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Autore: Rain79    17/11/2006    0 recensioni
Breve fan fiction sul un cantante/chitarrista forse poco conosciuto. Olly ex leader degli Shandon, che adesso canta e suona con i Fire e i Furious Party. Bè, spero vi piaccia lo stesso anche se non lo conoscete.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Non piangere. Ti colerà il trucco..
Le prime parole che riesco a ricordare. E quello sguardo. In un attimo ne fui rapita.
Però adesso ci sei Tu. Al Suo posto ci sei Tu. E forse per stasera è un bene. Non sopporterei la Sua faccia. Quegli occhi. Falsi e bugiardi. Ma così dolci.
Usciamo a fumare. La malinconia però non mi abbandona. E sento i Tuoi occhi addosso.
Un pò mi piace. Un pò mi sento più pesante.
L' aria è statica anche adesso che siamo fuori. Rumori ovattati al di là della porta.
Non dovresti perderti la festa per colpa mia. Stringo la sigaretta tra le labbra.
In realtà voglio che resti. Così come sei. In silenzio. Perfetto.
Perchè non ho incontrato Te quella sera?

Frequentavo da mesi un locale per adulti. Col trucco dimostravo più dei mie 16 anni. E all' entrata non mi facevano storie. Il barman ormai mi conosceva. Spesso riuscivo a bere senza pagare. E tornavo a casa ubriaca, puzzando di fumo senza pensieri.
Insieme a Claudia eravamo delle presenze fisse. In mezzo a ragazzi ben più grandi di noi. Giocavamo.
All'inizio era per curiosità. Per rendere più vivaci le nostre serate passate davanti alla tv. Per vantarci con le compagne e i compagni di classe. Volevamo avere rispetto invece di essere considerate delle stupide punkettone con le Converse.
Dicevamo a tutti di avere 18anni. Provocanti e consapevoli delle nostre azioni. Ma forse non delle conseguenze.
E li dentro davamo vita ai nostri personaggi. Truccate e vestite come due giovani sgualdrine. Sfacciate. Arroganti e maliziose, gli sguardi e le attenzioni altrui ci facevano sentire importanti.
Un tipo mi offriva spesso da bere. Anche lui era una presenza fissa del venerdì sera. Alto, moro con gli occhi verdi e le mani ben curate. Sicuramente un uomo d'affari annoiato dal lavoro. 27 anni. Di buona famiglia. Educato. Bellissimo. Qualche volta mi riaccompagnava a casa. Teneva sempre le mani a posto. Diceva grazie, prego, perfavore. Persi la testa per lui senza neanche accorgermene. Sembrava innocuo.
Una sera ero triste. Piangevo. A ricordarlo ora non so il perchè.
Forse era solo una serata storta. E io ero di nuovo li. Aspettavo solo che l'alcool bevuto in fretta facesse effetto. Affogavo con la vodka i miei scazzi quotidiani. Vodka e succo d'arancia, perchè liscia mi dava la nausea.
Arrivò lui. Mi offri'l'ennesimo bicchiere. Lo buttai giù senza respirare.
- Non piangere. O ti colerà il trucco..
Il locale era pieno. Luci soffuse, musica in sottofondo mentre una tipa si esibiva sul palco. Io continuavo a bere. Mi sentivo tranquilla, mentre stavo perdendo la mia lucidità. Ci sedemmo in disparte su quei divanetti di un rosso ormai scolorito. Parlavamo, ma io non ricordo di cosa. Poi un bacio. Il primo. Al gusto di vodka e nicotina. Ricordi confusi. Flash che rivivo come in un film.
La sua auto. I miei vestiti sul sedile. La sua faccia su di me. I miei no. Le sue mani che mi stringono.
Ancora adesso riesco a sentire quello schifo. La delusione. La mia ultima sera in quel locale. La mia ultima sera da adolescente.
Ferite vecchie di anni ormai. Che ancora fanno un male cane. E non ne vogliono sapere di richiudersi.

- Ma stai bene? Sembri assente..
Mi volto a fissarti. Forse meriti la verità. Ma non stasera. Le parole mi muoiono in bocca. Poco prima che riesca ad aprirla. E allora continuo a fumare. Non prima di rovinare tutto.
- Tornatene dentro, non c' è niente che tu possa fare.
Giro lo sguardo. Questo ti farà incazzare. Già lo so. Ma voglio che adesso te ne vai.
Forse sarebbe stato più cortese chiedertelo in un altro modo. Ma che vuoi fare. Non sono mai stata capace a fare quello che è giusto. Specie per gli altri.
- Certo che sei proprio una stronza!!
Non replico. Non mi volto nemmeno. Sento il rumore dei Tuoi passi. I suoni della festa arrivano fino a me quando apri la porta. Ma per poco.
Tonch!
La porta si richiude. E adesso sono sola. Adesso posso piangere.
Mi siedo sull' asfalto. Abbracciando i miei stivali borchiati. Mentre il trucco cola sulle mie guance. E non faccio niente. Se non accendere un' altra sigaretta.

When will this end. I Korn mi danno il buon giorno. E speriamo che lo sia davvero. Perchè stamattina sto proprio a pezzi.
Di nuovo quel sogno. Quel ricordo che preferirei dimenticare come tante altre cose che sono successe. E non capisco perchè poi mi vieni in mente Tu.
Sono stata scortese, lo so. Dovrei chiamarti. Chiederti scusa per quella sera. Ovviamente non lo farò.
Rovisto nell' armadio. Ma alla fine scelgo sempre la mia maglia nera. Quella stretta, col collo strappato e un teschio bianco sul davanti. Esagero anche col trucco. Mentre sento che le cose si stanno complicando. E non lo sopporto.
Faccio tardi a lavoro. Come solito. Ma tanto sta mattina non c' è nessuno in giro. Il tempo fa schifo. Piove. E sono senza ombrello.
Preparo caffè, dico buongiorno. Grazie e arrivederci. Ma la mia espressiono non cambia. Sono perfettamente in sintonia con questo tempo. Nuvolo, con un bel venticello fastidioso. Di quelli che ti scompigliano i capelli, o ti fanno volar via la sciarpa se non si tiene legata.
Dai vetri la gente si stringe nei cappotti. Gli alberi ondeggiano appena, e io non vedo l'ora di essere fuori per godermi l'aria fredda sulla faccia.
Le giornate passano così. Aspettando i clienti per evitare la noia. Anche se poi quando arrivano, non vedo l'ora che paghino il conto e se ne tornino da dove sono venuti. Nessuno si limita a bere il caffè, hanno tutti qualcosa da dire. La frase più gettonata è quella sulle condizioni del tempo. Poi quella sulla pesantezza del lavoro. In terza posizione, troviamo quella che odio di più. Quella per cui chiederei l'autorizazione al capo a sbattere la testa del cliente sul bancone. E tenercela finchè non smette di frignare. "Come va?"
Come cazzo vuoi che vada. Sono dietro a un bancone a servire caffè. Ma soprattutto. Cosa cazzo te ne frega? Ti conosco? No, allora fatti gli affari tuoi. Bevi quel cazzo che vuoi, paga e vattene!
Questo incessante bisogno di parlare io non ce l'ho'. Anzi. Stare in silenzio è la mia specialità. E devo dire che mi riesce benissimo. Specie quando devo delle scuse. Delle scuse meritate. Però non ho la minima intenzione di farlo. Forse perchè così dovrei ammettere di aver sbagliato. O meglio, dovrei dire la verità.
Quella verità che anche dopo 5 anni mi tormenta. Proprio come Lui.

Dopo quella sera al night club, io non mi presentai più, ma Lui mi trovò lo stesso. Veniva ad aspettarmi fuori dalla scuola. E per non sembrare una stupida, accettavo che mi desse un passaggio. Ma così, dimostrai di essere molto più che stupida. Claudia lo aveva soprannominato Wall-Street-Man, perchè immaginavamo fosse un uomo d'affari, coi soldi. Visto l'abbigliamento e la sua auto.
Lasciare i miei compagni seduti sui loro motorini, e salire su quell'auto, era esaltante. In quei pochi secondi, mi godevo le loro occhiate di invidia. Poi, quando salivo e la portiera si chiudeva, un nodo allo stomaco mi faceva compagnia. Non parlammo mai di quella sera. Anzi, non parlammo più di niente. Restavamo in silenzio finchè non arrivavamo in periferia. Inboccavamo delle stradine sterrate, fino a raggiungere dei posti isolati. Le prime volte, stavamo qualche istante a fissarci. Io sorridevo per nascondere il nervosismo. Provavo sempre a dire qualcosa, e sempre Lui mi chiudeva la bocca con un bacio. Io non mi lamentavo. Dopotutto, ero innamorata. Nonostante quello che fosse successo. Nonostante Lui appariva solo quando gli faceva comodo. Nonostante facevamo solo i suoi comodi.
A scuola le voci girarono in fretta, e in breve diventai molto popolare. I ragazzi mi guardavano con aria di rispetto, perchè frequentavo un ragazzo molto più grande. Le ragazze invece, avevano quello sguardo schifato di chi vede una puttana lungo il marciapiede mezza svestita. Ma io me ne fregavo. Avevo l'attenzione che cercavo. O almeno, così credevo.
Quando la notizia arrivò a casa, ricevetti più dell'attenzione che volevo.
Confinata nella mia stanza fino a data da stabilire. Persi ogni contatto con l'esterno. Papà mi accompagnava la mattina a scuola. Nel suo sguardo, solo il disappunto e forse un pò di menefreghismo. All'uscita veniva mia madre. Lei neanche mi guardava più in faccia. Ero la vergogna della famiglia. La domenica mattina con la nonna in chiesa. In mezzo a un branco di ansiani, tutti che mi guardavano come fossi la Maddalena. E io in silenzio, con lo sguardo basso, mandavo a fanculo il mondo.
Compiuti i 18 anni, lasciai la scuola. I miei mi obbligarono a trovare un lavoro se non volevo finire col culo fuori di casa. E così feci, ma fuori di casa ci finii lo stesso, perchè decisi che non volevo più vivere in quell'ambiente. All'inizio mi ospitò la famiglia di Claudia, poi, affittai un monolocale dall'altra parte della città.

Le 11 in punto segna l'orologio al muro con la faccia di Marylin. Quando esco è notte da un pezzo. Faccio spesso il doppio turno per pagarmi le spese. Dopotutto è un bene. Il lavoro occupa tutta la mia giornata. E se sono occupata, evito di pensare. Perchè spesso sono i brutti i pensieri a popolare la mia mente. Come adesso, che cammino avvolta nella giacca di pella godendomi il fresco vento di fine autunno, sperando che porti via con se tutte le mie paranoie.
Finalmente sono a casa. Lascio cadere la borsa a terra. Non accendo la luce, dall'unica finestra arriva quella di un lampione difronte. Mi lascio cadere sul divano letto ancora aperto. In realtà, non l'hò mai richiuso. Purtroppo però, il vento fresco non è riuscito ad allontanare i brutti pensieri. Mi accendo una sigaretta e prendo una birra dal frigo. Fisso il Pc che ho spostato sotto l'unica finestra. Controllo la posta, trovo l'invito di Claudia. Alcool party a casa sua. In fondo c'è un ps: viene anche Olly.
Gli occhi si chiudono. Un sospiro e spengo la sigaretta. Sono le 23:40 di un giovedì qualunque. Chi può dare una festa di giovedì? Solo lei, che si annoia ancora e inventa feste da dedicare all'alcool. Sapere che ci sarai anche Tui mi innervosisce. Non posso stare qui sapendo esattamente dove sarai. Che poi, che ci fai a un'alcool party? Tu che neanche bevi e non fumi.. Infilo la giacca, i guanti di pelle ed esco. Sempre meglio al fresco che nell'aria consumata del monolocale.
Sotto al palazzo di Claudia provo a suonare al citofono. Nessuna risposta. Sento lieve la musica provenire dal suo appartamento. Lieve giusto perchè sta al terzo piano. Prima o poi la cacceranno, ne sono certa. E dividere un monolocale in due non sarà affatto divertente.
Qualcuno esce e approfitto per entrare. Mi trema lo stomaco. Comè rivedere qualcuno a cui devi qualcosa? Dovrei saperlo, visto che mi capita spesso. Ma quello che so è che farò finta di niente. Ormai è successo, passiamo oltre.
Trovo Claudia che esce dal suo appartamento con una cassa di birre. La festa è sul tetto del palazzo. E sento più vicina l'ipotesi di dividere il monolocale.
Conosco quasi tutti, e stasera non è proprio un bene. Qualcuno chiede che fine ho fatto. Come sto. E' una vita che non ci si vede. Io rispondo a tutti nello stesso modo. Il lavoro.
Ma Tu dove sei?
Un classico. Arrivi a fine serata. E io sono sbronza già da un pezzo. Seduta per terra a guardare gente ubriaca che balla. Fumando sigarette per non dover fare altro. Ci guardiamo un attimo, ma nessuno dei due dice una parola. Ce l'hai ancora con me. Lo vedo chiaramente. Fingi di ignorarmi come volessi farmi un dispetto. Io mi accendo un' altra sigaretta, mi alzo e me ne vado. Tanto Claudia è lercia. Si struscia a tutti i ragazzi. Per stanotte credo avrà compagnia.
Scendo le scale del palazzo lentamente. Mi gira tutto. Ma quello che è successo è chiaro. Stavolta sei incazzato davvero.
Il vuoto da quell'ultima sera passata insieme. Seduti su un marciapiede invece di scatenarci nel locale con gli altri.
Sono sempre io quella da salvare. Un angelo nero, come ti piaceva chiamarmi, caduto qui per sbaglio.
E Tu chi sei? Perchè continui ad aiutarmi?
Voglio solo esagerare. Arrivare ai limiti. Oltrepassarli. Ma tu continui a tenermi. E non so perchè.
Tua hai la tua band. I tuoi progetti per il futuro. Amici. La voglia di restare su questa terra.
Io ho paranoie e scazzi quotidiani. Nessun progetto. Sopravvivo.
Patetico. Si. Ma Te che vuoi? Che te ne frega!!

Ti ho mai chiesto scusa per quella sera? Non lo ricordo. Forse. Forse no. Non faccio mai la cosa giusta.
Ieri volevo passare da Te. Ma poi è successo di nuovo. Lui ha chiamato.
Cosi' adesso sono di fronte a uno specchio che tento di coprire i lividi.
Vorrei davvero riuscissi a salvarmi. Ma non posso coinvolgerti in tutto questo. Perchè forse un pò ci tengo a Te. Anche se dico di non affezionarmi mai a nessuno.
Ho letto del tuo gruppo su internet. Ormai sei una Star.
Ricordo le nostre chiacchierate notturne. Dopo i primi concerti in qualche centro sociale di zona. Io un pò bevuta. Te esaltato e sudato. L' alba arrivava sempre troppo in fretta. Qualche ora di sonno in macchina, e poi di nuovo in viaggio. Tutti insieme spersi per città fantasma. Pizza e birra offerta dal locale. Portare gli strumenti. Soundcheck. Concerto. Vendere qualche cd o maglietta.
Per un pò sei sato la mia famiglia. Non avevo incubi quando dormivamo vicino. E ovunque andavi, mi prendevi per mano, come se avessi paura di perdermi o che potessi andarmene. Sciocco, fosse stato per me, non sarei mai tornata da quel tour-fai-da-te.
Inizio a vagare per le stanze di questo appartamento troppo bianco per i miei occhi. Dovrei uscire. Tornarmene a casa. Ma resto dove sono. Respirando il Suo profumo tra le lenzuola del letto sfatto. Guardando i segni delle manette ai polsi. E mi mando a fanculo.





Note:
Scritta anni fa, rivisitata e corretta qualche mese fa. Che ne pensate??

  
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