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Autore: Elyse Elle    25/04/2012    0 recensioni
Esiste un nesso,una connessione tra il mondo attuale e il paradiso,molti la cercano e pochi la trovano. Una piccola cassetta della posta rossa in uno sterminato campo di fili d'erba. E un postino che passa a ritirare le lettere che le persone lasciano ai loro cari. Ma se questo postino viene cacciato dal paradiso e si vuole vendicare?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’autobus puzzava,come al solito. Ormai non se ne meravigliava più. Erano rare le volte in cui arrivava un autobus nuovo di zecca e il tempo in cui cominciava a diventar vecchio ed usato era sempre troppo breve. Ogni sedile era bianco,le tende azzurre e il resto di un blu talmente elettrico da disturbare quasi gli occhi.    L’autista stavolta era un uomo grasso,sulla quarantina,con pochi capelli e una grossa macchia di unto sulla camicia stirata male;Stava fumando l’ennesima sigaretta tra un colpo di tosse e l’altro. Fuori il tempo era bello:il sole giocava a nascondino con le nuvole,in modo da creare quell’effetto luce/ombra che gli piaceva tanto. Oggi il carico sarebbe stato pesante,la domenica un sacco di persone erano a casa dal lavoro e non avevano problemi ad andare in un lontano campo d’erba,che il proprietario precedente aveva donato alla chiesa,senza sapere però cosa ne avrebbero realmente fatto. Probabilmente ci avrebbero costruito una chiesa. Invece no.  L’autista frenò bruscamente e urlò –Capolinea!-. L’unico passeggero presente sull’autobus scese con passo lento e calmo,tirò fuori una sigaretta e la guardò con aria circospetta. Bha. Una ogni tanto non poteva fargli male. Prese la prima boccata di fumo a cui ne seguirono altre. In fondo le regole del “Contratto” non gli privavano il fumo e la nicotina. Si ricordava ancora una stupida battuta fatta da Tristan sul catrame,anche se avrebbe preferito dimenticarla. Prese a camminare,il sole gli toccava la pelle come tutti i giorni,li non pioveva mai,non poteva piovere,non era permesso. Non lì.  Sentiva i suoi scarponcini scricchiolare sulla ghiaia,e la cinghia della sacca battere più volte su se stessa. Doveva cambiarla prima o poi,quella sacca logora. Ma ogni volta che se lo riprometteva,poi lo dimenticava. La strada era deserta,e ciò gli permise di intravedere la sua staccionata. Quella che circondava il campo dove era diretto. Una volta raggiunta toccò ancora la scritta accanto all’entrata,quasi fosse un modo per suonare un ipotetico campanello. La scritta diceva solo: “l’unica strada per il paradiso.”. Gli veniva da ridere per quanto fosse falsa quell’iscrizione. Superato lo steccato il cielo diventò azzurro,un metodo che lui odiava,per far capire che anche oggi aveva rispettato il contratto. Gli piacevano così tanto le nuvole,perché farle sparire? Intorno a lui ora c’erano solo alti fili d’erba. Gli arrivavano al ginocchio,così verdi,cosi lisci. Il momento più bello della giornata era probabilmente quando poteva sdraiarsi tra quelli a leggere o ad ascoltare la musica. Si,era senza dubbio quello. Ma non lo era sempre stato. Prima il momento migliore in assoluto era quando andava a casa di Tristan,ma ora non lo avrebbe più potuto fare,ed era per questo che aveva accettato di firmare il Contratto:perché in quel modo una parte di Tristan poteva essere con lui. Tristan era senza dubbio il suo migliore amico e l’unico fratello. Che aveva. Perché ora non c’era più. Riprese a camminare più velocemente,come quei ragazzi in uniforme che sono in ritardo,lui non ha mai capito per cosa. Quando la vide,tirò un sospiro di sollievo. Una cassetta della posta rossa con attaccato un cartello: Per il paradiso.  Il timore di non vederla in piedi aveva superato quello di non riuscire a rispettare il Contratto. Molto spesso ,infatti, degli idioti si mettevano a tirare calci alla povera e vecchia cassetta, e dopo toccava a lui rimetterla come a nuovo.  La aprì,estrasse le centinaia di lettere prima contenute al suo interno e le mise nella sua sacca.  Spesso si fermava,e ne leggeva alcune,per capire se era cinico o se davvero non gli interessava di quello che le persone scrivevano: forse entrambi. Riprese a camminare verso la staccionata,in attesa di vedere apparire Jhosep,anche se non spesso accadeva. E questa era una di quelle volte in cui lui probabilmente era a spassarsela con qualche angioletto che forse era meglio se finiva all’inferno. Per il prossimo autobus doveva aspettare 12 minuti. 12 brevissimi minuti,per lui. Si sedette sulla staccionata e attese guardando il cielo a pecorelle. E anche oggi aveva rispettato il contratto. Gli rimanevano soltanto altri centoquarantatre anni prima che potesse rinnovarlo. E lui non ne vedeva l’ora.
   
 
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