il
piacere
è mio” disse Alice.
Tutti i Cullen
sono qui
per me e Nessie.
Pensavo a
questo, mentre li abbracciavo uno per uno. Jasper, sorridente
e per niente taciturno o controllato, Rose, fredda ma gentile, Esme,
Emmett, Carlisle.
Quando lo
abbracciai mi strinse la mano, e il contatto,
freddo e gentile, mi fece alzare lo sguardo sui suoi occhi. Dorati,
illuminati
da un autentica felicità. Sorrisi, piacevolmente sorpresa
che fossero così
aperti con me.
Bella, sei parte
della
nostra famiglia.
Quante volte lo
avevano detto? E per quante volte mi ero
convinta che il nostro rapporto fosse per lo più legato a
Edward, o a Renesmee?
Quante volte avevo pensato di non meritarlo? Non potevo smetterla di
sorridere.
I loro visi
avevano le espressioni di qualunque famiglia
normale, una famiglia che avevo sempre desiderato, qualcosa a cui
aggrapparsi
in caso di difficoltà, un faro nella tempesta, una luce nel
buio. Ero
sopraffatta dall’emozione di averli accanto,
perché significava avere qualcosa
che mi riportasse alla realtà.
Come aveva
sempre fatto Edward.
Come Edward non
riusciva più a fare.
Edward.
Scacciai la sua
immagine dalla mente e mi rivolsi ai Cullen.
“Sono
così contenta che siate qui” esclamai
“Davvero”.
“E noi
siamo contenti di essere qui, Bella” replicò Esme,
raggiante. Risaltava nella sala per l’incarnato chiarissimo e
luminoso e per la
bellezza, così incredibile, da farla sembrare giovanissima.
Tutti loro erano
bellissimi, bellissimi ed eterei.
Lontani da
quella festa, lontani da quel mondo. Diversi.
E sono qui per
me.
“Quindi
farete una festa per Renesmee?” chiese Rosalie,
entusiasta “Che bello!”
Annuii.
“Già!
Sarà così felice quando vi vedrà
…”
Mi fermai.
Il tempo
sembrò rallentare, lo spazio attorno a me divenire
vuoto, claustrofobico. I battiti del mio cuore presero a divenire
sempre più
frequenti, trattenei il respiro; non poteva essere, no. Era
impossibile.
Il mondo
sembrò cadermi addosso, un peso insopportabile,
eppure in qualche modo dolce, perché stavo guardando la
persona che amavo, lì,
a pochi metri da me. Non respiravo, non ci riuscivo. Alice mi fissava
preoccupata, e lo sguardo che aveva da quando mi aveva abbracciato,
Stella era
andata via e anche tutti gli altri Cullen erano venuti a salutarmi, era
svanito.
“Bells
…” sussurrò. Doveva aver avuto una
visione, perché non
si era neanche voltata a guardare ciò che io stavo
osservando da almeno un
minuto.
Gli altri Cullen
si voltarono all’unisono.
“Davvero?”
domandò Rosalie, il tono sarcastico ridotto a un
sussurro “Adesso sono amici per la pelle?!”
A pochi metri di
distanza, Jane Volturi ed Edward Cullen
fissarono i loro occhi su di noi.
Ci sono troppi
vampiri
in questa sala, pensai.
Ci vollero pochi
secondi, poi Jane Volturi e i suoi occhi neri
che mi trapassavano da parte a parte scomparvero tra la folla. Mi girai
per
cercarla, ma sembrava davvero sparita. Con un colpo al cuore mi resi
conto che
c’erano altri due Volturi vicino al buffet.
Come era
possibile?
Guardai
preoccupata le persone intorno a me: ragazzi
innocenti. Ragazzi con delle vite. Ragazzi che non sapevano di avere
degli
assassini accanto.
Inaspettatamente,
Esme mi fu al fianco e mi prese per mano.
“Andiamo
a prendere da bere, tesoro, ok?” chiese.
Ero poco
convinta, ma mi resi conto che voleva allontanarmi
da dove i Volturi avrebbero potuti vedermi. La ringrazia e la seguii.
Lei mi
guidò sicura verso un salottino secondario, dove, a un
grosso tavolo, servivano degli analcolici. Presi un bicchier
d’acqua e mandai
giù il tutto come se si fosse trattato di alcool. Dalla sala
principale
giungeva della musica rock davvero poco adatta al mio umore.
Sbirciai gli
altri nella stanza. Studenti. Non
particolarmente belli, o muscolosi.
Gente normale.
Tranne
l’uomo vicino a una delle finestre: fisico scolpito,
capelli biondi, pelle bianchissima. Trasalii quando si voltò
e mostro gli occhi
neri.
Ero
terrorizzata: quello sguardo aveva qualcosa di strano,
anormale. Sembrava capace di ucciderti a tre chilometri di distanza.
Veleno,
veleno puro.
Esme
seguì il mio sguardo e mi strinse forte il braccio.
“Rimani
qui” mormorò.
Dopo qualche
secondo, annuii.
Esme si
avvicinò al vampiro, sorridendo; io stavo tremando.
Lei disse qualcosa, e lui sorrise, beffardo. Poi, con uno scatto quasi
invisibile, il vampiro afferrò il polso di Esme. Trattenei
un grido e feci un
passo avanti.
Non avrei mai
potuto aiutarla se ci fosse stata una lotta, ma
…
Velocissima, la
mano del biondo si ritrasse. Lo fissai
stupita.
Ero stata io?
No.
Perché
il biondo non fissava me, ma qualcuno dietro
di me.
Qualcuno che mi
prese per il polso e mi costrinse a girarmi.
Persi un battito.
Edward.
Il vampiro si
esibì con il mio tanto amato sorriso sghembo.
Lo fissai, estremamente contenta di vederlo, anche se stupefatta. Era
splendido.
Gli occhi verdi
– quegli occhi impossibili – risaltavano trai
suoi lineamenti perfetti, i capelli bronzo, un po’
disordinati, erano più
lunghi di quanto ricordassi. Indossava un completo scuro che metteva in
evidenza il fisico slanciato.
“
Amore …” mormorai.
Lui
sembrò illuminarsi nell’udire la mia voce.
Mi prese per i
fianchi e per pochi secondi mi dimenticai del
mondo intorno a noi, persa nel suo sguardo … poi,
arrossendo, mi voltai verso
Esme, di nuovo preoccupata.
Come avevo fatto
a distrarmi così facilmente?
Ma Esme era
accanto a me, e il vampiro biondo era scomparso.
“La
lascio a te” sussurrò la mia madre adottiva,
lanciando
un’occhiata a mio marito. Lui annuì, sicuro.
“Non ti preoccupare” rispose.
Lei si
allontanò e lui si voltò verso di me.
E quando mi
baciò, tutto il resto –ciò che non era
lui-
sparì.