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Autore: Rin Hisegawa    25/04/2012    4 recensioni
Lui non vorrebbe vederla piangere in quel modo. La guarderebbe con quell'aria di fastidio misto a dispiacere, incerto se abbracciarla o prenderla in giro, e magari alla fine farebbe entrambe le cose. Eppure l'ha scacciata, e lei non può fare a meno di disperarsi, perchè le principesse delle storie si sposano col Principe Azzurro e lei invece si è innamorata del Mago cattivo. [GOLD / BELLE]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Qualcosa è andato storto mentre editavo la storia, e mi vedo costretta a ripostarla perché la precedente versione è scomparsa nel nulla. ò_o Ho perso tutti i commenti! *vuole suicidarsi*. Sono la solita imbranata.

Ancora ci spera. Dopo mesi, anni di reclusione (quanto tempo sia passato in realtà non lo sa nemmeno lei), dopo tutte le interminabili nevicate e i giorni di sole vissuti al di là delle sbarre di quella gelida cella, in un angolo della sua mente sempre più distante e inafferrabile esiste ancora il pensiero che un giorno, presto o tardi, il suo Principe Azzurro arriverà.
Non importa quanto tempo impiegherà, né quali strade sceglierà per raggiungerla. Del resto laggiù, nelle segrete del castello, i giorni scorrono tutti uguali, e c'è ben poca differenza fra un minuto passato ad osservare un filo d'erba ed un'intera stagione. Emily se ne sta seduta con il mento appoggiato sulle ginocchia, le spalle curve, lo sguardo perso nel vuoto, e sogna.
Ogni giorno, brandello dopo brandello, i ricordi di quella che deve essere stata la sua vita fino ad ora vanno sfaldandosi sempre di più, sostituiti dalle storie fantastiche che la ragazza inventa senza sosta, cercando una spiegazione (irrazionale) a tutte le sfortune che le sono capitate. Ormai non ha neppure idea di che faccia abbia suo padre, che è soltanto un nome (Moe French) scritto sui documenti ufficiali che conservano i suoi carcerieri.
Probabilmente Moe era soltanto un uomo spaventato, pavido e assente, che ha preferito far rinchiudere sua figlia in manicomio piuttosto che combattere giorno dopo giorno assieme a lei la lunga battaglia che l'avrebbe portata alla guarigione. Tuttavia, nella mente di Emily, il signor French è un nobile appartenente ad una qualche ricchissima casata, possessore di terre e di castelli, che ha assistito impotente alla reclusione della sua unica erede nelle segrete di un oscuro maniero da una strega che voleva punirlo per qualche torto subìto.
Questa strega malvagia (Emily non ne ha dubbio) porta il nome di Regina e a lei appartengono gli occhi, neri come la più malvagia delle maledizioni, che sbirciano di tanto in tanto attraverso la porta di metallo della sua cella, fissandola con uno sguardo privo di alcuna pietà o compassione. Lo sguardo che si riserverebbe al più infimo dei traditori, ad un assassino, ad una persona malvagia; ma Emily non è affatto sicura di essere una persona malvagia e anzi, guardando le proprie braccia scheletriche e le gambe magre, si domanda spesso se in tutta la sua vita sia mai stata in grado di fare del male a qualcuno.
Una cosa di cui la ragazza è certa, invece, è di essere completamente e inequivocabilmente pazza. Questo è quello che diccono le infermiere quando le somministrano le medicine - che la fanno sentire intorpidita e distratta - e quello che è scritto nei documenti ufficiali. Emily French, una povera demente, un'innocente che qualcuno ha fatto rinchiudere in manicomio per non dover soffrire guardandola perdere sempre più il senno con ogni giorno che passa.
Emily French, una principessa ridotta in schiavitù. Chissà dov'è, il suo Principe Azzurro, e chissà se è ancora vivo, se si è perso, se la sta cercando. Ogni sera Emily prega - nessuno in particolare, perchè non crede in nulla, ma prega - affinché il suo salvatore giunga a portarla via e la conduca con sé nel proprio regno fatato, dove potranno finalmente sposarsi e dimenticare tutto quel dolore. Poi si alza in piedi, si guarda attorno, e riconosce la piccola stanza nello scantinato dell'ospedale. Osserva, senza vederli sul serio, le proprie mani sporche, i capelli spettinati, la lama di luce che entra dalla finestra con le sbarre e piange, fino ad addormentarsi di un sonno senza sogni.
Non ci sono nessun Principe e nessun reame fatato: quando il farmaco inzia a fare effetto, riportandola in questo mondo ingiusto e crudele, è allora che la realtà la assale con la violenza di uno schiaffo in pieno viso. Tutto ciò che possiede sono quella stupida casacca azzurro spento, un corpo troppo sfinito per poter anche solo pensare di scappare e la sua immaginazione, per fortuna ancora abbastanza vivida talvolta da farla volare lontano in qualsiasi luogo osi desiderare.
E poi c'è quel bambino. Quel bambino con gli occhi castani, magrolino e vivace, che si è avvicinato un bel giorno alla sua piccola finestra, incuriosito dal ruomore dei suoi lamenti insensati. Emily aveva alzato gli occhi e l'aveva visto lì, incerto, con un mezzo sorriso spaventato stampato sul volto da uccellino.
- Hey... ciao, - gli aveva detto asciugandosi le lacrime, cercando di suonare il meno spaventosa che poteva. - Io sono Emily.. e tu come ti chiami?
Il bambino aveva continuato a fissarla, con un'espressione a metà fra lo stupito e l'affascinato. Sembrava conoscerla, o averla riconosciuta in qualche modo, ed in un momento di follia la ragazza si era chiesta se per caso avesse avuto un fratello nella sua vita al di fuori, confrontando istintivamente i lineamenti di lui con il poco di sé che ricordava.
- Mi chiamo Henry Mills. Cosa ci fai rinchiusa nello scantinato dell'ospedale? Sfrontato, il ragazzino. Ma almeno sembrava trattarla gentilmente, ed Emily aveva davvero bisogno di parlare con qualcuno che non tentasse di somministrarle calmanti appena alzava un po' la voce.
- Sono prigioniera di una regina cattiva, - aveva sorriso lei, con un'alzata di spalle, - oppure sono stata rinchiusa qui dentro perché sono pazza e pericolosa, e Storybrooke non è un posto adatto a gente come me. Scegli tu l'opzione che preferisci, è quello che di solito faccio io quando mi dimentico chi sono. Aveva sorriso di nuovo, a fatica. Era da molto tempo che non faceva un discorso così lungo, e si sentiva esausta come se avesse parlato per ore. Henry aveva ricambiato il sorriso, raggiante, e si era seduto nell'erba bagnata per osservarla più da vicino.
- La storia della principessa mi piace di più. Anche io ho tutta una mia teoria riguardo alla gente di questo posto, ma non mi hanno mica rinchiuso in manicomio per questo. Trovo che sia profondamente ingiusto che lo abbiano fatto con te.
- Io non ho dieci anni, - aveva replicato Emily con un sorriso amaro. In realtà, non sapeva neppure se quello è il vero motivo per cui l'hanno segregata laggiù. Ma deve esserci un motivo, ed è meglio essere dei pazzi sognatori piuttosto che dei pazzi pericolosi. - E secondo te io chi sarei, nel tuo mondo delle favole?
Henry l'aveva osservata attentamente, aggrottando un po' le sopracciglia. Poi aveva chiuso gli occhi per un istante, li aveva riaperti, aveva preso a contare qualcosa sulle dita di una mano. Infine aveva scosso la testa, dispiaciuto.
- Non lo so ancora. Vedi, non ho abbastanza informazioni; ma ti prometto che lo scoprirò, e te lo farò sapere! - Si era rialzato, spolverandosi i pantaloni. - Accidenti! Sto facendo tardi per pranzo, e mia madre andrà tutte le furie se non mi presento puntuale. A presto!
Ed era scappato via, salutandola con una mano.
Dopo quel giorno, Emily aveva visto di nuovo Henry almeno un paio di volte. Una di esse, se ne stava rannicchiata in un angolo a canticchiare ed era davvero, davvero un brutto momento per le visite. Henry aveva tentato di domandarle qualcosa che lei non aveva sentito, poi lo aveva visto allontanarsi attraverso il prato con espressione seria.
Un'altro giorno, aveva portato con sé una donna dai capelli biondi e l'aria preoccupata e severa.
- E' illegale che la tengano chiusa qui dentro, - stava dicendo ad Henry in un sussurro adirato, probabilmente per non farsi sentire dagli infermieri che ogni tanto passavano da quelle parti, - ma non possiamo portarla via come se niente fosse. Ti ha almeno detto come si chiama?
- Emily French, - aveva risposto lui, serio, - penso che sia la figlia del fioraio, ma è chiaro che lui non ne vuol sapere di lei. L'ha rinchiusa qui dentro, non viene mai a trovarla, non ne parla nemmeno...
La donna aveva annuito, fissando Emily come se lei non potesse capire. Lei aveva ricambiato lo sguardo con un'occhiata spaventata, rannicchiandosi ancora di più sul suo letto umido, il mento appoggiato alle ginocchia e le mani allacciate strette attorno alle caviglie.
- Lui no, - aveva detto poi la bionda, riscuotendosi, - ma la sera in cui lo arrestai, ho sentito Mr. Gold dire a Moe French qualcosa riguardo ad una figlia che lui aveva lasciato morire... o qualcosa del genere. Potrebbe entrarci qualcosa, o potrebbe addirittura essere lei.
Henry aveva spalancato gli occhi, esterrefatto.
- Pensi che Emily conosca Mr. Gold? - Il bambino si lasciò sfuggire una risata nervosa. Poi, voltandosi verso di lei e chinandosi in modo essere più o meno allo stesso livello dei suoi occhi, aveva domandato gentilmente: - Ti dice niente questo nome, Emily? Hai mai sentito parlare di Mr. Gold?
Lei aveva alzato gli occhi, socchiusi per schermare la luce troppo forte del sole. Poi aveva scosso la testa. Non conosceva assolutamente nessuno su questa Terra che portasse quel nome.

A/N: Ho scelto il nome Emily perchè è il nome dell'attrice. Mi sarebbe piaciuto chiamarla anche Isabelle, ma mi ricordava troppo Bella Swan di Twilight (Isabella abbreviato in Bella) ed ho preferito risparmiarvi una simile ... una simile ... beh, non mi esprimo, ma DICIAMO che non aprezzo particolarmente Twilight, quindi ho lasciaro stare. >U<
  
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