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Autore: Giada810    23/04/2012    31 recensioni
Henley-on-Thames è una cittadina dell’Oxfordshire, placidamente adagiata sulle rive del Tamigi.
Dopo la guerra Draco Malfoy vi si trasferisce con la figlia Altair, conducendo un’esistenza tranquilla e riservata. Quando la piccola si affeziona a prima vista ad Hermione, trasferitasi da poco nel cottage accanto, tra lei e Draco nasce una strana e amichevole tregua, destinata a sfociare ben presto in qualcosa di più profondo e totalmente inaspettato.
Dal capitolo 1:
“-Granger?- domandò con una nota di disgusto nella voce.
-Malfoy.-
-E cosa ci faresti tu qui?-
-Sono venuta a riprendere il mio gatto.- rispose Hermione, con le sopracciglia aggrottate di chi non capisce cosa ci sia di difficile in una situazione tanto elementare.
-Non qui-qui, ma qui in questo paese.- specificò burbero.
-Non vedo come ti possa interessare.- commentò con distacco.
-Mi interessa nel momento in cui vieni qui per rovinarmi la vita e acquisire prestigio alle mie spalle. Sappi però, Granger, che non ti permetterò di sputtanarmi senza fare niente.- le sibilò, una sottile minaccia sussurrata a bassa voce per impedire ad Altair di sentire.
-Tu vaneggi, Malfoy.- rispose incredula Hermione –Non sono qui per te, anche se il tuo egocentrismo è così degenerato da farti credere il contrario.-“
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Astoria Greengrass | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Buonasera!
Purtroppo per voi sono tornata con una nuova storia.
Bentornata a chi mi conosce già e benvenute a coloro che sono nuove lettrici di una mia storia.
Spero che possa piacere, perché io sono piuttosto soddisfatta del risultato (la maggior parte dei capitoli sono già completi, così non dovrete temere ritardi negli aggiornamenti).
Che dire, buona lettura!
 
 

Cap. 1
Henley-on-Thames

 

 
Henley-on-Thames era esattamente quello che molti avrebbero definito un ridente paesino della campagna inglese. Placidamente disteso sulle rive del Tamigi, con tante case a graticcio che si affacciavano sul fiume o su strette vie tranquille, era abbastanza lontano dalle grandi città per potersi estraniare dai propri problemi, ma non così tanto da dare l’idea di essere fuori dal mondo.
Ed era esattamente quello il motivo per cui quattro anni prima Draco Malfoy aveva scelto di viverci dopo la fine della guerra e del suo matrimonio con Astoria Greengrass.
Aveva scelto Henley-on-Thames dopo lunghe ed accurate ricerche sulla presenza di maghi nei dintorni. Visto e considerato che l’ultimo mago che aveva vissuto in quella città era morto prima ancora che lui nascesse e vista la totale mancanza di motivi di interesse che potessero attrarre un mago in quella zona, Draco aveva organizzato il proprio trasferimento in quella cittadina babbana con metodi babbani.
Ancora isolato e trattato con diffidenza per il ruolo avuto durante la guerra, ormai conclusasi da quasi quattro anni, aveva portato con sé solo una cosa della sua vita passata.
Sua figlia, Altair Malfoy.
L’arrivo dello straniero, guardato dapprima con diffidenza e poi con curiosità, aveva sollevato molti dubbi nelle menti degli abitanti del luogo, affascinati da quell’uomo biondo e schivo e dalla bimba di appena un anno che gli somigliava come una goccia d’acqua.
Tutte le domande che lo riguardavano e che per lungo tempo avevano animato i caffè della piazza, erano rimaste irrisolte. Che lavoro facesse, da dove venisse, perché la moglie venisse a trovarli così raramente, erano interrogativi senza risposta.
Aiutato da un vecchio compagno di scuola che lavorava al Ministero della Magia, aveva acquistato un villetta a due piani ai margini della città, lontano dalla maggioranza delle abitazioni e dalle vie di negozi, e si era poi procurato una certificazione che gli permettesse di non mandare la piccola Altair in una scuola per l’infanzia frequentata da babbani.
Poteva tollerare che giocasse con i bimbi babbani al parco, ma non avrebbe sopportato di vedere la propria figlia conviverci per otto ore al giorno.
A tutto c’era un limite, per Salazar!
Aveva scelto una villetta piccola ma graziosa, circondato da un bel giardino di erba morbida perfettamente curata, diversa dalla casa in cui lui aveva vissuto tanti anni, tetra ed enorme nella sua freddezza ed impersonalità. Voleva per sua figlia un futuro diverso, a partire dal luogo in cui sarebbe vissuta.
Non che Draco fosse particolarmente entusiasta di vivere a stretto contatto con i babbani, ma negli anni aveva dovuto riconoscere alla  feccia  almeno un merito. Nessuno di loro avrebbe mai usato il proprio figlio come carne da macello in una guerra senza senso.
Accanto alla villetta dei Malfoy, il cottage di proprietà di un’anziana signora era rimasto sfitto dopo la morte dell’ultimo inquilino e nessuno aveva mai mostrato interesse per il suo acquisto, preferendo i nuovi appartamenti che erano stati costruiti nel centro della cittadina o le nuove villette con vista fiume.
Grande fu quindi la sorpresa degli abitanti di Henley-on-Thames quando una sera di inizio luglio un camion di una ditta di traslochi giunse in città, chiedendo come raggiungere il cottage.
Già il mattino seguente l’abitazione era stata ripulita e sistemata, le pareti tinteggiate di un tenue celeste e le persiane dipinte di un caldo color mattone, il cancelletto d’ingresso sistemato sui cardini e il giardino liberato dalle erbacce che lo soffocavano.
Dopo un giorno di fervente attività, in cui gli operai aveva montato e sistemato i mobili, un uomo dai capelli sale e pepe aveva appeso al cancelletto di legno un’insegna in legno dipinto. Poi era salito sul camion ed era ripartito alla volta di Londra.
“Rosehill cottage”, così recitava la nuova insegna, si era animato due giorni dopo. Il nuovo abitante di Henley-on-Thames, che alcuni passanti con una buona vista avevano osservato al di là delle tendine chiare, era in realtà una ragazza giovane.
Tanto la curiosità degli abitanti era stata sollecitata, tanto quella di Draco Malfoy era rimasta apatica. Le sue speranze erano due, che non fosse una vecchia impicciona né una di quelle ragazze che lo assillavano con le loro sciocche domande.
Nei giorni successivi, nonostante la ragazza fosse sempre in casa a sistemare scatoloni e valigie, nessuno venne a bussare alla porta di Draco con la speranza di fare amicizia, permettendogli di tirare un sospiro di sollievo.
 

***

 
Luglio era già giunto a metà e il sole continuava a splendere come il primo giorno che aveva fatto capolino tra le nubi scure, incrinando la volta plumbea e piovosa del cielo inglese.
Nel giardino posteriore di una villetta bianca, Draco Malfoy era seduto su una poltrona di vimini imbottita di soffici cuscini color panna, leggendo l’articolo in prima pagina di un giornale. In una foto animata, un uomo di colore, alto e robusto, sorrideva rassicurante, agitando una mano in segno di saluto.
“Kingsley Shacklebolt eletto Ministro per il secondo mandato.”
Accanto a lui, nella sua divisa da Auror, Harry Potter sorrideva imbarazzato ai fotografi della Gazzetta del Profeta. Disgustato da tanta finta modestia, Draco gettò a terra il giornale, aprendo poi una rivista di Quidditch, sfogliandola svogliato. Si fermò un istante a osservare un articolo, il  suo  articolo, sorridendo orgoglioso nel leggere il proprio nome a fine pagina.
Fare il giornalista non era mai stata la sua massima aspirazione, non era il tipo da passare ore e ore a fare domande, intervistare persone insulse, sgobbare ore e ore per poi doversi accontentare di un minuscolo trafiletto insulso a fine pagina che nessuno avrebbe mai letto.
Draco però aveva trovato un buon compromesso tra l’attività di giornalista, morto di fame e senza nemmeno una carriera soddisfacente, e vivere di rendita, sfruttando i soldi lasciati dal padre e annoiandosi a morte tutto il giorno. Questo compromesso era l’attività di giornalista free lance presso la rivista di Quidditch di cui un compagno di Hogwarts, Adrian Pucey, era il caporedattore.
Una voce allegra lo distolse dai suoi complimenti interiori.
Altair, accovacciata vicino alla staccionata, stava accarezzando un gatto dal pelo rossiccio che si rotolava a terra facendo le fusa.
-Papi, papi!- lo chiamò, facendogli cenno con la mano, invitandolo ad avvicinarsi –Guarda che bel micino!-
Abbandonando la rivista sulla poltrona, Draco raggiunse la figlia, chinandosi per darle un bacio sulla testolina bionda.
-Altair, non toccarlo.- le disse –Non sai di chi è, potrebbe avere qualche malattia.- ipotizzò, allungando una mano sulla spalla della bambina e facendola alzare da terra.
-Ma è così carino!- protestò la piccola, lanciando uno sguardo intenerito alla bestiola.
Il gatto, quasi lusingato, si strusciò sulle sue caviglie, chiudendo gli occhi estasiato dalle coccole ricevute e dai complimenti.
-A me sembra che abbia il muso schiacciato.- commentò Draco a mezza voce.
Quasi avesse udito il commento poco lusinghiero, il gatto guardò Draco con i suoi occhi gialli e soffiò minaccioso.
Era chiaro che nessuno dei due aveva in simpatia l’altro.
-Dai, papi, posso giocarci un po’?-
Altair strattonò la manica della camicia del padre, guardandolo dal basso con gli occhi chiari sgranati. Vedendo Draco poco propenso ad assecondare la sua richiesta, mise la propria mano piccola e leggermente cicciottella in quella grande del padre, posandovi sopra la guancia.
Draco aggrottò la fronte, in parte felice per la capacità spiccatamente serpeverde di saper manipolare le persone e in parte infastidito dalla propria incapacità di resistere di fronte ad una bambina di nemmeno cinque anni.
-Va bene, ma poi vai a lavarti le mani, intesi?-
La bambina annuì ubbidiente, muovendo il capo e facendo ondeggiare i capelli biondi, tenuti indietro da un cerchietto verde bottiglia come il vestitino che indossava, in perfetto stile Serpeverde.
-Resti qui con me, papi?-
Draco annuì controvoglia, sedendosi sul prato accanto alla piccola, che si sporse verso di lui per regalargli un bacio umido come ricompensa per la sua concessione. Dopo essersi pulito con la mano la guancia impiastricciata, Draco tornò a guardare la figlia che coccolava quello strano gatto dagli occhi gialli e dal muso schiacciato estremamente familiare.
-Papi, secondo me se lo coccoli anche tu, poi gli stai simpatico.- propose con convinzione, sollevando da terra l’animale e tendendolo verso il padre.
Draco, dapprima stupito per quello sfoggio di forza della bambina, rise alla vista dell’espressione contrariata e incredibilmente buffa del gatto, sollevato in aria con ben poca delicatezza e con le zampe posteriori che pendevano e dondolavano.
La bambina scosse un poco la palla di pelo che teneva tra le mani, evidentemente convinta che fosse simile al suo peluche preferito, e sollecitò il padre a prenderlo.
Draco allungò le braccia e prese il gatto, più per togliere un peso alla figlia e per accontentarla che per un reale desiderio di fraternizzare. Appena tentò di accarezzarlo, una voce lo distolse dal suo proposito e il gatto ne approfittò per divincolarsi dalle mani di quell’uomo che, era evidente, non gli stava molto simpatico.
-Buongiorno.-
Dalla porta laterale del cottage appena ristrutturato, una donna stava venendo verso di lui. Non molto alta, con morbide forme delineate dai jeans chiari e dal maglioncino di cotone azzurro che indossava, Draco notò che aveva un aspetto famigliare, seppur poco riconoscibile a causa del sole alle spalle della ragazza che camminava verso di lui.
-Mi scusi, ma il gatto è uscito dalla finestra e poi è scappato dalla recinzione.- si scusò, un sorriso perfetto e cordiale sul volto.
Appena giunse vicino allo steccato che divideva i  loro giardini, il sorriso educato si trasformò in una smorfia di stupore, perfettamente speculare a quella che deturpava i tratti piacevoli del volto di Draco.
-Granger?- domandò con una nota di disgusto nella voce.
-Malfoy.-
Quella di Hermione Granger era più che altro una spiacevole constatazione.
Si fissarono per qualche istante, ognuno perso nei propri pensieri, studiandosi da capo a piedi con l’espressione serie e ostile di un guerriero che analizza il proprio nemico.
L’analisi di Draco durò pochi istanti.
La Granger era esattamente come la ricordava, con un cipiglio austero e severo da professoressa e la linea delle labbra contratta in una smorfia di disapprovazione, rivolta a tutti e contemporaneamente a nessuno in particolare. Aveva i capelli leggermente meno crespi e le forme più morbide e pronunciate, ma era indiscutibilmente irritante come quando andavano a scuola.
Hermione, d’altro canto, lo studiò attentamente, più curiosa che ostile.
Era più alto di come lo ricordasse, sempre ammesso che l’attenzione che gli aveva dedicato negli anni si potesse considerare adeguata ad un confronto attendibile. I capelli erano sempre gli stessi, così come gli occhi chiari e la piega delle labbra, perennemente incurvato all’ingiù in una smorfia di vanità e superiorità verso il mondo.
Un fatto era evidente. Aveva perso quell’aspetto pallido e malato ed era diventato un uomo molto attraente, la cui bellezza era rovinata solo da quella smorfia che sembrava scolpita nel suo incarnato di porcellana finissima.
-E cosa ci faresti tu qui?-
Il tono di quella domanda non era esattamente interessato, ma nemmeno disinteressato del tutto. Era irritato e sottilmente inquieto.
L’ultima volta che aveva sentito parlare di Hermione Granger, ovvero l’ultima volta che quella donna era stata oggetto dei suoi pensieri, risaliva a poco più di quattro anni prima, quando stava ancora organizzando il suo trasferimento ad Henley-on-Thames.
Era citata in un articolo della Gazzetta del Profeta, in cui si ricordava che la giovane strega lavorava come collaboratrice di quella pazza visionaria della Lovegood presso la redazione del Cavillo.
Proprio questo ricordo fece sorgere dentro di lui il sospetto che fosse lì per scoprire che fine avesse fatto il famigerato Draco Malfoy dopo aver posto fine ad un matrimonio breve e non propriamente di successo ed essersi dato rapidamente alla fuga con la figlia, incapace di sostenere il peso dei commenti e delle occhiate malevole che le persone continuavano a rivolgergli.
Già si immaginava quel giornale da quattro zellini andare a ruba grazie ad una sua foto, magari risalente al periodo di detenzione prima del processo, in cui sembrava un pericoloso relitto della società, sormontata da un titolo enorme ed accattivante, elaborato ad arte per attirare l’attenzione di coloro che ancora non sembravano sazi di vendetta.
Gli sembrava quasi di percepirlo, l’odore della soddisfazione che strisciava in quella sudicia mudblood dietro la facciata calma e riflessiva che si sforzava di mantenere. Immaginava le urla di giubilo della sua mente, soddisfatta di potergli rendere finalmente ciò che lui le aveva fatto subire per anni.
La gioia perversa di umiliarlo, il piacere di sminuirlo davanti a tutta la comunità magica come lui aveva sempre cercato di fare davanti a studenti e professori di Hogwarts.
Erano sentimenti che lui conosceva, che lui stesso aveva provato anni addietro, quando era ancora convinto che un Marchio Nero sul braccio, uguale a quello del suo venerato padre, fosse sinonimo di superiorità e potere, di fama e gloria, prima di capire che era solo una condanna alla schiavitù eterna.
-Sono venuta a riprendere il mio gatto.- rispose Hermione, con le sopracciglia aggrottate di chi non capisce cosa ci sia di difficile in una situazione tanto elementare.
-Non  qui-qui, ma qui in questo paese.- specificò burbero.
Non che non lo immaginasse, anzi era certo che la sua mente laboriosa e infaticabile stesse già elaborando frasi ad effetto per il suo articolo, ma voleva sentire cosa gli avrebbe risposto.
-Non vedo come ti possa interessare.- commentò con distacco.
-MI interessa nel momento in cui vieni qui per rovinarmi la vita e acquisire prestigio alle mie spalle. Sappi però, Granger, che non ti permetterò di sputtanarmi senza fare niente.- le sibilò, una sottile minaccia sussurrata a bassa voce per impedire ad Altair di sentire.
-Tu vaneggi, Malfoy.- rispose incredula Hermione –Non sono qui per te, anche se il tuo egocentrismo è così degenerato da farti credere il contrario.-
Hermione distolse lo sguardo acceso di indignazione da lui, distratta da un miagolio pacifico a soddisfatto ai loro piedi.
Accucciata a terra vicino al suo nuovo amico, Altair lo stava deliziando con delicati grattini dietro le orecchie,  a cui il gatto rosso rispondeva con sommesse fusa di ringraziamento. Hermione sorrise alla vista di quella bambina così bella e tenera, il faccino rotondo e roseo incorniciato da lisci e lucenti capelli biondi.
-Lui si chiama Grattastinchi, gli stai simpatica.- disse gentilmente alla bambina, che alzò il viso verso di lei e sorrise, senza però staccare la manina dal pelo soffice e lungo dell’animale che l’aveva conquistata.
-Io sono Altair.- si presentò con un sorriso –E tu come ti chiami?-
-Hermione.-
La bambina, sotto lo sguardo esterrefatto del padre che non poteva credere che sua figlia stesse giocando amabilmente con il gatto della Granger, rifletté per qualche istante.
-È un nome strano.- ponderò, il nasino arricciato –Ma mi piace!- stabilì, sorridendo ancora di più.
-Grazie, anche il tuo è..-
Hermione non riuscì a terminare la frase, perché la mani di Draco passarono sotto le braccia sottili della bambina e la sollevarono da terra, lontano dal gatto che soffiò indispettito. Senza badare alle proteste della figlia, Draco la prese in braccio, sostenendola con un braccio solo, mentre l’altra mano si puntava sul fianco in un gesto di fastidio palese.
-Granger, piantala di parlare con mia figlia, non vorrei che la infettassi con il tuo lurido sangue.- sputò, avvelenato dall’ansia che sentiva crescere dentro di sé.
Conosceva le doti oratorie di Hermione Granger e poteva immaginare quanto risentimento covasse verso di lui per quello che le aveva fatto subire negli anni. Non era dunque difficile immaginare che articolo avrebbe scritto, sommando ai ricordi personali quelli della guerra.
Avrebbe creato un ritratto talmente raccapricciante di Draco, che i pochi che sembravano dimostrare tolleranza e persino benevolenza verso di lui nel mondo magico gli avrebbero voltato le spalle senza alcuna esitazione. Ne sarebbe uscito distrutto, ma questo era ancora nulla rispetto a ciò che davvero lo preoccupava.
Sua figlia, Altair, che adesso si dibatteva tra le sue braccia, mugugnando di disapprovazione, nel tentativo di tornare con i piedi per terra per giocare con il suo nuovo amico.
Con un articolo infamante come quello che la Granger avrebbe scritto su di lui, che futuro avrebbe avuto Altair? Figlia di Mangiamorte, nipote di un uomo condannato a trenta anni di carcere ad Azkaban per una serie lunga e fitta di crimini vari, anello di congiunzione tra i Malfoy e i Greengrass, che mai avevano fatto mistero del proprio odio per Nati Babbani e traditori del sangue.
Sarebbe stata condannata ad una vita di solitudine e diffidenza, di pregiudizi e insulti, lei che era una delle bambine più dolci del mondo.
No, avrebbero dovuto passare sul suo cadavere per poter distruggere anche la vita di sua figlia.
-Ma che…-
-Te lo ripeto un’ultima volta, poi vedi di andartene, Mudblood.- le intimò, mente Hermione sussultava a quell’insulto così cattivo e crudele come solo lui sapeva pronunciarlo –Non ti avvicinare mai più a mia figlia o a me solo per uno stupido articolo.-
-Ma di che accidenti stai parlando!- protestò Hermione, che dei viaggi mentali che Malfoy pareva essersi fatto nella sua mente contorta non capiva assolutamente nulla.
-E non fare la finta ingenua, che mi fai solo incazzare di più. Dì alla tua amica svitata che i miei avvocati la ridurranno sul lastrico prima di poter pubblicare qualsiasi articolo su di me sul suo pulcioso giornale.- chiarì tutto d’un fiato, fissandola ostile mentre qualcosa faceva capolino sul volto di Hermione.
Stupido articolo. La sua breve, ma intensa carriera come giornalista.
Amica svitata. Luna Lunatica Lovegood.
Pulcioso giornale. Il Cavillo.
Comprensione.
Non che Hermione leggesse tutti gli articoli della Gazzetta del Profeta alla ricerca spasmodica di un articolo in cui fosse menzionata, ma era abbastanza certa che l’ultima volta che si fosse fatto riferimento al suo lavoro fosse stato quattro anni prima, quando ancora aiutava Luna a rimettere in piedi il Cavillo dandogli credibilità.
Che articolo Malfoy credeva che dovesse scrivere ancora non l’aveva capito, ma era abbastanza sicura che fosse terrorizzato all’idea che lei volesse vendicarsi per sette anni di insulti e fatture con una pagina piena zeppa di resoconti sul suo comportamento in guerra.
Un articolo, insomma, che avrebbe distrutto la sua immagine di Mangiamorte pentito e che avrebbe distrutto la vita sociale di sua figlia prima ancora che cominciasse.
-Ho smesso di lavorare al Cavillo due anni fa, quando l’Ufficio Misteri mi…- interruppe con un gesto secco della mano la protesta di Draco e continuò la spiegazione -..mi ha chiesto di collaborare con loro come ricercatrice. Lavoro al Ministero e sono una studiosa di Trasfigurazione e Incantesimi, un  topo di biblioteca, come diresti tu.-
Lo guardò con una nota di compatimento e disgusto malcelato negli occhi, scuotendo la testa alla vista di un uomo che, evidentemente, non riusciva a vedere più in là del proprio aristocratico naso.
-Sei talmente marcio, Malfoy, che pensi che tutti siano come te, che per renderti sette anni di insulti di cui  mudblood  era il più gentile, sarei capace anche di rovinare la vita di tua figlia senza alcuna pietà.- respirò a fondo, mentre tutto quello che non gli aveva mai detto veniva a galla –Senza alcuna pietà, proprio come faresti tu.-
-Non farmi la paternale, Granger, perché…-
Hermione lo interruppe, irritata e totalmente disinteressata a qualunque suo sproloquio sulla superiorità del sangue.
-Non me ne frega niente di te, Malfoy. Hai avuto quello che ti meritavi, tanto dolore e nessuna comprensione. Come tu sia riuscito a non passare nemmeno un giorno ad Azkaban rimane per me un mistero, ma immagino che i soldi comprino proprio tutto, anche se vengono da un Mangiamorte rinnegato e codardo come te, vero?-
La frase di Hermione emanava disprezzo e disgusto in ogni sillaba, in ogni suono emesso, ma Draco ghignò, come se quello fosse il più grande complimento. In fondo aveva enumerato la virtù di un Serpeverde.
-Dopotutto sono un Malfoy e i Malfoy se la cavano sempre.-
Hermione scosse ancora una volta la testa, chinandosi oltre la staccionata che li divideva e prendendo Grattastinchi tra le braccia per riportarlo a casa.
-Già. I peggiori se la cavano sempre.-
Lo guardò con sfida, altezzosa come era sempre stata e piena di compatimento come lui non avrebbe mai sopportato.
-Leva la tua faccia da lurida Mudblood dal mio giardino, feccia.-
Hermione alzò il mento, intenzionata a non mostrare il proprio dolore per quella sequela di insulti che colpivano a fondo in una ferita, formatasi quando era ancora una bambina insicura dai capelli cespugliosi, che ancora non riusciva a guarire del tutto.
Vedendola in quella posa di ostentata alterigia, Draco per un attimo comprese cosa significasse  vedere rosso. Posò Altair a terra, fece un passo verso la staccionata e sputò per terra, a pochi centimetri dalle scarpe di Hermione.
Non fece nemmeno in tempo a rialzare gli occhi, che uno schiaffo potente e sonoro colpì la sua guancia, mentre gli occhi di Hermione brillavano di lacrime di umiliazione e rabbia sconfinata.
-Sarai la disgrazia di tua figlia.- mormorò, mentre si asciugava con un gesto stizzito la lacrima che era sfuggita dai suoi occhi scuri. Gli voltò le spalle, diretta a casa sua dopo aver lanciato una sguardo dolce e fugace alla bambina, che a sua volta osservava senza capire il suo papà, così buono e affettuoso, che ansimava per la rabbia e guardava la ragazza che andava via in lacrime.
Mentre il vento faceva ondeggiare il vestitino verde di Altair e agitava i suoi capelli chiarissimi, Draco rimase immobile, con il cuore che rimbombava nel petto e l’eco della porta della Granger che echeggiava nelle orecchie, colpito dai suoi occhi lucidi e, dovette ammetterlo, innocenti.
Era esploso per una ragione tanto terrificante quanto inesistente.
Le aveva sputato addosso, in un gesto di disprezzo assoluto che nessuna parola avrebbe mai potuto esprimere.
L’aveva vista sull’orlo delle lacrime, lei che per una vita aveva resistito stoicamente ai peggiori insulti, alcuni dei quali coniati dai compagni di Draco appositamente per lei.
Tutto questo, per nulla.
Ciò che per lui era più sconvolgente, era che il viso confuso di sua figlia lo stava facendo sentire in colpa.
 
 
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se siete giunte fino a qui significa che, forse, non è così male.
Vorrei solo dire che Henley-on-Thames è un vero paesino dell’Oxfordshire, di cui ho preso in prestito il nome e la posizione come ambientazione di questa ff (vi consiglio di andare a guardare le foto su internet, è stupendo).
Altair Malfoy è invece un personaggio di mia creazione, spero che vi possa piacere.
Lasciate una recensione, per favore: mi fareste un’autrice felice e mi fareste capire se è il caso di continuare o meno questa fan fiction.
Spero di leggere presto tanti commenti (spero anche belli).
Un abbraccio, mie care lettrici!
Giada

 
  
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