Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: KayeJ    15/04/2012    1 recensioni
Davide ha 23 anni, un gatto di nome Seunan e un orologio a cipolla sul comodino. E oggi é Oggi. Il suo sogno, il sogno di una vita sta per avverarsi.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Si girava e rigirava nel letto.
Le lenzuola a volte gli sembravano così calde, così fredde, così ruvide, così morbide, così… dannatamente non tranquillizzanti. Inutili.
Dov’era finito il bel senso di sicurezza che offrivano ogni volta che vi si intrufolava da piccolo?
La casa era densa di rumori nonostante fossero solo le cinque e mezza del mattino, come gentilmente gli ricordava l’orologio a cipolla appoggiato al comodino.
Aveva 23 anni, un orologio a cipolla, e quel giorno si sarebbe realizzato il sogno che inseguiva da una vita.
Sorrise fissando il bianco del soffitto, mentre sentiva il corpo tendersi quasi potesse accelerare il tempo, e crescere ancora, per permettere a quell’emozione di gioia che sentiva spandersi nel suo petto di uscire.
Rimase a fissare il soffitto sorridendo ancora per un po’.
Il gocciolio dell’acqua del lavandino in cucina: probabilmente non l’aveva chiuso bene.
Il ronfare rumoroso di Seunan ai suoi piedi: sembrava espandere le vibrazioni del suo piccolo corpicino nell’aria circostante.
Il lieve sbatacchiare delle imposte a causa del vento di Aprile: avrebbe dovuto ripararle, prima o poi.
L’orologio a cipolla, l’unico che possedeva, che ticchettava, allegro e costante al suo fianco: come a volergli ricordare quanti minuti lo separassero dalla felicità.
Non resistette più: quella musica d’appartamento, o per meglio dire “di mansarda”, non gli permetteva di rimanere a letto oltre.
Il ritmo della sua casa si era infiltrato nel suo sangue, costringendolo ad alzarsi, preparare il caffè, aprire le imposte e sorridere al mondo, gridando un muto: “E’ oggi!”.
Si mise a osservare il mondo fuori dalla finestra: era grigio, alle sei del mattino di che altro colore vuoi che sia?
Ma anche il grigio poteva sorridere, perché oggi era “oggi”!
Il gorgogliare della macchinetta del caffè lo costrinse a tornare dentro.
Prendere la tazza sbeccata con il coniglio allucinato che spunta dal lato e versare il caffè all’interno: lasciare che l’aroma si espanda per tutta la stanza e inondi le narici, dopodiché sorseggiare lentamente, sorridendo, se possibile.
Seunan si avvicinò sonnacchioso ai suoi piedi, strusciandosi contro le sue gambe come a richiedere una maggiore attenzione.
Davide si abbassò, per dargli un’amorevole grattatina dietro le orecchie.
“Seunan, è oggi”, sussurrò chiudendo gli occhi felice, posando la guancia sulla testolina del gatto ronzante.
Si sedette per terra, sul freddo pavimento della cucina, osservando da quella prospettiva le cose.
Si trovava in basso. Era proprio al livello del terreno, e le cose sembravano tanto grandi e imponenti da lì. Però era solo l’inizio. Sollevandosi, pian piano, le cose si ridimensionavano, gli oggetti prendevano forme più umane, fino a raggiungere un aspetto banale, rispetto alla sua altezza.
Sorrise: fino a quel momento la sua vita era stata quella, ora che si trovava alla giusta altezza poteva sorridere e dire: “Ecco. Finalmente ci siamo. Da oggi posso guardare tutto in modo diverso.”
Venne però distratto dal fastidioso bussare alla sua porta di qualcuno che ben conosceva.
Sorrise.
 
<< Quante volte ti ho detto che esiste il campanello? >>
<< Quante volte ti ho detto che odio il tuo campanello? >>
Un sorriso. Un altro sorriso. Un’amorevole pacca sulla spalla prima che Marco si butti in cucina al seguito dell’odore di caffè.
<< No, ma prego. >>
<< Figurati. >> il sorriso strafottente di Marco si fece largo sul suo viso mentre prendeva quella che lui definiva la “sua” tazza.
Un sorso e poi uno schiocco appagato.
<< Il tuo caffè è sempre più buono del mio. >> scherzò lui.
<< Meno male allora che sei un barista. >> replicò Davide con un sorriso ironico, mentre scuoteva la bella testa ramata.
Un attimo di buon silenzio. Davide si era nuovamente seduto a terra, accarezzando quasi affettuosamente il pavimento, mentre Seunan si strusciava coccoloso contro Marco.
Il ragazzo si abbassò a dargli una grattatina.
<< Allora? >> chiese a Davide, con occhi scintillanti di attesa.
<< Allora cosa? >> rispose questi, sorridendo soddisfatto come il suo gatto.
<< È oggi? >>
<< Sì, è oggi. >>
<< Niente ripensamenti stavolta? >>
<< No. Questa volta si fa. >> replicò Davide deciso.
Marco sorrise ancora più largamente a questa frase.
<< E allora perché sei ancora qua? Vestiti! >> esclamò questi con forza, subito prima di bere un altro sorso di caffè.
 Tornò in cucina con ancora mezza maglietta non infilata, e un braccio che spuntava dal buco per la testa.
<< Ma Luna dov’è? >> chiese leggermente spaesato.
<< La tua cara donna, già ci aspetta là. Quindi se ti dai una mossa, magari la raggiungiamo. >> ridacchiò guardando l’amico imbranato.
Una bella linguaccia e Davide era pronto, mentre saltellante infilava le scarpe.
<< Oh, dodici anni che ti conosco e ancora fai di queste scene. >> sghignazzò Marco, saltando giù dal tavolo dove si era seduto, mentre aspettava l’amico.
Uscendo di casa, Davide dette un’ultima occhiata al proprio appartamento.
Al ritorno lo avrebbe guardato di sicuro con occhi diversi.
 
Marco guidava. Davide non aveva mai preso la patente. Semplicemente non aveva interesse a guidare: se esistevano le bici, i mezzi pubblici e i treni, guidare era inutile secondo lui.
Guidare non ti permette poi di guardare fuori dal finestrino. Devi stare attento alla strada se guidi, non puoi guardarti attorno.
Si guardava attorno trepidante, quasi aspettasse nel paesaggio circostante –lo stesso di sempre- che spuntasse fuori qualcosa di insolito.
“Dammi un segno, un indizio, un qualcosa! Giusto per capire se ce la faremo o meno…” pregò fra sé e sé.
Parcheggiando davanti alla serranda chiusa si guardò attorno titubante: perché sembrava tutto così normale?
<< Lunaaaaaa! >> chiamò Marco senza alcun rispetto per l’assurdo orario.
<< Idiota! >> gli rispose una voce dall’alto, buttando giù uno straccio dal balconcino del primo piano << Ma lo sai che ore sono?  Qua la gente dorme ancora! >> aggiunse poi ridacchiando ironica.
<< Come se te ne importasse qualcosa. >> insinuò lui malizioso con un sorriso strafottente.
Luna guardò Davide con un sorriso più dolce, lasciando perdere l’altro ragazzo: << Tieni! Al volo! >> fece all’improvviso, lasciando cadere un mazzo di chiavi dal balconcino.
Le prese al volo.
<< Arriviamo subito. >>
Davide sorrise.
 
Portoncino cigolante. Scale che salgono e scendono. Tutto è buio, perché l’interruttore non sa ancora dov’è, ma presto lo imparerà. Hanno cercato di far sparire quell’odore insistente di muffa in tutti i modi: sono tre giorni che puliscono incessantemente e Luna stamattina è andata lì presto apposta per dare un’ultima passata, sperando che l’odore di detersivo coprisse un po’ quello di aria stantia, ma il risultato è stato di “muffa pulita” come poteva allegramente constatare.
Ma non importava ora. Era arrivato il momento che più gli importava, quello che più avrebbero apprezzato tutti quanti.
Lui e Luna continuavano a portare su tutti gli scatoloni che avevano abilmente stipato nel sottoscala, uno alla volta, mentre Marco cominciava a prendere possesso del suo bancone.
Si guardò attorno soddisfatto una volta all’interno di quelle stanze: gli scaffali erano tutti vuoti, in attesa di essere riempiti, i puff che avevano comprato qualche settimana prima all’Ikea con i tavolini bassi erano sparsi giocosamente a casaccio, rendendo l’ambiente caotico e confortevole.
Sensazione che aumentò quando scoprirono che gli scaffali non bastavano per i libri che avevano con loro, e quindi dovettero cominciare ad impilarli a torre un po’ ovunque.
Ormai la fresca luce primaverile filtrava attraverso le finestre, spalancate da un eterno Marco con le scalmane.
Dopo una mezz’oretta arrivò anche Cassandra, accompagnata dall’inconfondibile profumo di muffin, cupcakes e altri dolci appena sfornati.
Ridacchiando lo ammonì subito dopo averli sistemati nella vetrinetta: << Tieni le mani a posto! Questi non sono per te! >>
Luna rise con lei, mentre sistemava gli ultimi libri.
Davide adorava la sua risata: spontanea e cristallina.
Era stata lei ad averlo convinto a buttarsi in quell’avventura: perché continuare a considerarlo un sogno?
Certo sarebbe stato faticoso, ma perché non provarci?
E poi aveva quella risata così bella, come si poteva dirle di no? Era un invito a tentare la sorte e a mettersi in gioco.
E si erano messi in gioco tutti. Marco, Luna, Cassandra, lui… non c’erano state esitazioni, ma tanto entusiasmo.
Ci avevano fantasticato sopra per anni, mesi, giorni, e ora, pochi minuti e avrebbero aperto.
Non sapeva come gli fosse venuta l’idea della libreria con caffetteria all’interno, ma era geniale secondo loro.
La bella sensazione di sedersi su qualcosa di morbido, in un posto confortevole, davanti una tazza di tè e un dolce, in mano un buon libro tutto da scoprire.
Gli piaceva un sacco. Aveva letto così tanto nella sua vita, che per stilare la propria lista di libri aveva impiegato svariato tempo: ogni volta saltava fuori qualcosa di nuovo.
Perché l’unico vincolo che si erano posti era quello: vendere solo libri che avevano letto e che consideravano validi. La delusione che spesso gli era capitato di provare quando chiedevano magari ad un libraio cosa ne pensasse di un certo libro, e questi cominciava a boccheggiare spiazzato… assolutamente non volevano essere così.
E mentre guardava la folla che passava dalla vetrinetta sulla strada sorrise.
L’inaugurazione era stata fissata per il primo pomeriggio, ma avevano deciso di aprire prima, per curiosità nel vedere chi sarebbe potuto entrare.
C’erano diverse persone che si fermavano a guardare la loro colorata vetrina: un’idea di Luna l’aveva riempita di libri semi-aperti, dolcetti colorati, caramelle e frasi di autori famosi.
Quando il primo cliente entrò lo guardò attentamente.
Luna lo accolse con un sorriso affabile, e amabilmente lo condusse verso gli scaffali.
Ascoltava distrattamente ciò che si dicevano, cosa lei gli stesse consigliando, ma non appena lo vide sorridere sentì una grande calma entrare in lui.
Non si era nemmeno accorto di essere rimasto in tensione fino a quel momento: forse la paura di fare veramente fiasco, che aveva cercato di nascondere a se stesso con tutta la sua buona volontà, se ne era finalmente andata.
Si concesse un grosso sospiro e più leggero andò a spalancare la porta di ingresso e a sedersi sul gradino dell’entrata.

Il mondo era più luminoso, la primavera si estendeva placida e carica di promesse.
Era una bella giornata.
 
 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: KayeJ