Crossover
Segui la storia  |       
Autore: Registe    20/04/2012    3 recensioni
Prima storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone".
In una Galassia lontana lontana (ma neanche troppo) l'Impero cerca da anni di soffocare l'eroica Alleanza Ribelle, che ha il suo quartier generale nella bianca citta' di Minas Tirith, governata da Re Aragorn e dal suo primo ministro lo stregone Gandalf. I destini degli eroi e malvagi della Galassia si intrecceranno con quelli di abitanti di altri mondi, tra viaggi, magia, avventure, amore e comicita'.
In questa prima avventura sulla Galassia si affaccia l'ombra dei misteriosi membri dell'Organizzazione, un gruppo di studiosi dotati di straordinari poteri che rapisce delle persone allo scopo di portare a termine uno strano rito magico da loro chiamato "Invocazione Suprema"...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 22 - Donna e drago


Red Dragon wallpaper

Zam drago




Per una volta persino Kaspar fu felice di vedere la mutaforma.
Uscì dal Portale Oscuro con il suo fare superiore, superando con un rapido passo lo schifoso mercenario ed il suo amico dall’armatura d’oro. Zachar era ancora immobile, con lo sguardo infuriato, e passava rapidamente gli occhi da lui ad Auron.
Ma cosa le è preso a quella cretina? Se crede che IO abbia fatto fuori quell’armadio …che lo avrei fatto volentieri, quello non lo nego … ma il soldato vestito di rosso era vivo, vegeto, e molto più forma di lui. Se non si fosse sentito così a pezzi gli avrebbe volentieri lanciato una delle sue migliori Ultima.
Ma non staccò gli occhi dalla mutaforma. Zam Wesell era pazza ed imprevedibile. E, cosa ancora più importante, lo voleva morto. Il sentimento ovviamente era reciproco, ma Kaspar aveva imparato suo malgrado che era impossibile sconfiggere quella sgualdrina per le vie dirette. Scivolò oltre gli altri, lasciando pochi metri di distanza tra sé ed i Membri dell’Organizzazione che si stavano lanciando occhiate incuriosite.
Come avessero fatto Auron ed il sacerdote da strapazzo a portarla in quel Castello era un mistero che in quel momento non aveva intenzione di svelare, intento solo a cercare di recuperare le forze; gli incantesimi di guarigione non erano il suo forte, e si sedette a terra cercando di convogliare quanta più energia magica possibile verso le sue ferite, provando ad accelerare la guarigione.
La cacciatrice di taglie si muoveva con un passo fermo, senza alcun timore del Castello bianco. “Allora è vero” fece, rivolgendosi verso l’ammiraglio Daala “Stai bene? E Mara dov’è?”.
Già …
Dove andava l’ammiraglio Daala c’erano sempre Mara, la Sith traditrice e la mutaforma; Kaspar non aveva la minima idea (tantomeno gli interessava) su come le tre donne fossero riuscite a stringere amicizia, ma con suo sommo disgusto si erano rivelate uno splendido terzetto, la versione femminile del Trio Destroyer. Ma decisamente più letale.
Un giorno ti farò sputare tutta la tua boria, puttana. Ma adesso mi servi intera…
“Non so dove sia Mara. Questi gentili signori …” indicò gli uomini vestiti di nero “… ci stanno facendo qualcosa, Zam. Me lo sento. Vogliono che io uccida Tarkin”.
“Il mondo non verserebbe una lacrima, te lo assicuro”.
Tra lei ed il governatore non c’era mai stato buon sangue. La mutaforma era sempre stata un essere impulsivo ed una predatrice di natura, ma dotata di un senso dell’onore così rigido che non ammetteva repliche; Tarkin era calcolatore, pratico e privo di qualsiasi senso di eticità. Kaspar aveva cercato di sfruttare questo punto debole per isolare l’anziano gerarca, ma Zam Wesell continuava a rimanere il cane da guardia del Trio Destroyer, dell’ammiraglio Daala e delle sue patetiche bambine.
Prima che Tarkin potesse risponderle come suo solito la donna gli diede le spalle e si rivolse al sacerdote con l’armatura d’oro “Mi hai detto la verità. Ti ringrazio”.
Si incamminò verso i Membri dell’Organizzazione: “Da qui in poi ci penso io”.
Kaspar si augurò che quei quattro riuscissero a darle una lezione con i fiocchi, ad umiliarla proprio come quel Marluxia si era permesso di fare con lui. Se per quella donna l’onore era la cosa più importante allora avrebbe voluto vederla rotolare nel fango, ma si rese conto di aver bisogno di lei più del previsto. Zachar continuava a sbraitare come una matta: il mercenario la tratteneva, ma non sarebbe durato in eterno e così debole non avrebbe avuto la forza di resistere ad un incantesimo della sua ameba. Ma con lei avrebbe fatto i conti al ritorno.
Se fossero tornati.
E quello, come al solito, dipendeva dall’umore della cacciatrice di taglie.
Quel Marluxia la squadrava dalla punta degli stivali neri al corpetto viola all’elmo: i suoi occhi azzurri guizzavano alla ricerca di armi, Kaspar ne era sicuro. E per quanto Zam Wesell avesse armi nascoste su tutto il corpo, la sua arma migliore era il suo corpo stesso.
“Beh, ho visto donne molto migliori di questa qui!”.
Kaspar non poté che essere d’accordo con il ragazzo dai capelli rossi ed i tatuaggi.
“Senti, non so chi ti credi di essere ma qui abbiamo un’Invocazione Suprema in atto”.
“IO INVECE HO IN ATTO DI SPACCARVI LA…”
La mutaforma zittì il mercenario solo fissandolo. Il mago aveva sempre detestato che quella donna avesse gli occhi color del ghiaccio, molto simili ai suoi e con una sfrontatezza che la accompagnava ad ogni passo, in grado di ammutolire persino il governatore Tarkin e far preoccupare l’Imperatore. Quei Membri dell’Organizzazione non avevano idea di quale mastino Auron avesse sguinzagliato nel loro preziosissimo Castello dell’Oblio. “Ho detto che ci penso io. Non mettetevi in mezzo”.
Degli uomini in tuta quello che realizzò il pericolo fu il piccoletto con il ciuffo, che richiamò l’attenzione di Marluxia con diversi ceni del capo. Anche un cieco avrebbe visto la preoccupazione sulla sua faccia.
Ma il roscio non doveva essere solo cieco, ma anche molto, molto stupido. Si piegò in avanti ed i suoi compagni si allontanarono, lasciando che intorno a lui si formasse un cerchio di fuoco; dalle lingue di fiamma si staccarono due scintille che raggiunsero i suoi guanti. Ci fu un’esplosione di calore, e le scintille si ingrandirono fino a sembrare due dischi dall’anima bianca e delle punte rosse, che ricaddero tra le sue dita senza alcun rumore. Kaspar aveva visto qualche volta dei soldati dell’Amn usare dei chackrams ed altre armi primitive, ma quelli del ragazzo dai capelli rossi emanavano una notevole aura magica. Erano imbevuti del potere del fuoco. Istintivamente si appiattì contro la parete, e vide il mercenario ed il sacerdote imitarlo.
Il primo chackram saettò dalla mano sinistra del proprietario e percorse tutto il perimetro della stanza, mancando di poco la testa del governatore Tarkin; si diresse contro la mutaforma da dietro, mentre la seconda arma, ricoperta di un letto di fiamme, puntò dritta contro il suo viso.
La mutaforma scivolò in avanti, e con un guizzo fece scivolare il suo braccio nell’impugnatura dell’arma infuocata, lasciando che arrivasse dritta fino alla sua spalla per poi ricadere nel suo pugno, mentre il fuoco si spense contro la sua tuta. Rapida come un predatore si abbassò, e prima che Kaspar riuscisse a vedere il suo movimento si protese all’indietro ed afferrò il secondo chackram per una delle punte. Nel farlo atterrò sulle ginocchia, ma le due armi adesso erano solo due cerchi inutili nelle sue mani.
Il mago sentì la bile risalirgli in gola. Come avrei voluto umiliare Marluxia in questo modo.
Ma Wesell era una bestia, una delle poche cose sensate mai dette dall’Imperatore Palpatine. Era un’arma da guerra, addestrata per cercare, uccidere e distruggere, e quello era il suo lavoro, una cacciatrice di taglie, feccia della galassia. Una razza di cambiapelle fastidiosa ed odiata da tutti, di cui quella donna rimaneva l’unico esemplare. Kaspar non aveva nemmeno preso in considerazione l’idea che quel roscio potesse farle anche solo un graffio.
“Axel, ti sei fatto prendere i chackrams? Che scarso!” fece la ragazza bionda, l’unica che sembrava divertita dalla scena “Dopo il complotto sei diventato pigro, eh?”.
Otto fulmini saettarono intorno alle sue dita, ma da quella distanza Kaspar non riuscì a vedere bene cosa stesse facendo. In compenso quando la mutaforma sibilò un “Accomodati” la sentì benissimo.
Corse verso l’angolo più distante dai loro avversari, cercando nel suo potenziale magico la forza per un incantesimo di difesa, ma anche quando intorno a lui si formò un piccolo tornado sapeva che non sarebbe stato sufficiente. Vide Auron trascinare Zachar, la MIA Zachar, contro l’ingresso, ed il governatore Tarkin fece lo stesso. Bastavano pochi giorni all’Impero per sapere che Zam Wesell non ammetteva intrusi durante una trasformazione.
Si accorse con sommo dispiacere che la stanza era molto ampia.
Enorme.
Con un soffitto alto come diversi piani di un grattacielo.
Mai dare alla sgualdrina troppo spazio di manovra.
La ragazza dai capelli biondi svanì in un Portale Oscuro, e la vide ricomparire in aria e ricadere sulla mutaforma come un unico, grande fulmine, accompagnata da un urlo di battaglia. Ma, come prevedibile, il fulmine si infranse su una massa di scaglie color sangue, e la ragazza si rialzò dal suolo appena in tempo, evitando una zampa grande quanto un essere umano.
Il drago socchiuse le ali e spalancò le fauci verso il Membro dell’Organizzazione dai capelli rossi, che lanciò un urlo di puro terrore. Provò a teleportarsi dove i suoi chackrams giacevano per terra, ma una zampata di Zam lo colpì alla spalla e fu costretto a ritirarsi.
La mutaforma agitò la coda, fissando i quattro avversari: il piccoletto aveva un’espressione di puro panico dipinta sul volto, e con una certa soddisfazione vide anche Marluxia indietreggiare, colto alla sprovvista dalla trasformazione della donna. Il ruggito fece tremare metà del Castello. Alla luce bianca emanata dalle sue pareti le squame rosse sembravano un’enorme macchia di sangue, una perfetta macchina di morte dotata di zanne, artigli ed ali.
Per una volta era felice di non essere lui il bersaglio della furia di Wesell.
Dall’altra parte della sala il sacerdote dai capelli viola si segnò il viso ed il petto mentre cercava rifugio dietro la spada del mercenario.
Quando il drago si protese in avanti i quattro si teleportarono ai suoi lati, tranne quello con i capelli rossi.
Un turbine di petali rosa avvolse la stanza, la familiare cascata che Kaspar aveva imparato a detestare, accompagnata dal suo profumo pungente. Ne caddero a dismisura, ancora più che nel precedente duello; alcuni rosa, altri scarlatti, decine neri, tutti accorsero dal soffitto, scivolando lungo le ali del drago e contro le sue squame. Il vortice intorno a lui ne tenne lontani molti, ed il mago sapeva che quello sarebbe stato solo l’inizio. Tra l’uno e l’altro era pronto a giurare di sentire dei sussurri, delle voci disperate che accompagnavano quella fioritura impazzita in un corteo funebre. La mutaforma non se ne curò, ma dal fondo della sua gola di drago partì una fiammata che colpì in pieno il ragazzo che era rimasto immobile davanti a lei; che ne uscì indenne, come se il fuoco si fosse disperso lungo il suo abito nero. Nessuno, prima di lui, aveva mai rivolto un sorrisetto arrogante ad una simile creatura “Drago sputafuoco, eh? Un punto a mio favore!”
“Marly, quando?” esclamò la ragazza con i kunai.
“Adesso”.
Sul pavimento lo strato di petali scivolò, come mosso da un vento invisibile; le dita dell’uomo dai capelli rosa li guidarono in una danza, trascinandoli contro le zampe del drago a migliaia, rapidi ed implacabili. Quando la prima ondata raggiunse le scaglie i petali si fusero tra loro, ed il loro colore pallido si fece intenso, robusto, finché non assunsero la forma di gigantesche radici. Kaspar seguì con gli occhi il loro percorso mentre altri petali continuavano ad unirsi ad esse in una rete marrone e verde: dal pavimento bianco alcune si avvolsero fin dove la zampa si congiungeva al torso, conficcandosi nel ventre alla ricerca di un punto debole. Si mossero come delle dita, reagendo ai movimenti della creatura, e si adattavano ad ogni suo soffio. L’ammiraglio Daala lanciò un urlo di avvertimento quando una seconda radice calò dall’alto, dove centinaia di petali cremisi si erano radunati. L’uomo dai capelli rosa mosse un braccio e la pianta si serrò tra la testa ed il collo, che si contorse nel tentativo di disfarsene.
Quel Marluxia non è come gli altri.
La radice si ritrasse verso il soffitto, trascinando con sé il capo della drago senza che le zanne lacerassero anche solo una fibra: incapace di voltarsi, le sue fiamme si spensero contro una parete, e per quanto agitasse la coda la mutaforma non trovò nessun avversario. La bestia emise diversi ruggiti ed il vento delle sue ali ottenne l’unico risultato di confondere ancora di più le persone che cercava di proteggere. Con un sorriso la ragazzina bionda si circondò di fulmini “La testa di un drago farà un figurone nella mia stanza!”, e persino Kaspar, dal suo cantuccio, vide il sorriso assetato di sangue. Si lanciò contro il drago con tutta la forza del suo corpo minuto, una saetta nera tra mille altri fulmini.
E rimase intrappolata tra le radici create dal suo compagno.
Ci fu un susseguirsi di imprecazioni, di piante carbonizzate e di petali allo sbaraglio, e la ragazza fu sommersa; il drago sparì così come era venuto, e d’un tratto l’enorme mole rossa fu meno che un punto. La massa di radici reagì ai movimenti del Membro dell’Organizzazione, stringendole le braccia e facendole cadere i kunai. Qualcuno lanciò un urlo e Marluxia lanciò un’esclamazione ben poco principesca quando la mutaforma ricomparve nella sua forma umana, con un sorriso beffardo. Se bastassero due piantine ad ucciderla l’avrei già fatto con le mie mani, rifletté il mago. Il vero problema, con Wesell, non era il fatto che potesse mutare in drago, in lich, in balrog o in qualsiasi altra creatura che conoscesse: il problema era che poteva passare da una forma all’altra nel tempo che Saruman avrebbe impiegato ad esclamare “Ohibo!”.
Scivolò tra le maglie delle radici con naturalezza, lasciando che quelle si abbattessero sulla sfortunata biondina.
L’attimo dopo fu alla gola di Marluxia, e Kaspar si lasciò scappare un grido di esultanza.
La donna percorse in un istante lo spazio che la separava dall’uomo dai capelli rosa e lo trascinò a terra, con un coltello alla mano “Fermate quella pazza!” urlò il ragazzo dai capelli rossi, che si spostò fino a dove erano caduti i suoi chackrams. Uno di loro si infiammò, ed il suo padrone lo mandò ad infrangersi contro la massa di radici; l’odore di bruciato fu a dir poco insopportabile, e la biondina che emerse dal fumo sembrava sul punto di cadere a terra.
Preda facile…
Con tutte le energie residue richiamò una Palla di Fuoco: avrebbe voluto e saputo far di meglio, avrebbe volentieri riversato su quei quattro il suo migliore Sciame di Meteore, ma si sentiva ancora troppo debole. La testa gli vorticava, ed il terrore costante che Wesell potesse improvvisamente saltargli addosso lo faceva star male. E doveva ringraziare l’odioso cacciatore di taglie per tutti i lividi che si ritrovava.
Pensando a lui e alla sua sgualdrina lasciò che il potere magico si risvegliasse in lui e lo scagliò con forza: teoria della magia o meno, non ci voleva uno studioso per capire che il fuoco non aveva alcun effetto sul roscio.
Ma sulla ragazza, forse …
La magia lasciò il suo guanto ed illuminò il percorso di una scia arancione, lasciando una lunga lingua di fiamme. Con sommo disgusto di Kaspar la ragazza se ne accorse in tempo, e scivolò alla sua destra rapida come saetta. Ma il colpo non andò del tutto a vuoto.
La Palla non trovò la biondina nel suo percorso, ma un altro Membro non fu così rapido a scansarsi: il moccioso dai capelli argentati fu colpito in pieno, e soltanto il suo urlo coprì l’odore di stoffa e carne bruciata. Meno uno. Il corpo ancora fumante fu scagliato lontano, e sulle facce dei suoi amichetti per la prima volta nacque un’espressione di panico mentre Kaspar sentì la rabbia montare di nuovo per preparare un secondo incantesimo.
Quei Membri dell’Organizzazione si erano presi gioco di lui, Kaspar, lo stregone più potente del mondo … beh, non avrebbero più avuto tempo per vantarsene. Scacciò via il tornado che lo proteggeva, spazzando in un colpo tutti i petali, le piante e le radici nella sala dell’Invocazione Suprema, e stavolta nelle sue mani fece traboccare il potere dell’acqua. Chiuse gli occhi, e lasciò che tutta l’acqua che scorreva fuori e dentro il castello accorresse alla sua chiamata e si sprigionasse al suo volere. L’odio, la frustrazione, tutto sembrò catalizzare i suoi poteri.
Il soffitto della stanza divenne azzurro, e Kaspar lasciò che la cascata liberasse tutti i suoi sentimenti in un unico, poderoso attacco che investì i suoi nemici, la mutaforma, le due guide e gli imperiali, creando un unico, grande gorgo. La prima gioia fu vedere Marluxia accasciarsi contro una parete, e subito dopo il colpo lasciò una grande macchia rossa dove Wesell aveva affondato il coltello. Si afflosciò proprio come un fiorellino calpestato da un esercito di nani ubriachi, pallido, e fu con un certo sadismo che il mago gli scagliò contro una seconda ondata e poi una terza, ricordandosi di come quel bocciolo impertinente lo aveva sconfitto ed umiliato davanti a Zachar, gli aveva sottratto gli Oggetti Millenari e lo aveva ridotto ad una bambola.
E poi ancora una Palla di Fuoco ed una Catena di Fulmini, colpo su colpo, incenerendo ogni suo pallido tentativo di difesa con i suoi ancor più ridicoli fiorellini.
Con la coda dell’occhio vide Wesell rialzarsi e puntare il padrone dei chackrams, che appena la vide arrivare saettò in un Portale Oscuro. “Ritirata!”, farfugliò, e riapparve davanti a Marluxia: prima che il mago potesse dargli la lezione che si meritava si caricò il suo compagno negli strali di tenebre ed evitò di un soffio il suo ultimo incantesimo.
“Mutaforma, fermali!” le urlò, ma quello riapparve molto più in là, raccogliendo il moccioso con il ciuffo, ancora disteso per terra.
Per ultima rimase la biondina. Scossa, con i suoi ciuffetti in disordine e metà faccia coperta di sangue, ma ancora in piedi. Se li guardò uno per uno e li salutò come se stesse per partire per una scampagnata “Siete stati bravi, mi avete fatto davvero divertire. Ma attenti …” per un attimo la sua faccia ricordò quella di una bambina impertinente che stava progettando una marachella.
“ … potrei tornare!”
Quando il Globo Acido raggiunse il punto in cui si trovava lei si era già teleportata altrove, dietro i suoi compagni.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Crossover / Vai alla pagina dell'autore: Registe