Mi tremano le mani e le ginocchia? Sì
Mi trema la voce? No, ma solo perchè non sto parlando.
Ok, cominciamo dall'inizio: mi chiamo Paola ed è la prima volta che scrivo nel fandom originale, solitamente fino'ora mi sono dedicara solo a Twilight, ma da un pò di tempo questa storia mi girava in testa e ho deciso di buttarla giù.
Per ora non aggiungo altro e vi lascio leggere il primo capitolo :)
Si ringrazia Mikkiko78 per il bellissimo banner :D
STRANI
INCONTRI
“ La vita fa
schifo! ”
Questo è
quello che pensa Greta e non consideratela la solita tredicenne
depressa che
dice ciò perché le si è rotta
l’unghia o i genitori non le comprano quella
specie di trappola mortale chiamata anche macchinetta per
quattordicenni.
Primo perché
non è una tredicenne ma una ventunenne, secondo
perché lei può dirlo forte che
la vita fa schifo dopo aver lottato per due anni contro il cancro. Sa
cosa vuol
dire sentirsi uno schifo dopo aver vomitato anche l’anima a
causa della chemio;
sa cosa vuol dire sentirsi morire dopo la radio, quando non si ha la
forza
neppure per continuare a respirare; sa cosa vuol dire sentirsi diversi
e
imbarazzati quando tutti ti guardano con occhi pietosi
perché non ti è rimasto un
filo di capelli in testa.
Quindi
lasciateglielo dire che questa vita fa fottutamente schifo se vogliono
toglierle quello che più anela: la libertà.
Da quando
scoprì di avere il cancro non ha più avuto una
vita che potesse definirsi sua, e
adesso che il male se ne è andato, portandosi via una parte
di lei, rivuole
quella libertà.
Passeggia
nervosamente nella sua stanza dove sta rinchiusa da più di
due ore, da quando i
suoi le hanno vietato di andare in discoteca. Ormai le impediscono di
recarsi
in qualsiasi luogo affollato, come se il
cancro sia una malattia che può essere
contagiata attraverso il contatto
o l’aria che si respira. Ma Adele e Luigi, i suoi genitori,
non sono sempre
stati così con lei, prima la lasciavano molto più
libera, a volte usciva nel
pomeriggio con le sue amiche e tornava solo a notte fonda e mai le
avevano
fatto una critica; adesso no, vogliono sapere ogni suo minimo
spostamento e
considerando che quelli che le permettono sono veramente pochi questa
cosa la
fa andare fuori di testa.
Avrebbe
tanto bisogno di una sigaretta, di un bella boccata di fumo che le
scenda lungo
la gola, ma se solo lo scoprissero i genitori non osa immaginare il
casino che
succederebbe: va bene che oramai è abituata a litigare con
loro, ma quando può
evita.
Non fanno
altro che ripeterle che la malattia l’ha cambiata, che non la
riconoscono più, e
invece non hanno capito che tutto ciò è servito a
far uscire fuori la vera Greta,
quella che per troppo tempo ha cercato di tenere a freno per non
deludere
nessuno. Ha passato questi ventuno anni della sua vita ad accontentare
tutti: genitori,
sorella, amici e parenti. È sempre stata una ragazza
studiosa, obbediente e
disponibile con tutti, ma mai nessuno si è sforzato di
capire quali fossero i suoi
reali bisogni, di andare oltre quella conoscenza superficiale che la fa
sembrare una ragazza sempre allegra e spensierata, quindi adesso basta.
Basta
essere accondiscendente con tutti, basta fare quello che tutti si
aspettano,
basta perdonare sempre gli amici che più di una volta
l’anno pugnalata alle
spalle, facendole dei torti che lei non meritava, basta prenderla in
quel
posto. E soprattutto basta mettersi sempre per seconda pur di far
felici gli
altri.
Ha deciso che
stasera andrà a quella serata, con o senza permesso, fosse
l’ultima cosa che
fa.
Manda un sms
a Rebecca, l’unica amica che non l’ha abbandonata e
che è contenta che lei
abbia trovato il coraggio di tirare fuori le palle, e le chiede se
può
ospitarla a dormire da lei; dopo la sua risposta affermativa , prende
uno
zainetto in cui infila alla rinfusa i vestiti per stasera (si
cambierà nel
bagno del locale), i trucchi e poi spalanca la porta della sua stanza.
Va dritta alla
porta di casa e la spalanca, senza fermarsi a rispondere a sua madre
che
continua a chiederle
“ Dove vai? ”
o a dar retta a suo padre che urla: “ Signorina tu non esci
da questa casa
senza il mio permesso.”
Rimane per
un attimo in bilico sull’uscio di casa, assaporando il
momento esatto in cui
mette il piede fuori il pianerottolo e si sente finalmente serena, un
po’ come
fanno nei film, quando c’è una scena
particolarmente importante e i registi
decidono di usare la tecnica della slow motion per far apprezzare al
pubblico
ogni istante di quell’azione. Sbatte la porta di casa alle
sue spalle,
chiudendo dentro le proteste dei suoi genitori, e fa le scale di corsa,
a due a
due, correndo come se non ci fosse un domani, come se
fuori ci fosse il treno che la porterà alla
salvezza.
Quando è
fuori dal portone
si concede un attimo
di riposo e prende un respiro: un respiro che sa di aria fresca, di
gioia, di
estate, di libertà.
Per arrivare
al locale le tocca prendere due autobus, ma lo fa volentieri, in questi
anni le
è mancato stare a contatto con persone che non fossero
medici o familiari: a
causa della forte debolezza le era impossibile frequentare
l’università o
pensare di uscire a fare un giro, al massimo poteva concedersi dei
brevi
spostamenti in macchina.
Giunta al
locale chiede a Bob, lo scimmione butta fuori, se può
entrare prima per andarsi
a cambiare, e per convincerlo sfodera il suo miglior sorriso angelico;
lui
sbuffa, ma alla fine le fa un cenno d’assenso e la fa entrare
dal retro.
Può
considerare Bob un amico, l’unico insieme a Rebecca.
Mentre si
trucca davanti lo specchio posto sopra i lavandini ripensa alla prima
volta che
l’ha visto: è stato qualche mese fa, mentre con
Rebby facevano la fila per
entrare alla serata; dei tipi loschi si erano avvicinati a loro e
avevano
cominciato a palpeggiarle, e i loro schiamazzi per farli allontanare
avevano
richiamato la sua attenzione. Da allora le aveva prese sotto la sua ala
protettiva
e cercava sempre di farle entrare subito, assicurandosi che pure dentro
avessero
un trattamento speciale.
Dopo aver
controllato che il trucco è apposto, tira fuori dallo
zainetto i vestiti che ha
portato e si chiude in uno dei bagni per cambiarsi; quando è
pronta ripone
tutto in un armadietto di cui Bob le ha dato le chiavi, uno di quelli
che usano
i baristi per riporre i loro effetti personali durante le ore di
lavoro, ed esce
nuovamente fuori, dove trova Rebecca
ad attenderla.
“ Wow tesoro
sei uno schianto! ” Le dice l’amica, ammiccando
maliziosamente.
“ E te ti
sei vista? Hai uno scollo sulla schiena
che ti arriva fino al sedere. ”
Ridono
entrambe delle loro battute cretine e tra una chiacchiera e
l’altra sono
nuovamente dentro. Si dirigono subito al bar e ordinano i loro cocktail
preferiti: un bellini per Greta e un vodka alla pesca e red bull per
Rebecca; con
i bicchieri in mano si spostano verso la pista, cominciando a muoversi
a tempo
di musica. La musica è parte di Greta da sempre: le aveva
tenuto compagnia
durante i periodi bui della malattia, alcuni testi le avevano impedito
di sprofondare
nella depressione e l’avevano spronata a combattere.
Come sempre
Greta sale sul palchetto e si fa trasportare dalla musica: chiude gli
occhi e
lascia che il suo corpo si muova a ritmo, non preoccupandosi di
sembrare
ridicola. La musica le scorre nelle vene, fondendosi con i suoi globuli
rossi e
arrivando dritta al cuore che la pulsa in tutto il corpo: prende vita
in lei o
lei prende vita dalla musica, è difficile capirlo, visto il
modo naturale e
armonico con cui il suo corpo asseconda le note.
Dopo un po’
sente la testa improvvisamente leggera, apre gli occhi ma la vista
è appannata
e rimane tale anche dopo che sbatte le palpebre più volte.
Cerca di scendere
dal cubo, prima che il panico l’assalga: conosce bene questa
sensazione, era
quella che seguiva il ciclo di chemio, quando si sentiva svenire.
Razionalmente
sa che non c’è nulla di cui avere paura, che
è solo un capogiro dovuto
probabilmente al troppo movimento o all’aria viziata del
locale, ma in quel
momento la sua ansia batte la razionalità. Si accovaccia
sulle gambe per fare
quel piccolo saltino che la porterà a terra ma il piede le
scivola e lei si
sbilancia in avanti, perdendo completamente l’equilibrio, e
istintivamente
chiude gli occhi, aspettando la botta dovuta al contatto ravvicinato
con il
pavimento.
Ma la botta
non arriva, anzi qualcuno l’ha afferrata e adesso la sta
tenendo stretta a se.
La persona che l’ha soccorsa si avvicina pericolosamente al
suo viso e lei teme
possa baciarla, ma invece devia lateralmente, arrivando al suo orecchio
solo
per parlarle, cercando così di sovrastare la musica.
“ Ti senti
bene? ” Chiede lo sconosciuto ma lei non risponde subito. Il
ragazzo rimane affascinato
da quegli occhi tanto luminosi e dal profumo che emana la sua pelle:
è dolce,
sembra odore di biscotti appena sfornati.
Lei scuote
la testa e poi bofonchia solo “ Ho bisogno d’aria.
”
Grazie al
cielo il ragazzo a cui è avvinghiata intuisce le sue parole
e la trascina
fuori; prende delle lunghe boccate d’aria, ispirando dal naso
ed espirando
dalla bocca e si sente subito meglio.
“ Grazie. ”
Farfuglia un po’ imbarazzata, rivolgendosi verso il ragazzo.
Si prende un
attimo per scrutarlo e deve ammettere che è davvero carino,
niente di
eccezionale, ma ha qualcosa che l’attira, forse il taglio
degli occhi o i
capelli ricci e neri.
“ Figurati!
Hai alzato troppo il gomito? ” Chiede lui ammiccando, fare
l’ironico è il suo
modo per rompere il ghiaccio e di solito alle ragazze piace molto, e Greta torna sul pianeta
terra: no, non lo
considererà mai carino.
Lo guarda
male “ Ehi per chi mi hai preso? ”
“ Scusa non
volevo offenderti. Ti ho vista barcollante e ho tratto delle
conclusioni
affrettate. ” Si scusa subito lui, mettendo le mani in tasca
e facendo
spallucce, a quanto pare lei non è come le altre ragazze,
per poi guardarla
dritta negli occhi e Greta si sente spiazzata da quello sguardo
così limpido e
sincero. Prima di rispondere è costretta a distogliere gli
occhi da quelli di
lui.
“ Infatti!
Ho bevuto solo un bellini, sarà stato il caldo a giocarmi un
brutto scherzo. ”
“ Certo. ” Il
sorriso che le rivolge non le piace molto, la fa sentire strana ma lei
non si
fa mettere i piedi in testa dal primo che arriva.
“ Perché il
tuo ‘certo’ mi suona come una presa per il culo?
” Cerca di attaccarlo.
“ Assolutamente
no! Sono sincero. ” Stavolta il ragazzo non sta mentendo, ha
capito che facendo
il cretino non potrà mai avere
un’opportunità con lei, ed in quel momento
è
proprio ciò che vuole.
“ Ci credo
poco. Comunque grazie per l’aiuto, torno dentro o la mia
amica si preoccuperà. ”
“ A presto
allora. ” Lei non lo degna neppure di uno sguardo e lui si
concede un sorriso
furbo, ha portato a termine la sua missione: stinge il suo bottino che
sta al
sicuro dentro la tasca dei pantaloni, è stato un gioco da
ragazzi prenderglielo
mentre l’accompagnava fuori.
Vorrebbe
chiedergli dove trova tutta questa sicurezza nel dirle che si
rivedranno, ma Greta
lascia perdere e rientra dentro, facendosi nuovamente investire dalla
musica e
dalle luci, certa che non lo avrebbe più rivisto.
Forse.
Eccoci qui alla fine: al momento so ( o per meglio dire, spero) che avrete tante domande in testa, ma pian piano le cose verranno svelate. Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, io vi aspetto qui continuando a torturarmi le unghie nell'attesa XD Per chi segue TPOL tranquille, il prossimo capitolo ariverà in settimana ;)
Il secondo capitolo di questa invece arriverà tra una decina di giorni, a presto, Paola