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Autore: Lizanna    24/04/2012    1 recensioni
Il suo essere sottomessa da sempre pensava l'avrebbe fregata. Che interesse poteva esserci nel dialogare anche se per iscritto, con qualcuno che non poteva avere proprie opinioni e temeva una qualsiasi lamentela? Eppure quando ricevette l'ennesima risposta insperata dal contenuto ancora più inaspettato del precedente, dovette iniziare a prendere il coraggio che mai aveva posseduto realmente, o forse si era auto imposta di non manifestare mai.
-Io ho risposto perché mi annoio, non per ricevere scuse. E finiscila di essere così triste, non avevi scritto di voler anche se in un pezzo di carta, essere te stessa? Anche se non capisco il divertimento che puoi trovare in un pezzo di carta ed una fottuta penna ingestibile. Comunque ti prometto che un giorno sarai tu a provare piacere nel vedere messi male i tuoi padroni-
Fu un riflesso incondizionato quello di sbarrare gli occhi e mettersi una mano sulla bocca spalancata. Sia per la maleducazione del suo interlocutore che aveva spento una sigaretta sul foglio, e sia per la minaccia finale che augurava ai suoi padroni. In teoria doveva essere lei ad augurare cose brutte verso quelle persone, eppure non ne trovava il coraggio, era davvero schiava anche moralmente.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti. La vergogna che sto provando a pubblicare questo scritto è inferiore solo a quella di scoprire se sono realmente così pessima o se la mia maestra Nuirene ha ragione nel dire che sono brava. Si non vi biasimo se vi allontanere subito da questo scritto, anzi non pretendo nulla. Beh non insultatemi neanche però, sono appena arrivata e scapperei subito via xD
Non ho altro da dire se non che questo scritto è leggermente tinto di nero, un po' crudo avvolte, ma in questo prologo non ci sarà nulla di troppo violento se non sul finale.. beh Buona lettura ^^

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Guardandosi attraverso quel vecchio specchio rotto, si spaventò per quanto fosse irriconoscibile in quell'istante.

Con le mani immerse di sangue si toccò il volto con un dito, partendo dalla fronte sino ad arrivare al mento, creando una scia scarlatta su quella pelle che trovava stranamente scura, non era sporca o misteriosamente tinta dalla luce notturna, ma di un colore che andava tra la vita e la morte senza superare il limite di ognuno di essi. Non sapeva spiegarsi nulla, ma quel sangue che la ricopriva bruciava la pelle dandole la sensazione che non fosse suo ma le appartenesse ugualmente.

Un possesso guadagnato in una maniera che trovò lugubre ma soddisfacente. Nonostante ciò non riusciva a voltarsi conscia del fatto che probabilmente accanto a lei ci sarebbe stata la matrice del sangue, o forse era più di una?

 

-come ho potuto versare sangue con queste esili mani?-

 

-Gli umani hanno il vizio di farsi ingannare dalle sembianze...-

 

Da quando si era svegliata ogni qual volta si ponesse una domanda, che fosse mentale o pronunciata vocalmente, qualcosa dentro la sua testa le rispondeva con una voce parecchio divertita.

Forse il gene della follia si era improvvisamente impossessato di lei? Solo concepire cosa avrebbe potuto farle compiere la fece rabbrividire, ma poi ci pensò quella voce a toglierle il dubbio.

 

-Non è follia, ma divertimento!-

 

Si domandò che diletto potesse mai dare versare sangue, per quanto probabilmente quello che aveva tra le mani era di una persona che detestava. Era fermamente convinta che non si potesse realmente odiare qualcuno, una parte di se stessi divisa dal Signore, eppure in quei giorni stava lentamente dubitandone.

Era stata fatta schiava da quando aveva otto anni, venduta dai genitori che a detta dei suoi padroni, erano dei poveracci interessati solo alla loro sopravvivenza. Non aveva mai vissuto con un briciolo di dignità, costretta a non uscire mai e non muoversi se non per fare qualche lavoro faticoso e logorante come da suo mestiere. Fortunatamente non era mai stata realmente trattata come un animale, dai libri della mansarda a cui era costretta a vivere si era potuta documentare su quali atrocità degli schiavi prima di lei avevano dovuto subire. Nonostante sapesse della sua fortuna un mese prima di tutto ciò decise di provare a tenere alto il suo orgoglio in nome di quelli che prima di lei avevano tentato di sacrificarsi. Era inutile vivere senza portar a termine il proprio ideale, ed era stato anche il suo unico amico a dirglielo tra le righe dell'ultima corrispondenza ricevuta. Già, nonostante fosse rilegata in quell'umido e stretto nido dalle tante scomodità, qualche mese prima di tutto ciò aveva iniziato a ricevere risposte che non fossero obblighi o insulti.

Ebbene sì,  una schiava era riuscita con quei libri a farsi un minimo di istruzione che teneva ovviamente segreta ai suoi padroni. Sapeva leggere, scrivere e non disdegnava la scienza, nonostante ciò sentiva ancora più repressa la sua libertà di persona non potendo comunicare ciò che pensava.

Così un giorno prese un vecchio foglio bianco, probabilmente in quella desolata mansarda erano stati conservati vecchi fogli per lettere... forse in quel periodo non erano più di tendenza attraverso le nobili casate che, persino quando si trattava di carta dovevano ostentare il loro prestigio.

Impugnò una delle tante vecchie penne di legno con il pennino d'acciaio, da quando si era passati alla possibilità di rendere quegli attrezzi d'oro, la sua stanza si era riempita di quell'utile attrezzo per marchiare la carta. Era assai complesso e spesso le prime volte, finiva per macchiarsi le mani di nero: nonostante ciò non si arrese dopo un breve periodo la sua capacità di scrivere fu sufficienza per piegare la carta utilizzata e buttarla attraverso la finestra sotto forma di aeroplano di carta.

Indubbia era certezza di non ricevere risposta, anzi probabilmente quel foglio non sarebbe mai finito nelle mani di nessuno, ma invece la sera seguente ricevette una risposta, che anche se corta e traspirante di poca passione nello scrivere la stupì positivamente.

Sopra il suo letto sempre piegato ad aeroplano aveva ricevuto un foglio di carta, di una qualità che pareva migliore della sua. Non si domandò come fosse potuta finire là, probabilmente il pensiero le avrebbe rovinato tutto l'entusiasmo, così decise di non farsi mai domande.

 

-Sarai anche non padrona della tua vita, ma questo non ti da il diritto di spedire questi affari pericolosi. Mi hai quasi cavato un occhio!-

 

 

Ci mise un po' a comprendere il tutto, chi le aveva dato la risposta non brillava di certo per la sua calligrafia elegante, anzi pensò più che fosse opera di un qualche bambino, ma come poteva un infante rispondere ad una lettera e persino posizionarla là dentro?

Sì è vero, si era imposta di non pensare al come fosse arrivata, ma delle volte era più forte di lei l'istinto di trovare un perché che naturalmente, era impossibile ideare.

Presa dalla grande gioia rispose con fretta, tant'è che la sua scrittura non risultò più pulita come la prima volta. Era evidente che fosse agitata ma anche emozionata.

 

-Mi scusi... io non volevo farle del male, anzi pensavo che questo straccio di carta sarebbe passato inosservato a chiunque finendo a marcire per sempre su qualche terreno desolato.-

 

Il suo essere sottomessa da sempre pensava l'avrebbe fregata. Che interesse poteva esserci nel dialogare anche se per iscritto, con qualcuno che non poteva avere proprie opinioni e temeva una qualsiasi lamentela? Eppure quando ricevette l'ennesima risposta insperata dal contenuto ancora più inaspettato del precedente, dovette iniziare a prendere il coraggio che mai aveva posseduto realmente, o forse si era auto imposta di non manifestare mai.

 

-Io ho risposto perché mi annoio, non per ricevere scuse. E finiscila di essere così triste, non avevi scritto di voler anche se in un pezzo di carta, essere te stessa? Anche se non capisco il divertimento che puoi trovare in un pezzo di carta ed una fottuta penna ingestibile. Comunque ti prometto che un giorno sarai tu a provare piacere nel vedere messi male i tuoi padroni-

 

Fu un riflesso incondizionato quello di sbarrare gli occhi e mettersi una mano sulla bocca spalancata. Sia per la maleducazione del suo interlocutore che aveva spento una sigaretta sul foglio, e sia per la minaccia finale che augurava ai suoi padroni. In teoria doveva essere lei ad augurare cose brutte verso quelle persone, eppure non ne trovava il coraggio, era davvero schiava anche moralmente.

Perciò forse doveva trovare positiva quella frase? Finalmente qualcuno aveva scritto quello che lei non aveva neanche coraggio di immaginarsi o solo pensare? E poi sarebbe stata realmente capace di provare piacere per la sofferenza altrui, lei che non sopportava neanche la vista di un uccello che cadeva mentre volava?

 

 

-Ho mantenuto la promessa anche se per metà, dato che sono arrivato quasi al termine della festa. Ma finalmente ti ho fatto provare quel piacere nel vedere soffrire chi ti ha oppresso per anni-.

 

Non riconosceva quella voce ma, il discorso se pur breve, era collegabile a tutto ciò che aveva ricevuto per iscritto negli ultimi mesi. Era impossibile crederci, quel sangue era loro? Ed era stata lei stessa a versarlo senza ricordarsene? E quelle lettere erano vere?

Era un assassina.

 

-Assassina, che termine volgarotto-

 

Tentò di colpirsi usando lo specchio come arma contundente, ne prese una scaglia rotta tra le mani e lo punto tra gli occhi.

Non aveva la forza di vivere con le mani immerse nel sangue, quella libertà che le era stata promessa era solo un illusione, ora era schiava della violenza e colpevole dei peggiori peccati.

Si colpì, nonostante ciò non provo nessun dolore, se non un rivolo di sangue nero che scendeva sporcandole i vestiti che erano più paragonabili a straccetti.

Era un misto di rosso e nero, entrambi inspiegabili come l'espressione sul suo volto. I lunghi capelli castani che trovò solo in quel momento neri come la pece, si stavano bagnando di quel liquido oscuro e di lacrime, le quali uniche salve nel loro colore originale.

 

-Sono un mostro-

 

Questa volta parlo a voce alta, non aveva coraggio di girarsi e cercare il suo interlocutore né quello di ascoltare quello interiore che sicuramente l'aveva risposta con la solita gelante ironia. Non voleva vedere più sangue, non voleva più vedere nulla.

 

-Mi dispiace averti macchiata così. Il lavoro sporco sarebbe stato compito mio se non ci fosse stato questo piccolo imprevisto. Odio pensare che tu ti sia dovuta contaminare, era piacevole parlare con un qualcosa di puro come te. Ma è ancora più piacevole constatare che dopo tutto ciò tu non abbia preso le sembianze e gli atteggiamenti di un mostro.-

 

Non si poteva ancora definire un mostro? E allora che cos'era realmente un essere privo di cuore se non lei, che aveva fatto tutto ciò? Il suo interlocutore parve leggerle nel pensiero, avvicinandosi a lei. Poteva sentire i passi sicuri ma lenti, forse anche a causa dei tanti sentimenti che provava e la facevano andare a rallentatore.

 

-E allora, che cos'è un mostro?-

Aveva paura a chiederlo, ma allo stesso tempo sperava che la vista di un vero demone potesse farla alleggerire nei sensi di colpa. Che comportamento da codardi pensò, ma era debole e lo sapeva.

Una mano le girò il volto, era fredda ma sicura nella presa audace che posizionò lo sguardo di lei verso due cadaveri. Uno, quello di una donna era irriconoscibile, per poco non rimise giù la sua misera cena alla visione di tutto ciò.

Un altro, quello che riconobbe come il suo “compratore” strisciava, pareva volesse fuggire ma quella persona che ancora non aveva visto in faccia, lo fermò mettendo un piede sulla caviglia di lui.

Sottofondo di quello che fece, le urla e gli scongiuri dell'uomo che maledì persino la sua schiava mandandola all'inferno.

Poi vide quello che era realmente un mostro. Quell'uomo, non si spiegò come ma infilò una mano dentro il petto dell'uomo passando per la schiena, con eleganza tirò via l'arto facendo accasciare l'uomo a terra. Non aveva buchi, era come prima se non per un dettaglio: Il suo cuore era nelle mani di quel tipo di cui ora vedeva il volto, dipinto in un grosso sorriso divertito.

 

-Detesto sporcarmi le mani, ma questo penso ti farà capire cosa non sei- e dopo averlo detto un fascio di luce viola che compieva movimenti strani fece sparire il muscolo tra le mani di lui. Sembrava qualcosa che volava e mangiava con cattiveria assurda quello che aveva strappato dall'uomo. Però non sentì la sensazione di schifo, probabilmente era quell'assurda voce che trovava la scena soddisfacente.

  
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