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Autore: Marti Lestrange    24/04/2012    14 recensioni
Piccolo racconto breve liberamente ispirato alle parole della canzone dei One Republic: "All this time".
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All this time
We were waiting for each other
All this time
I was waiting for you”
 
 
Ho sempre amato l’inclinazione con la quale i raggi del sole colpiscono la stoffa bianca della biancheria stesa ad asciugare. Ho sempre amato quel tenue profumo di buono che ti sveglia la mattina. Ho sempre amato la luce che piano si infiltra tra le persiane. Ogni risveglio, da vent’anni a questa parte, è stato un risveglio al sapore del pane appena sfornato; l’aroma del caffé forte che ti penetra nella pelle, ridestandoti; la brezza del mare che agita appena le tende leggere; i rumori accennati di mia nonna che prepara la colazione in cucina. 
Ogni giorno mi stupisco di come le piccole cose possano renderti felice. Di come ogni singolo dettaglio possa avere un significato nascosto. Le piccole case arroccate sulla roccia riprendono i colori dell’arcobaleno. I muri sono rovinati dalla salsedine e sbiaditi dal sole. L’edera si arrampica pigramente sulle pareti. Le foglie verdi ricoprono le crepe. 
Le vie cominciano presto ad animarsi: il panettiere sotto casa ha già sfornato pane e brioches; la fioraia di fronte apre i battenti del negozio e un profumo di rose si diffonde nella strada; il fruttivendolo all’angolo scarica casse di fragole e uva. I pescatori tornano stanchi dalla pesca notturna, le mani rotte dalle reti e gli occhi che riflettono il mare. Alcune donne vestite di scuro siedono sui gradini della chiesa, i ricami in grembo, le campane sopra di loro che suonano le nove.
Mi stiracchio nel mio letto come un gatto. Mi stropiccio gli occhi e sorrido. Le pareti bianche della mia camera riflettono la luce del sole che entra dalle finestre semiaperte. Il letto è ancora caldo accanto a me. L’ombra della sua testa si intravede ancora sul cuscino. Tocco quelle lenzuola candide che sanno di lui, di mare e di sole. Le mie mani trovano un biglietto. Lo afferro e la ruvida carta mi taglia un dito. Solo poche parole: “Ti aspetto alla spiaggia. Dobbiamo parlare”. Una goccia di sangue cola tiepida sul lenzuolo, che scalcio via con foga. Un pensiero vagabondo mi rimbomba nella mente. 
In un attimo sono pronta e scendo in fretta le scale. Mia nonna è in cucina, mi guarda stupita, una ruga le increspa la fronte scura.
- Dove corri, Margherita? - mi chiede.
- Alla spiaggia, nonna - rispondo afferrando una brioche.
- Margherita - mi ferma la nonna mentre io apro la porta per uscire. 
Mi fermo e mi volto a guardarla.
- Tu sai cosa fare - mi dice - E anche il mare lo sa.
Annuisco e poi esco. Afferro la bicicletta azzurra appoggiata al muro di casa e sfreccio per le stradine, diretta alla spiaggia. Quell’unico pensiero mi tartassa, senza lasciarmi tregua. Tutti le ore passate insieme, tutti i momenti e le parole, tutti gli sguardi, tutto mi scorre davanti agli occhi, veloce. Tutta l’estate. I baci, le granite al limone bevute all’ombra di una palma, le serate al chiaro di luna, le mani intrecciate, i sospiri accennati, le passeggiate in cima alla collina rocciosa, le abbuffate di cocomeri all’alba, le sue mani su di me, il sole sulla pelle e la sabbia nelle tasche. La bicicletta macina la strada sotto di sé, i ciottoli roventi sotto il sole di fine agosto scorrono via. Il vento mi agita i capelli scuri, portando con sé una scia di sale e ricordi. All’improvviso, la sua voce mi torna in mente, mi stordisce da quanto sembra vera, come se lui fosse stato lì accanto a me: “live beautifully, dream passionately, love completely”.
Spingo avanti la bicicletta, quasi furiosamente. Ed eccola lì, finalmente: la spiaggia dorata si stende davanti a me, silenziosa e calda. Il mare azzurro lambisce la riva, calmo ed eterno. Tutta la mia vita è stata scandita dal rumore del mare. Dal suo sciabordare tranquillo e dalle sue furiose tempeste. Dalla sua bianca schiuma e dalle sue onde appassionate. Il mare è un po’ come me: tranquillo e irrequieto al tempo stesso, mai pago di niente, generoso e prepotente, cristallino e tenebroso.
E lui è lì. Lì dove tutto ha avuto inizio. Lì dove mi ha trovata. E’ seduto su alcuni scogli, rivolto verso il mare. I suoi capelli scuri si agitano al vento. La camicia azzurra aderisce alla sua schiena. Mi sta aspettando. Come se mi avesse sentita arrivare, si volta verso di me. Mi fermo per un momento, mentre ci guardiamo. Poi, lui si alza e si avvicina, le mani in tasca, in quel suo gesto abituale e scanzonato. Tutto il mondo è racchiuso in quegli occhi verdi. Tutto l’universo e le stelle.
Si ferma a pochi centimetri da me. Le labbra socchiuse, gli occhi ardenti. Un sospiro.
- Sei scappato via - gli dico in un soffio.
Lui nega con la testa. 
- Non sono scappato via da te - risponde -, ma da me stesso. 
- Tornerai in Inghilterra? - gli chiedo fissando i miei sandali mezzi rotti e scoloriti. 
Johnny mi guarda con quell’espressione che conosco bene: è serio, ma i suoi occhi dicono altro. Quelle labbra perfette si increspano in un sorriso provocante. Mi alza il viso e io lo guardo negli occhi.
- Ho aspettato tutto questo tempo - dice, e il mio cuore si ferma - Ho aspettato tutto questo tempo per trovarti… non ho intenzione di andare da nessuna parte.
Il mio volto si trasfigura: dalla preoccupazione e dal timore di poterlo perdere per sempre alla gioia e al sollievo di saperlo con me, a tutti i costi.
Gli butto le braccia al collo, inspirando a lungo quel profumo di mare e terra. Quel profumo di sapone e sole. Quel profumo di lui.
Le mie labbra incontrano subito le sue, legandolo a me con un bacio, per sempre.
- Per tutto questo tempo - dico - io ho aspettato te…


NOTA
"Ama bellamente, sogna appassionatamente, vivi completamente" è la traduzione letterale delle parole "live beautifully, dream passionately, live completely". Il testo in alto a destra è tratto dalla canzone dei One Republic, "All this time".
   
 
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