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Autore: Acardia17    20/04/2012    10 recensioni
Mentre Betta la rimproverava per la sua totale e completa irresponsabilità, Lottie osservava al di là del finestrino del vagone un paio di ragazzi abbracciati.
Ragazzi, maschi. Abbracciati. A lungo. Non era qualcosa a cui capitava di assistere tutti i giorni.
A ben guardarli c’era la remota possibilità che fossero… no, d’accordo, uno dei due aveva indosso un papillon. Non era remota proprio per niente.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi starò mica abituando a scrivere stupidaggini?



 


Papillon, la cugina ricca di Troll-il-trolley e un sedile sporco di frullato alla fragola


 

 
 
Il treno era fermo al binario numero otto. Lottie si arrampicò con uno sforzo eroico sulla carrozza trascinandosi alle spalle Troll-il-Trolley,  come l’aveva soprannominato suo padre, e ignorò del tutto il cartello scolorito appeso alla porta del vagone, decidendo che se a quell’ora del mattino era ancora viva allora la fortuna doveva per forza essere dalla sua.
E poi le poltrone erano davvero troppo malridotte perché potesse essere salita per errore su una carrozza di prima classe. Troll-il-trolley, un valigiotto panciuto verde marcio che si era dimenticata di rimettere a nuovo con una bella lavata prima di partire, scricchiolò il proprio assenso impigliandosi nel sacchetto di plastica di un pacchetto di patatine. Sì, decisamente non si trattava della prima classe.
Lottie si abbandonò mollemente sull’unico sedile sporco del lotto alla sua sinistra. Si accorse della macchia solo quando ormai si era sbilanciata troppo per evitare l’impatto con l’ombra secca e rossastra di qualcosa che sperava ardentemente una volta fosse stato solo un innocuo frullato alla fragola, ma non si mosse e non cambiò posto: era così stanca che si sarebbe seduta anche su un’intera cassetta di frutti di bosco.
Estrasse il cellulare da Josslyn-la-Trousse, come aveva soprannominato la sua borsetta per dimostrare a suo padre di avere un talento nettamente superiore nel nominare gli oggetti inanimati, e dopo aver premuto il solito paio di tasti se lo premette contro l’orecchio e appoggiò una tempia contro il vetro del vagone. Quando fosse arrivata a casa avrebbe dovuto fare il bagno nell’Amuchina, ma davvero, era troppo stanca.
Dall’altro capo del telefono una voce squillante le aggredì l’orecchio.
- Ehilà! Finalmente! Allora, com’è andata?
Lottie aggrottò le sopracciglia. – Com’è andata cosa?
- Come, cosa! Ma scusa, cos’hai fatto ieri sera?
Lottie rifletté su come rispondere, rendendosi conto di quanto esattamente fosse stata fortunata a sopravvivere dopo che la sera precedente… la sera precedente…
- È grave se non me lo ricordo?
Mentre Betta la rimproverava per la sua totale e completa irresponsabilità – aveva bevuto giusto un paio di alcolici, croce sul cuore! – e le proponeva all’incirca una decina di alternative su come sparire nel nulla un paio di settimane per dare tempo ai sicuri pettegolezzi di scemare nell’aria – ma il ritiro spirituale in Giordania non era un’idea un tantino azzardata? – Lottie osservava al di là del vetro del vagone un paio di ragazzi abbracciati.
Ragazzi, maschi. Abbracciati. A lungo. Non era qualcosa a cui capitava di assistere tutti i giorni.
A ben guardarli c’era la remota possibilità che fossero… no, d’accordo, uno dei due aveva addosso un papillon. Non era remota proprio per niente.
Betta continuava a farle la sua ramanzina – e lei che voleva solo fare due chiacchiere in vista della desolante prospettiva di trascorrere l’intero noiosissimo viaggio verso casa da sola dopo aver dimenticato l’i-pod nel suo misero monolocale universitario – e i due ragazzi continuavano a rimanere stretti l’uno all’altro e a sussurrarsi paroline – dolci, si vedeva lontano un miglio – all’orecchio.
Quando sciolsero l’abbraccio, Betta si congedò con un’imprecazione rivolta a Gigio, il suo gatto, che a quanto pare si stava facendo le unghie sui suoi polpacci.
Lottie ripose il cellulare in Josslyn-la-trousse, e vide uno dei due ragazzi – il più alto, vestito con più gusto di quanto lei sarebbe stata in grado di sfoggiare a un matrimonio  e armato di valigia, era una valigia di Armani, quella? -  avvicinarsi alla scaletta con ancora una mano tesa stretta a quella del fidanzato, immobile sul binario.
Non riuscì a sentire quello che Papillon gli disse, ma sembrava una supplica affinché non salisse, seppure ironica.
Il proprietario della cugina ricca di Troll-il-trolley sfoggiò un sorriso mortificato, ma indietreggiò di un altro passo e sparì dal campo visivo di Lottie, probabilmente per salire sulla carrozza.
Papillon annuì e fece spallucce, poi indietreggiò a propria volta, ma solo per prendere la rincorsa e raggiungere il fidanzato a bordo del treno.
Lottie non poté fare a meno di emettere una risatina intenerita.     
- Blaine, sei pazzo? E se parte? – strillò lui, divertito, con una voce incredibilmente acuta.
Oh, l’adorabile Papillon aveva un nome.
- Dovrebbero fischiare prima di partire, no? – ribatté Blaine, sporgendosi fuori dal vagone alla ricerca del Capotreno. Era euforico come un bambino.
Lottie si chiese se per caso non fossero un paio di neofidanzatini, e occhieggiò per solidarietà l’orologio del cellulare: mancavano ancora quattro minuti all’orario vergato sul suo biglietto.
- Blaine…
- Kurt, solo un altro. Un altro e poi scendo, giuro.
Da dove Lottie era seduta riusciva a vedere solo il busto di Kurt e l’enorme profilo della sua valigia davanti a Blaine, ma non le sfuggì il bacio che i due si scambiarono, le mani appoggiate le une sul viso dell’altro.
E provò l’elettrizzante brivido di sentirsi una vecchietta di ottant’anni che sbircia il marciapiede dalle tendine merlettate di casa propria. Era un’impicciona? Sì, era un’impicciona con decisamente troppe poche ore di sonno alle spalle, solo vaghi ricordi della serata precedente, un’amica con un gatto assassino e un trolley di nome Troll. Aveva anche dimenticato l’i-pod a casa. Si meritava quello spettacolino romantico gratuito.
A giudicare dalla grossa valigia di Kurt, doveva essere diretto all’aereoporto. E a giudicare dal sorriso di Blaine… niente, o il padre di Blaine era un dentista oppure lui utilizzava vernice bianca come dentifricio.
- Ora scendi. Avanti, scendi.  
- Aspetta. Il mio numero. Sul cellulare nuovo. L’hai salvato il mio numero sul cellulare nuovo?
- Blaine, l’abbiamo comprato insieme mezz’ora fa, non…
- Io non scendo da qui fino a quando non hai salvato quel numero. Dai qua.
- Ma me lo ricordo a memoria!
- Non scendo fino a quando non ho l’assoluta certezza che lì sopra ci sia il mio numero.
- Blaine, parte il treno!
- Dai qua!
Lottie si chiese se anche lei e Brian – l’idiota per il quale aveva bevuto ben più di un paio di drink la sera prima – si fossero mai guardati così. Forse una volta, quando lei gli aveva preparato le lasagne. Ancora si chiedeva se quello sguardo amorevole fosse rivolto a lei o allo stampo appena sfornato.
Blaine arraffò il cellulare dalla mano di Kurt – che sbuffò, ma allo stesso tempo sorrise, e ne uscì uno strano sbuffo sorridente che Lottie si ripromise di ricordare – e cominciò a digitare il proprio numero.
- C’è un problema, - mugugnò, le folte sopracciglia nere aggrottate per lo sconcerto. – Kurt, perché non riesco…
Il capotreno fischiò.
- Blaine! – squittì Kurt.
- Ecco! -  esclamò Blaine con urgenza, vittorioso. Premette un altro paio di tasti e ripose velocemente il telefono tra le mani del fidanzato. Ma non prima di avergli strappato un altro bacio.
E proprio mentre Kurt rideva sulle labbra di Blaine cercando di spingerlo via, le porte del vagone si chiusero.
Blaine sgranò gli occhi, tirò la grossa maniglia di ferro, la forzò avanti e indietro un paio di volte, ma le porte non si riaprirono. L’istante successivo il treno cominciò a muoversi.
- Non ci credo, - esclamò Kurt con aria scandalizzata.
- Oh, - si limitò a mormorare Blaine.
- Non ci credo.
Blaine, in tutta risposta, cominciò a ridere. Forte, con tutti i suoi denti bianchi di vernice.
- Si può sapere per cosa ridi? La prossima fermata è l’aereoporto!
Ancora scossi dalle risa e dall’incredulità, i due si incamminarono lungo il vagone e si sedettero proprio di fianco a Lottie.
- Fosse per me la prossima fermata sarebbe direttamente New York, - rispose Blaine, d’un tratto molto più serio.
Kurt scosse la testa e si allungò ad afferrarlo per il colletto della camicia. – Presto. E non vedo l’ora, - disse piano, scoccandogli un bacio leggerissimo sulle labbra.
Lottie si chiese se per caso non fosse la sua presenza a inibirlo e distolse all’improvviso lo sguardo, imbarazzata. Si strinse Troll-il-Trolley alle ginocchia e si fece piccola piccola sul suo sedile sporco di frullato alla fragola.
Con la coda dell’occhio vide Blaine appoggiare il capo sulla spalla del fidanzato. – Potrei infilarmi nella tua valigia. Lo sai che sono piuttosto elastico. Certo, potresti dover rinunciare a un paio di camice di Versace…
- Come no, per sentirmi dire in aereoporto che sono sospettato di aver nascosto un cadavere nel mio bagaglio.
- Almeno sarebbe un cadavere vestito di Versace.
- Sei pazzo.
- Di te.
- Idiota.
Lottie ridacchiò tra sé e sé ed emise un lungo sospiro. Afferrò Jossley-la-Trousse, ne estrasse il cellulare e si connesse a Internet alla ricerca di un buon ricettario; quella sera niente alcol, solo uno stampo di lasagne per due.
In fondo non ci teneva affatto a visitare la Giordania.
 
 
 
    
 




Questa cosetta stupida è stata scritta per la Serata Dance della challenge su Glee del gruppo The Gleeky Cauldron (ingresso libero, se qualcuno volesse dare un occhio^^), organizzata dalla sottoscritta, Nefene e Zuzallove. Prompt: 'Cos'hai fatto ieri sera?' 'É grave se non me lo ricordo?' 
Andate a dare una sbirciata al gruppo perchè - indipendentemente dal fatto che io sono tra le organizzatrici - ci stiamo divertendo davvero tanto ♥

   
 
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