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Autore: Noth    25/04/2012    5 recensioni
“Questo ragazzo ti piace.”
“Mi piace il modo in cui mi fa sentire.”
Dove avevo sbagliato io? Mi ero trasferito per lui, avevo litigato per l’ennesima volta con mio padre pur di poterlo avere vicino quanto più tempo possibile. Avrei seriamente ammazzato qualcuno se solo lo avesse fatto sorridere.
Perché quel sorriso, quel modo in cui i suoi occhi si incurvavano e si illuminavano quando faceva quella smorfia, sarebbero valsi qualsiasi punizione. Avrei patito le pene dell’inferno pur di sfiorare la sua pelle e di mordergli il labbro e farlo gemere come solo lui sapeva fare.
Sarei morto pur di scorgere ancora quell’occhiata di orgoglio che aveva sempre avuto quando parlava di me o mi presentava ai suoi amici, e per questo mi sentivo finalmente di appartenere a qualcuno. Di aver trovato quella persona che avrebbe dato un senso a tutta la mia vita.
Ed era andato tutto a puttane.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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As long as you want me.
 










“Sei un astronauta? Perché il tuo sorriso è spaziale.”
“Sei un ragazzo splendido, Kurt. Dobbiamo assolutamente trovarci a New York!”
“Non ti preoccupare, sono sicuro che tu sia tanto fantastico quanto immagino! J”

 
Guidavo senza vedere dove stessa davvero andando. La pioggia si abbatteva sul mio parabrezza con scrosciate rumorose tanto che, tra le mie lacrime e le gocce che puntellavano il vetro, non riuscivo nemmeno a rendermi conto di se andassi dritto o meno.

E non mi importava.

Tremavo, le mani attorno al volante si serravano con spasmi mentre stringevo i denti e sentivo in bocca un sapore amaro che mi bruciava la lingua e non faceva altro che peggiorare la situazione.

Cercavo di trattenere le lacrime, non sbattevo le palpebre, ma il petto mi faceva talmente tanto male che credevo prima o poi mi sarebbe spuntato un fiotto di sangue dalla sinistra della gabbia
toracica. A malapena riuscivo a direzionare razionalmente il volante mentre le mie mani cercavano disperatamente di non tremare e di aggrapparsi alla pelle consumata che avvolgeva la plastica di
quella sorta di timone. Mi bruciava il cuore, mi si stava accartocciando, sembrava che degli spilli sadici si divertissero a trafiggerlo con lentezza, mentre io correvo e cercavo di scappare, ma questo non
faceva altro che levarmi il fiato.

Era un dolore fisico, mentale, un dolore eterno che sembrava aver preso il controllo di me. Ero stato inghiottito da un tornado che mi sbatteva a terra ripetutamente e mi graffiava la faccia. Le lacrime
mi solcavano ugualmente il viso, nonostante i miei sforzi e, a furia di trattenere i singhiozzi, il mio petto sobbalzava come se avessi avuto le convulsioni.

Faceva freddo, il mio respiro si condensava contro il finestrino accanto a me impedendomi quasi del tutto la visuale già compromessa.

Kurt mandava messaggi ad un altro ragazzo.

Kurt non si sentiva soddisfatto da me e cercava qualcosa di nuovo.

Avevo sbagliato di nuovo, non ero stato perfetto come tutti volevano. Alla fine era così, facevo sempre qualcosa di errato e questo mi colpiva come un pugno allo stomaco che mi faceva venire la nausea
e voglia di accucciarmi a terra e gridare mentre mi mordevo la lingua per non piangere troppo forte.

Tutto ciò che quel ragazzo aveva scritto a Kurt era vero. Lui aveva un sorriso magnifico ed era meraviglioso in ogni suo difetto.

Ed io ero stato così stupido a lasciare che potesse accadere. Ad allontanarmi, ad evitarlo.

Perché lo avevo fatto?

Perché ero terrorizzato, ecco perché.

Ero terrorizzato all’idea che entro pochissimo tempo Kurt se ne sarebbe andato a New York e sarebbe stato lontano chilometri dalla mia stretta o dai miei occhi. Ed io sarei rimasto lì come un idiota, da
solo. Avevo solo cercato di abituarmi alla sua assenza che, anche solo a fingere fosse già tale, mi aveva creato un’enorme voragine nel petto che bruciava come se fosse stata una ferita aperta dove il
dolore si divertiva a spargere sale.

Tutto ciò che volevo era averlo accanto a me, potermi voltare e stringergli la mano, immergermi nelle sue iridi nelle quali avevo scoperto un mondo. Il mio mondo. Volevo poterlo baciare e sentire ogni
giorno il sapore di quelle labbra lisce e calde che si incastravano con le mie in un abbraccio perfetto, come i due pezzi di un puzzle. Ed io non ero niente, senza di lui. Solo un pezzo perso, di quelli che la
gente trova dopo anni sotto al divano e ride all’idea di averlo lasciato lì e dimenticato. Ero nulla. Ero senza valore. Ed ero infelice.

La felicità era subentrata nella mia vita grazie a Kurt e non sapevo cosa farmene di tutto quello senza di lui. Mi sentivo un paio di scarpe usate. Abbandonate, se nessuno aveva ancora voglia di
calzarmi.

Davanti a me non c’era nulla, il vetro era diventato una macchia opaca ed indistinta offuscata da quelle lacrime acide che mi salivano dal cuore fino agli occhi e scivolavano dolorosamente lungo i miei
zigomi ed il mio collo. Ero talmente sconvolto, talmente arrabbiato che tremavo come un pazzo. Cercavo di tenere ferme le labbra, serrate, ma esse si curvavano in una smorfia di atroce sofferenza e
non riuscivo a cancellarla dal mio volto come se vi ci fosse stata marchiata a fuoco per sempre. Allora mi morsi il labbro, con sempre più foga, fino a che non sentii distintamente il sapore rugginoso del
sangue in bocca ed i singhiozzi sfuggirono al mio controllo, riecheggiando per la macchina, rimbalzandomi addosso come schiaffi violenti.

Mi sentivo a pezzi, era come se avessi preso la rincorsa e mi fossi schiantato a forza contro un muro. Il petto era così oppresso che mi sembrava di non essere più capace di respirare. Mi pareva che mi
avessero strappato le viscere ed i polmoni, che li avessero tagliati a piccoli pezzi ed immersi nell’aceto. Che mi avessero cavato il cuore dal petto con violenza e lo avessero sostituito con un sasso
pesante e mal funzionante.

Avevo così tanta paura.

“Questo ragazzo ti piace.”

“Mi piace il modo in cui mi fa sentire.”

Dove avevo sbagliato io? Mi ero trasferito per lui, avevo litigato per l’ennesima volta con mio padre pur di poterlo avere vicino quanto più tempo possibile. Avrei seriamente ammazzato qualcuno se
solo lo avesse fatto sorridere.

Perché quel sorriso, quel modo in cui i suoi occhi si incurvavano e si illuminavano quando faceva quella smorfia, sarebbero valsi qualsiasi punizione. Avrei patito le pene dell’inferno pur di sfiorare la
sua pelle e di mordergli il labbro e farlo gemere come solo lui sapeva fare.

Sarei morto pur di scorgere ancora quell’occhiata di orgoglio che aveva sempre avuto quando parlava di me o mi presentava ai suoi amici, e per questo mi sentivo finalmente di appartenere a
qualcuno. Di aver trovato quella persona che avrebbe dato un senso a tutta la mia vita.

Ed era andato tutto a puttane.

Non riuscivo più a respirare, le lacrime mi impedivano di vedere le mani che artigliavano violentemente il volante così strettamente da farmi male.

Accostai malamente, uscendo sotto la pioggia e guardando il cielo terso che faceva scendere le sue lacrime assieme alle mie. Mi rigavano il viso, mentre mi rendevo conto di non sapere fino a dove
avevo guidato. Era una strada praticamente deserta. Cercai di pulirmi gli occhi con le maniche della felpa, ma servì a poco.

Un flash dell’immagine di Kurt con un altro mi esplose nella mente come un pugno in pieno volto. Le sue mani intrecciate a quelle di uno sconosciuto, il suo sorriso orgoglioso rivolto ad un altro, e le sue
labbra intente a fondersi con quelle di un’altra persona, che non avrebbe mai potuto amarlo quanto lo amavo io.

Mai.

Eppure lo rendevo infelice.

Il dolore mi lacerò l’anima e presi fiato violentemente, per poi lanciare un grido disperato. Il suo nome, solo il suo nome. Lo urlai alla pioggia e al vento gelido che mi frustava gli abiti fradici. Gridai
finchè il fiato non mi si strozzò in gola e non fui obbligato ad inspirare di nuovo, crollando sulle le ginocchia sull’asfalto bagnato. Lasciai che i singhiozzi mi divorassero dall’interno, scuotendomi come
una marionetta e facendo di me il patetico cucciolo abbandonato dal suo padrone che ero.

Ma non sarei riuscito ad andarmene per la mia strada, io avrei cercato Kurt sempre. Anche quando se ne fosse andato, avrei tentato di trovare i suoi occhi in quelli di ogni passante, il suo sorriso in
ogni smorfia che mi passava davanti.

Mi portai le mani sul viso, cercando di sostenere quella facciata che crollava a pezzi come un velo incredibilmente fragile. Mi sgretolavo come l’intonaco di una casa semi distrutta.

Non c’era nulla di me che potesse restare in piedi senza Kurt.

Lui era tutto, lui era ogni cosa. Ogni ragione che mi spingeva a fare qualcosa, era in ogni passo che facevo, in ogni lacrima che versavo quando ero solo ed entro poco sarebbe stato così per sempre.

Singhiozzai forte, inzuppato fino all’anima sanguinante, tenendomi le mani sul viso per nascondermi. Nascondere l’orrida creatura che diventavo se Kurt non era vicino a me. L’orrida creatura che ero
sempre stato e che avevo cercato di camuffare con sorrisi falsi ad ogni persona che mi si avvicinasse.

Poi era arrivato Kurt ed aveva fatto di me l’essere vivente più felice della terra. Mi aveva completato e, mentre credeva fossi io ad aiutare lui, era lui che aveva aiutato me.

L’idea che non fosse più mio, che il suo cuore accelerasse violentemente alla vista di un altro, del messaggio di qualche ragazzo sconosciuto, mi spezzava a metà. Sentivo il cuore che veniva torto con
cattiveria, strizzato e prosciugato di ogni sensazione positiva.

Mi sentivo morire, il dolore era così forte che credevo di soffocare.

Perché avevo bisogno di lui, sempre, e anche a New York, se solo avessi potuto avrei abbandonato tutto e lo avrei seguito, sarei stato al suo fianco, lo avrei amato, sarei stato per lui la sua roccia, ciò su
cui avrebbe sempre potuto contare. Il suo tutto, come lui lo era per me.

Perché mi stava tradendo allora? Perché mi aveva tenuto nascosto tutto quello?

A quei pensieri mi accasciai su me stesso, abbandonando le braccia lungo i fianchi esausto mentre la pioggia mi scioglieva e mi portava via con sé.

Avevo bisogno di Kurt, io respiravo grazie a lui.

« Ti prego, ti prego Kurt non te ne andare... » mormorai alla pioggia, che si trascinava via con sé quelle poche parole che non avevo avuto la forza di pronunciare davanti a lui. Parole che mi
strappavano il petto, mi laceravano le labbra per quanto facevano male.

Mi guardai le mani che continuavano a tremare.

Ero un’anima senza senso, un’anima che aveva appena perso il suo corpo. Era come stare annegando in una pozza di dolore assoluto.

Era ovunque, come una malattia venerea che mi scorreva dentro e mi scorticava ad ogni battito cardiaco.

Mi distesi a terra e lasciai che la pioggia penetrasse oltre le mia pelle, magari distruggendomi, magari annientando quel dolore.

Magari uccidendomi.

« Blaine! » una voce mi raggiunse, assieme ad un rumore di passi veloci, come se qualcuno stesse correndo.

Non ebbi il coraggio di aprire gli occhi invasi dalla pioggia e dalle lacrime.

« Oh, cazzo, Blaine! » gridò di nuovo qualcuno, ora molto più vicino. Poi quel qualcuno si buttò accanto a me, sollevandomi la testa dal cemento bagnato, e riconobbi il tocco gentile e timoroso di Kurt.

Ero morto.

Ero in paradiso.

E quel pensiero fece ancora più male perché mi ricordava ciò che avevo avuto in vita e mi mancava già. Mi mancava quel bisogno assoluto che lui mi toccasse, mi carezzasse, mi parlasse, mi
sussurrasse i suoi sogni all’orecchio.

« Blaine, per-per l’amor di dio. » balbettò l’angelo che doveva essere venuto a prendermi. Aprii gli occhi lentamente e vidi il viso di Kurt, solcato da grosse lacrime ed i suoi capelli scompigliati ed in
disordine per via della pioggia.

Perché mai un angelo avrebbe dovuto piangere?

Veniva dal paradiso, avrebbe dovuto essere felice.

« K-Kurt... » gemetti, ed il solo pronunciare il suo nome fece così male che per poco non soffocai.

« Sono io, Blaine. Ch-che cavolo pensavi di fare? Dio, ho visto che ti accasciavi a lato della strada... Mio dio, Blaine, ti prego, alzati... » singhiozzava, mentre la pioggia che gli correva sulla pelle scivolava
addosso a me.

Gli angeli non parlavano così, o almeno quello era ciò che avevo sempre creduto.

« Non voglio a-andare in paradiso. » sussurrai, e delle gocce di pioggia mi entrarono in bocca, mentre questa si torceva di dolore al pensiero di andarmene e di non potere più avere Kurt.

L’angelo rise malinconicamente, continuando a singhiozzare.

« No, stupido, n-non ci stai andando. Sei uscito fuori da casa sotto la pioggia e ti ho se-seguito. Eri così scon-sconvolto che... credevo ti saresti fatto del male. » spiegò.

Solo allora realizzai che doveva essere il vero Kurt ad essere lì accanto a me, che mi teneva la testa sulle ginocchia e singhiozzava a lato della strada sul mio corpo fradicio.

Il cuore mi fece un sobbalzo e sentii un tuffo nel petto.

« Sei... Sei qui... » mormorai, e mi lasciai sfuggire un singhiozzo al pensiero di quanto era bello, di quanto lo amassi e di quanto tutto questo avrebbe potuto scomparire in una nuvola di vapore che
sarebbe scomparsa per sempre con un battito di ciglia.

« Certo che-che sono qui. Ti prego, Blaine, ti prego non mi lasciare. Sono stato un idiota, io... io  ti sentivo solo distante ed avevo paura. » spiegò, intrecciando la mia mano alla sua, stringendomi forte
l’arto tremante.

« Perché, Kurt? Perché mi hai... mi hai tradito? Perché lo hai fa-fatto? Ho dato tutto per te, io, io- » soffocai nelle mie stesse parole, rendendomi conto del dolore che provocavano con ogni vibrazione.

« Perché sono un idiota, Blaine. E solo grazie a te divento quello che voglio davvero essere. Tu-tu mi rendi migliore, ed allontanandomi sono tornato... tornato quell’idiota che non voglio essere. Sono
stato così stupido, Blaine, così stupido... » singhiozzò forte, serrando gli occhi come se il dolore lo avesse colpito con un’ondata violenta.

« Ho così... così tanta paura per quando te ne andrai... » sussurrai, alzando faticosamente l’altra mano per posargliela sulla guancia, e lui se la tenne appoggiata lì mentre si mordeva le labbra per
fermare i singhiozzi.

Il freddo ci stava congelando lì, come due statue in lacrime per sempre.

« Di tutto quello che siamo stati resterò solo io. Mi mancherai così tanto, Kurt... N-non credo che riuscirò a sopportarlo... »  fiatai, cercando di respirare con pochi risultati. Il suo viso, sopra il mio,
assunse un’espressione di sofferenza assoluta e per poco non dovetti serrare gli occhi a quella vista.

« Non sarai solo. Mai. Giuro... giuro che ti chiamerò tutti i giorni, che tornerò ogni volta che potrò. Noi... noi non ci separeremo mai Blaine. E scusa, scusami sono stato terribile... »

Accennai un sorriso, che fece quasi male.

« No... sono solo... solo terrorizzato... » ammisi, stringendo la sua mano.

Perché era accanto a me.

Era lì, e mi aveva seguito con la macchina ed era uscito sotto la pioggia ed aveva mandato a puttane i suoi capelli pur di soccorrermi dopo che me ne ero andato correndo da casa sua.

Ed era per quelle piccole cose che lo amavo tanto.

Kurt si abbassò ad abbracciarmi, mi passò le mani attorno al collo, stringendomi mentre entrambi tremavamo come due bambini. Eravamo al freddo, sotto la pioggia, in lacrime, con il cuore spezzato,
eppure riuscivamo sempre a trovarci.

Avevo la sensazione che avrei trovato Kurt anche se non avessi voluto.

Io e lui eravamo fatti per stare assieme.

Anime gemelle.

Quella metà che cerchi per tutta la vita e poi trovi per caso e rischi ripetutamente di farti portare via. Ma non noi. Non poteva. Non volevo. Non lo avrei permesso.

« Ti prego, pro-promettimi che saremo sempre noi due, Kurt. Che qualunque cosa succeda... qualunque... non finirà. Che avremo ancora le nostre chiacchierate serali, il nostro buongiorno, i nostri
regali di anniversario, i nostri... » la voce mi si ruppe. « I nostri baci. »

Lui sorrise, lasciando che un’altra lacrime scivolasse sul suo viso.

Aveva smesso di piovere.

« Ti prometto tutto questo. » disse. « E ti prometto anche che ti renderò felice, Blaine. Almeno la metà di quanto tu fai felice me. » alla fine della frase gli tremarono le labbra e mi baciò la punta del
naso.

Gli cercai di sorridere di rimando, mentre il mio petto si riempiva nuovamente, come una valigia vuota che acquisiva scopo solo quando c’era qualcuno che aveva bisogno di lei e vi metteva dentro
parti della sua vita, come Kurt faceva con me.

« Per sempre? » domandai, mentre un raggio di sole sbucava da dietro la testa di Kurt che si asciugò il viso con la manica del cappotto.

« Per tutto il tempo che vorrai. » rispose lui.

Gli diedi un soffice bacio sulle labbra, assaggiandone il sapore familiare lievemente salato per via delle lacrime, e mi parve che tutto dentro di me trovasse il posto che aveva perso.

Bastava Kurt e tutto nella mia vita aveva senso.

Se non c’era ero perso.

Perso per sempre.

« Sempre. » sussurrai al suo orecchio quando ci allontanammo, e mentre il vento gli scompigliava ulteriormente i capelli pensavo che così – con gli occhi rossi gonfi e lucidi, la capigliatura disordinata ed
i vestiti zuppi – fosse la creatura più bella che io avessi mai visto.

Ed avevo pensato lo stesso al nostro primo incontro. 












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Spazio Autrice:
Lo so, lo so, serviva altro angst oltre a quello della giornata?
Ebbene sì.
Ebbene ho dovuto farlo.
Mi girava questa scena per la testa da un po', la diretta notturna è stata deleteria perchè ho quasi passato la notte insonne a piangere e chi era in tinychat con me lo sa molto bene.
Che dire, ho sempre sognato un episodio così. hanno auvto più scene che mai, più emozione che mai, è deifnitivamente il mio episodio prferito di tutte e tre le stagioni.
Abbiate pietà della mia anima angst.
E detto questo grazie a quanti la leggeranno, come sempre non vi sarò mai grate abbastanza.

vostra,
Noth
   
 
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