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Autore: StregaSenzaCuore    22/04/2012    3 recensioni
Il dolore di una perdita, la gioia di un'amica vicina, un nuovo amore, senso di colpa e tanto tanto romanticismo in quest'ultima mia FF. L'incapacità (o l'ottusità in questo caso) di andare avanti e l'intervento del destino. Una storia alla TxG e DxG, adatta ad entrambi i tipi di fan. Buona lettura ;)
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Allora, che ti ha detto?- Chiese Trent, vedendomi rientrare in cucina ancora con il telefono in mano.
Anticipai la mia risposta con un sorriso.
-Come ti avevo già detto, non ci sono problemi.-
Il mio capo mi fissava con un’espressione gioiosa, i denti bianchi risaltavano sul suo viso tanto quanto le sue iridi verde prato.
Ci guardammo per un attimo eterno, finché non cominciai ad arrossire. Lui spostò lo sguardo altrove, e portò un mano ai capelli come suo solito.
Io intanto stringevo il gomito destro con la mano sinistra, imbarazzata almeno quanto lui.
I secondi passavano, e l’atmosfera rimaneva tesa come una corda di violino.
-Cosa indosserò al matrimonio?- Chiese, invitandomi a sedere accanto a lui al tavolo da pranzo.
Ringraziai il cielo per avergli dato la capacità di tirarmi fuori da quelle situazioni imbarazzanti.
-Mmmh … - Finsi di pensarci un po’ su, con un mano che strofinava il mento, intenta a ragionare. –Credo che uno smoking andrà più che bene.-
Imitò la mia espressione malamente, annuì fra sé e sé, e infine rispose: -Eccellente proposta, milady.-
Sorrisi e scossi la testa, davanti quell’espressione tanto buffa, ma comunque … bella. Quel volto rimaneva affascinante, fresco come quello di un bambino senza alcun pensiero al mondo. Non per questo era un bambino in tutti i sensi, anzi. Il dolore di una perdita l’aveva fatto crescere, l’aveva reso l’uomo forte e saggio che era.
Improvvisamente lo scorrere dei pensieri si fermò. Un’altra idea era venuta a farmi visita, ma questa volta non mi dispiaceva affatto.
-Trent?- Lo chiamai io, con un tono che non prometteva nulla di buono.
-Sì?- Rispose lui, attento a non farsi prendere in giro dall’espressione da angioletto che avevo assunto.
-Pensavo … che io sono stata molto … cortese, ad invitarti al matrimonio della mia migliore amica … -
-Certo che sei stata cortese, Gwen. Continua pure.- Mi incitò lui, con un sorriso lieve che cercava di mascherare (inutilmente) un grande sospetto.
Davanti il suo volto, non seppi più come continuare. Avrebbe pensato di essere stato invitato solo per un mio tornaconto, di certo. Non volevo sembrare un tipo calcolatore, soprattutto perché non lo ero!
Solo io riesco a cacciarmi in certe situazioni! Pensai fra me e me, mentre tentavo disperatamente di trovare una soluzione.
-Gwen …? Non … non ci credo!- Disse lui, indignato.
Probabilmente aveva capito dove volevo andare a parare. Non osai alzare lo sguardo dalla vergogna.
-Quindi mi hai invitato solo per questo?- Chiese, con lo stesso tono di prima.
-No!- Risposi, alzando lo sguardo di colpo. –Non pensarlo nemmeno, Trent! Io voglio che tu venga al matrimonio perché … -
Non avevo idea di come concludere la frase. Mi ero impantanata da sola.
Abbassai nuovamente lo sguardo, sconfortata, e con quello tutto il capo.
Trent mi mise un dito sotto al mento e cercò di alzarlo. Lo lasciai fare, ma non osai guardarlo in viso.
-Gwen?-
Feci finta di niente, gli occhi ancora puntati verso il basso.
-Gwen, guardami.-
Un po’ di malavoglia, obbedii. I suoi, di occhi, erano davvero ansiosi.
-Gwen, io stavo scherzando.-
Un fulmine a ciel sereno. Ecco cos’era quell’affermazione.
Ero tanto presa dai sensi di colpa, da non capire il vero stato d’animo di Trent?
-Ah.- Riuscii a dire dopo qualche attimo interminabile.
-Se volevi sentire la storia bastava dirlo. Io credevo che non ti interessasse più!- Si alzò dalla sedia e versò dell’acqua in un bicchiere.
-E come potrebbe non interessarmi? Sono rimasta a quando siete diventati amici! Ancora non ho idea di chi sia realmente, cosa sia successo … io pensavo che tu non volessi più parlarne.-
-E perché non dovrei volerlo?-
-E perché non dovrebbe interessarmi?-
Non rispose alla domanda, come io non avevo risposto alla sua.
-Dovremmo smetterla di fare ipotesi e dichiararle vere senza testarle.- Commentò lui, dopo aver sorseggiato dal bicchiere.
-Concordo in pieno, Messer.-
Ci sorridemmo a vicenda.
-Per un istante solo, ho creduto che volessi che ricambiassi il favore invitandoti da qualche parte!- Scosse la testa fra sé e sé, divertito.
Non compresi in fondo che volesse dire. Intendeva che fosse assurdo, per lui, uscire con me, o era assurdo che io volessi uscire con lui?
Era opportuno chiederglielo? Alla fine la mia impulsività scelse per me.
-Perché quella faccia?-
Alzò un sopracciglio, confuso.
-Quale faccia?-
-Quella di prima. Sorridevi all’idea che potessi aver pensato di voler uscire con te!- Risposi, fingendomi irritata.
-Oh Gwen, cosa hai capito? Int…-
-Cosa c’è? Non mi trovi alla tua altezza, per caso? Non sono degna di uscire con te?-
-Ma … Gwen! Che stai …?- Trent s’interruppe.
I suoi occhi si illuminarono per un momento.
-Gwen, ti dimostrerò che per me sei più che degna! Questa sera, alle otto e mezzo, torna in ufficio. Ti porto fuori.-
Rimasi, usando un eufemismo, alquanto sorpresa. Non credevo che la cosa avrebbe preso questa piega.
Tuttavia, evitai di dargli a vedere ciò, così, come se la sapessi lunga, risposi: -Vedremo cosa mi dimostrerai, Trent, vedremo.-
E con nonchalance e naturalezza, mi diressi verso il suo ufficio per mettere finalmente in ordine e cominciare a lavorare.

*

-Bridgette, secondo me è meglio sposarsi in municipio.-
-Gwen, so come la pensi tu, ma la cara Samantha non è d’accordo. Lei è talmente credente d’aver pensato di diventare suora, ci credi?-
-Wao, hai poco da fare con la nuova Madre Teresa di Calcutta.- Dissi, alzando le sopracciglia.
-Lo so! Il punto è che non le va bene nessuna Chiesa, oggi ne avremo visitate una ventina in tutta la città, e non so quante in chissà quali paesini sperduti! Quella donna mi farà impazzire, con la sua esigenza, le sue Chiese e la sua onnipresenza! Ho passato più tempo con lei in questi ultimi giorni che da quando conosco suo figlio.- Sbuffò infine, seccata.
Conoscendola da un sacco di tempo, sapevo già che, in quel momento, stava battendo il piede sul pavimento dal nervosismo, teneva la cornetta fra l’orecchio e la spalla, e stava mescolando qualche impasto con un grosso cucchiaio di legno dentro la sua amata ciotola di ceramica verde, regalata dal suo amato Geoff un paio di compleanni fa.
-Bridg, dille chiaro e tondo cosa pensi! È il tuo matrimonio, accidenti, scegli da sola cosa è meglio per il tuo giorno.-
-Oh, magari fosse così semplice, Gwenny cara! Ma se lo faccio il suo caro figliuolo correrà da lei a difenderla, io passerò per la cattiva della situazione e si farebbe lo stesso a modo suo! Meglio evitare, ti pare?- Rispose, sospirando.
-Allora parlane prima con Geoff,  no? Non puoi permettere che il tuo matrimonio vada a rotoli per colpa di tua suocera! Io … non lo permetterò!- Conclusi infine, con un velo di ironia.
-Ma davvero?- Chiese lei, scherzando. –E cosa hai intenzione di fare? Sentiamo.-
-Beh, potrei sempre rapirla e rinchiuderla dentro uno sgabuzzino. Funziona sempre.- Risposi io, mentre mi sedevo sul divano di casa con un pacchetto di patatine.
-L’idea mi alletta, ma non mi pare il caso di torturare la povera gente che passerà vicino allo sgabuzzino. Continuerà a parlare e a frignare di continuo, te lo assicuro. Lo fa anche quando non è rinchiusa.-
Risi al pensiero di cosa doveva sopportare la mia povera amica, e lei con me, probabilmente più per la disperazione che per altro.
-E a te come vanno le cose? Con il tuo bel capo come sta andando?- Chiese lei, maliziosa.
Alzai gli occhi al cielo e ingoiai la patatina che avevo in bocca.
-Non farti strane idee! Comunque è tutto ok, e questa sera mi porta fuori.-
-Come osi dirmi che non devo farmi strane idee, quando mi dici che uscirete insieme?!-
Sbuffai sonoramente, ficcando l’ennesima patatina in bocca.
-Oh Gwen, come sono contenta! E dove andrete? Ti ha detto come devi  vestirti? Racconta!-
-Sembri una di quelle teenager sceme! Non è il mio primo appuntamento, Bridg, e non è nemmeno un appuntamento, tra l’altro!-
-Punto primo: l’hai usata tu la parola appuntamento; punto secondo: è un appuntamento;  punto terzo: vuoi dirmi cosa è successo di preciso o hai intenzione di mugugnare tutta la serata?-
Alla fine le raccontai l’accaduto, con tono annoiato e fra una patatina e l’altra.
-In parole povere glielo hai chiesto tu. -
-Cos …?!- Alzai le sopracciglia, sbalordita. –No! Certo che no! Stavamo scherzando, e lui me lo ha chiesto, stop. -
-Gwen, probabilmente è convinto che tu volessi uscire con lui, e ha preso l’occasione al volo! Davvero non lo capisci?-
-Oh, non dire stupidaggini, Bridg! Non è il tipo che approfitta di certe situazioni così, lo conosco bene ormai.-
-Sarà … -
-Non “sarà”. È. -
-Ok, se dici che non è il tipo allora ti credo. Cambiando argomento, cosa hai intenzione di mettere?-
-Jeans, maglietta scura e scarpe da tennis.- Risposi, quasi automaticamente. Cosa dovrei mettere?
-Stai scherzando, spero.-
Alzai un sopracciglio.
-No, non scherzo affatto.-
Bridgette rimase un attimo in silenzio, come allibita.
-Ma … Gwen! È il vostro primo appuntamento! Sembri pronta per andare ad un funerale così, non ad uscire con lui!-
-E cosa dovrei mettere, sentiamo?-
-Anzitutto potresti mettere un vestito, anziché i tuoi jeans … -
Rabbrividii all’idea.
-No, proposta bocciata. Altre idee brillanti?-
-Sei incontentabile!- Disse sbuffando. –Almeno una gonna?-
-Non ne ho nemmeno.- Sospirai, rassegnata.
-Sai cosa potresti mettere? Quel vestito nero con un copri spalle … quello che hai messo per lo scorso Natale!- Propose, allegra.
-Oh, ti prego no!- Ero terrorizzata. Se avessi messo il vestito, avrei dovuto indossare anche dei tacchi. E non ci tenevo a cadere per strada davanti un Trent che si sbellicava dalle risate.
-No Gwen, ti prego io, piuttosto! Stavi benissimo, è una delle poche cose che puoi mettere per certe occasioni.-
E su questo aveva ragione. Ripensandoci, non potevo mettere dei jeans e le scarpe da ginnastica. Anche se avrei voluto tanto …
Rassegnata, sospirai rumorosamente.
-Va bene. Credo che tu abbia ragione. Vado a prepararmi, a domani.-
-Quando capirai che ho sempre ragione?- Chiese, scherzosa. –Un bacio.-
Chiusi la chiamata, ed entrai nel panico.
Non mettevo quel vestito da tanto tempo. Da prima che Duncan morisse, per la precisione.
E l’avevo comprato per lui, il giorno del suo compleanno …
Mi diressi verso il mio armadio, lo aprii e tirai fuori l’abito.
Non era molto lungo, era ad altezza-ginocchio. Non aveva le spalline, e aveva un sottile nastro intorno alla vita, dello stesso colore di tutto l’indumento.
La domanda che ormai mi facevo da molto, troppo tempo, tornò in mente.
Era giusto?
Un po’ tentennante, mi costrinsi a rispondere: -Sì. Lo fai per te, Gwen.-
Così lo posai sul letto, seguito da un copri spalle bianco e un collant, mentre mi spogliavo per andare a fare una doccia.

*

Dopo essermi asciugata i capelli, vestita, indossato quelli che, per me, erano dei veri e propri trampoli, e truccata, preparai velocemente una borsa e uscii di casa.
Entrai in auto e, una volta arrivata in ufficio, scesi.
Feci un paio di passi in direzione del  cancello, un po’ tentennante. Ma come cresceva la mia sicurezza, più sicuro diveniva il mio camminare.
Sì, era davvero la cosa giusta. Niente avrebbe potuto convincermi del contrario.
Suonai al citofono, con un sorriso grande in volto.
-Sì?- Rispose il mio capo.
-Sbaglio o devi dimostrarmi che sono degna di te?- Chiesi, ironica.
-Certo! Sali pure!-
Il cancello si aprì, e mi avviai verso l’ascensore, sicura di me, senza sapere cosa aspettarmi del futuro, ma contenta dell’uomo che me l’avrebbe fatto conoscere.

*

-Ciao Gwen!- Trent mi salutò sulla soglia dell’ufficio e mi fece entrare.
Indossava dei pantaloni neri e una camicia bianca, e ai piedi delle scarpe nere di cuoio. Ringraziai mentalmente Bridgette per il consiglio.
Non avevo notato che Trent mi stava guardando dalla testa ai piedi.
Arrossii di botto.
-Ch … che c’è? Ho … qualcosa che non va?- Balbettai, cercando di ricordare se avessi indossato tutto l’essenziale o magari avessi aggiunto qualcosa di inutile.
Lui fermò lo sguardo sul mio volto.
-Non hai assolutamente niente che non va.- Sorrise, con gli occhi allegri come non mai.
Io intanto curvavo appena in su le labbra, tanto ero imbarazzata. Eppure, ero appagata. Sì, era piacevole vedere che agli occhi di un uomo non ero più uno zombie depresso, ma una donna quantomeno apprezzabile.
-Prendo la giacca e andiamo.- Disse Trent, prima di entrare nella sua stanza.
-Tranquillo, aspetto qui.- Risposi, ancora con il sorrisetto sulle labbra.
Ero rimasta sola nella stanza principale. Mi avvicinai alla finestra e respirai dell’aria fresca ad occhi chiusi.
Poggiai i gomiti sul davanzale e osservai la strada semibuia.
Mentre guardavo le altre auto posteggiate, vidi una figura alquanto sospetta avvicinarsi alla mia auto.
Aveva dei jeans, un cappotto nero e, sebbene fosse sera, degli occhiali da sole. Aveva i capelli neri e la pelle scura, sicuramente un uomo.
Si guardò attorno e scattò una foto alla mia targa. Dopodiché puntò la macchina fotografica contrò il palazzo dove vi era l’ufficio. A quel punto l’uomo mi vide, e, senza pensarci scappò via a gambe levate.
La scena mi aveva lasciata senza parole.
Tante domande si aggiravano nella mente, ma una, in particolare, non trovava alcuna risposta.
Chi era?

 
 
 
 
 
 
Nota:
ragazzi, da quanto tempo! ^^”
Mi dispiace avervi lasciati così per due mesi, ma incolpate la poca ispirazione e la scuola u.u

Ok, incolpatemi pure.
Però ora ce l’ho l’ispirazione, altroché se ce l’ho!
Come andrà l’appuntamento? E chi è lo strano uomo misterioso? Cosa vuole da Gwen?
Le risposte nel prossimo capitolo :D
(se ve lo state chiedendo, si, ho scopiazzato di brutto la mia socia e il buon Chris u.u) 

  
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