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Autore: FullmetalBlue13    20/04/2012    7 recensioni
[ATTENZIONE! AGGIORNAMENTI SENZA ALCUNA REGOLARITÀ]
Un pomeriggio come tanti altri, Angel Akuma (17 anni, chioma arancio acceso e un pessimo carattere) riceve una telefonata anonima.
Di chi è la misteriosa voce che la chiama "finto angelo", un soprannome assegnatole dal padre che non ha mai conosciuto?
Per lei comincerà una serie di eventi che le cambieranno la vita, facendo luce sulle sue origini, sul suo passato e sul suo destino.
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Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfiction... Devo confessarvi che sono un po' emozionata. Spero che vi piaccia. Mi sono divertita molto a scrivere tutto ciò e spero di continuare... Recensite numerosi!
Ah, già.
A TUTTI I LETTORI: Per favore, non limitatevi a leggere il primo capitolo! È solo un prologo...
Spero che possiate apprezzare il prosieguo della storia (sempre che abbiate qualche minutino da dedicare alla mia Angel, ecco...) e anche il mio miglioramento come scrittrice.
Grazie mille, FB13
=(^.^ =) (= ^.^)= \(^.^)/ (danza della gioia)
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mephisto Pheles, Nuovo personaggio, Rin Okumura, Yukio Okumura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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ROMA, ORE 23:47
Camminavo velocemente tra i vicoli della città più bella che io conosca.
 Una coppia di barboni ubriachi si spintonava barcollando per le vie deserte. 
Un gattino randagio spelacchiato immergeva la testolina in un bidone della spazzatura reggendosi sulle zampe tremanti per la fame. Non mi ricordo bene, ma credo di avergli offerto qualcosa da mangiare. 
O forse no, ero di fretta, percorrevo le vie periferiche cercando invano di prendere l’ultimo autobus della giornata. Lo vidi partire giusto qualche secondo prima di raggiungere la fermata. Mi sedetti sconsolata sulla panchina della fermata, sbuffando. 
“Akuma, Akuma… sempre in ritardo!”. Mi vennero in mente le parole che sempre mi ripeteva il professore quando ancora andavo a scuola. Adesso avrei dovuto farmela tutta a piedi. Perché avevo accettato quello stupido invito? Rispondendo al telefono avevo sentito una voce maschile, calda e suadente…
-Mio caro finto Angelo, so tutto di te, della malattia di tua madre e del padre che non hai mai avuto. Se vuoi sapere la verità ti sto aspettando, vai velocemente in via Brescia, nella cassetta della posta dei soldi e i biglietti dell’autobus necessari. Ci conto, tesoro mio-. Dopo questo una risatina gelida e poi più nulla. Cosa avreste fatto voi al mio posto? (Dopo un iniziale svenimento, s’intende). Beh, io ci ho creduto. Troppe coincidenze.
Mi chiamo Angel Akuma, ho 17 anni, sono italo-nipponica. Sono una ragazza abbastanza alta, dai capelli di un arancione abbagliante, occhi neri profondi, una bocchina rossa-rossa e… un pessimo carattere. Vivevo con mia madre, in carrozzina e muta per colpa di un incendio divampato il giorno della mia nascita. Mio padre non l’avevo mai conosciuto. Come faceva quella misteriosa voce a sapere ciò? (prima coincidenza).
Solo mia mamma, a volte, mi chiamava “finto Angelo” e lei una volta mi aveva detto che era stato mio padre a darmi quell’appellativo. Come lo conosceva colui che aveva telefonato? (seconda coincidenza). Terza coincidenza, i soldi e i biglietti erano veramente nella cassetta della posta.  Era già tardi, ma decisi di andare. Partii subito.
Giunta lì, ho visto un uomo incappucciato con in mano un ombrello nero che mi ha fatto un cenno con la mano. L’ho seguito. Era forse lui il mio papà, che da sempre avevo cercato? 
Lui ha cominciato a accelerare il passo, finché non ci siamo messi entrambi a correre. Improvvisamente ha svoltato in un vicoletto. Quando anch’io ho girato nel vicolo, l’uomo era sparito. E attaccato al muro non c’era altro che un foglietto con scritto “=P Ti ho fregato, mio finto Angelo”.
E così all’ una di notte ero a zonzo per Roma, costretta a farmi più di 5km a piedi.
[…]
Mi sentivo inquieta. Quando cominciai ad avvicinarmi a casa mia (erano le tre e mezza!), un camioncino dei pompieri mi sorpassò a sirene spiegate. C’era un incendio?!?!? Mi misi a correre per seguire l’autopompa. Quando svoltammo nella mia via, mi prese un tuffo al cuore e iniziai a temere il peggio. E facevo bene.
La mia casa ardeva tra le fiamme. E mia madre era lì dentro! -NOOOO!!!!!-  il mio urlo straziante lacerò i silenzio della notte. Mi gettai a capofitto verso l’edificio in fiamme. -Mamma, mamma!- mi misi a gridare fra le lacrime, ma due pompieri mi fermarono, trattenendomi per le braccia. - Fermati! Ci penseranno i nostri uomini a tirarla fuori da lì!- 
-Lasciatemi…-  sussurrai, mentre le lacrime bagnavano le ciocche arancioni che mi cadevano sul viso. Non so cosa si risvegliò in me, ma improvvisamente urlai: -LASCIATEMI ANDAREEE!!!!-  come impazzita. Vidi alle mie spalle un lampo rosso e poi i due pompieri a terra, e nulla più. Mi gettai nel fuoco. Le fiamme stavano distruggendo l’appartamento che era stato la mia casa da quando mi ricordo. Le fiamme non scottavano, anzi, erano quasi piacevoli. Forse era per lo shock, o forse no.
La stanza da letto di mia madre era inaccessibile: una trave era caduta dal soffitto e bloccava l’ingresso. Tra le fiamme roventi, lacrime altrettanto calde di rabbia e di dolore scendevano copiose sul mio viso. Cosa avrei potuto fare ora? 
-Perché…- sussurrai, inginocchiata in mezzo al fuoco. Una mano mi toccò la spalla. -Era giusto così, cara Angel-. Sobbalzai e mi girai di scatto. Un alto, magro, dal volto ossuto e la carnagione cadaverica mi sorrideva e mi porgeva una mano scheletrica dalle dita lunghe e affusolate, che terminavano con delle unghie affilate.
-Ch-chi sei?- domandai spaventata. L’uomo ridacchiò, mostrando un sorriso abbagliante e i denti appuntiti, incredibilmente bianchi. -Tu staresti chiedendo a me chi sono? Sei scontrosa, figlia mia.-
Figlia mia… aveva detto… - Sì, hai capito bene, Angel. Su, vieni con me, ora asciuga quelle lacrime. Non è proprio il caso che muoia anche tu. Sei preziosa per mio padre.-
Ah, fantastico. Ora un perfetto sconosciuto era apparso dal nulla in una casa in fiamme dichiarando di essere mio padre e io avrei dovuto seguirlo? Questo è il ragionamento che avrei fatto adesso, ma allora ero devastata dal dolore e dall’ira. L’uomo passeggiava tranquillamente tra le fiamme, io invece ne avevo paura. Il caldo era soffocante e la sua mano, stretta nella mia, era bollente. Mi portò fuori, lontana dalla gente e da casa mia, mentre vedevo bruciare tutta la mia famiglia e i ricordi. Correva velocissimo. Quando fummo abbastanza lontani, mi trascinò in un vicolo cieco. 
-Ora dobbiamo fare due chiacchere, io e te.- mi disse, guardandomi negli occhi. -Qui non ci sentirà nessuno. Sei pronta a sapere la tua vera natura?- Non sapevo cosa pensare. In un quarto d’ora avevo perso mia madre, la mia casa, tutto e guadagnato il padre che da sempre avevo cercato. Annuii decisa.
-Come ti ho già detto, sono il tuo caro paparino. Ma sono anche uno degli 8 principi dei demoni di Gehenna. Hai l’onore di trovarti al cospetto del grande Iblis, il signore del fuoco!-  -È uno scherzo, vero?-    La mia reazione fu più che comprensibile.- Quindi, secondo te, io sarei figlia di un demone, che, fra parentesi, non esistono? E poi cos’è Gehenna? -  -Come non esistono!?! Ti sembro irreale? E quel cucciolo di Cat Sith?- Attraversava la strada in quel momento un micino nero. Era un demone?!? -E tutti questi Coal Tar? Li vedi anche tu, no?- Effettivamente l’aria era piena di “cosini” che volavano.
-Gehenna è la dimensione dei demoni, che si oppone ad Assiah, il vostro mondo. In teoria i 2 mondi non dovrebbero comunicare, in nessun modo. Ma noi demoni riusciamo a venire possedendo cose o esseri viventi. E ora tu, la mia creazione, verrai con me a Gehenna. Il grande Satana vuole vederti.-
Mi afferrò il braccio e iniziò a trascinarmi verso una porticina che non avevo notato. Una grossa chiave fu inserita nella toppa. Iblis la aprì. Quello che vidi fu terribile. Vidi un inferno di fiamme blu quella notte.
-Benvenuta a casa, mio finto angelo- mi disse Iblis sorridendo. -No, lasciami!- Continuai a divincolarmi, ma era troppo forte.
-Eins, Zwei…Drei!-  Si vide un lampo bianco e, come per magia, un uomo apparve dal nulla alle spalle di mio padre. Vestito di bianco, con uno strano cappello a cilindro e degli stivali bordeaux a punta ricurva, teneva nella mano un ombrello rosa rattoppato e il mantello candido sventolava nella brezza notturna.
-Mephisto… Ma quale onore!- disse Iblis. Sembrava profondamente amareggiato. - Sono solo venuto a riprendermi ciò che è di proprietà dell’ Ordine, my darling-
Proprietà dell’Ordine? Ci capivo sempre di meno e la rabbia cresceva in me. Finché non sbottai.
-Adesso, però… BASTAAA!!!- gridai con tutto il fiato che avevo in corpo. Fu allora che successe per la prima volta. Fiamme rosso-arancioni si sprigionarono dal mio corpo, con così tanta veemenza che Iblis cadde all’indietro. Mephisto approfittò della situazione e , grazie a un agile salto, chiuse la porta di Gehenna imprigionando il signore del fuoco.
Ansimavo per la paura e per lo sforzo. Il “clown” mi stava parlando, ma io sentivo tutto ovattato… cominciai a vedere nero… ogni cosa girava… chi ero io… cosa ero io? E così, con questi pensieri tormentati e con una lacrima scintillante che mi rigava il viso, persi conoscenza, consapevole che la mia vita sarebbe cambiata per sempre. 
  
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