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Autore: Juniper Fox    21/04/2012    3 recensioni
Draco osservò Pansy sparire nel nulla. Non cercò di afferrarla, sapeva che non ci sarebbe riuscito. In quel momento, più che mai, la ragazza gli era parsa evanescente e in un qualche modo inarrivabile. Avrebbe dovuto comportarsi diversamente?
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Draco/Pansy
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Autrice: Juniper Fox
Titolo: Almost Lovers.
Personaggi principali: Draco Malfoy, Pansy Parkinson.
Genere: Sentimentale, Angst, Drammatico. Malinconico. Forse (forse) romantico.
Rating: Giallo.
Avvertimenti: Het, triangolo (?).
Introduzione: Draco osservò Pansy sparire nel nulla. Non cercò di afferrarla, sapeva che non ci sarebbe riuscito. In quel momento, più che mai, la ragazza gli era parsa evanescente e in un qualche modo inarrivabile. Avrebbe dovuto comportarsi diversamente?
Nda: Prima di tutto, complimenti per essere arrivati fin qui! Ora, questa storia sarà una mini-long composta da una decina di capitoli - capitolo più, capitolo meno. 
Questo può essere considerato il prologo. La storia è work-in-progress, quindi gli aggiornamenti varieranno tra la settimana e i dieci giorni (LOL, mi sembra di parlare del tempo).
Una cosa importante è la dedica. Questa storia è tutta per MedusaNoir, che secoli or sono aveva richiesto una Draco/Pansy. Here you are, honey! Scusa il ritardo. E se volete, andate a leggere anche le sue storie, perché sono davvero belle. Just sayin.. 
Al prossimo capitolo! 

Juniper  
 


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Apart


Should have known you’d bring me heartache
Almost lovers always d
o
(Almost lovers, The Fine Frenzy)


 

Il cielo, quella mattina, non lasciava passare nemmeno il più piccolo raggio di sole; le nuvole erano di un grigio talmente scuro da sembrare nere, se viste attraverso le chiome degli alberi. L’aria era carica di umidità e probabilmente la sera sarebbe piovuto, ma in quel momento vi era solo un vento caldo che faceva vibrare i rami dei salici piangenti sparsi per il parco.


Dirigendosi sotto uno dei tanti alberi, Pansy Parkinson pensò che detestava quei salici piangenti: rendevano tutto ancora più triste, e quel venticello le faceva quasi venire i brividi. Si era imposta di partecipare alla cerimonia ma ora, nel calpestare l’erba soffice e tagliata in modo impeccabile, in lei affioravano mille dubbi. Prima di tutto, Pansy odiava i cimiteri e quello in cui lei si trovava adesso sembrava fin troppo perfetto come luogo. Le dava la nausea. In secondo luogo, non sapeva se sarebbe riuscita a reggere fino alla fine. Quando Theodore le aveva mandato un gufo comunicandole che la madre di Vincent voleva dare al figlio una degna sepoltura era rimasta interdetta. Del ragazzo, dell’amico con cui divideva le cioccorane e gli zuccotti sottratti ai primini, non era rimasto nulla. L’Ardemonio aveva distrutto tutto ciò che Tiger era stato, lasciando di lui soltanto un ricordo nelle persone che gli avevano voluto bene. E, a modo suo, Pansy lo aveva considerato un amico. Pensandoci, comunque, la ragazza aveva compreso che la cerimonia sarebbe servita a lei, agli amici e, più nello specifico, alla madre di Vincent. Doveva essere difficile aver perso un figlio e non avere un luogo dove piangerlo. La tomba vuota sarebbe servita come unico appiglio nel baratro del dolore di quella donna.


Riuniti in uno degli angoli all’estremità del cimitero c’erano volti noti e alcuni sconosciuti, che Pansy pensò essere parenti dell’amico. Con un gesto nervoso si sistemò il vestito nero e si avvicinò alla madre di Vincent. Sapeva di doverlo fare anche se non aveva né lacrime né parole per esprimersi, troppo nervosa e leggermente imbarazzata per stare di fronte a quella signora dal viso arrossato e dagli occhi gonfi di lacrime. Si limitò a porgerle la mano, che la donna prontamente stritolò nella propria presa, e pronunciò la frase di circostanza che sua madre le aveva insegnato da piccola. In poco meno di due minuti, Pansy fu libera di allontanarsi dai parenti e avvicinarsi alle poche persone conosciute.

« Spero che la cerimonia non duri troppo » esordì la ragazza una volta accanto a Blaise e Theodore. I due si scambiarono un’occhiata ma non furono troppo duri nel risponderle, ben sapendo quanto lei si sentisse in difetto in situazioni come quella. Blaise, al contrario, era calmo e tranquillo, perché per lui i funerali sembravano aver perso qualsiasi importanza. Dopotutto, cinque dei sei mariti della madre erano morti e negli ultimi anni lui aveva passato molto tempo nei cimiteri.

« Meno di un’ora e sarà tutto finito » le comunicò, sorridendo tristemente. « Era importante venire oggi, lo sai »

Da quando la guerra era finita, loro non si erano quasi più visti. Era passato poco più di un mese, questo è vero, ma a Pansy mancavano quelle piccole cose che a Hogwarts erano diventate routine. Sicuramente era così anche per gli altri. Quella mattina, nonostante l’occasione non fosse decisamente allegra, avevano trovato un modo di ritrovarsi per stare insieme. Era importante essere lì per Vincent, era importante essere lì per loro stessi.

 

*



A pomeriggio inoltrato non era rimasto quasi nessuno. Se avesse potuto, se ci fosse riuscita, Pansy avrebbe sorriso dello sbaglio di Blaise. Seduti intorno alla tomba dell’ex compagno di scuola, lei, Daphne, Theo, Gregory, Blaise e Draco continuavano ad osservarsi senza parlare realmente. Nessuno sorrideva. Avevano parlato del tempo trascorso a casa, lontano dalla guerra e dai giudizi della gente. Serpeverde significava, ora più che mai, il male e il tradimento. La parte sbagliata della guerra. Eppure, in quel cimitero perfetto, loro si sentivano in qualche modo salvi.

Quei pensieri tristi furono interrotti dal sospiro di Theodore: « Credo che me ne andrò a casa. Greg, vieni con me? » domandò il ragazzo all’amico. I due, già da qualche tempo, condividevano un appartamento nella piccola comunità magica di Ipswich, nel Suffolk, poiché entrambi avevano deciso di allontanarsi dal centro affollato di Londra e dalle proprie famiglie – o quel che ne restava. Goyle annuì e, dopo essersi alzato e aver borbottato un saluto, si smaterializzò con Nott.

« Devo passare da Millicent, le porterò anche i vostri saluti » disse Daphne una volta in piedi. Sia lei che Pansy le erano state particolarmente vicino in quegli ultimi mesi: entrambe sapevano bene quanto l’amica fosse rimasta scossa dalla morte di quello che sarebbe dovuto diventare suo marito una volta finita Hogwarts. Da fuori nessuno avrebbe mai sospettato un legame tra Vincent e Milli, ma i due erano sempre stati molto discreti. Non amavano le effusioni pubbliche e, probabilmente, l’amore fraterno si era evoluto in qualcosa di più intimo  solo nell’ultimo periodo, ma tutti loro conoscevano bene il legame che univa i due ragazzi. Quel giorno Millicent aveva decretato che sarebbe stato troppo assistere al funerale, scegliendo perciò di rimanere a casa dei genitori, nel Kent. Prima che Daphne ebbe modo di salutare, tuttavia, Blaise le si affiancò, deciso a non rimanere in quel posto «per un minuto di più ». Pansy, in cuor suo, sapeva che nelle parole di Daphne c’era un fondo di verità, così come la noia di Blaise aveva un fondamento; non le sfuggì, però, un sorriso abbozzato dei due appena prima del solito “pop”.

« Mi rivolgerai la parola, adesso che siamo rimasti soli? »

In tutte quelle ore che avevano passato insieme, costantemente fianco a fianco, Draco non le aveva rivolto la parola. Al suo arrivo si era limitato ad un cenno del capo, gli occhi fissi su di lei solo per qualche istante. Durante la cerimonia, Pansy aveva avvertito la presenza del biondo proprio dietro di lei: le loro spalle si erano sfiorate e lei aveva sentito il respiro caldo di Draco nel passargli accanto. Nemmeno quando la funzione era giunta al termine e la famiglia era andata via, lasciando solo i ragazzi a chiacchierare.. nemmeno allora Draco l’aveva guardata – o rivolto la parola. Pansy non capiva se il mutismo fosse stato imposto dal contratto pre-matrimoniale, sempre che ce ne fosse uno, o se il ragazzo si comportava così per farla impazzire. Di certo non sarebbe stata la prima volta.

« Non ho questa gran voglia di parlare » esclamò Draco con tono piatto. La realtà era che, forse per la prima volta, si sentiva in imbarazzo con Pansy. Inoltre, la tristezza per la perdita di Vincent, che lui cercava di mascherare, sembrava voler rompere quella maschera di apatia che era solito indossare – più per comodità che altro.

La ragazza passò una mano sull’erba, strappando una margherita e lasciandogli il tempo di formare un altro pensiero. Il suo silenzio le rivelava che il ragazzo era teso, anche se non conosceva il motivo di quello stato. Il vento caldo che quel mattino li aveva accompagnati ora si era quietato, lasciando che l’umidità gravasse ancora di più sui presenti. « Me lo devi » sussurrò Pansy, alzando finalmente lo sguardo verso Draco, attaccandolo silenziosamente. Il tono della ragazza non era scontroso, anzi, ma al biondo non sfuggirono le parole non dette. Ormai la conosceva piuttosto bene. « Ogni volta te ne vai senza dire una parola, non ti fai mai sentire.. » Pansy si chiese come mai stesse parlando ad alta voce. Era un discorso che aveva provato infinite volte, ma mai aveva pensato di farlo realmente a Draco. Da dove veniva tutto quel coraggio? No, si disse, non era coraggio. Era pure e semplice rabbia. Risentimento. Invidia, forse, perché lui evidentemente non aveva bisogno di lei. E acidità, proprio come a scuola, quando quello che diceva aveva sempre una nota di cattiveria dentro.

«Pensavo di renderti le cose più fac- »

« Stronzate! » soffiò Pansy, ora visibilmente arrabbiata. Spostò una ciocca leggermente umida dalla fronte senza mai togliere lo sguardo dal ragazzo. « Rendi le cose più facili a te stesso, in questo modo. Perché quando si tratta di rapporti interpersonali sei uno schifoso egoista. Puoi provare a raccontarti delle balle, se pensi di stare meglio e avere la coscienza a posto. Io però, a differenza di altri, ti conosco. Non osare dirmi che lo fai per me ».

Draco la guardò allibito. Non aveva dimenticato quanto Pansy potesse essere dura e realista nel parlare, ma era passato molto tempo dalla sua ultima sfuriata. In fin dei conti, Draco reputava quelle parole una svolta significativa. Fino a quel momento, infatti, Pansy gli aveva riservato il trattamento dell’indifferenza: era per questo che lui si era ripromesso di non parlarle, anche se non gliel’avrebbe mai detto. Così, da quando Draco le aveva comunicato che si sarebbe fidanzato ufficialmente con Astoria, lei aveva iniziato a non mostrarsi interessata. Daphne, quindi, era diventata una sorta di tramite e traduttrice: per sapere qualcosa su Pansy, Draco si rivolgeva a lei – ovviamente i resoconti della bionda erano molto filtrati e pieni zeppi di parolacce, perché la signorina Greengrass era graziosa ma decisamente sboccata.

« D’accordo. Lo faccio per me » disse Draco dopo qualche minuto di silenzio. « Sono egoista e non voglio parlarti, contenta? »

« Sì, decisamente. A questo punto non abbiamo più niente da dirci, Draco. Sii felice » e con il “pop” che aveva accompagnato gli amici al loro arrivederci, Draco osservò Pansy sparire nel nulla. Non cercò di afferrarla, sapeva che non ci sarebbe riuscito. In quel momento, più che mai, la ragazza gli era parsa evanescente e in un qualche modo inarrivabile. Avrebbe dovuto comportarsi diversamente? Sì, ovvio, pensò. Alzandosi, comunque, fu certo che Pansy non si aspettava un suo inseguimento, un suo tentativo. Lanciando un ultimo sguardo in direzione della tomba, sospirò e si preparò alla vita che sarebbe cominciata per lui fin da ora.

Pop.

   
 
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