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Autore: rosie__posie    18/04/2012    3 recensioni
-Che cos’è quella roba?
-Quale roba?
-Quella cosa che hai in mano.
-Questo? È un barattolo di gelato.
-Ge-la-to?
-Esatto, gelato. Hai presente quel dolce fresco, a base di latte, che piace tanto ai bambini e che fa tanto bene a chi è affetto da tonsillite? Gelato!
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Che cos’è quella roba?
 
-Quale roba?
 
-Quella cosa che hai in mano.
 
Sherlock fa un cenno stanco con la mano, indicando presumibilmente ciò che John tiene tra le sue mani. È sdraiato sul divano; anzi, è meglio dire totalmente sprofondato nel divano, lasciandosi inglobare dalla pelle scura. Indossa il pigiama e la solita vestaglia blu. Sono quasi le nove di sera di una fresca e piovosa giornata di fine aprile. In lontananza, riesce a sentire il traffico di Londra che non si è ancora addormentato del tutto. E, cosa ancor più importante, si annoia.
 
-Questo? È un barattolo di gelato-, risponde John, affondando un cucchiaino nel cilindro di cartone di colore beige. L’ha appena tolto dal freezer e, per essere onesti, le sue mani rischiano di congelarsi al suo contatto. Gelato di nome e di fatto.
 
-Ge-la-to?-, ripete Sherlock, scandendo le sillabe e usando un tono lievemente inorridito.
 
-Esatto, gelato. Hai presente quel dolce fresco, a base di latte, che piace tanto ai bambini e che fa tanto bene a chi è affetto da tonsillite? Gelato!
 
Sherlock, non sa nemmeno lui stesso come, trova la forza di tirare su la schiena e di mettersi a sedere. Appoggia i gomiti alle ginocchia e osserva attentamente John negli occhi.
 
-Ti è venuta la tonsillite, per caso?
 
-No-, risponde secco John, che non ha molta voglia di starsene lì a discutere della sua voglia di mangiare gelato.
 
-E allora perché ti abbuffi di gelato in una giornata come questa?-, gli chiede, arricciando il naso, disgustato.
 
John si stringe nelle spalle.
 
-Perché mi è venuta semplicemente voglia-, risponde, con la bocca piena. Si passa un paio di volte il cucchiaino sulla lingua. Forse per essere certo di non perdere nemmeno la più piccola goccia di gelato. Oppure per irritare di più Sherlock. O, meglio, per provocarlo.
 
Sherlock osserva con attenzione ogni suo movimento, ma rimane in silenzio, per non dargli alcuna soddisfazione. Rimangono a fissarsi per alcuni secondi, senza aggiungere altro. John che continua imperterrito a mangiare il suo gelato, tenendo gli occhi fissi in quelli di Sherlock. Sherlock che sostiene risolutamente quello sguardo, senza fare nient’altro. Le immagini del televisore acceso, sintonizzato su History Channel, si riflettono sui vetri delle finestre, quasi come ballando al ritmo della pioggia incessante.
 
-Fai come vuoi-, borbotta Sherlock, spezzando quel silenzio e reclinandosi di nuovo sul divano.
 
-Certo che faccio quello che voglio.
 
John sparisce in cucina e si ritrova a sperare, nonostante il tempo inclemente, che un nuovo caso faccia la sua apparizione dal nulla per placare la spietata noia mortale in cui versa il suo compagno di avventure. E non solamente poliziesche.
 
-Ne vuoi anche tu?-, grida John dalla cucina.
 
-Neanche per idea-, risponde Sherlock, incrociando le braccia e rivolgendo lo sguardo al televisore, senza tuttavia prestare molta attenzione a quello che sta trasmettendo in quel momento.
 
Cinque minuti più tardi, John riappare con una coppetta piena di gelato e un cucchiaio più grande del precedente. Si siede sul divano accanto a Sherlock e distende le gambe con un sospiro di stanchezza.
 
Sherlock osserva prima lui, poi la coppetta e infine di nuovo John.
 
-Che fine ha fatto il barattolino?
 
-Così almeno sono sicuro di non farmelo fuori tutto.
 
Sherlock scuote la testa e torna a fissare distrattamente il televisore.
 
-Crema… che gusto noioso e banale.
 
-Abbiamo anche dell’altro, in freezer. E non mi riferisco ai tuoi pollici…
 
-Del tipo?
 
-Del tipo cioccolato. Triplo cioccolato, per l’esattezza. Bianco, al latte e fondente.
 
Alla parola fondente, Sherlock si volta interessato verso John.
 
-Ricoperto di scaglie di cioccolato bianco…-, aggiunge, sorridendo leggermente e passandosi di nuovo il cucchiaio sulla lingua, lentamente. –Ho catturato il tuo interesse, ora?
 
Sherlock annuisce restio, quasi come non volendo ammettere di essere attratto da futilità gastronomiche come il gelato. O, meglio, dagli erotici movimenti della lingua di John.
 
-Magari potrei assaggiarlo… Ma solo perché il cioccolato è ricco di proprietà terapeutiche.
 
-Certo, certo. Tiene sotto controllo la pressione, riduce il rischio di trombosi, aumenta il flusso di sangue a pelle e cervello… Come no?-, commenta ironico John, alzandosi per andare in cucina a prendere il gelato per Sherlock, dopo aver riposto la sua coppetta sul tavolino. Pretendere che il detective si alzi e si serva da solo è ovviamente fuori discussione.
 
-Non dimenticare che aiuta il Dna a esprimersi meglio!-, puntualizza Sherlock, sporgendosi in avanti e alzando la voce, mentre John sparisce al di là dell’arco che conduce in cucina. Poi, si ributta nuovamente all’indietro, aprendo entrambe le braccia e distendendole sulla spalliera del divano.
 
History Channel sta trasmettendo una sorta di documentario su Londra.
 
-Porta pure tutto il barattolino-, grida Sherlock. –Se ci metti così tanto a cercare una coppetta, faccio tempo a cambiare idea.
 
Dannata pioggia, quando smetterai?, pensa John di là in cucina. E dire che pioggia e nebbia dovrebbero essere preziosi alleati dell’illegalità, ma, invece, neanche il benché minimo atto criminale è stato avvistato all’orizzonte.
 
John apre e chiude invano un paio di sportelli prima di decidere di seguire il consiglio di Sherlock e tornare in salotto in compagnia dell’intero barattolino e di un secondo cucchiaino.
 
-Oh, bene, finalmente! Pensavo fossi andato al supermercato a prenderlo-, borbotta Sherlock, sporgendosi in avanti per l’ennesima volta e allungando le mani per prendere barattolino e cucchiaio.
 
-Un grazie sarebbe per lo meno gradito!-, si lamenta John, ma senza troppa convinzione, prima di riprendere il suo posto sul divano e la coppetta dal tavolino.
 
Tre minuti dopo, John ha ripulito la sua coppetta e la appoggia sul tavolino, mentre Sherlock è ancora alla seconda cucchiaiata, la mano sospesa a metà strada tra il barattolino e la bocca, gli occhi fissi sullo schermo di fronte a loro.
 
-Si scioglierà tutto, se non ti spicci.
 
-Dobbiamo proprio guardare questo programma?
 
-Che cos’ha che non va?
 
-È incredibilmente noioso e lento…
 
Quante volte ha già usato quella parola, noioso, questa sera? John ha ormai perso il conto.
 
-Cripte misteriose, bunker inespugnabili, acquedotti romani e l’ufficio a prova di bomba di Churchill. Non definirei noioso il sottosuolo di Londra.
 
-Banalità!
 
-E perché allora non riesci a staccare lo sguardo dallo schermo?
 
-Non è vero che non riesco a staccare lo sguardo dallo schermo.
 
-E invece sì.
 
-E invece no.
 
Sherlock volta lentamente il capo e fissa i suoi occhi in quelli di John.
 
-E invece no-, ripete.
 
John si morde il labbro inferiore, trattenendosi a stento dal replicare. Certe volte avrebbe voglia di prenderlo a schiaffi. Anche solo un piccolissimo schiaffo leggero leggero, per non ferire in alcun modo quegli zigomi tanto delicati quanto da lui amati.
 
-Il gelato sta iniziando a sciogliersi-, replica invece, sorridendo leggermente. John allunga una mano e, con l’indice, raccoglie una piccola macchia di gelato che si è depositata sul dorso della mano destra di Sherlock.
 
-Detesto dire te l’avevo detto-, ridacchia John, portandosi l’indice alla bocca e leccandolo.
 
-Per fortuna, sono più uniche che rare le situazioni in cui sei costretto a dirlo-, ribatte l’altro.
 
Sherlock torna a fissare il televisore e riprende a mangiare il suo gelato, questa volta con più convinzione.
 
-E, comunque, lo sai che ti detesto quando fai quel gesto lì.
 
-Quale gesto?
 
Senza voltarsi, Sherlock gli punta addosso il cucchiaino, indicando un paio di volte le sue labbra.
 
-Quello che hai appena fatto con l’indice e la lingua.
 
-Vuoi dire che mi adori, invece-, sogghigna John, malizioso.
 
Sherlock non conferma e non nega, ma increspa leggermente un angolo della bocca, in quella che è la sua massima espressione di sorriso.
 
Per qualche minuto, nessuno di loro aggiunge altro, intenti a seguire il presentatore di Città segrete nel buio e umido sottosuolo di Londra.
 
-Che cosa c’è dopo?
 
-Un’altra puntata, credo…
 
-Ridotto a mangiare gelato e a guardare la TV-, bofonchia. –Mi sembra di essere finito in una sit-com americana di terz'ordine…
 
Sherlock sospira con impazienza, ripone il cucchiaino dentro il barattolino e, con un gesto deciso e sicuro che sorprende John, si sdraia accanto a lui, ruota leggermente le spalle e appoggia il capo dalla folta chioma scura e riccioluta nel suo grembo.
 
Di riflesso, John allarga le braccia per fargli spazio, osservando Sherlock mentre si gira prima a sinistra e poi a destra, per sistemarsi meglio in quella culla stretta, ma accogliente che è il suo grembo. Prova un leggero sussulto al cuore, misto a tenera confusione, mentre con lo sguardo accarezza il deciso profilo di Sherlock. Si sta ancora abituando a vedersi come una coppia, ma è in momenti come questi che crede che non ci vorrà poi molto, dopotutto.
 
Il presentatore Don Wildman e le meraviglie sotterranee di Londra hanno improvvisamente perduto tutto il loro interesse agli occhi di John, che desidera assorbire con tutti i suoi sensi le sensazioni di uno Sherlock quasi completamente rilassato contro il suo corpo. Alza lo sguardo, si guarda intorno, poi torna a posare nuovamente gli occhi su di lui. Quasi come a volersi convincere che è reale, che sta davvero succedendo tutto questo nel suo appartamento. Il loro appartamento.
 
-Hai ragione. In effetti, se guardi fuori dalla finestra, ti sembra di essere in California…
 
Per un attimo, John riesce a staccare il cervello dalle sue emozioni, giusto quel tanto basta per canzonare il suo amico. Il suo compagno. Come è strano pensare a Sherlock in questi termini…
 
-Ah, ah, ah. Quanto sei divertente!-, commenta Sherlock, imponendosi di non arrabbiarsi. Può sentire che John sta sorridendo. –E smetti di far andare così velocemente il tuo cervello. Non riesco a rilassarmi.
 
Sherlock ha deciso di ripagarlo con la stessa moneta.
 
-Non sto facendo niente, io-, protesta John.
 
-Sì, invece. Stai pensando. A noi due. E quando pensi a noi due, il tuo cervello fa troppo rumore, perché non è abituato.
 
John sente che la sua pelle sta arrossendo. Non sa bene se prenderla come un complimento o una critica, ma propende verso la prima spiegazione.
 
-E io non riesco a rilassarmi-, conclude Sherlock, pacatamente.
 
-OK, va bene, smetto di pensare a noi due. Contento?
 
-Grazie.
 
Sherlock si lascia andare con soddisfazione a un mezzo sorriso. Ritiene di aver probabilmente "rotto abbastanza le scatole" al dottore e forse adesso può smetterla di prenderlo in giro.
 
-E, per inciso, è tempo che ti abitui alla situazione, John.
 
-Quale situazione?
 
-Di relazione sentimentale di recente instaurazione. Non è così difficile. E non è così male.
 
Le gote di John tornano a imporporarsi. Questo è decisamente un complimento. Uno di quelli da annotare sul calendario perché difficilmente ne si può ricevere un altro a breve. O nei prossimi sei/otto mesi.
 
Tra loro, cade di nuovo il silenzio, ma è un silenzio positivo, rilassante, appagante. A entrambi piace il silenzio, quasi come se fosse un collegamento spirituale tra le loro anime, una sorta di abbraccio di conforto in mezzo ai "rumori" della vita. O, più semplicemente, un'ennesima dimostrazione di intimità.
 
Solo pochi minuti dopo, John sente che il respiro di Sherlock si è fatto più lento e regolare. Allunga leggermente il capo in avanti e abbassa lo sguardo. Sherlock si è addormentato, il volto inclinato e appoggiato contro una coscia di John, il barattolino di gelato ancora tra le mani.
 
Con movimenti lenti e delicati, sfila barattolo e cucchiaio dalle sue mani. Si sporge leggermente in avanti, con altrettanta delicatezza e lentezza, per appoggiarli sul tavolino.
 
Sherlock emette un leggero mugugno nel sonno e John si morde il labbro inferiore, temendo di averlo svegliato. Si blocca a metà tra il tavolino e la spalliera del divano, in ascolto. Sherlock continua il suo riposo, placido e rilassato. Allora, John torna a reclinare la schiena, sollevato.
 
Il suo sguardo si posa di nuovo sull'amico, rilassato nel suo grembo. Fa davvero fatica a chiamarlo in altro modo. Compagno? Amante? È sufficiente solo il suono di quest'ultima parola nella sua mente a mandarlo in panico. Ma si tratta di un panico piacevole, dopotutto.
 
Solleva una mano e la affonda tra i riccioli scuri di Sherlock, trovandoli piacevoli al tatto. Gli accarezza la cute con delicatezza, scendendo fino alle tempie e, da lì, alla guancia. Si ritrova a pregare il Signore che Sherlock rimanga così, addormentato e tranquillo nel suo grembo, fino al mattino seguente. Vuole godersi ogni attimo di quella sensazione. Scende ancora con la mano e, con il pollice, traccia con tenerezza il contorno di quelle labbra a forma di cuore che tanto ama, ritrovandosi a pensare che, in fin dei conti, il suo grembo sembra essere stato appositamente scolpito affinché Sherlock potesse affondarci il capo. Non si tratta di uomini, non si è mai trattato di loro. È solo Sherlock. È stato solo lui e sempre lo sarà.
 
Con aria distratta, lancia uno sguardo al gelato sul tavolino. Non c'è modo di impedire che si sciogli, ma va bene così. Domani andrà a comprarne un altro al supermercato. Magari riuscirà persino a trascinarci Sherlock. Sorride all'improbabilità di quella eventualità.
 
Relazione sentimentale di recente instaurazione: gli piace come suona.
 
 
 
 
   
 
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