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Autore: Alex Simon    19/04/2012    0 recensioni
[Autrice:_Titti_(ho solo cambiato il Nik)] Allora, questa nuova Fic parla di un'agenzia di spionaggio che al suo interno purtroppo ha diversi traditori che si sono uniti al nemico... in particolar modo ce n'è uno che dovrà essere scovato da Edward (spia perfetta) e Alphonse (spia per scelta). Come andrà a finire...? Chi è il misterioso traditore che controlla il tutto?
{Buona Lettura} Per la vostra gioia... RoyxEd!
Genere: Azione, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Roy Mustang, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Alphonse Elric era a dir poco arrabbiato, dopo l’esplosione dell’istituto, Tucker fu dato automaticamente per disperso, ma tutti ovviamente sapevano che era morto per mano di suo fratello o al massimo era rimasto intrappolato tra le macerie.

La cosa lo sollevava e non per essere sadico, però quell’uomo aveva fatto soffrire milioni, se non miliardi di persone senza battere ciglio e in fondo era ora che pagasse per i crimini commessi.

Ciò che però gli dava più fastidio, era il fatto che non gli avevano permesso di muoversi dopo l’accaduto, secondo il capo aveva bisogno di fare qualche esame medico per accertarsi della sua buona salute ma lui sapeva benissimo che era una scusa, per permettere a suo fratello di svignarsela chissà dove.

Perché sarebbe subito partito all’inseguimento di quell’elicottero se non fosse stato trattenuto!

Però, una cosa buona c’era… Edward aveva fatto scappare tutti i ragazzini presenti nella struttura e ora l’agenzia si preoccupava di ritrovare la loro famiglia e riportarli a casa, dalla famiglia che sicuramente li attendeva.

Ora capiva, quell’inguaribile testardo in fondo non era cattivo, forse non lo voleva dare a vedere… ma lui lo aveva capito.

Le parole che gli aveva detto lì dentro le avrebbe ricordate per sempre, testimoniavano il fatto che fosse cambiato, magari lo avrebbe trattato anche meglio, senza chiamarlo matricoletta o sminuirlo o farlo infuriare.

-Stai pensando a lui vero…?-

Chiese Trisha risvegliandolo dai suoi pensieri, era rimasta al suo fianco per tutta la nottata.

-Si, chissà dov’è quell’imbecille-

Borbottò.

-Vedrai che si farà vivo…-

-Lo spero, non può scaricarmi così!-

-Ti ha mentito a fin di bene, sono sicura che quello che ha detto però non era una bugia…-

-Si questo lo penso anche io…-

Cercò di alzarsi dal letto per cambiarsi, visto che le infermiere gli avevano fatto indossare un camice bianco che gli lasciava scoperto il di dietro, per di più…

Quando uscì con i suoi vestiti, trovò una persona: Il suo capo, ultimamente più presente che mai.

-Come stai Elric?-

Chiese sedendosi su una delle piccole poltrone presenti nella sua stanzetta d’ospedale.

-Benissimo, ieri e anche oggi…-

L’uomo rise capendo ciò a cui alludeva il ragazzo, le analisi forzate come diversivo tanto per tenerlo occupato.

-Mi fa piacere-

-Di lui non c’è traccia…?-

Chiese debolmente sedendosi al suo fianco.

-E’ vivo, ne sono certo…-

Ma parve rassicurare più che altro se stesso.

Poi una voce scandì le zone circostanti dall’altoparlante:
“Attenzione, una porche nera sta per essere rimossa, si prega il proprietario di recarsi nel parcheggio”

-Capo, ma non è la sua macchina…?-

L’uomo si alzò di scatto allarmato ma al contempo confuso.

-Non credo di aver parcheggiato su divieto di sosta… ma è meglio che controlli-

Uscì di corsa dalla stanza affrettandosi verso il parcheggio.

Ma il giovane Elric sapeva bene di chi poteva essere stata quell’idea, forse si illudeva ma aveva qualcosa di familiare.

-Vado a prenderti da mangiare allora-

Si propose Trisha amorevolmente uscendo a sua volta dalla stanzetta, eppure intorno c’era qualcosa di fin troppo strano…

Infatti pochi secondi dopo, bussò sullo stipite della porta aperta l’unica persona di cui stava seriamente sentendo la mancanza, per quanto fosse irritante.

-Ti faccio uscire da quel postaccio e ti ritrovo comunque in ospedale?-

Con aria da finto esasperato, Edward entrò sorridendogli sghembo.

-Senti chi parla, se non ricordo male l’ultima volta che ti ho visto stavi per saltare in aria… che hai combinato?-

Non che non fosse felice di vederlo, anzi tutto il contrario.

-Roy ha tolto l’esplosivo con un coltellino… e ho qualche punto che lo dimostra-

Si massaggiò delicatamente il collo dietro i capelli che per questa volta aveva lasciato sciolti, lisci e perfetti sulle spalle.

-Deve essere stato doloroso…-

-Più che altro mi preoccupavo che non saltasse in aria con me… quell’idiota-

-Mmh…-

Mugolò Al assumendo un’espressione sospetta ma allo stesso tempo compiaciuta, prendendo il giornale sul comodino.

-Che c’è…?- Chiese Edward.

-Ricordi tutti i furti che ci sono stati…? Pare che i gioielli siano tornati al loro posto… che strano-

Lo stava provocando deliberatamente! Sapeva benissimo che erano stati lui e Roy a fare tutto, accompagnati da qualche complice, e chissà perché erano tornati sui loro passi… che la spia perfetta si fosse messa una mano sulla coscienza?

-Si è strano, si tratta di un ladro smidollato…-

Scaricò tutta la colpa su Roy facendo finta di nulla.

-Se lo dici tu… ma comunque, ora che farai?-

-Che intendi…?-

-Continuerai a stare nell’altra agenzia… o posso sperare che torni con noi?-

Dopotutto ormai i crimini commessi erano stati risolti, e magari con un po’ di lavori socialmente utili se la sarebbe scampata, anche se dubitava del fatto che si abbassasse a tanto.

-Mmh… direi nessuna delle due-

Infatti…

-Cosa?!-

Si scandalizzò il minore… bé almeno ci aveva provato.

-Già, la spia perfetta non è più in servizio-

-C-che?!-

Come sarebbe che non era più in servizio?

-Come devo spiegartelo?! Ho lasciato l’incarico, ho mollato l’agenzia, non sono più una spia-

-M-ma… e adesso che farai?!-

-Non lo so… mi dedicherò a recuperare il tempo perso-

Fece con un’alzata di spalle indifferente.

-Questo vuol dire che starai più tempo con me…?-

Chiese speranzoso.

-Ho detto recuperare il tempo perso, non impiccarmi con un laccio da scarpe…-

-Fa pure lo spiritoso, ma quello che mi hai detto là dentro non me lo dimentico-

Incrociò le braccia al petto con aria sostenuta.

-Sono stato addestrato a mentire, ergo, quando mento neanche te ne accorgi-

-Io so che non stavi mentendo, punto!-

-Se vuoi crederlo…-

-Si lo credo!-

-Bene-

Sorrise continuando con quel suo modo di fare da presa in giro.

-Dove andrai…?-

Chiese, nella speranza che comunque rimanesse nei paraggi, per continuare a vederlo.

-Non ho ancora deciso…-

-E Roy?-

-Verrà con me ovviamente, ma lui vuole rimanere una spia-

-Sospetto che tu non voglia dirmi dove siete diretti…-

Lo fulminò con un’occhiataccia.

-Nah… perché non dovrei dirtelo?-

-Perché ti seguirei…!-

-Bé allora è deciso, tu non saprai niente-

-Non ti azzardare!! Devi dirmelo!-

-Non credo proprio, hai altro a cui pensare… quel ragazzino, la tua vita…-

-Dillo: Non mi vuoi tra i piedi-

-Lo hai detto tu non io, sia chiaro… ma se proprio ci tieni, si è così-

Sorrise innocentemente prendendo il cellulare per scrivere un sms veloce a Roy.

-Ho il tuo numero, non mi scappi-

-Ah si? Spiacente il telefonino è rimasto nella torre, che è andata distrutta…- Attimo di commozione per tutti i soldi che aveva speso per quel dannato telefono e, anche per la ferrari andata ugualmente persa –Questo è nuovo e anche il numero-

-Dammelo-

-No-

-Bé almeno dimmi che ti farai sentire…!-

Il biondo si alzò e teatralmente posò una mano sulla spalla del ragazzo, immensamente più alto di lui, messi a confronto.

-Pratica un po’ di autoconvinzione…-

-La stessa cosa che fai tu con la tua altezza?-

Lo provocò squadrandolo nel suo metro e cinquanta, rialzato solo grazie agli stivali con una leggera zeppa.

-Così non ti aiuti…-

-Non importa… vorrà dire che me ne farò una ragione, posso accompagnarti fuori, così saluto anche Roy?-

Strano, si stava arrendendo senza scassare esageratamente le scatole…era un comportamento fin troppo insolito.

-Se ci tieni…-

Insieme si incamminarono verso il parcheggio, in silenzio, cosa che tra quei due non c’era mai stata, di solito a regnare erano insulti e provocazioni.

Fuori c’era il moro che con un grande sorriso, a bordo di uno scintillante fuori strada metallizzato salutò entrambi felice di poter rivedere anche Alphonse.

-Chi te l’ha fatto fare a salvargli le penne?-

Chiese subito il minore funereo.

-Lui avrebbe fatto lo stesso per me-

Si giustificò scoccando un’occhiata al biondo per riceverne conferma.

-Ovvio che l’avrei fatto…- Rispose guardandolo per la prima volta in sua presenza dolcemente, come due veri innamorati.

-Che teneri…- Malignò il ragazzo avvicinandosi al moro per tirarlo alla sua altezza per il colletto della camicia –Dimmi dove andate, quel perfido non ha fiatato-

Sibilò minaccioso.

-Spiacente, ma se te lo dico mi ammazza… ci faremo sentire-

-Tu di sicuro, lui non penso proprio-

Edward si intromise tra lo scambio di battute dei due spingendo all’interno dell’auto la spia più grande, che nel frattempo si sentiva alla stregua di un giocattolo.

-Bene, ora che vi siete salutati, possiamo andare-

Il biondino fece per aggirare l’auto e montare, ma la mano del minore sul suo polso lo fermò.

-Che c’è?- Chiese voltandosi verso il ragazzo che sembrava guardarlo con occhi indecifrabili, da una parte teneri ed indifesi, gli occhi di chi non vuole separarsi dal fratello che ha appena ritrovato, dall’altra occhi decisi, infuocati.

-Non ti lascerò andare così facilmente… non adesso-

Era come se si fossero incontrati la sera addietro per la prima volta, finalmente il loro rapporto aveva fatto un notevole passo avanti, Edward gli aveva parlato con sincerità, lo aveva protetto e anche se non amava ammetterlo si era aperto notevolmente nei suoi confronti capendo che forse avere un fratello non era poi così male.

-Che cosa vuoi ancora?-

Lo fulminò con lo sguardo.

-Che resti…-

Il biondo sbuffò non sapendo come tirarsi fuori da quel casino, ecco, si ritrovò a pensare che se fosse giunto alla decisione di ritirarsi, prima di conoscere quell’idiota di fratello minore, sarebbe stato più facile, avrebbe benissimo potuto fare i propri comodi senza una petulante palla al piede.

-Ascolta…- Iniziò cercando di essere più delicato possibile –Ora come ora, ho solo voglia di lasciarmi tutto alle spalle e prendermi una bella vacanza… posso?- Marcò quell’ultima parola trasmettendo un desiderio abbastanza forte di gridare al mondo: Sono stato rinchiuso per sedici anni in un istituto maligno, ho passato una vita d’inferno, senza amici né famiglia, uccidendo e spargendo sangue ovunque… posso prendermi un po’ di riposo o è chiedere troppo?!?!

-Si che puoi, ne hai tutto il diritto… però non voglio che tu sparisca… che ti dimentichi anche di me-

Mirò dritto al cuore cercando di farlo sentire almeno un po’ in colpa, ma doveva giocarsele bene le sue carte per farlo restare al suo fianco, lo voleva con tutto se stesso!

-Tu occupati di quel ragazzino e della tua vita…-

Ci teneva a regalare al bambino di cui aveva sentito parlare un’infanzia felice, ora che era in tempo… poiché lui non ne aveva avuta una e ne portava addosso i segni.

-Ma anche tu ne fai parte… e io voglio fare parte della tua-

Roy intanto li osservava tifando segretamente per Alphonse, secondo lui era indispensabile per il suo fagiolino riallacciare i rapporti con la propria famiglia, per costruirsi una nuova e normale vita e poi quel ragazzo era anche simpatico e ci teneva tanto a Edward.

L’interessato sbuffò nuovamente fin troppo combattuto.

Mentre Alphonse aspettava una sua decisione, sperando in un ripensamento con tutto se stesso.

-Se lo dici a qualcuno ti ammazzo chiaro?- Chiese del tutto serio, prima di guardarsi intorno per assicurarsi che nessuno li stesse osservando, oltre Roy.

-Cosa dovrei--?

Improvvisamente il maggiore lo abbracciò superando ogni sua più rosea aspettativa, insomma chi l’avrebbe mai detto? Eppure fu felice di stringerlo a sé per la prima volta da quando si erano incontrati.

E anche se non avrebbe voluto separarsi da lui fu costretto a lasciarlo, altrimenti si sarebbe beccato un bel pugno.

-Non me ne andrò va bene? Mi prenderò solo una piccola vacanza di... due settimane o giù di lì e poi torno-

-Sul serio?-
-Si-

-Non stai mentendo vero?-

-No-

-E chi mi dice che tu non stia mentendo adess—

-Non sto mentendo punto! Fidati per l’amor del cielo-

-Va bene, ti darò un po’ di fiducia… ma se non torni ti vengo a cercare-

Minacciò godendosi a pieno l’espressione del più grande, che quasi sbiancò.

-Oh no non sia mai, torno in tempo non temere-

-Allora ci vediamo-

-Ci vediamo-

Infine si strinsero la mano e si salutarono definitivamente.

Dopo che il fuori strada fu lontano dalla sua vista si ritrovò a rimpiangere il calore di suo fratello, che poco prima aveva tra le braccia, il suo profumo e la sensazione dei suoi capelli morbidi sulla pelle.

Sperava davvero che mantenesse la promessa, altrimenti nessuno lo avrebbe fermato dal corrergli dietro.

 

 

 

3 Settimane dopo.

 

 

Alphonse passeggiava tranquillamente intorno al parco della città, immerso totalmente nei suoi pensieri che non avevano smesso, neanche per un giorno di roteare intorno all’immagine di suo fratello.

Forse era la vicinanza di Jamie a fargli questo effetto, non avevano potuto riportarlo alla sua famiglia poiché non ne aveva una, purtroppo i suoi unici parenti erano deceduti così all’unanimità avevano deciso di adottarlo, in un certo senso, e a sua madre piaceva tantissimo, sembrava un modo per recuperare il tempo perso con il suo primo figlio ed era contenta che il piccolo non fosse destinato ad avere la stessa vita di una spia, ma che fosse un bambino normale, come tanti altri.

Anche se il così detto gene alle volte si faceva notare, non sapevano se dipendesse da questo, ma era strabiliante quanto fosse intelligente già in tenera età, agile e forte.

E andavano davvero d’accordo, come se avesse un fratellino più piccolo, era una bella cosa… eppure continuava a mancargli quel rompiscatole del più grande.

Erano già passate tre settimane, senza nemmeno una chiamata.

 

Nel frattempo Trisha seduta su una panchina vegliava silenziosamente sul piccolo biondino, che giocava tranquillo all’aria aperta in quella fortunatamente soleggiava giornata.

Sentì improvvisamente il rombo del motore di una macchina abbastanza grande, un fuoristrada forse, accostare sul marciapiede vicino.

E pochi secondi dopo inquadrò la figurina all’apparenza esile di Edward, coi lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, a coprire una piccola garza dietro il collo.

Dopo aver salutato il conducente si voltò incamminandosi verso la panchina, dove la donna già se la rideva per la gioia di rivederlo.

-Al non ha fatto altro che parlare di te in queste settimane-

-Pensavo di trovarlo qui…-

Quando fu abbastanza vicino Trisha lo abbracciò nuovamente per salutarlo e dargli il bentornato, sperando che non si allontanasse ancora, avevano così tante cose da fare insieme, da recuperare…

-Si, è andato a farsi un giro…-

Il biondino sospirò da una parte sollevato, almeno aveva un po’ di tempo da godersi in santa pace senza alcuna sfuriata, dall’altra si chiedeva quando mai quell’idiota avrebbe imparato a rilassarsi, senza arrovellarsi il cervello con i suoi pensieri contorti.

-No… sta tornando… e sembra arrabbiato- Disse notando una figura dirigersi verso di loro a passo spedito, peggio di un treno.

E infatti era Alphonse ma non parve accorgersi della presenza del fratello, almeno non a primo impatto.

-Basta adesso vado a cercarlo!-

Sbraitava, prendendo la giacca con rabbia, quasi fosse uno straccio.

-A cercare chi…?-

I due sorrisero tra loro complici, chiedendosi quando se ne sarebbe accorto.

-Quell’imbe—Si voltò rabbioso, poi però incontrando gli occhi dorati che tanto aveva immaginato e sognato in quei giorni, le parole gli morirono in gola –Sei qui…-

E la rabbia finalmente calò del tutto dal suo fragile organismo.

-Già, sai com’è, io le mantengo le promesse-

Era così diverso da come se lo ricordava, o forse dipendeva dal fatto di vederlo per la prima volta in un contesto normale.

I capelli biondi sciolti sulle spalle, lucenti e lisci, i grandi occhi dorati sereni e vivaci, la pelle un po’ abbronzata –forse i due piccioncini si erano regalati una fuga romantica in una località tropicale- i soliti jeans stretti, stivali e un maglioncino.

-Meglio così…-

Sorrise anche lui abbracciandolo, tenendolo nuovamente stretto al petto, ed era una sensazione piacevole avere quel contatto che tanto aveva sognato, peccato che Edward non si facesse abbracciare spesso…

-Si… ora vedi di non strillare quando ti darò questa notizia, altrimenti riparto chiaro?-

Minacciò con aria superiore, non volendo sentire alcuno schiamazzo da fratello minore.

-Okay… posso provarci, dipende dal genere di notizia-

-Roy… ha comprato una casa, qui, in città-

Sussurrò temendo una reazione esagerata, che parve non arrivare immediatamente, ma il tempo di comprendere quelle parole e Alphonse esplose come una teiera dalla felicità.

-Sul serio? Allora staremo più tempo insieme! E faremo tutto quello che non abbiamo mai potuto fare… tipo… andare a pesca! E fare un pigiama party tra fratelli, e passare le feste insieme e—

-Meglio se stavo zitto…-

Si pentì spegnendo automaticamente il cervello, in modo da non essere costretto ad ascoltare tutte quelle inutili e frivole chiacchiere.

Poi un ometto biondo sgambettò verso di loro, guardandoli attentamente, studiandoli, per poi sorridere.

-Tu sei Edward!-

Lo indicò gioioso, il biondo più grande si abbassò alla sua altezza, come mai prima aveva avuto occasione di fare e ricambiò il sorriso.

-Si-

-Io sono Jamie, Alphonse non smetteva mai di parlare di te, per questo ti conosco-

-Alphonse a volte sa essere pesante-

Lo fulminò con lo sguardo, vedendolo ridere come se avesse fatto una battuta.

-Non sei più una spia…?-

Chiese il piccolo incuriosito: Nell’istituto gli avevano insegnato che essere una spia era il fine ultimo, la meta che soltanto uno di loro avrebbe raggiunto, essere la spia perfetta, prevalere su tutti.

-No, non è una bella cosa-

-E perché…?-

-Perché… non esiste una spia perfetta, nessun essere umano è perfetto, capisci? La cosa più bella che tu possa fare, è essere un bambino normale-

-Si Alphonse me l’ha raccontato che fanno gli altri bambini, e tu che farai adesso?-

Era sorprendente quanto fosse intelligente quel bambino, capiva perfettamente la situazione e forse era l’unico in grado di comprendere in parte ciò che Edward si teneva dentro.

-Mentre tu farai il bambino normale, io farò l’adulto normale…-

-Capito-

Gli tese la mano per batterla con la sua, prima il biondo non capì non avendo mai fatto una cosa del genere, poi assecondò battendo il cinque col bambino.

-A proposito…- Interruppe Alphonse con un sorriso, osservato da Edward che intanto di alzava –Ti ricordi la tua matricola?-

-La matricola…?-

-Si, il numero, non so come lo chiami tu, il coso con cui vi riconoscevate tra spie in quel postaccio-

-Ah… il nome-

-Un numero non è un nome…-

-Va al punto, che vuoi sapere? Era 7…-

-No tutta la matricola…-

-030299n°07…-

-E per caso… vuol dire…-

-E’ la data e l’ordine di nascita, sono stato il settimo a nascere nel 1899, precisamente il 3 Febbraio-

Iniziava a spazientirsi con tutti quei dannati giri di parole inutili, quel bamboccio stava tramando qualcosa…

-Devo dedurre che non sai che giorno è oggi…?-

-Arriva al punto-

Lo fulminò.

-Tanti auguri...-

Voleva riabbracciarlo, ma per quel giorno se n’erano dati troppi di abbracci.

-E che c’è da festeggiare…?-

Aveva sempre visto il suo compleanno come una data da maledire, altro che una bella ricorrenza, ergo non l’aveva mai festeggiato.

-Che sei qui, d’ora in poi si festeggia-

-Come ti pare…-

Fece per voltarsi e farsi una passeggiata per il parco ma venne prontamente seguito dal minore che zompettandogli a fianco non accennava a lasciarlo in pace.

E sarebbero stati tanti i giorni come quello…!

-Sei tornato freddo nei miei confronti! Che c’è, qualche altro esplosivo?-

-Melodrammatico…-

-Posso sperare in qualche atto di gentilezza da parte tua? O affetto…?-

Il biondo si girò sorridendogli, il vento intanto sferzava gli alberi e i suoi capelli.

-Grazie… Al-

Gli costò immensamente dire quelle parole, ma almeno il minore si placò e insieme continuarono a camminare per tutto il parco, parlando e scherzando.

 

Il giorno seguente, Roy inaugurò la casa nuova con un Birra party, al quale parteciparono tutti i suoi amici e anche qualche bella ragazza semi nuda, la cosa inutile a dire fece arrabbiare Edward, che se la prese col compagno spaccando più di qualche bottiglia per corrergli dietro, qua e là, come quando si erano conosciuti e come praticamente ogni giorno della loro vita assieme.

Alphonse li visitò molto spesso, visto che la casa, una bella villetta nel verde, era nello stesso quartiere dell’abitazione di sua madre, qualche isolato più in là.

Edward lentamente si abituò alla sua presenza iniziando a costruire un rapporto fraterno, e non mancarono gesti d’affetto tra loro, anche se rari e a volte del tutto inaspettati.

Trisha passò davvero molto tempo con il suo primogenito recuperando per così dire il tempo perso, tra madre e figlio.

Il padre per continui viaggi di lavoro non si fece sentire molto spesso, e tra i due non c’era certo amore e tolleranza… non si sopportarono fin da subito.

Jamie continuò ad essere un normale bambino, campione della squadra d’atletica della sua scuola e studente modello, crebbe senza conoscere le difficoltà che invece avevano afflitto Edward, nella totale armonia e tranquillità.

E dopo qualche mese, finalmente, Alphonse convinse il fratello a rincontrare il suo ex capo… i due rimasero tutto il giorno nell’ufficio di quest’ultimo a parlare di chissà cosa, ma al termine della chiacchierata entrambi sembravano più leggeri e soprattutto sereni.

E così, Alphonse trovò il fratello che tanto cercava… e Edward la famiglia che non aveva mai avuto, ma solo sognato.

E vissero tutti felici e contenti :)

  
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