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Autore: Writer96    22/04/2012    6 recensioni
Il bambino spalanca gli occhi e sfiora la cosa, ormai dimentico dell’ombra e di tutto ciò che lo circonda.
Nel momento in cui il suo dito la tocca, la cosa si arriccia e si solleva, lasciando intravedere uno strato ugualmente chiaro a macchie scure sotto quello iniziale.
Ha una strana consistenza, è sottilissima e fragile, eppure si piega senza sforzo e non sembra volersi spezzare.
Mike ne è spaventato ed affascinato allo stesso tempo e guarda meravigliato quella nuova cosa che si muove, ondeggia e fluttua, facendo movimenti che lui non avrebbe mai immaginato di vedere.
E’ così diversa dai computer che maneggia di solito.
In una Società del futuro, la riscoperta di ciò che ha sempre fatto sognare milioni di persone .
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mike apre la porta dello studio del nonno, spingendola con le dita con aria timorosa.
C’è una strana luce dentro, meno bianca di quella che c’è nelle altre stanze, più grigiastra, più soffusa e non sembra provenire da nessuna delle lampade intorno a lui.
Il bambino gira su sé stesso, guardando impaurito le forme minacciose che si stagliano sulla parete, ombre scure e pesanti che sembrano voler schiacciare il rassicurante bianco della vernice.

Mike sfiora una di quelle ombre, ritirando subito la mano, impaurito, quando ne sente la superficie rugosa e gibbosa sotto i polpastrelli. Spalanca gli occhi nel momento in cui, mentre fa scorrere con più coraggio la mano sulle ombre sente un dolore acuto provenire dal suo indice. Lo guarda, notando che si sta formano una piccolissima macchiolina di sangue intorno ad un puntino più scuro che sembra emergere dalla pelle chiara.
Deglutisce e sta già per ritirare la mano, quando avverte la superficie dell’ombra cambiare. Ora è meno rugosa, più liscia, quasi piacevole al tatto. Si guarda la mano, convinto che sia tutta colpa del puntino nero che ha provocato il sangue, e vi scorge sopra una patina grigia, che si allontana svolazzando non appena lui vi avvicina la bocca e respira.

Il suo sguardo segue per un po’ quei minuscoli puntini grigi che si sono sollevati e che volteggiano, messi ben in evidenza dalla strana luce che non viene da nessuna lampada, prima di tornare a concentrarsi sulle grandi ombre intorno a lui.
Dove Mike ha passato le dita, l’ombra sembra essere ferita ed ha cambiato colore, lasciando intravedere una sfumatura più chiara che è interrotta, di tanto in tanto, da dei luccichii, evidentemente provocati da una qualche micro-luce ingerita dall’ombra durante qualche pasto.
Un’ondata di coraggio pervade il bambino, che allunga di nuovo la mano a toccare l’ombra nel punto in cui è più chiara, penetrandovi incredibilmente all’interno. Lui sussulta e tenta di stringere il pugno, ma l’ombra è tornata solida e lui riesce soltanto ad afferrarne una parte nel tentativo di liberare la mano.

Mike osserva ciò che ha appena estratto dall’ombra con una sorta di timore reverenziale.
La superficie è più liscia di quanto pensasse e ricorda quella del manubrio delle bici, solo che è più morbida, quasi flessibile.
Che sia la pelle dell’ombra?
Mike ne sta ancora studiando la consistenza quando, con un urlo, la fa cadere, dopo aver visto che lungo i bordi esterni l’ombra è bianca, ma frammentata da strane strisce più scure.
Cadendo, la cosa si è aperta, facendo intravedere un interno biancastro, solcato da caratteri scuri.
Sono strani, stranissimi a dire il vero.
Sono simili a quelli che appaiono sullo schermo dei palmari, ma allo stesso tempo sono diversi, più vicini, più sbiaditi.
Mike pensa alla patina grigia che aveva sulla mano e soffia sulla cosa, sperando che le lettere tornino brillanti, ma questo non succede e anzi, appare qualche macchiolina più scura sulla parte chiara, facendolo andare nel panico.
Il bambino spalanca gli occhi e sfiora la cosa, ormai dimentico dell’ombra e di tutto ciò che lo circonda.
Nel momento in cui il suo dito la tocca, la cosa si arriccia e si solleva, lasciando intravedere uno strato ugualmente chiaro a macchie scure sotto quello iniziale.
Ha una strana consistenza, è sottilissima e fragile, eppure si piega senza sforzo e non sembra volersi spezzare.

Mike ne è spaventato ed affascinato allo stesso tempo e guarda meravigliato quella nuova cosa che si muove, ondeggia e fluttua, facendo movimenti che lui non avrebbe mai immaginato di vedere.
E’ così diversa dai computer che maneggia di solito.
Non è piatta, rigida e fredda.
Le fa fare un movimento di troppo e quella emette uno strano verso, che ricorda quello dell’acqua che cade sul fondo del bicchiere, prima di giacere, immobile, con una ferita che la percorre da destra a sinistra.
Il bambino va nel panico e la cosa cade di nuovo, richiudendo la sua bocca con un tonfo.
Mike è sicuro che deve essersi offesa e vorrebbe scusarsi, ma lì, in quello studio così diverso dal solito, così imperfetto, così antico si sente fuori posto.

Raccoglie la cosa da terra con attenzione e delicatezza  ed esce dalla stanza, cercando di capire da dove provenga quella luce così strana.

E’ allora che lo vede, lì, in cima alla stanza, sul soffitto. Un buco, un buco enorme, che non aveva mai notato.
Ha paura che entri l’aria, che è nociva perché potrebbe portare batteri e che da decenni è stata rimpiazzata dai distributori d’ossigeno, ma poi si rende conto che dev’esserci del vetro lì, perché neanche il nonno, che ancora si rifiuta di cedere alle regole della Società farebbe qualcosa di auto-distruttivo come respirare aria pura.
Mike fissa il buco con intensità, stupefatto dal colore che vede fuori.
La Società ha ricreato tutto all’interno, facendo in modo di garantire la sicurezza più assoluta a tutti, ma il bambino sa che nemmeno le macchine più avanzate potrebbero ricreare quello che vede oltre il buco, un colore così diverso dal solito blu che è abituato a vedere.
Rimpiange di non aver studiato i colori del passato quando glieli hanno proposti a scuola, ma del resto lui è sempre stato più affascinato dal nuovo che dal vecchio.

Nel passato, le persone si uccidevano, facevano la guerra, erano nel disordine più totale.
C’erano così tante cose da sapere per vivere bene che era assurdo pensare di poter vivere davvero.
Tutti erano di corsa e i talenti erano chiamati hobby.
Mike si chiede spesso perché nessuno abbia pensato alla Società tempo prima, ma non trova risposta, perché le Enciclopedie non rispondono a quesiti del genere.
Si limita a scrollare la testa, in quei casi, ed è così che fa anche adesso, chiudendo la porta e lasciando che il buco si cancelli dalla sua mente.

Il nonno è seduto e guarda lo schermo del computer, strofinandosi gli occhi con una mano ogni tanto.
Probabilmente starà facendo della Comunicazione Virtuale, si dice Mike, ma si avvicina lo stesso.
Il nonno si volta e sorride e chiude la finestra che aveva aperto, lasciando solo lo sfondo blu che segnali che il computer è stato usato.

-Stavo guardando una cosa di quand’ero giovane io, sai? Lo chiamavano Facebook ed era ritenuto meraviglioso. Niente a che vedere con il Comunicatore, ma faceva sognare noi ragazzi. E tu? Cosa ci fai qui?- dice il nonno, continuando a sorridere.
Il bambino gli mostra la cosa e lui la prende con tenerezza, toccandola senza timore.
-Cos’è?- chiede il bambino, fissandolo con attenzione. Il nonno ha aperto la cosa e lei sembra godere delle sue attenzioni, perché non ha fatto nessuno strano verso e sta lì, tra le sue mani, perfettamente incastrata.

-Un tempo lo chiamavamo libro.- risponde il nonno, guardando la cosa con aria sognante, quasi con nostalgia.

-E che cosa fa di preciso?- domanda il bambino, curioso. Guarda il nonno ad occhi spalancati e la sua mente vaga velocissima. Dovrà cercare sull’ Enciclopedia questa strana parola, libro, che suona in maniera strana, scricchiola.

-Oh, aveva tanti scopi. Il suo pregio maggiore era quello di far sognare la gente...- sospira il nonno, continuando ad accarezzarlo come si fa con un cagnolino.
Mike aveva un cagnolino, da piccolo, prima che fossero vietati perché reputati dannosi.
Era simpatico, perché era caldo e morbido e ti seguiva ovunque.
Ma c’era il rischio che azzannasse, e la Società non poteva permettersi una cosa del genere.

-Come una pillola per i sogni?- incalza Mike, ma il nonno scuote la testa.

-Era una cosa più bella, sai? Non c’erano immagini che ti dicessero cosa succedeva, dovevi immaginarlo tu. La chiamavano fantasia e non so quanta gente vivesse solo grazie a quella. C’erano persone che avevano così tanti libri che non riuscivano neanche a farli stare in casa. La cosa più bella dei libri era che chiunque poteva averne e leggerne e tutti sapevano che prima o poi avrebbero trovato il libro che li avrebbe appassionati. Ormai non se ne fanno più, ma è così bello averne uno tra le mani e sentire la consistenza della carta...- dice sognante il nonno, chiudendo il libro con un tonfo e passandolo a Mike.
Carta deve essere la strana materia di cui è fatto il libro e a lui piace tantissimo, proprio come dice il nonno, accarezzarla.

-E il buco sul soffitto?- domanda poi, ricordandosene solo in quel momento. Il nonno ride ancora e gli accarezza la testa, sentendo un nodo nello stomaco quando la sua mano raggiunge solo la pelle e non incontra la morbidezza dei capelli.
Altre regole della Società.
Solo le bambine hanno i capelli, ma devono essere tenuti sempre legati, sempre protetti per paura di possibili contaminazioni.
Il nonno pensa alla morbidezza dei ricci della sua fidanzata quando era giovane e a come avesse amato accarezzarli, incastrandoci le dita e giocherellandoci.
Ma i tempi sono cambiati.

-Si chiama finestra. Ti fa vedere il cielo e quella che entra è la luce del sole. Ma te lo racconterò domani, questo, ti va? Ti regalo il libro, figliolo. Ti auguro di tornare a sognare...- conclude, alzandosi lentamente e trascinandosi fino alla sua camera con lentezza, sentendo il peso dei suoi duecentocinquanta anni di età.
Mike resta indietro e lo guarda, stringendo con forza il libro tra le mani.
Questa sera proverà a leggerlo invece di prendere la pillola.
Chissà che non gli venga un qualche sogno diverso dal solito.

 
   
 
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