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Autore: RobTwili    20/04/2012    12 recensioni
«Doll» sospirai, appoggiando le mani contro il bancone e portando il capo all’indietro, «non complichiamoci di nuovo la vita, ok?». Perché ci saremmo feriti di nuovo, esattamente come avevamo fatto fino a poco tempo prima.
Quando l’amore malato diventa qualcosa di così grande da ferirti, sai che può essere quello della tua vita, e devi prendere una decisione: lasciarlo andare per salvare entrambi o lanciarti in quel baratro che ti distruggerà la vita, assieme a lui. E noi avevamo deciso, ci eravamo allontanati, capendo che entrambi saremmo potuti sopravvivere se non ci fossimo lasciati travolgere da quel vortice.
Missing moment sui personaggi di Dollar e Aria da You saved me .
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Eagles don't gain honestly'
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OS dollaria
Questa OS è un missing moment ambientato tra il capitolo 10 e 11 della long story You saved me.
 





Profumo di caffè e una sensazione piacevole sulla guancia. Era da mesi che non mi svegliavo con quei gesti, da quando… mugugnai, incapace di aprire gli occhi, a causa di quel tremendo mal di testa che doveva per forza essere dipeso dalla bronza della sera prima. Lexi e la sua stupida idea di bere, perché le avevo dato ragione? Ero quasi sicura che lei fosse messa peggio di me, visto che non aveva nemmeno riconosciuto la sua immagine riflessa allo specchio del bagno, al Phoenix.
«Ci sono due aspirine nel bicchiere e una tazza di caffè con due zollette di zucchero e mezzo bicchiere di latte, come piace a te, su, sveglia». Ancora una volta una strana sensazione piacevole sulla guancia. Ma chi aveva parlato?
Mi alzai a sedere all’improvviso, ignorando il capogiro e il senso di vomito. Mi concentrai sul viso di fronte al mio. Dollar… era lui. La sua mano ancora a mezz’aria  lì dove prima c’era il mio volto. «Che cosa ci fai qui?» gracchiai, cercando di ignorare il dolore alla gola e strappandogli il bicchiere con le aspirine tra le mani: ne avevo assoluto bisogno, altrimenti non avrei resistito otto ore al Phoenix.
«Ieri sera ti sei ubriacata, ti ho portata a casa e…». Si interruppe, guardandomi mentre appoggiavo il bicchiere vuoto sopra al comodino, di fianco al letto. Era impossibile nascondermi dal suo sguardo che mi fissava. Che stava guardando? La mia faccia non aveva nulla di strano.
Non era cambiato da quando giocavamo sulle altalene, Dollar si era fermato; l’unico segno del tempo sul suo volto era quella cicatrice che si era procurato per difendere lo zio. A quello stupido pensiero i miei occhi si riempirono di nuovo di lacrime, mentre cercavo di spostarmi da Dollar, che però, riuscì ad accorgersene.
«Ehi, vieni qui» mormorò, cercando di prendermi il braccio per attirarmi verso di lui. No, non potevo cedere ma soprattutto non volevo. Dollar era come una droga, quando c’era lui mi sentivo assuefatta: sapevo che, una volta smesso di averlo vicino, sarei stata male, ma non riuscivo ad allontanarmi da lui. «Dai Aria, sfogati un po’». Il mio volto di nuovo contro al suo petto e quelle lacrime che non volevano saperne di non uscire. Un po’, dovevo sfogarmi un po’? Non l’avevo forse già fatto nei giorni precedenti?
«Doll, dai» piagnucolai, tirando su con il naso e puntandogli le mani contro il petto perché smettesse di abbracciarmi e mi lasciasse scendere dal letto. «Non è successo niente, vero?». Con un gesto del capo indicai prima il materasso e poi lui, sperando che la sua risposta fosse negativa. Sapere di essere rimasta con lui per tutta la notte senza ricordarmelo faceva male.
«E se anche fosse? Aria, eri sconvolta». Sentii i suoi passi dietro di me, mentre mi infilavo una vecchia maglia e mi dirigevo in cucina per fare colazione, cercando di scacciare quel dopo sbornia. No, non doveva essere, anche se ero sconvolta.
«Doll» sospirai, appoggiando le mani contro il bancone e portando il capo all’indietro, «non complichiamoci di nuovo la vita, ok?». Perché ci saremmo feriti di nuovo, esattamente come avevamo fatto fino a poco tempo prima.
Quando l’amore malato diventa qualcosa di così grande da ferirti, sai che può essere quello della tua vita, e devi prendere una decisione: lasciarlo andare per salvare entrambi o lanciarti in quel baratro che ti distruggerà la vita, assieme a lui. E noi avevamo deciso, ci eravamo allontanati, capendo che entrambi saremmo potuti sopravvivere se non ci fossimo lasciati travolgere da quel vortice.
«Perché? Cosa ci sarebbe di male se per una volta noi trombassimo di nuovo?». Non riuscii a trattenere un sorriso amaro, alla domanda di Doll. Si era risposto da solo, avremmo solamente trombato e poi sarebbe ricominciato tutto di nuovo: amici, amanti, troppo presi l’uno dall’altra per non accorgerci quanto non prestassimo attenzione a niente altro e poi ci saremmo divisi di nuovo.
«Lasciamo stare» sbottai, aprendo con rabbia una confezione di una brioche che avevo preso qualche giorno prima. Non avevo voglia di litigare, non dopo il funerale di JC e dopo una sbronza colossale. Dollar però non sembrava della mia idea, perché incrociò le braccia al petto, appoggiandosi con la schiena al tavolo, davanti a me: quando si comportava in quel modo voleva parlare.
«No, non voglio lasciare stare, Aria. Voglio parlare e chiarire una volta per tutte, perché non riesco a ricordare il motivo per cui ci siamo lasciati. Se vuoi rinfrescarmi la memoria, sono pronto». Ironia sottile, uno dei tanti comportamenti che aveva copiato involontariamente da Ryan. Lui nemmeno si rendeva conto di quanto lo adorasse, di come, fin da piccolo, avesse cercato di copiare ogni più piccolo gesto, anche nel suo modo di fumare. Se JC era stato un padre per lui, Ryan era come il fratello maggiore, pronto a proteggerlo nelle situazioni difficili e a prenderlo in giro alla prima occasione.
«Perché stiamo parlando di questa cosa? Avevamo detto che il discorso era chiuso». Non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi, non dopo aver detto una bugia del genere che poteva quasi essere una bestemmia. Perché per me, Dollar non sarebbe mai stato un discorso chiuso, ero pronta ad accoglierlo a braccia aperte a costo di ferirmi sempre di più.
«Non stai rispondendo alla mia domanda e non mi guardi nemmeno negli occhi. Stai mentendo». Sentivo una nota divertita nella sua voce, mentre si avvicinava a me schernendomi perché sapeva di avermi smascherata. Eppure, come la bambina cocciuta che aveva conosciuto quasi dieci anni prima, non volevo cedere, dimostrandogli che aveva ragione, ancora una volta. Sapevo di non avere segreti per Dollar, ma odiavo il suo continuo rinfacciarmi le mie piccole bugie bianche.
«Doll, devo andare a lavorare». Gettai la carta della merendina dentro al lavello, senza nemmeno guardarlo o avvicinarmi a lui; infatti girai attorno alla tavola, evitando addirittura di parlargli ancora una volta.
«Il tuo turno comincia tra quattro ore, assieme a quello di Lexi, l’ha detto John ieri sera, mentre eravate impegnate a cantare Born in the USA». Mi stava seguendo come se fosse la mia ombra, mentre camminavo verso la mia camera, per cambiarmi. Quando, dopo aver chiuso la porta alle mie spalle, Dollar la aprì, seguendomi anche lì, sbuffai infastidita, tornando subito in cucina. Sapevo che mi avrebbe seguita fino a quando non avessi ceduto, ma era l’ultima cosa che volevo fare.
«Posso almeno andare in bagno da sola per farmi una doccia?» sibilai, ironica.Tentare di evitarlo fu impossibile: andai a sbattere dritta contro il suo petto. Alzai lo sguardo; i suoi occhi divertiti mi canzonavano ammiccanti.
Arricciò le labbra, ci stava pensando, poi schioccò la lingua e ribatté: «tanto ti ho già visto nuda, quindi se vengo in bagno con te non ci sono problemi. Se vuoi ti insapono la schiena».
Mi fece l’occhiolino per farmi capire che era una battuta. Ma ero sicura che se gli avessi detto di sì, non si sarebbe di certo tirato indietro.
«Sei uno stupido, ti hanno rovinato» esplosi rabbiosa, senza pensare alle parole che stavo pronunciando.
Istintivamente le mani di Dollar si chiusero attorno ai miei polsi, quasi in un gesto rabbioso. Quando alzai lo sguardo per intimargli di lasciarmi andare, rabbrividii, spaventata: il ghigno divertito era sparito, lasciando spazio a una smorfia paurosa che assomigliava decisamente troppo a quella di Ryan.
«Non mi hanno rovinato, mi hanno salvato. Senza di loro non so nemmeno dove potrei essere. E dovresti saperlo, visto che sei sempre stata con me, no? È stato grazie a JC che ti ho conosciuta, o fingi di non ricordare nemmeno questo?». La presa salda e il suo corpo che mi spingeva sempre di più verso la tavola, intrappolandomi. No che non me lo ero dimenticata, come avrei potuto farlo?
«Lasciami, non ho voglia di parlare adesso». Un ultimo, disperato, tentativo, visto che sentivo le mie barriere crollare sotto al suo sguardo e alla vicinanza del suo corpo. Dollar sapeva annientare tutte le mie paure, perché quando lui era al mio fianco, non riuscivo a non vedere il lato positivo di tutto e tutti.
«E invece parliamo. Voglio parlare, Aria, voglio sapere perché fingi che non ci sia mai stato niente tra di noi e fingi che io sia come Ryan, Brandon o gli altri. Non sono così stupido, lo capisco e mi fa male». La presa era diventata meno aggressiva, quasi dolce, forse perché continuava a disegnare cerchi con il pollice lì, dove fino a poco prima aveva stretto.
«Perché? È così difficile da capire, Jack? Perché non è facile vederti e fare finta di niente, sai? Non mi vergogno a mostrare i miei sentimenti come fate voi, se uno ama, lo fa e basta, non finge di essere annoiato, arrabbiato o pieno di rabbia. Ami, lo fai e basta, non ti vergogni, non ci sono sotterfugi o altro. C’è solo l’amore. E quando non è così, tanto vale non amare». Perché si ama con tutto il cuore e con tutto il corpo, non si ama solo quando si fa l’amore, si ama sempre.
«Non mi sono mai vergognato di te, Aria. Cosa ti salta in mente? Non ho mai nascosto niente a nessuno, sapevano tutti che stavamo assieme, sapevano quando venivi lì per trombare e quando lo facevi per guardare un film». Sentivo il suo corpo premere contro al mio, intrappolato dal tavolo dietro di me. Non c’era via d’uscita, come se quello fosse stato il momento di reagire e dire quello che avevo sempre pensato.
«Sì, e poi alla prima occasione, quando io non potevo trombare, te ne scopavi un’altra, no?». Cercai di mettere tutto il mio disprezzo in quella frase, forse perché speravo di poter confondere Dollar e allontanarlo dalla verità, conducendolo verso una bugia.
Non mi era mai interessato delle altre, quelle che sapevo c’erano durante le loro feste. Non ero mai stata la Signora di Dollar e non mi interessava avere quel titolo; volevo solo il suo rispetto, quello che sapevo mi aveva dato. Per questo continuavo a mentirgli: speravo che si arrabbiasse tanto da perdere la ragione, dicendomi quello che già sapevo, cioè che non mi aveva mai veramente tradita, quando eravamo una coppia.
«Non prendermi per il culo, Aria. Non cercare di mentirmi, ti conosco meglio di quanto non conosca me stesso, non rifilarmi la scusa che ti tradivo perché sai che non è vero. Non ho mai toccato nessuna quando ero con te. Ora dimmi il vero motivo per cui non mi guardi e mi eviti». Prese il mio mento tra le sue dita, alzando il mio volto a forza perché non potessi sfuggirgli.
Lasciai che alcune lacrime solcassero il mio viso, mentre mi preparavo a scoppiare. «Perché, Jack? Perché credi sia facile sapere che potresti non tornare a casa la sera? Non me ne frega poi tanto se mi tradisci, tanto anche se non sono la tua Signora c’è quella stupida regola e non lo faresti comunque. Ma è il tuo continuo ferirmi, il sapere che ci facciamo male perché quando qualcuno di noi si farà male, l’altro soffrirà. Non credi anche tu che sia così? Non ti fa male il solo pensiero di svegliarti una mattina e sapere che non puoi più vedere il tuo sorriso perché ti hanno ferito? Be’, è così per me, sarà perché sono stronza, sarà perché sono una donna o forse perché ti amo, ma non ce la faccio a vedere grigio. Voglio bianco, voglio nero, ti voglio sempre con me o non voglio nemmeno ricordarmi che esisti, perché vederti ogni tanto mi fa male Jack. È come se ti stessi trasformando in Ryan, guardo te e vedo lui dieci anni fa, quando ha creato gli Eagles, è la stessa immagine. Fiero di farne parte, che si gode la vita e che si sbatte la prima puttanella che apre le gambe per diventare una Signora. Io non sono così, io lo facevo perché ti amavo, è difficile da capire? Sì, a quanto pare». Quanto avevo urlato? Molto, probabilmente, visto che Dollar si era allontanato di un passo, lasciando il mio volto. «E la cosa che mi fa più male, vuoi sapere qual è? Che in questi tre giorni, averti avuto al mio fianco di nuovo mi ha fatto ritornare ai vecchi tempi, e sono stata bene, sai? Perché è difficile stare senza di te». Con un gesto quasi rabbioso tolsi la lacrima dalla mia guancia con la mano, cercando di non farne uscire altre. Era impossibile, visto che il volto di Dollar mi appariva tutto sfuocato.
«Riproviamoci. Diventa la mia Signora ufficialmente. Nessuno potrà più toccarti e sai che non ti tradirò mai, potrai venire alle feste e sarai protetta. I ragazzi non obietteranno». Un passo verso di me, tanto che ancora una volta il suo corpo si appoggiò al mio. Era testardo come un mulo, lo sapevo, ma la situazione si stava dimostrando ancora peggio di quello che mi ero immaginata.
«Non hai capito niente di quello che ti ho detto, vero?» non riuscii a trattenere una risata quasi isterica tra le lacrime. Dollar era ancora un bambino; cresciuto troppo in fretta sotto molti aspetti, ma rimaneva sempre un piccolo bambino cocciuto; il mio piccolo Jack cocciuto.
«Certo che ho capito. Hai paura e ti manco, ma tu non hai capito quello che io ti ho detto: ti voglio con me, come mia Signora. Perché mi manchi, anche adesso». Spinse il suo bacino verso di me, punzecchiandomi. Socchiusi gli occhi, cercando di non cadere nella sua trappola: Dollar sapeva come tentarmi, era sempre stato bravo a farlo. Ma non volevo cedere alle sue parole, perché poteva benissimo mentirmi.
«Jack, smettila» mormorai, cercando di ritrarmi dal suo corpo. Nonostante la mia altezza, Dollar mi superava, tanto che arrivavo su per giù al suo naso. Non riuscivo nemmeno a ragionare, non se le sue labbra sfioravano le mie, mentre mi guardava con quello sguardo di sfida, tentandomi.
«Andiamo, ti sto dicendo che mi manchi, se non è così anche per te, perché non me lo fai capire? Non senti quanto mi manchi?». Portò la mia mano sul cavallo dei suoi pantaloni, forse perché credeva che non me ne fossi accorta. La ritirai subito, voltando il viso dall’altra parte per non guardare il suo ghigno soddisfatto. «La piccola Aria si vergogna, lei che è così pudica, no?». Sentii la sua mano solleticare il mio fianco, mentre continuava a tenermi intrappolata, senza che potessi liberarmi.
«Smettila, stai facendo esattamente quello che odio» sbottai, cacciando indietro le lacrime e puntando le braccia contro il suo petto, per allontanarlo, inutilmente.
«Cosa odi? Il fatto che io ti desideri? Il fatto che ti faccia capire quanto mi manchi? Non capisco, Aria». Si portò una mano tra i capelli, facendo una smorfia buffa che gli increspò tutta la cicatrice, esattamente come succedeva quando non capiva qualcosa. Quello, quello era il mio Jack. Non c’era Ryan in quella confusione.
«Il fatto che tu riduca tutto al sesso. Sembra che tu voglia solo scopare con me». Scossi la testa, abbassando lo sguardo involontariamente.
«Non voglio fare sesso con te, non ricordi? Noi non facciamo sesso, non trombiamo, noi facciamo l’amore. E voglio fare l’amore adesso, con te, qui. Non me ne frega se siamo in cucina e se sei ancora mezza sbronza da ieri sera. Io ti voglio». Circondò il mio volto con le sue mani, avvicinandosi lentamente a me, sfiorando le mie labbra con le sue senza veramente toccarle. Mi stava semplicemente facendo impazzire. Mi tentava; lo faceva il suo respiro caldo che si infrangeva contro le mie labbra, lo facevano i suoi occhi verdi che scrutavano dentro i miei, come se cercassero di leggermi l’anima. «Fermami e me ne vado, ma fallo solo se non mi vuoi più. Se è un no definitivo, altrimenti riproviamoci».
No, non sarebbe mai stato un no definitivo per lui, mai. Azzerai la distanza tra le nostre labbra, lasciando che un sospiro mi sfuggisse, morendo sulla sua pelle.
Le mie mani ritrovarono con troppa facilità confidenza con il suo collo, mentre salivo verso la sua nuca, per sfiorarlo, perché sapevo che quel gesto gli dava i brividi. Raggiunti i suoi capelli cominciai a giocare con qualche ciocca, mentre Dollar si muoveva contro di me, togliendomi il respiro. Mi staccai dalle sue labbra ansante, socchiudendo gli occhi mentre appoggiavo la fronte contro alla sua spalla.
La sua mano sollevò la maglia che portavo, arrivando al mio ventre, che cominciò a sfiorare con i polpastrelli, mentre mi inarcavo verso di lui. Sentii una sua risatina contro il mio lobo, prima che lo stuzzicasse con i denti. «Ti manco, non è vero?». La sua mano salì, catturandomi un seno, stretto dalla stoffa del reggiseno; a quel gesto mugolai, inarcando la schiena, in cerca del calore del suo corpo contro al mio. «Lo so che ti manco Aria, lo sento»; con l’altra sua mano corse sulla mia schiena, per slacciarmi il reggiseno. Istintivamente portai le mani a poggiarsi sulla tavola dietro di me, visto che le mie gambe cominciavano a cedere, a causa del peso della passione. «Se non ti mancassi, il tuo corpo non reagirebbe così». Strofinò il palmo della sua mano contro al mio seno, per farmi capire che non si sbagliava. Cercavo di mordermi le labbra per trattenere un gemito, ma quando la mano di Dollar scese, sfiorandomi sopra gli slip, un mugolio di piacere mi sfuggì, facendolo ridere soddisfatto. «Non sono poi cambiate le cose che ti piacciono, eh, piccola?» soffiò al mio orecchio, scostandomi l’intimo mentre si sistemava al mio fianco, senza che il suo inguine perdesse il contatto con il mio corpo. «Quello che piace a te, piace anche a me, lo sai» scherzò, la voce già roca per l’eccitazione e un’erezione evidente sotto i jeans. «Ora, se ti manco e mi vuoi, be’»
spiegò, continuando con le sue carezze sempre più profonde che mi mandavano ondate di piacere talmente forti da costringermi a socchiudere gli occhi, «altrimenti se è un no definitivo mi fermo». Smise di accarezzarmi, lasciando che mi sfuggisse un gemito frustrato per quella tortura che mi stava infliggendo.
«Jack…» mormorai, circondandogli il volto con le mie mani e attirandolo a me. Sentii le sue labbra tendersi in un sorriso, mentre mi baciava, portando le sue mani sui miei fianchi e sollevandomi perché potessi sedermi sul tavolo.
«Jack, Jack, Jack» cantilenò, scherzando, mentre le sue mani alzavano la maglia, togliendola; in pochi secondi mi ritrovai solamente con gli slip addosso. Non provavo vergogna e non pensai nemmeno di coprire il mio seno nudo, che si alzava e abbassava velocemente, a causa delle carezze di Dollar. Portai le mani sul collo della sua maglia tirando per levargliela e, quando ci riuscii, la lanciai per terra, portando le mani sulle sue spalle e attirandolo a me. Baciai il tatuaggio sopra al suo cuore, quella piccola aquila stilizzata che voleva emulare quella di Ryan e salii su, verso il suo collo che mordicchiai e torturai, fino a quando non ringhiò, frustrato. Sapevo cosa gli piaceva e cosa no, sapevo condurlo al punto di non ritorno e sapevo farlo impazzire. «Aria…» mi ammonì, calandosi i pantaloni e i boxer in un gesto solo. Non riuscii a trattenere una risata divertita, vedendolo così impaziente; risata che morì sulle mie labbra, quando si abbassò a baciare un mio seno, mentre sfilava i miei slip in un gesto veloce. «Aria» tornò a ripetere, baciando le mie labbra e muovendosi contro di me per farmi impazzire, senza mai accontentarmi, nemmeno quando cercavo di tentarlo muovendo il mio bacino contro di lui.
«Fanculo» sbottai, allacciando un braccio attorno al suo collo e facendo aderire i miei seni contro al suo petto, ottenendo la reazione che mi aspettavo. Dollar gemette, portando una mano sulla mia schiena e premendomi contro di lui, prima di appoggiarmi di nuovo alla tavola, per potersi unire a me.
Reclinai la testa all’indietro, mentre Dollar gemeva, cercando di trattenersi; riuscivo a sentirlo: lentamente, diventava una cosa sola con me, le sue labbra mi accarezzavano la tempia e le sue mani sfioravano il mio corpo. Potevo sentirmi finalmente completa, con Dollar dentro di me.
Perché sapevo di amarlo, e sapevo che non sarei mai riuscita a rimanere senza di lui. «Jack… non, non ferirmi di nuovo» ansimai, mordendo la sua spalla, cercando di trattenere i gemiti che non riuscivo a reprimere a causa delle sue spinte.
Stare tra le braccia di Dollar era come tornare a casa, sentire il sapore della sua pelle sulle mie labbra era quasi eccitante, ma lo era ancora di più il suo corpo contro, dentro, al mio, mentre cercavamo di rincorrere un piacere che sembravamo quasi raggiungere, prima che scappasse di nuovo. Quando Dollar aumentò il ritmo delle sue spinte, non riuscii a trattenermi, gemendo il suo nome mentre gli graffiavo la schiena con le mie unghie. Sorrise, un sorriso tirato, mentre, stanca e soddisfatta, andavo incontro alle sue spinte, muovendo il mio bacino. Vedere la sua mascella contrarsi e la smorfia di piacere sul suo viso era quasi più piacevole dell’orgasmo stesso, forse perché mi sembrava di essere ritornata indietro nel tempo. Dollar si accasciò sul mio corpo, dandomi un bacio sul mento, mentre cercavamo di riprendere fiato.
«Dobbiamo andare da Ryan, subito. Devo presentare ufficialmente la mia Signora. Nessuno potrà toccarti o sfiorarti senza il mio permesso» mormorò, senza però sciogliere il nostro abbraccio e interrompere il contatto tra i nostri corpi. Non riuscii a trattenere una risatina, rimanendo con la schiena appoggiata al tavolo; certo, ora era una cosa a senso unico.
«Dovresti anche ricordare che non puoi tradirmi» sussurrai, sfiorando la sua nuca con la punta delle dita e facendolo rabbrividire. Appoggiò il mento al centro del mio petto, guardandomi con un’espressione buffa che mi fece ridere di nuovo, felice.
«Come? Cosa?» scherzò, senza trattenere un attacco di risa. Le sue labbra scesero a baciare la pelle candida del mio seno, risvegliando quella voglia di lui che avevo assopito per troppo tempo. «Andiamo, perché altrimenti non esco più da qui». Sembrava quasi dispiaciuto da quella cosa, e questo mi fece ridere di nuovo. Incredibile quanto Dollar potesse condizionare il mio umore: bastava sapere che sarebbe stato di nuovo accanto a me, e riuscivo a vedere tutto più luminoso, quasi.
«Aspetta» sussurrai, prendendo la sua mano e attirandolo verso di me, dopo essermi seduta sulla tavola. «Dimentichi questo». Era la risposta al suo sguardo confuso, dopo che l’avevo attirato di nuovo verso di me. Posai le mie labbra sulla sua cicatrice, accarezzandola piano: dalla fronte al mento, in una carezza fatta solo dalla bocca. Ora, come aveva sempre fatto, poteva andare, avevamo veramente finito di fare l’amore. 

 
 
 
 
Oooooook, sì, lo so.
Non ha molto senso e forse non c’entrava poi molto con la storia, ma le vostre recensioni che parlavano di quanto Dollar e Aria fossero carini mi hanno impressionato. O forse mi ha stupito il non essermi accorta che alla mattina Dollar non era al 3B. così sono andata a controllare a casa di Aria e…
Vorrei però che fosse chiara una cosa, prima di sembrare una pazza (visto che rompo spesso le palle con la distinzione). Non è sesso, è amore. In una forma malata, estrema, qualsiasi cosa vogliate chiamarla, ma è amore. È il ritrovarsi e potersi finalmente appartenere di nuovo dopo aver sofferto per la lontananza, è sentirsi di nuovo a casa. Aria e Dollar ritornano a casa.
E non era voluto, perché ripeto: Aria non è uno dei personaggi che c’erano, è nata nel capitolo del Phoenix quasi per sbaglio e poi mi è piaciuta, quindi ho deciso di darle un ruolo più di spessore.
Esagerato il fatto che lei sia la Signora di Dollar? Non lo credo; Brandon aveva detto una frase specifica a Lexi e quindi non mi sembra forzato. Poi non è nemmeno detto che le cose vadano bene, eh! :D
Grazie infinite a chi ha letto anche questa cosina, un po’ senza senso, un po’ idiota e un po’ porno.
Ricordo che fatti persone e luoghi non sono puramente casuali ma sono tratti dalla mia long: You saved me.
 
Rob.
   
 
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