Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Vitriolic Sheol    24/04/2012    1 recensioni
Tutti conoscono Edgar Allan Poe e le sue opere... Horror, Noir, Thriller e Mistero si intrecciano nelle sue storie... ma cosa accadrebbe se questi racconti venissero vissuti e raccontati dai protagonisti di Kingdom Hearts?
Genere: Drammatico, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naminè, Organizzazione XIII, Riku, Sora
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La cassa oblunga
 
Un po’ di tempo fa, cedetti allo sfizio di un viaggio per mare riservandomi un posto sulla lussuosa nave “Black Pearl”, in partenza da Port Royal e diretta all’Isola che Non C’è; venni a sapere che saremmo stati in molti passeggeri, tra cui un discreto numero di donne. Sull’elenco dei viaggiatori, figuravano i nomi di parecchie persone di mia conoscenza, compreso quello di Zexion, un giovane artista per cui nutrivo sentimenti di calda amicizia. Lo conoscevo sin da studente, in quanto frequentanti la stessa scuola a Radiant Garden; egli corrispondeva perfettamente al mio ideale di genio, una miscellanea di misantropia, sensibilità ed entusiasmo uniti ad un animo caldo e sincero. Osservai che il suo nome era scritto nella colonna delle prenotazioni triple; e ricontrollando la lista dei passeggeri, notai che aveva prenotato i biglietti per sé stesso, per la moglie e per le sue due sorelle. 
 
Ammetto che rimasi un poco interdetto da questa cosa: le cuccette della “Black Pearl” erano predisposte per poter accogliere due persone ciascuna, perciò mi sfuggiva l’utilità della terza… finché l’illuminazione arrivò: “Ci sarà sicuramente un domestico!”. Tuttavia, riesaminando l’elenco mi accorsi che nessun domestico era segnato, benché l’intento iniziale in realtà fosse quello, dato che la dicitura “e domestico” era stata scritta e poi cancellata. 
 
“Forse un bagaglio estremamente ingombrante, o da dover sorvegliare..” continuai a pensare.
 
Conoscevo molto bene le due sorelle di Zexion, Aqua ed Aerith, ragazze molto amabili ed intelligenti, ma non avevo ancora visto la moglie, che egli aveva sposato da poco; Zexion l’aveva descritta come una donna di straordinaria bellezza, spirito e qualità. 
Inutile dire che non vedevo l’ora di conoscerla.
 
Il giorno prima della partenza mi recai a visitare la nave,in concomitanza con la stessa famiglia di Zexion (come mi informò il capitano Luxord), ed io attesi a bordo un’ora più del previsto, nella speranza di essere presentato alla sposa. Ma con mio profondo rammarico, lo ammetto, vidi arrivare Zexion da solo, il volto dai lineamenti gentili un poco rabbuiato.
 
“Demyx, mio caro amico, comprendo la tua delusione. Mia moglie è un po’ indisposta; ma salirà a bordo domani, un’ora prima della partenza.”
 
Questo fu tutto quello che mi disse riguardo all’argomento; era come se cercasse di svincolarsene, volendone parlare il meno possibile. Essendo poi giunto il mattino, stavo tornando al mio albergo presso il molo, quando mi imbattei nel capitano Luxord, il quale mi disse che la “Black Pearl”  avrebbe rimandato la partenza di due o tre giorni, e che egli si sarebbe fatto premura d’inviarmi qualcuno ad avvertirmi quanto tutto sarebbe stato sistemato.
 
Trascorse una settimana, prima che il messo del capitano si presentasse e pochi attimi dopo, io ero già a bordo, pronto per la partenza; la nave era affollata di passeggeri, caotica per il trambusto del principio. Zexion e la sua famiglia arrivarono all’incirca venti minuti dopo di me: v’erano le due sorelle, la sposa e l’artista, in preda ad un acuto attacco di misantropia che si rivelava palesemente sul suo volto tirato ed ancora più pallido del solito. Non mi preoccupai eccessivamente di tale cosa, in quanto avvezzo a queste situazioni; ma non mi presentò nemmeno la moglie, lasciando l’incombenza alla sorella Aerith, dolce e gentilissima ragazza, che con poche e frettolose parole ci fece fare conoscenza.
La signora Larxene (questo era il suo nome), quando sollevò di un poco il velo che occludeva il suo viso al mio sguardo, ebbe l’inaspettata capacità di stupirmi profondamente: bionda, con due ciuffetti ai lati della testa simili a delle antenne, occhi piuttosto grandi ma di azzurro spento, quasi slavato ed una pelle bianca che non aveva un aspetto molto sano.
 
Nonostante quindi il mio voler essere cortese ad ogni costo, non riuscivo a far a meno di considerare Larxene come una donna assolutamente insignificante, impressione resa ancora più incisiva dalle entusiastiche parole che, precedentemente, Zexion aveva pronunciato a suo riguardo. Non poteva essere considerata una brutta donna, ma non si avvicinava nemmeno lontanamente al ritratto ideale che mi ero fatto dello “splendido angelo” che il mio giovane amico tanto aveva decantato.
 
Era vestita però di un gusto estremamente raffinato che mi portò, frivolamente, a pensare che avesse fatto breccia nel cuore di Zexion grazie alle più durature doti dell’intelletto e dell’animo, piuttosto che con l’avvenenza. Avrei avuto ardente desiderio di trovare conferma a questa mia ipotesi, ma lei pronunciò pochissime parole per poi ritirarsi celermente nella cabina con Zexion. A quel fatto la mia prima curiosità si riaccese, alimentata dal fatto che non essendoci domestici, la terza cabina doveva essere per forza occupata da un bagaglio estremamente voluminoso; cominciai a cercare quindi tale oggetto, che non tardò ad arrivare. Giunse sul molo un carro che portava una cassa oblunga in legno di pino, e sembrò come se l’intero equipaggio della nave non attendesse altro; appena caricata infatti salpammo in tutta tranquillità, dirigendoci placidamente verso il mare aperto.
 
La cassa in questione era, come già specificato, oblunga: misurava circa 182 centimetri in lunghezza e 75 in larghezza, ed osservandola attentamente non potei far a meno di notare che aveva una forma particolare; a quel punto fui sicuro che doveva contenere qualcosa di alto valore artistico, un dipinto pregiato o preziosi strumenti di pittura. Ma lo stupore (pervaso anche da un vago senso di irritazione, nel vedere che ancora una volta le mie teorie andavano in fumo) quando notai che la cassa non venne messa nella cabina supplementare, ma in quella dello stesso Zexion: e lì rimase , occupando quasi interamente il pavimento, creando sicuramente disagio sia all’artista che alla sposa; tanto più che il catrame e la vernice con cui era stata imbrattata la parte superiore, emanava un odore acre, pungente e quanto mai sgradevole. Sul coperchio erano state dipinte le seguente parole: “ Signora Tifa, Radiant Garden, spese a carico di Zexion, Esq. Alto , maneggiare con cura.”
 
Benché sapessi che Tifa fosse la madre di Zexion, quell’indirizzo non riuscì a convincermi del tutto; ero quasi certo che la cassa ed il suo contenuto non si sarebbero mai spostati più a nord di quanto non fosse lo studio del mio amico.
 
Per i primi giorni del viaggio, il tempo si mantenne sereno benché frustato da un incessante vento da nord; tuttavia, nonostante i passeggeri fossero di ottimo umore, Zexion e le sue sorelle perpetravano in un atteggiamento distaccato che, sebbene mai manchevole di una fredda cortesia, risultava comunque scortese verso gli altri viaggiatori. Non prestavo particolare attenzione alla condotta di Zexion: egli era ottenebrato da una tetra mestizia anche più elevata del solito, ed io ero preparato a tali mutamenti d’animo. Ma in qualche modo, non riuscivo a giustificare Aqua ed Aerith: rimasero infatti chiuse nella loro cabina per quasi tutto il viaggio, evitando in modo assoluto ogni contatto con qualsiasi persona si trovasse a bordo.
 
La signora Larxene era, al contrario loro, molto più piacevole con il suo ciarlare, qualità non da poco a bordo di una nave; divenendo estremamente intima di quasi tutte le donne, dimostrò inoltre di possedere un innato talento per civettare con gli uomini… ben presto, ci si ritrovò a ridere più di lei che con lei. Benché i signori si rivelarono piuttosto defilati dall’esprimere giudizi su di lei, le donne non tardarono a dare la loro sentenza, etichettandola come “una donna fondamentalmente buona ma piuttosto insignificante, rozza, sgraziata ed assolutamente volgare.”
Non fui l’unico quindi a chiedermi, alla luce di tutto ciò, come Zexion avesse potuto sposarla, lui, che a volte assumeva la fragilità di una vergine per sensibilità e bontà d’animo! Lui, così raffinato, così colto, esteta fino al più recondito e minuscolo osso, come aveva potuto sposare una donna del genere?! Non si poteva addurre nemmeno la questione di un’ingente dote, in quanto lui stesso mi aveva raccontato che la moglie non gli aveva portato in dote un solo denaro.
 
Che la ragione lo stesse quindi abbandonando? Che altro potevo pensare?
 
Certo, era indubbio che Larxene fosse innamorata di lui, almeno questo era quello che dava a vedere in sua assenza, ricorrendo a frasi sdolcinate come “il suo adorato marito, il signor Zexion”.
 
Un giorno egli giunse sottocoperta e, presolo sotto braccio, come ero avvezzo, passeggiai con lui avanti ed indietro, lungo il pontile. La sua malinconia (che ritenevo giustificata, date le circostanze) non sembrava affatto diminuita; smozzicò qualche frase, di controvoglia e con evidente sforzo, in nome non tanto della nostra amicizia quanto per l’educazione che lo aveva sempre caratterizzato. Arrischiai qualche battuta ed egli fece uno stanco, triste tentativo di sorriso. “Povero Zexion” mi ritrovai a pensare “con una moglie come Larxene, anch’io riuscirei a stento a dimostrare anche una vaga parvenza di gioia!”
 
Iniziai quindi a lanciargli frecciatine ed allusioni velate riguardo alla cassa oblunga, non tanto per irritarlo, quanto per fargli intendere che non poteva raggirarmi così facilmente; e per tal motivo, sempre mascherandolo con la morbidezza delle parole, lanciai il mio primo attacco dicendo qualcosa sulla particolare forma di quella cassa, calcando con il tono di voce e ammiccando con sorrisetti consapevoli.
 
Il modo in cui Zexion reagì a questo mio innocente gioco, fece balenare in me l’idea che avesse davvero completamente perso il senno: dapprima mi fissò come se non riuscisse a cogliere il messaggio subliminale della mia affermazione; ma come se le prima fila di tal pensiero si fossero allacciate alla sua mente, i suoi, in una celere successione, si sgranarono a tal punto che credetti gli stessero per uscire dalle orbite. Lo pervase un intenso rossore seguito da un pallore mortale, a cui affiancò una fragorosa quanto macabra risata, che si prolungò per alcuni minuti; a conclusione di questa, egli cadde pesantemente disteso  sul ponte… quando mi piegai su di lui per soccorrerlo, Zexion somigliava, in tutto e per tutto, ad un morto.
 
Spaventato, chiamai quindi soccorso per farlo faticosamente tornare in sé; appena rinvenne lo sentimmo farfugliare qualche parola incoerente, che ci indusse a coricarlo a letto. La mattina dopo si era completamente rimesso, almeno per quanto si intenda la salute fisica; sul suo stato mentale non voglio pronunciarmi. A tal proposito lo evitai per tutto il resto del viaggio, pur mantenendo l’assoluto riserbo dell’accaduto.
 
Una notte però, accadde qualcosa di singolare: tormentato dall’insonnia, mi ritrovai a passeggiare per il corridoio deserto e silenzioso della zona notte, quando di colpo la mia attenzione fu incuriosita da certi rumori singolari, cauti e quasi soffocati che provenivano dalla cabina di Zexion. Dopo averli ascoltati per qualche secondo con attenzione, riuscii a distinguerne la natura: erano rumori che lo stesso Zexion produceva mentre apriva la cassa oblunga per mezzo di uno scalpello e di una mazzuola, quest’ultima smorzata ed attutita da qualche materia soffice come lana o cotone. Pur non vedendolo, riuscii ad immaginare con fotografica precisione l’esatto momento in cui egli svelleva il coperchio, quando lo toglieva del tutto e quando lo deponeva delicatamente sul pavimento della cuccetta.
 
Dopo un momento di silenzio che mi parve eterno, sentii dei singhiozzi e dei sospiri, celati ma perfettamente udibili al mio allertato orecchio; quasi mi sentissi colpevole dell’origliare la disperazione altrui, mi allontanai dalla porta per tornare nella mia cabina, da dove avvertii, verso l’alba,  il rumore del coperchio e dei chiodi che tornavano al loro originario alveo.
 
 
******* 
 
Trascorsero sette giorni, durante i quali, ogni notte ed ogni alba, sentivo provenire dall’alloggio di Zexion sempre gli stessi rumori e gli stessi singhiozzi; ma benché la curiosità di sapere cosa fosse contenuto in quella cassa mi stesse divorando, mantenni il mio distacco verso il giovane artista, né vidi più le sue sorelle, sempre rinchiuse nella loro cuccetta.
 
L’ottavo giorno però un tremendo, gelido vento ci colse, preannunciante una disastrosa tempesta che non tardò ad arrivare. In una successione talmente rapida da lasciarmi senza respiro ed incapace di reagire, vidi le vele della nave lacerarsi, uomini e donne sparire in mezzo ai flutti che ingoiavano estese porzioni del ponte, della cambusa e delle paratie di babordo, le tavole di legno incrinarsi gonfie d’acqua per poi spezzarsi con un inquietante suono di ossa spostate.
 
Fummo in pochi fortunati a salvarci da morte certa salendo sulle scialuppe, ed in questo gruppo d’anime sconvolte ritrovai con sollievo il capitano Luxord e Zexion, con la sua intera famiglia; non avevamo naturalmente spazio per nulla se non per alcuni strumenti assolutamente necessari, delle provviste e per gli abiti che avevamo indosso. Nessuno di noi aveva mantenuto una razionalità tale da voler cercare di trarre in salvo qualcos’altro che non fosse la propria vita; facile, quindi, è immaginare lo stupore di noi tutti quando Zexion si alzò in piedi a poppa, chiedendo freddamente al capitano di far tornare indietro la scialuppa, allo scopo di prendere, ancora a bordo della nave che stava affondando, la sua cassa oblunga.
 
“Sedete, signor Zexion” rispose in tono deciso il capitano “farete capovolgere l’imbarcazione se non restate tranquillo. Il parapetto è quasi al livello dell’acqua.”
 
“La cassa! La cassa, dico! Capitano Luxord, non potete oppormi un diniego. Il suo peso sarà ininfluente per la portata della scialuppa! In nome del Cielo, mi affido alla vostra anima, io vi imploro di ritornare a prendere quella cassa!” gridò il giovane, quasi sconfinando nell’isteria.
 
Per un istante, un fugace istante, il capitano parve mosso a compassione da quell’accorata preghiera, ma non impiegò molto a riacquistare il suo piglio austero e rispose:
 
“Signor Zexion, voi siete folle. Non posso ascoltarvi. Sedete, vi dico, o ci farete affondare. Fermo! Tenetelo! Sta per saltare in mare! Zexion, no!”
 
Mentre Luxord pronunciava queste parole, Zexion era saltato fuori dalla barca e, grazie alla momentanea posizione sottovento, era riuscito con sforzo sovrumano a raggiungere lo scafo, per metà già sommerso dall’acqua, ed a salirci sparendo poi al suo interno. Benché tentammo più e più volte ad accostarci allo scafo, non impiegammo molto a comprendere che l’infelice sorte dell’artista era segnata.
 
Sempre più lontani, lo vedemmo riemergere dal relitto, trascinando con sé la cassa, alla quale si legò saldamente avvolgendo attorno alla struttura, ed alla sua esile vita, tre giri di una spessa corda da circa 5-6 cm.
 
Un istante dopo, il corpo e la cassa erano in mare, scomparendovi insieme e per sempre.
 
Un silenzio sepolcrale cadde su di noi ancora con gli occhi sconvolti, pieni di quell’immagine di morte che ora sembrava averci seguito sull’imbarcazione, sedendo accanto a noi come un ospite taciturno.
 
Ruppe l’immobilità di quell’istante Luxord, il capitano, con la voce salda ma comunque incrinata dal dolore.
 
“Sono affondati… ma ritorneranno su presto, non appena il sale si sarà sciolto.”
 
“Il sale?!” osservai sconcertato.
 
“Zitto!” mi rispose lui, indicando con gli occhi la moglie e le sorelle del defunto “parleremo di questo quando sarà il momento opportuno.”
 
Penammo molto nella nostra condizione di naufraghi e ci salvammo a stento, approdando, con grande fatica, proprio nel porto in cui saremmo dovuti sbarcare  con la “Black Pearl”.
 
Arrivammo all’Isola che Non C’è, deperiti, sfiniti dal viaggio e dalle veglie, tormentati dalla fame e dalla sete che le poche provviste di cibo non erano riuscite a colmare, ma vivi. 
E questo era ciò che importava.
 
 
*******
 
Trascorse circa un mese dal naufragio della “Black Pearl” prima che potessi avere di nuovo l’occasione di parlare con il capitano Luxord, che incontrai a Twilight Town; la nostra conversazione si incentrò ovviamente sul triste destino di Zexion. 
 
Appresi da lui i particolari che dipanarono, davanti ai miei occhi attoniti, le intere fila della vicenda.
Il giovane artista aveva prenotato i posti per sé e per la moglie, comprese le due sorelle ed una domestica; sua moglie, che scoprii chiamarsi Naminè, era realmente come era stata descritta, una donna di rara bellezza e di enorme cultura. La mattina prima della partenza, la signora si era gravemente ammalata ed era morta; Zexion, innamoratissimo, era fuori di sé dal dolore, ma irrevocabili circostanze gli proibivano di posticipare il viaggio. Era necessario quindi, che egli portasse la salma dell’adorata moglie alla suocera e, d’altro canto, attuare tutto questo nella più completa segretezza; era più che certo del fatto che nove decimi dei passeggeri avrebbero abbandonato la nave piuttosto che viaggiare con un cadavere.
 
A tale motivo, il capitano si adoperò in modo che il corpo della bella Naminè, dapprima imbalsamato e poi racchiuso in una cassa di dimensioni adatte con grandi quantità di sale, venisse caricato sulla nave come merce. Nulla doveva trapelare della morte della signora e poiché era noto a tutti che Zexion ne sarebbe stato accompagnato, divenne necessario trovare qualcuno disposto ad impersonarla durante la traversata; fu facile persuadere la cameriera della defunta e la cabina supplementare, in origine destinata a questa ragazza finché Naminè era in vita, fu semplicemente confermata. 
 
Qui, la notte, la ragazza dormiva, mentre il giorno sosteneva come meglio poteva la parte della sua padrona, la cui identità era sconosciuta ad ogni passeggero.
 
Il mio errore di valutazione era sorto, naturalmente, da un’eccessiva superficialità di giudizio e tale sbaglio continua tuttora a tormentarmi.
 
Ogni notte, prima che il sonno mi colga, un volto affiora davanti ai miei occhi ed una risata isterica mi risuona nelle orecchie.
 
In bocca, uno strano sapore opprime le mie papille.... 
 
Sale.
 
 
-------------------------------------------------------------------------------------------
 
* angolino dell’autrice *
 
Ed eccoci al primo racconto della raccolta, avente come base la short story di Poe dall’omonimo titolo!
 
Perché Demyx e Zexion? Non so dirvelo sinceramente ( “chi se ne frega” mi potreste dire voi u.u ) , so soltanto che mentre lo leggevo le loro immagini mi sembravano adatte a questa storia.
 
E poi, scusate, chi altri se non il Burattinaio (depresso) Mascherato poteva rivestire il ruolo dell’artista giovane e tormentato?!
 
Ah, prima che me lo dimentichi! Nella versione originale, le unità di misura della cassa e della corda sono riportate in pollici; io le ho convertite con il nostro sistema metrico-decimale, ma non sono sicurissima che siano le traslazioni giuste! O.o
Oh, insomma, alla fine anche se la cassa è più grande di un decimo di millimetro o la corda più corta di un centimetro non sarà mica la fine del mondo, no?
 
* Non importa, tanto ci sono crepato intorno lo stesso! \ _ / NdZexion *
 
A rivederci (e spero in breve) con la seconda one shot!
 
Un saluto ed un inchino 
 
Dark Rag Dancer
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Vitriolic Sheol