Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Night_    19/04/2012    2 recensioni
«Senti, ma com'era la madre?» mi chiedeva Nori, mentre viaggiamo alla ricerca di un supermarket dove prendere delle sacrosante posate.
Io lo guardai perplessa. «Di chi?»
«Del bambino!» esclamò inarcando un sopracciglio. Feci una risatina nervosa.
«Che intendi per, “com'era”?» dissi distogliendo lo sguardo.
«Cioè, voglio dire... era bella?» mi chiese, incespicando un po' per l'imbarazzo .
«Inizialmente, mi ha fatto un brutta impressione. Ma quando presi il bambino, dopo che lei me l'aveva proteso, mi sorrise in una maniera talmente bella che... adesso sono sicura di ciò che ho sempre affermato: le madri sono sempre belle.»
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La prima fan fiction originale... o meglio, la prima fan fiction originale che pubblico con questo accunt! x°D Parlando di cose fatte per la prima volta, questa è la prima storia di fantascienza e guerra che scrivo, ma stranamente - già, stranamente ò___ò - mi sento molto fiduciosa. Speriamo di non star solo ingannando me stessa x°3 . In ogni caso, ho iniziato a scrivere le prime parole del primo capitolo... beh... così. Ho aperto Open Office e ho iniziato a scrivere. Fine xD.
Anyway, vi lascio alla storia... spero sia di vostro gradimento! *33*


By Night, ovviamente, con affetto ♥.



Il fato può essere cambiato?
















Avete mai anche solo pensato di provare a cambiare il corso degli eventi? Di provare, ad agire diversamente da come ti saresti aspettato di fare. Io no, non ci avevo mai provato. Senza nessun motivo, in realtà.
Forse avrei dovuto aspettarmi qualcosa nella mia vita, ma non sino a un certo apparentemente tranquillo giorno d'inverno, mentre mi incamminavo per la scuola che frequentavo. 
Dopo quella forte scossa di terremoto, dopo che la guerra iniziò, e infine dopo che gli umani non ebbero più rispetto per quest'ultimi, tutto fu mandato a rotoli.
Tutto quello che ai miei occhi sembrava normale, divenne irrazionale e privo di significato. 
Quindi, mi dissi, che provarci – a vivere, a cambiare - non nuoceva a nessuno.

 

 
 

 

2012
«Lo sapevi?» mi chiedeva la mia migliore amica, Ayane. Io la guardai senza capire.
«Haruka-chan, ci sei?» mi sventolò una mano davanti al naso, e mi riscossi con uno scatto violento. 
«Ti ascolto» confermai sorridente. Lei mi guardò, storcendo le labbra.
«Sicura di essere ancora con noi?» mi chiese lei, e poco dopo, ridacchiò. 
Io risi brevemente, guardandomi attorno; come al solito, la strada che percorrevo quotidianamente era gremita di studenti, la maggior parte imbottiti tra guanti, cappelli di lana e sciarpe pesanti. Era inverno, e come ogni inverno che si rispetti, faceva un freddo cane. 
Mi strinsi di più nel mio giaccone. 
«Allora? Cosa dicevi riguardo..» m'interruppi. In effetti non ricordavo di aver sentito una sola parola di quello che aveva detto Ayane. Mi morsi la lingua, annuendo come per incitarla a continuare.
Ayane si accigliò, ma alla fine sospirò. «Dicevo... sapevi che, quel cacciatore di oni, Momotaro, si è reincarnato in uno studente della nostra scuola?» 
La guardai per alcuni attimi. Da prima ridacchiai leggermente, un modo più che altro per soffocare le risate, ma alla fine dovetti cedere e scoppiai a ridere. 
«Cosa c'è da ridere? E' una cosa serissima!» mi riprese Ayane severa. Io l'abbracciai con dolcezza. 
«Sì sì, infatti Momotaro è alle tue spalle solo che tu non te ne sei accorta» le mormorai in un orecchio. Lei mi scostò, voltandosi allarmata. Nuovamente, trattenni una risata. 
Lei sbuffò spazientita, mentre io, pian piano, camminavo all'indietro. 
«Uffa, Haruka! Alle volte sei propri..» non terminò la frase che io avevo iniziato a correre ridendo divertita. Ayane borbottò qualcosa, e cominciò a venirmi appresso anche lei. 
Sì. Erano queste le mie giornate. Passarle con Ayane a chiacchierare, a prenderla in giro, ad andare a scuola, a prendere i miei brutti voti in algebra senza preoccuparmi del giudizio altrui. 
Quindi mi sorse naturale questa domanda: perché hanno spazzato via tutto questo?
 
 
 
 
2014
Malgrado non fossi mai stata incline al pessimismo, quella volta, dovetti fare un'eccezione. Pensare che, due anni addietro ridevo gioiosa con Ayane mentre andavamo insieme a scuola, e adesso invece scrutavo quello scenario di distruzione era quasi disarmante. 
Ovunque mi voltassi, vedevo sempre la stessa cosa; masse di macerie, che una volta probabilmente erano palazzi imponenti, corpi distesi l'uno sull'altro senza vita, sangue dappertutto, animali morti... era troppo. Persino per il killer più spietato e crudele del mondo quella era una cattiveria contro gli umani e la Terra.
Mentre mi guardavo attorno, constatando che non vi era anima viva, qualcosa mi toccò la gamba destra. 
Chinai lo sguardo tranquilla, perché ormai non mi sorprendevo più di niente. 
Una donna, - sembrava giapponese, ma dalla pelle stranamente scura non potevo esserne sicura – mi scrollava presa dalla disperazione. Io continuai nel mio mutismo imperturbabile. 
Mi abbassai, inclinando leggermente il capo. La donna, i cui occhi neri mi sorpresero per la loro profondità – rimasi perplessa anche dal fatto di riuscire a trovare stupore nelle cose – mi porse un fagotto bianco. Da principio esitai, ma presa da chissà quale rimorso di coscienza, lo presi delicatamente. 
La donna mi sorrise, - prima di accasciarsi al suolo in esanime - e per un attimo, pensai che fino a quel momento era la cosa migliore che mi fosse successa. Almeno da quando era successo tutto quel finimondo.
 
 
 
 




***
 
 
 




Seduta ai piedi di alcune macerie, che sembrava anche il punto più sicuro lì in mezzo, scoprii con meraviglia che la donna mi aveva affidato un neonato avvolto in un lenzuolo bianco. 
Contrariamente da come pensavo, non era ferito, anzi, era in perfetta salute. Ero diventata piuttosto cinica e sospettosa nei riguardi degli umani, sopratutto se soldati. 
Dopotutto erano stati loro a scatenare l'inferno nella nostra amata patria, senza curarsi di ciò che sarebbe poi accaduto nei paesi e nelle città. Persino Tokyo era inginocchio. 
Come la madre, il bambino aveva gli occhi neri e profondi, ma in quelli del neonato brillava una luce piena di speranza. Provai invidia nei suoi confronti. 
Ma il problema era: come può una bambina occuparsi di un altro bambino? 
Sospirai afflitta, e prima che potei alzarmi per cominciare la ricerca di qualche sopravvissuto, qualcuno mi toccò la spalla. 
Come mai mi toccavano tutti con tanta disinvoltura? 
Mi volsi, e un ragazzo seduto su un'alta piattaforma mi sorrideva con enfasi. Aveva neri capelli scompigliati, e occhi di un insolito azzurro. La pelle era bianca come il latte, ma era pieno di graffi e lividi.
«Prima che tu me lo chieda, no, non prenderò tuo figlio o tua figlia in adozione e bla bla bla» dissi, prima che il ragazzo poté dirmi alcunché.
Cominciavo a diventare anche antipatica. 
Il ragazzo scrollò il capo. «Ma no. E' che qui è una noia, la maggior parte della gente è morta quindi non c'è nessuno con cui poter giocare.» 
Lo guardai allibita. Come poteva pensare di giocare in un momento come quello?
«Ricapitoliamo» mormorai, massaggiandomi le tempie. «Stai cercando qualcuno con cui giocare, giusto?» 
Lui annuì.
«E sei un sopravvissuto» aggiunsi. Lui annuì con vigore. A quanto pare stava anche bene. Meno una domanda. 
«Come ti chiami?» chiesi paziente. 
«Nori Takanashi» rispose lui, dondolandosi avanti e indietro in modo fastidioso. Ero sul punto di prenderlo a pugni. «Tu? Come ti chiami, quanti anni hai?» 
Ma non ero io a fare le domande?
Aggrottai la fronte. «Haruka Murakawa e... ho sedici anni.»
Nori fece un verso di stupore, sempre con la stessa mania vispa. 
«Oh, abbiamo la stessa età! Posso chiamarti Haruka? Tu chiamami Nori» mi disse. Annuii incerta, emettendo l'ennesimo sospiro. 
«Senti Nori...» gli dissi, indicando col mento il bambino che portavo cullato tra le mie braccia. Nori allungò il collo, guardando curioso il bimbo.
«E' tuo?» domandò battendo le palpebre. Io aprii leggermente la bocca, pronta a sparare qualche insulto più o meno educato. 
«Sì, certo che è mio, ovvio, l'ho partorito circa dieci minuti fa'!» esclami piccata, allontanandomi di un passo indietro. Nori scoppiò a ridere. 
«Dai che scherzavo» mi rassicurò, agitando una mano in segno di non curanza. Io sbuffai. Almeno questo... 
«Riprendendo il discorso» dissi. «Una donna mi ha lasciato questo neonato, ma io onestamente non so come potrei aiutarli. Cioé, non so niente di bambini appena nati, e cosa più importante qui c'è solo miseria e distruzione.» 
Nori si guardò attorno, come se ancora non avesse preso atto di quella tragedia. Mi parve di vederlo per un istante veramente serio. 
«Hai ragione, però non possiamo certo lasciarlo qui solo» disse incrociando le braccia al petto. 
«Già» gli diedi corda senza nemmeno rendermene conto. «Almeno lui deve avere la possibilità di vivere un'infanzia felice.»
 
 
 
 
 
 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Night_