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Autore: JustALittleLie    19/04/2012    11 recensioni
Li avevamo lasciati lì.
Lui era tornato a Los Angeles, lei era su un aereo per Madrid.
Lontani per sempre, divisi da un destino che li ha fatti incontrare, li ha fatti innamorare e poi, li ha separati.
E se ora il destino volesse ripagarli di tutto questo?
Ronnie verrà ricatapultata improvvisamente nella sua vecchia vita a Los Angeles, dove la aspettano le sue amiche e lui, dove potrebbe riavere la sua vita.
Ma, si sa, nella vita nulla è così semplice.
Sequel "Let me under your skin"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'There's a fine line between love and hate'
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A tutte voi,

con l’augurio che un giorno

troviate un Nick tutto per voi.

 

 

-non puoi capire Ron, qui ci sono quaranta gradi all’ombra-

Ronnie si allacciò la scarpa sinistra prima di alzarsi e, con uno sbuffo, fissare il cielo grigio fuori dalla finestra della sua stanza.

-non sai quanto ti invidio-

-oh, ma per favore!- sbottò Kate dall’altro capo del telefono –sei a Londra, col tuo principe azzurro, cosa vuoi di più dalla vita?-

Sorrise, mentre dietro di se sentiva la porta aprirsi e vide Nick fare capolino sorridendole. Gli fece cenno di aspettare per poi cominciare a cercare nel piccolo armadio una felpa leggera.

-non mi pare che a te sia andata peggio, però- scherzò

-Kate, dov’è la crema solare?- sentì la voce di Joe in lontananza e lo sbuffò sonoro di Kate a seguito.

-oh certo, fare da baby sitter a Joe è molto divertente-

Ronnie ridacchiò mentre due mani si poggiavano sui suoi fianchi e sentiva l’odore di Nick vicino.

-ma siete alle Hawaii- ribatté flebilmente, distratta dal movimento delle mani calde del ragazzo che facevano su e giù sui suoi fianchi

-magra consolazione- ridacchiò lei prima che la voce di Joe le raggiungesse nuovamente

-scusami Ron- sospirò la ragazza con fare affranto –il bambino ha bisogno di me-

Ronnie avrebbe sicuramente riso se non avesse sentito improvvisamente le labbra di Nick posarsi dietro la sua nuca ed il suo respiro caldo insinuarsi tra i capelli.

-salutami Nick- aggiunse Kate

-ti saluta anche lui- ansimò quasi quando lui le morse leggermente la base del collo e lo sentì sorridere con le labbra schiacciate contro la sua pelle

Dopo aver agganciato il telefono si voltò ritrovandosi gli occhi di Nick ed il suo sorriso dolce a pochi centimetri dal suo viso.

-che c’è?- chiese con l’espressione innocente di un bambino, quando la vide accigliarsi

-stavo parlando a telefono- finse di tenere il broncio e l’unico risultato che ottenne fu quello di ingrandire il sorriso sulle labbra del ragazzo

-avevo notato-

-e tu mi stavi distraendo- gli puntò l’indice contro il petto

-non era mia intenzione- sussurrò mentre una mano si infilava tra i suoi capelli e l’altra si posizionava strategicamente dietro la schiena per poterla attirare più vicino a se

-sei un bugiardo- sussurrò mentre le labbra del ragazzo tornavano a prendere il loro posto sul suo collo

-ma mi ami- le sussurrò all’orecchio facendola rabbrividire

Sorrise prima di spingerlo leggermente per allontanarlo da lei con un’espressione confusa e di disappunto.

-forse, ma questo non influirà sul fatto che voglio andare a fare una passeggiata- vide Nick curvare le labbra verso il basso e non riuscì più a trattenersi, scoppiando a ridere.

-ma non possiamo uscire con questo tempaccio!- tentò di ribattere lui facendole gli occhi dolci

Ronnie scosse la testa energicamente, ancora col sorriso sulle labbra –siamo qui a Londra per la prima volta non per lavoro, solo noi due, non saranno certo due nuvole a rovinarci la vacanza-

Era stato davvero difficile tra gli impegni di entrambi trovare un po’ di giorni liberi per stare insieme, lontano dallo sciame di fotografi che gli ronzavano insieme. Nonostante ormai i due facessero coppia fissa da più di tre anni i fotografi non parevano aver perso l’interesse per i due, seguendoli ovunque. Ora quasi le sembrava un sogno poter uscire di casa senza essere accecata dai flash e di sicuro non si sarebbe lasciata sfuggire quell’occasione.

-ma possiamo spendere un po’ di vacanza anche qui dentro- Nick le si avvicinò con sguardo furbo ma Ronnie gli mise una mano sul petto, bloccandolo, mentre sorrideva divertita.

-niente da fare Nick, noi due ora usciamo- e lo vide mettere di nuovo il broncio.

-e va bene- si arrese alzando le mani –vado un attimo al bagno e poi possiamo andare dove vuoi, ti dispiacerebbe prendermi la giacca intanto?-

-certo, ma tu sbrigati- sentì la porta del bagno chiudersi e si voltò nuovamente verso l’armadio, questa volta alla ricerca della giacca del ragazzo.

Non fu difficile trovarla tra le poche cose appese alle grucce, ma quando afferrò la giacca sentì qualcosa cadere con un tonfo. Sospirò e dopo aver poggiato la giacca sul letto si accovacciò tastando con le mani la base dell’armadio alla ricerca di qualunque cosa fosse caduta.

Stava quasi per abbandonare le ricerche quando trovò qualcosa di più piccolo del palmo della sua mano e soffice come un albicocca. Quando tirò indietro la mano per scoprire l’entità dell’oggetto, ne rimase sconvolta, trattenendo il fiato.

Rimase inginocchiata, con gli occhi spalancati, a fissare quella scatolina quadrata vellutata di blu, sperando con tutto il suo cuore che non fosse quello che temeva.

-oh mio Dio- rantolò mentre si sentiva avvampare

Non doveva essere per forza quello che pensava. In quella scatolina potevano entrarci una marea di cose: una collana, un bracciale, un paio di orecchini.

La fissò per istanti interminabili, sperando che sparisse, ma ovviamente rimase ferma lì, al centro della sua mano.

Cosa doveva fare? Doveva rimetterla nella giacca e fingere di non aver visto niente? Doveva aprirla?

Si alzò di scatto afferrando la giacca di Nick, convinta che la cosa giusta da fare fosse quella di posare quella scatolina e far finta di niente, ma ad un centimetro dalla tasca interna si fermò.

E se dentro quella scatolina ci fosse stato proprio quello che lei temeva? In quel caso sarebbe stato meglio per lei saperlo prima, in modo da assimilare la cosa.

Con uno sbuffo abbandonò nuovamente la giacca sul letto e si avvicinò alla finestra accarezzando con l’indice la stoffa vellutata. Chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e con uno scatto aprì l’astuccio.

 

 

 

 

 

Ronnie era strana e Nick non riusciva a capire il perché.

Eppure le era sembrata così serena ed entusiasta quando gli aveva proposto di andare in giro, poi era tornato in stanza e l’aveva trovata accanto alla finestra con un’espressione indecifrabile. Le aveva chiesto se fosse tutto ok e lei aveva annuito in risposta, con un mezzo sorriso forzato.

Si voltò di poco verso di lei, che col cappuccio alzato quasi fino agli occhi, continuava a camminare in silenzio, a testa bassa. Allungò una mano, fino a stringere la sua, ghiacciata, e la sentì rabbrividire.

-senti freddo?- le chiese

-no, sto bene- rispose a bassa voce

Arrivarono alla fine della strada in silenzio, lei persa nei suoi pensieri, lui che continuava a tormentarsi chiedendosi se avesse per caso fatto qualcosa di sbagliato.

-dove ti va di andare?- Ronnie, fino ad allora assente, a quella domanda parve riscuotersi un po’

-vorrei fare una passeggiata sul tower bridge, se ti va- il tono era ancora strano

-certo-

Era arrabbiata per qualcosa, era evidente. D'altronde non era la prima volta che si chiudeva in un ermetico silenzio quando qualcosa non le andava giù invece di parlarne con lui e questo, a sua volta, lo innervosiva parecchio.

Ogni volta che lui faceva qualcosa di sbagliato o che la facesse in qualche modo innervosire lei preferiva tacere piuttosto che dirgli apertamente cosa avesse fatto di sbagliato, facendolo scervellare per ore cercando di focalizzare il momento esatto in cui avesse fatto qualcosa che avrebbe potuto darle fastidio. E questo era stressante.

Dopo tre anni però, ormai aveva capito qual’erano le cose che non andavano bene, ma nonostante avesse ripercorso mentalmente tutte le sue azioni fino a quel momento non ne aveva trovata nessuna inadeguata. Infondo era solo andato in bagno, non pensava che quello avesse potuto incidere negativamente sull’umore della ragazza.

Passeggiarono sul ponte fino a metà altezza, poi lei gli fece cenno di fermarsi, poggiandosi con le braccia incrociate alla ringhiera di ferro freddo, fissando il Tamigi sotto di lei.

-va bene Ron, cosa c’è che non va?- in casi come quelli l’unico modo di farla parlare era tirarle le parole di bocca, Nick ormai lo sapeva.

La ragazza continuò a fissare sotto di lei, senza dare alcun segno di aver sentito.

-da quanto stiamo insieme?- gli rispose con un’altra domanda, del tutto differente, del tutto priva di senso. Lo sapeva benissimo da quanto stavano insieme.

-il prossimo mese sono tre anni- sussurrò, pronto a catturare sul suo viso qualsiasi espressione che potesse aiutarlo a capire cosa non andava

Ronnie sospirò, socchiudendo di poco gli occhi –e cosa faremo, tra qualche anno?-

-cosa intendi dire?- si accigliò, per niente sicuro di dove la ragazza volesse andare a parare.

-cosa vuoi da me, Nick?- gli chiese voltandosi verso di lui

-niente di più o di meno di quello che abbiamo ora- le sussurrò e vide Ronnie sorriderle per un istante, per poi rabbuiarsi nuovamente, mentre infilava una mano nell’ampia tasca della sua felpa.

-ne sei sicuro?- col palmo aperto allungò verso di lui una scatolina blu, una scatolina che lui conosceva a memoria dopo tutte le volte che era rimasto da solo a fissarla, incerto sul da farsi.

-dove l’hai presa?- fissò gli occhi sull’oggetto tra le sue mani

-è caduta dalla tua giacca-

Nick si tastò la tasca, come se solo in quel momento avesse ricordato di averci messo la scatolina dentro. E l’aveva messa lì per un preciso motivo.

Ricordava benissimo il giorno in cui l’aveva comprato.

Era a New York per lavoro e ne aveva approfittato per fermarsi per un paio di giorni da Joe, che ormai viveva lì con Kate da quasi due anni e mezzo. I due, per ricordare i vecchi tempi, avevano deciso di alzarsi ad un orario improponibile, per andare a fare una corsa in central park. Verso le nove del mattino i due, stanchi e accaldati, avevano deciso di fare ritorno a casa percorrendo a ritroso la strada osservando i commercianti in procinto di alzare le serrande dei loro negozi e cominciare una nuova giornata lavorativa.

Non seppe dirsi perché l’occhio gli cadde proprio lì, ne cosa lo spinse ad avvicinarsi a quella vetrina piena di oggetti luccicanti.

-tesoro, vuoi farti un regalo?- l’aveva preso in giro Joe accennando ad una collana in oro giallo davvero poco sobria, ma gli occhi di Nick erano fermi su un punto preciso, un punto dove un oggetto ben più piccolo risplendeva ancora di più ai suoi occhi nella sua semplice particolarità. Quell’anello gli ricordava Ronnie.

-devo comprarlo- sussurrò in trance trascinandosi dietro un Joe attonito

Joe non gli aveva fatto domande quando erano usciti dal negozio con un solitario e Nick gliene fu grato perché, in quel momento, nemmeno lui capiva il perché di quell’acquisto così impulsivo e tutt’altro che ordinario.

Nel momento in cui l’aveva comprato, Nick non aveva intenzione di dichiararsi, o almeno così pensava, ma durante le settimana successive, ogni volta che incappava in quella scatolina si fermava a fissarla, chiedendosi cosa l’avesse spinto a comprarla, ma alla fine si rese conto che la risposta era più semplice ed ovvia di quel che pensava: voleva sposarla.

Si portava quell’anello dietro ormai da mesi, terrorizzato, perché sapeva quello che Ronnie pensava riguardo al matrimonio e non era pronto a ricevere un “no” come risposta, non lo sarebbe mai stato. Ma sapeva che prima o poi avrebbe osato la sua proposta, non poteva vivere col rimorso di non averle detto cosa voleva veramente.

Sperava che, trovando il momento giusto, la risposta della ragazza non sarebbe stata negativa. Quale momento migliore di un romantico viaggio a Londra, solo per loro due?

-l’hai aperta?- sussurrò prendendo la scatolina che gli stava porgendo

Ronnie annuì e Nick abbassò lo sguardo stringendo con forza la mano attorno alla superficie vellutata.

Non era così che doveva andare, non era così che aveva immaginato quel momento, lui non doveva essere così nervoso e lei non doveva avere quello sguardo dispiaciuto, consapevole che stesse per ferirlo.

-è quello che penso?- le sentì sussurrare dopo interminabili minuti di silenzio in cui lui stava cercando disperatamente le parole per dirle neppure lui sapeva cosa.

Sospirò, prendendole una mano con la sua libera, mentre nell’altra ancora stringeva la scatola, senza però trovare il coraggio di alzare gli occhi nei suoi.

-è da un po’ che ci stavo pensando- cominciò insicuro –sono da anni ormai che stiamo insieme e solo Dio sa quanti ostacoli abbiamo dovuto affrontare per arrivare a questo, quante difficoltà e incomprensioni abbiamo dovuto lasciarci alle spalle perché quello che proviamo l’uno per l’altra è più forte di tutto- sospirò alzando finalmente gli occhi, cercando i suoi e trovandoli lucidi e consapevoli –tutto questo mi ha fatto capire che non ci sarà mai al mondo qualcosa o qualcuno che possa amare più di te, Ron, nemmeno la mia musica ed è una cosa che mai mi sarei aspettato. Ero pronto a lasciare tutto anni fa, quando ero solo un ragazzino innamorato e lo farei oggi, perché io ho sempre scelto te, sopra tutto e so che lo farò sempre- la sentì stringergli la mano ed una strana sicurezza si impossessò di lui, arrivando fino al cuore, convincendolo che poteva farcela, c’era una speranza per lui –è per questo che voglio sposarti e volevo chiedertelo qui-

Sentì la mano di Ronnie allentare la presa sulla sua e trattenne il respiro nell’istante esatto in cui lo vide chiaramente nei suoi occhi, quello che più temeva, quello che si aspettava: insicurezza.

-Nick, io…non credo di essere…pronta per…- balbettò ed il ragazzo si allontanò automaticamente di un passo da lei, come scottato.

-non importa- la interruppe brusco ricacciando la scatolina nella tasca, liquidando la questione come se lei avesse rifiutato di accompagnarlo a fare la spesa, non di sposarlo.

-ascolta, io non…- tentò ancora lei, ma si fermò di fronte allo sguardo gelido che le lanciò Nick

-ti ho detto che non importa- ringhiò e fece per voltarsi, pronto ad andarsene, ma decise di non farlo.

-anzi, si che importa, maledizione!- aveva alzato la voce senza nemmeno accorgersene, lo notò quando vide Ronnie sobbalzare spaventata.

-e sai qual è la cosa che più mi fa stare male?- continuò ad urlare imperterrito –è il motivo per cui non vuoi sposarmi. Lo vedo nei tuoi occhi ogni santo giorno, ogni volta che ti arrabbi per sciocchezze: tu non credi in noi-

Ronnie lo fissava con le labbra serrate, senza avere il coraggio di parlare.

-vivi nella paura che io possa smettere improvvisamente di amarti, che possa ferirti da un momento all’altro e possa lasciarti da sola col tuo dolore ed io non so più che fare- allargò le braccia esasperato –non so cosa fare per farti capire che senza di te non sono niente, che non ti volterò mai le spalle. Io sono pronto ad amarti per sempre Ron, ma tu non sei pronta a concedermelo e, a questo punto- scrollò le spalle, disperato -non so se lo sarai mai-

Una volta finito il discorso si sentiva svuotato, stanco, non aveva più niente da dire, non aveva più niente da fare lì.

-dove vai?- sentì la voce tremante di Ronnie quando le voltò le spalle

Si voltò quel tanto che bastava per intravedere i suoi capelli neri scompigliati dal vento, le gote arrossate e gli occhi lucidi e per un istante fu tentato di fermarsi, voltarsi ed abbracciarla. Ma fu solo un istante.

-ho bisogno di stare da solo- sussurrò e la prima goccia cadde dal cielo, fredda e inaspettata, come la lacrima che vide correre sulla guancia di Ronnie.

 

 

 

 

 

Dopo che lui se ne fu andato, lasciandola su quel ponte, Ronnie non sapeva cosa fare. Non voleva tornare in albergo e non conosceva nessun posto di Londra dove avrebbe potuto trovare rifugio dalla pioggia e dai suoi pensieri, così prese a camminare verso una meta indefinita con la prima che le cadeva pesantemente sulle spalle, bagnandola, e i secondi che le vorticavano per la testa, opprimendola.

“Tu non credi in noi”.

Non era vero, lei credeva in lui, credeva nel loro amore e in loro, ma sapeva che non glielo aveva mai dimostrato realmente. Ogni volta che lui parlava di progetti futuri lei stessa si rendeva conto di irrigidirsi ed assumere un atteggiamento scettico, come se non pensasse che la loro storia potesse durare così a lungo. Nick aveva ragione, non nel dire che lei non credesse in loro, ma che lei aveva terribilmente paura che lui potesse lasciarla da un momento all’altro. Dopo che lui le aveva fatto capire in tutti i modi possibili ed immaginabili che l’unica persona sulla faccia della terra a cui fosse interessato era lei, Ronnie ancora non capiva come faceva ad accontentarsi di lei e viveva costantemente nel terrore che prima o poi la super sexy modella di turno glielo avrebbe portato via, e la cosa peggiore era che lei non avrebbe potuto biasimarlo. Non era ancora riuscita a liberarsi del suo tormento peggiore, del suo not good enough, il non sentirsi abbastanza per lui la faceva diventare cinica e diffidente e questo era quello che più feriva Nick ed ora, l’aver rifiutato la sua proposta, l’aveva distrutto definitivamente.

Lei voleva passare tutta la vita con Nick, ma aveva dannatamente paura. Accettare di sposarlo avrebbe significato abbandonare ogni dubbio, ogni paura, ogni incertezza e mettere completamente la vita nelle sue mani, credendo fino in fondo che lui sarebbe stato sempre lì, accanto a lei. Avrebbe significato confessare la sua debolezza, confessare la sua totale dipendenza da lui, diventare vulnerabile.

E se lui l’avrebbe ferita?

Ancora una volta però non si trattava di se e di ma, si trattava di fidarsi completamente di qualcuno che non fosse se stessa, rischiare che quel qualcuno potesse ferirla anche involontariamente, rischiare tutto per amore, per lui.

La pioggia cessò improvvisamente di cadere sulla sua testa e alzò dubbiosa il volto verso il cielo, scoprendo che la pioggia non era cessata, ma continuava a scrosciare prepotentemente sull’enorme insegna luminosa che riparava la ragazza. L’insegna  illuminava ad intermittenza la scritta “TATOO” e guardando di fronte a lei trovò una porta in vetro che permetteva di vedere l’interno della piccola stanza dove un uomo tarchiato e pieno di tatuaggi fino alla testa era intento a tatuare qualcosa dietro la schiena di un ragazzo mingherlino.

Sfiorò con la punta delle dita all’altezza del suo cuore, dove quel tatuaggio in quel momento era quello che pesava di più. L’aveva fatto in Spagna, in quegli anni che era stato lontano da lui, come punizione per essere così stupida da essersi fidata di qualcuno in vita sua, per ricordarsi che per lei non ci sarebbe mai stato nessun “per sempre”.

Sospirò e spinta da strana determinazione entrò in quel negozio, sicura di quello che voleva e che avrebbe fatto.

 

 

Forever is a long time, but I wouldn’t mind

Spending it by your side

 

 

Quando Ronnie si ritrovò fuori l’albergo era ormai bagnata fradicia.

Rimase a fissare le porte di vetro di fronte a lei da dove proveniva la luce gialla ed accogliente della hole. Non voleva entrare lì dentro, non da sola, non senza di lui.

La sua più grande paura era che lui non sarebbe tornato o, peggio ancora, che l’avrebbe trovato con le valigie sul letto, pronto ad andarsene. Cos’avrebbe fatto in quel caso? Non lo sapeva, per questo non era pronta ad affrontare tutto quello.

Ma la vita non aspetta mai che tu sia pronto ad affrontare i problemi, te li piazza avanti, sfidandoti a risolverli o a trascinarteli dietro per una vita intera, proprio come era successo qualche ora prima e lei aveva la terribile sensazione di aver affrontato la cosa nella maniera sbagliata.

Strinse le mani in due pugni e si costrinse ad entrare in quell’albergo, in quella camera, sperando di non trovarla vuota. Arrivata fuori la stanza si fermò per un istante fuori la porta con la mano sulla maniglia e la chiave stretta nell’altra. Aveva preso una decisione ed ora doveva trovare il coraggio di mantenerla, per lei, per lui, per loro.

Trattenne il respiro mentre spalancava la porta, temendo ciò che avrebbe trovato, ma rilassò subito i muscoli delle spalle quando vide la figura scura di Nick che al buio sedeva sul letto, dandole le spalle.

Il ragazzo non si voltò quando la sentì richiudere la porta e nemmeno quando si avvicinò a lui, con passo incerto.

-è tardi, mi hai fatto preoccupare- le disse in tono monocorde, quando gli si affiancò, continuando a guardare fuori dalla finestra

-dovevo pensare- fu la risposta automatica, ma non tutta la verità

Non volevo tornare e non trovarti.

Basta. Basta nascondere quello che provava, basta nascondere i suoi sentimenti, basta nascondersi a lui per paura che potesse colpirla.

-non te ne andrai, vero?- gli chiese con voce tremante distogliendo lo sguardo dal suo volto confessando così tutta la dipendenza che ormai aveva da lui.

Vide una mano di Nick allungarsi fino ad afferrare la sua e stringerla, allora alzò di nuovo gli occhi incontrando i suoi ed un brivido di paura le corse dietro la schiena. Quello sguardo non era quello a cui era abituata, quegli occhi erano tristi, abbattuti e feriti, ed era tutta colpa sua.

-non me ne andrò mai- le rispose cercando di farle un mezzo sorriso –che tu ci creda o no- il sorriso si spense, mentre gli occhi tornavano a guardare fuori

Sospirò sedendosi accanto a lui.

-Nick, mi dispiace tanto-

-non devi dispiacerti per me- lo vide stringere forte i pugni fraintendendo sicuramente le sue parole, pensando che lei provasse pena per lui.

-non mi dispiace per te- sbottò quasi, catturando finalmente la sua attenzione –mi dispiace di aver reagito in modo così impulsivo e di essere così insicura, ma io voglio cambiare, per te-

-non voglio che tu cambi- distolse, per l’ennesima volta, lo sguardo da lei che alzò gli occhi al cielo

-guardami- gli ordinò afferrandogli il mento tra due dita costringendolo a voltarsi verso di lei –ho sbagliato aggettivo, io non voglio cambiare, voglio migliorare-

-ma…- aggrottò le sopracciglia, confuso

-la tua proposta è ancora valida?- gli chiese, la voce tremante

Lo vide spalancare gli occhi, che tornarono improvvisamente pieni di quella luce che li aveva sempre contraddistinti.

-lo sarà sempre-

Ronnie gli sorrise, afferrandogli entrambe le mani -voglio che tu sappia che io non sarò perfetta, che non ti sveglierò tutte le mattine con un bacio e la colazione a letto, che non stirerò le tue camicie, non sarò sempre paziente quando dovrai stare per troppo tempo fuori casa per lavoro, non mi troverai con un sorriso smagliante e non un capello fuori posto quando torni da casa, perché io sono così- allargò le braccia alzando le spalle confessandogli la sua paura, quello che pensava davvero: ci sarebbe sempre stata qualcuna migliore di lei.

-non c’è stato un solo istante in cui io abbia desiderato cambiare una sola cosa di te- le lasciò temporaneamente una mano per accarezzarle il profilo -anche quando mi tieni il muso e non vuoi dirmi cos’hai, anche quando ti arrabbi per la minima cosa o quando hai costantemente paura che io possa uscire da quella porta e non tornare mai più, non c’è un istante, uno solo Ron, in cui io non ti ami. E non voglio sposarti per avere accanto il prototipo di moglie perfetta, voglio farlo perché voglio amarti ogni giorno della mia vita, con la benedizione di Dio- stava scegliendo lei, ancora una volta.

Ronnie gli sorrise prima di abbassare per un solo istante lo sguardo –chiedimelo, allora-

Nick la studiò attentamente, con un’espressione a metà tra lo stupido e l’incredulo, probabilmente chiedendosi se stesse dicendo sul serio e interrogandosi sul perché del suo improvviso cambio di idea -non voglio che tu lo faccia solo per farmi felice- disse infine.

La ragazza scosse la testa stringendogli una mano –io sono sicura che ti amerò per tutta la vita Nick e che non riusciremo mai a stare lontani l’uno dall’altra. Se a te serve ufficializzare tutto questo col matrimonio allora…- alzò le spalle sorridendogli con naturalezza –…facciamolo!-

Vide Nick aprirsi in uno dei suoi rari sorrisi, ma gli occhi erano ancora incerti, allerta.

-e se ti lasciassi sull’altare per scappare con la violinista?- scherzò, ma Ronnie capì che in quel modo stava cercando qualche segno di insicurezza in lei.

Non hai paura? Le stava chiedendo in realtà.

Ronnie gli lasciò la mano allontanandosi di poco e Nick si irrigidì automaticamente, fraintendendo. Gli sorrise rassicurante, prima di portare le mani al colletto della t-shirt e tirarlo verso il basso, mostrandogli la scritta in nero all’altezza del suo cuore.

La prima parte del tatuaggio era più vecchia, si vedeva dal colore opaco tendente al verdognolo, mentre la seconda era di un nero intenso, brillante e proprio su quella si fissarono gli occhi di Nick.

Nothing lasts forever, but you and me.

-q…quando…?- balbettò Nick incredulo continuando a fissare quelle parole

-prima- rispose semplicemente lei mollando la presa, lasciando che la maglietta tornasse a coprirla –io credo in te, credo noi come non ho mai creduto in niente in vita mia- completamente scoperta, vulnerabile, sua.

Sentì salirle le lacrime agli occhi di fronte allo sguardo felice e soddisfatto di Nick, che in un lampo le prese il viso tra le mani, avventandosi sulle sue labbra con poca delicatezza.

-vuoi sposarmi?- ansimò staccandosi di poco da lei, col fiato corto.

Ronnie sorrise, sentendosi per la prima volta completa e sicura tra le sue braccia.

-per sempre -

 

 

 

 

 

*                          *                         *

 

Bene, ci siamo, è finita(quanto sono melodrammatica).

Spero davvero che questo epilogo vi sia piaciuta e vorrei motivarvi la mia scelta, della quale ovviamente non sono molto sicura.

Di solito gli epiloghi sono quei capitoli dove i nostri protagonisti hanno trovato la serenità e la pace interiore(?), forse vi aspettavate una Ronnie e Nick circondati da marmocchi urlanti e che si amano come una di quelle famiglie nella pubblicità del mulino bianco, ma quelli non sarebbero stati i miei Ronnie e Nick.

Dopo un’intera storia e 33 capitoli di un’altra l’unico ostacolo che ancora c’era tra quei due era l’insicurezza di Ronnie e non mi andava di raccontarvi un finale zuccheroso e melense senza avervi raccontato come ci fossero arrivati.

Qualcuna di voi(come la mia rossa amica Mandols) forse è rimasta delusa dal fatto che in questo epilogo non ci siano Kate e Joe, ma mi sentivo di farlo così. Per me quest’epilogo è stato un po’ come un ritorno alle origini: ho cominciato con loro, finisco con loro. Ad ogni modo ho inserito la parte iniziale proprio per farvi sapere che sono vivi e vegeti e più uniti che mai! Chi sa, magari in futuro scriverò una missing moment per loro. WHO KNOWS!

Bene, mi sa che siamo arrivati alla parte dei ringraziamenti. Sono talmente tante le cose per cui vorrei ringraziarvi e così tante le persone da ringraziare che non so da dove cominciare(e sicuramente dimenticherò qualcuno)!

Ringrazio quindi tutte quelle che mi hanno seguito dal primissimo capitolo di LMUYS e quelle che mi hanno raggiunto strada facendo.

Un enorme grazie va a chi ha recensito anche solo una volta questa storia, facendo arrivare le recensioni a numeri che MAI mi sarei aspettata, grazie soprattutto a chi ha recensito puntualmente ogni capitolo, ma anche alle lettrici “fantasma”.

Grazie a chi ha messo questa storia tra le preferite, seguite e ricordate e alle 36 folli che mi hanno inserita tra le autrici preferite(è un onore!).

Alle ragazze sulla pagina facebook che mi hanno tenuto compagnia e sopportato le mie crisi nei miei momenti di “NON SO SCRIVERE, SOPPRIMETEMI” e alle ragazze su twitter che mi hanno riempito di complimenti e con cui è sempre bello chiacchierare.

Grazie a questa storia, ancora una volta, perché senza di lei non avrei potuto conoscere le mie anime gemelle: Soriana e Eleonora e tutte le persone stupende come la mia Lux, che è la persona più simile a me che io conosca, la folle Gaia, che mi rompe le scatole ogni giorno, che fa flash mob in giro per la città e tante altre.

Il grazie più grande va proprio a loro: Soriana, per il solo fatto di esistere, per aver finto che questa storia le piacesse per tutto questo tempo(LOL) e per essere una stupida così grande da farmi ridere in ogni occasione, e per avermi fatto i mille stupendi blend che io mai sarei stata in grado di fare, ma soprattutto ad Eleonora, che non mi perdonerà mai di non averle fatto leggere l’epilogo, e che mi ha supportato nei miei momenti di crisi più di tutti aiutandomi a correggere, scrivere ed, ESSENZIALE, dandomi idee stra-smielate che a me non sarebbero mai venute in mente. Grazie ad entrambe, per essere le mie migliori amiche.

So, dire addio a questa storia per me è molto difficile e non solo perché ormai sono più di due anni che la scrivo, ma perché ci sono pezzi di me sparsi qua e la nel corso del capitoli. C’è un po’ di me in Kate, nei miei momenti alla “usciamo ed ubriachiamoci!”, c’è un po’ di me in Jamie nel momento in cui ho bisogno d’affetto e nei rari in cui lo elargisco, c’è un po’, tanto, di me in Lexus nei momenti in cui mi sento insofferente nei confronti di qualunque essere vivente presente sulla terra e c’è un po’ di me nell’insicurezza di Ronnie. Scrivendo questa storia ho scoperto cose di me che nemmeno immaginavo.

E così il mio viaggio nel fandom “Jonas” finisce, se avessi ancora un cuore piangerei di sicuro! Mi mancherete tutte, terribilmente, dalla prima all’ultima. Mi mancherà anche chi non ha mai recensito e quelle con cui non ho mai parlato.

Spero che continuiate a seguirmi in altri fandom, con mie altre storie e di rincontrarci lì e che almeno in quest’ultimissimo capitolo anche chi non si è mai fatto avanti mi dica un suo pensiero su questa storia in cui, vi garantisco, ci ho messo tanto.

Grazie per avermi resa un po’ meno insicura,

vi voglio bene.

 

 

   
 
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