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Autore: orphan_account    25/04/2012    12 recensioni
Secondo la società, Lisa è una ragazza ribelle, violenta e menefreghista.
Ma per ogni ragazzo nel carcere minorile di Londra, lei è una divinità.
Secondo la società, loro cinque sono persone per bene, ragazzi da prendere come modelli.
Ma per ogni ragazzo nel carcere minorile di Londra i One Direction sono, per mancanza di termini più fini, froci.
*****
Il martelletto del giudice sbatté due volte contro il tavolo: “Per aver distrutto un edificio pubblico con atti vandalici, aver ferito Francisco De La Cruz con un coltello durante una rissa e aver fatto uso di sostanze stupefacenti, io condanno Lisa Jane Parker ad un anno nel carcere minorile. La sentenza è decisa.” il giudice si fece affaticato per un momento, “Di nuovo.” aggiunse con un sospiro.
Lanciai un'imprecazione urlata: “Porco Dio, sono uscita una settimana fa! Non mi potete sbattere dentro di nuovo.” Sentii la familiare sensazione delle manette che si chiudevano attorno ai miei polsi, e Tim, la guardia, che mi riportava al fresco. Tanto c'ero così abituata che perfino le guardie mi chiamavano per nome, sarebbe stato un po' come tornare a casa dopo una breve vacanza. Mi lasciai scappare un ghigno ferale a quel pensiero.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Ero seduta su quelle scomodissime sedie di legno che c'erano nei tribunali. Spostai un ciuffo di capelli color ebano che era caduto da quella sottospecie di coda che mi ero fatta. I miei occhi, che erano quasi scuri quanto i miei capelli, avevano assunto un tono smorzato dalla noia.

Cominciai a giocare con il piercing sulla lingua.

Stavo aspettando che il giudice rientrasse in aula, così da dirmi se ero o meno colpevole.

Da un lato, speravo di no, perché la vita in prigione era di una noia mortale da cui ero appena sfuggita, ma dall'altra speravo mi dicesse di sì, così avrei potuto divertirmi a troneggiare su tutti i piccoli delinquenti che conoscevo.

Il giudice, con i suoi radi capelli grigi, tornò in aula e si sedette dietro al suo banchetto, o come diavolo si chiamavano quei cosi. Con tutta la calma del mondo, inforcò gli occhiali e cominciò a leggere.

Seccata dalla sua lentezza, lo distolsi da quello che stava facendo: “Datevi una mossa, maledizione! Non ho mica tutto il giorno, io. E ho anche fame, quindi se non vi dispiace...”

Con un'occhiataccia, il tipo cominciò a schiarirsi la voce.

Il martelletto del giudice sbatté due volte contro il tavolo: “Per aver distrutto un edificio pubblico con atti vandalici, aver ferito Francisco De La Cruz con un coltello durante una rissa e aver fatto uso di sostanze stupefacenti, io condanno Lisa Jane Parker ad un anno nel carcere minorile. La sentenza è decisa.” il giudice si fece affaticato per un momento, “Di nuovo.” aggiunse con un sospiro.

Lanciai un'imprecazione urlata: “Porco Dio, sono uscita una settimana fa! Non mi potete sbattere dentro di nuovo.” Sentii la familiare sensazione delle manette che si chiudevano attorno ai miei polsi, e Tim, la guardia, che mi riportava al fresco. Tanto c'ero così abituata che perfino le guardie mi chiamavano per nome, sarebbe stato un po' come tornare a casa dopo una breve vacanza. Mi lasciai scappare un ghigno ferale a quel pensiero.

Mi chiesi brevemente se avrei trovato qualche cambiamento al mio rientro. Ma una settimana era breve, probabilmente non avrei nemmeno trovato matricole appena entrate.

Tim mi trascinò fuori dall'aula, e appena la porta si fu chiusa, lo sentii ridacchiare, completamente a suo agio.

Ci conoscevamo da anni, io e lui. Tim era stato il tipo che mi aveva accompagnata al carcere minorile per la prima volta, quando avevo dodici anni. Ora ne avevo diciassette, ma non era ancora cambiato niente.

Ma che mi combini, Lisa?” chiese, il suo tono molto divertito, mentre camminavamo tranquillamente attraverso il corridoio del tribunale verso la mia meta: una cella con le sbarre alle finestre.

Mi lasciai andare ad una risata roca: “Ormai lo dovresti sapere che non riesco a tenermi fuori dai guai.”

Ti rendi conto che ho perso il conto di quante volte ti hanno sbattuto dentro, vero? Credo che siano una dozzina, ma forse anche di più.”

Attento, Tim, forse ti sta venendo l'Alzheimer.” dissi, tirandogli una gomitata, per quanto mi era possibile con le manette.

Il corridoio di legno chiaro finì di botto, lasciando il posto alla conosciutissima sfilza di porte metalliche che portava alle varie sezioni del carcere: a destra il riformatorio, a sinistra la prigione e la porta proprio di fronte a me, come diceva la targhetta a lato, dava sul carcere minorile. Anche se tanto minorile non era, visto che accoglieva ragazzi dai dodici ai venti.

Ci sono sorprese?” domandai a Tim, sapendo che mi avrebbe detto tutto quello che volevo sapere.

Perché io era Lisa Jane Parker. Ero io che comandavo tutta la sezione giovanile del carcere. Le leggi le dettavo io in quel posto. Nonostante fossi una persona che a prima vista era assolutamente normale, in realtà non lo ero.

Tim guardò il cielo, pensieroso: “No, non mi sembra, è tutto come l'hai lasciato. Un paio di ragazze sono uscite ieri per buona condotta, ma per il resto è sempre uguale. Ci sono due udienze questo pomeriggio, con ogni probabilità qualcuno verrà a farvi compagnia.”

Perfetto! Già che la popolazione femminile scarseggiava, ma se ora cominciavano anche ad uscire per buona condotta, presto sarei rimasta l'unica ragazza.

Tim aprì la porta metallica e mostrò la sua tessera alla guardia che era di turno, Matthew.

Ehi, Matt, guarda un po' chi ti porto!” disse, ridendosela sotto i baffi.

La faccia giovane, troppo giovane, di Matt si soffermò a guardarmi, con uno scintillio confuso negli occhi: “Perché somiglia a Lisa?” chiese, con un tono così rimbambito da farmi credere che si fosse sniffato qualcosa prima di venire al lavoro.

Oh, non so, forse perché io sono Lisa?” dissi retoricamente, sbattendomi una mano in fronte per la sua stupidità.

Ma non ti avevano appena fatto uscire?” domandò lui.

Già,” mugugnai, mentre il mio stomaco brontolava, “ma ormai sono così affezionata a questo posto che mi faccio sbattere dentro apposta.”

Matt rise, scompigliandomi i capelli, che erano già in condizioni disastrate così com'erano: “Grazie Tim, la prendo io da qui.” mi staccò le manette e mi mise un braccio sulla spalla, sicuro che non avrei cercato di fuggire.

Lanciai un bacio volante a Tim, che con un breve saluto si allontanò per tornare in aula, pronto ad assistere al prossimo caso.

Bene, andiamo che ho fame.” dissi, mettendomi una mano sullo stomaco.

Matt annuii e silenziosamente mi fece incamminare lungo il corridoio tra le celle. Tutte erano vuote, anche se dal disordine era chiaro che ci fosse qualche occupante. Ma a quest'ora sarebbero stati tutti a pranzo.

Lui si fermò davanti ad una piccola cella sporca, che non era di certo la mia.

Io avevo sempre avuto, nei cinque anni che stavo qua, la cella più grande, quella da tre persone. Sempre.

E non c'era ragione per cambiare ora: “Non esiste, io sto nella mia cella, e non è questa.”

Matt mi guardò con disperazione. Io l'avevo sempre detto che era troppo giovane per fare questo lavoro.

Senti, Lisa. Non ti voglio far arrabbiare, ma ci hanno messo due matricole nella tua camera.”

Sentii la rabbia farsi strada nel mio corpo, ma la mantenni sotto controllo: “Bene, se ci sono due matricole io prendo il terzo letto.”

Appena acchiappavo Tim lo facevo secco. Nessuna nuova matricola, eh?

Matt si grattò la fronte: “Ma sono due maschi!”

Fregandomene della sua reazione, lo afferrai per il bavero della divisa, strattonandolo: “Senti, mi hai capita sì o no? Io sto nella mia cella, e non ce ne sono di santi.” lo lasciai andare con uno scatto e mi incamminai nella direzione della cella 133, la mia.

Matt mi corse dietro, ma non fece niente per fermarmi: “Ok, ok, Lisa non ti scaldare. Puoi andare nella tua camera.”

Ecco, ce ne hai messo di tempo!” borbottai, fermandomi davanti alle inferriate chiuse.

Lui prese le chiavi e aprì la porta, facendomi entrare nella mia stanza. Tutto era al suo posto.

Matt mi diede una di quelle tute arancioni che ci dovevamo mettere, ma io la lanciai di lato con un verso disgustato. Avrei indossato quella cosa solo in punto di morte.

Mettendo lo zainetto con la mia roba sul letto superiore, mi accorsi che era già stato occupato.

Tirando giù un paio di santi, buttai per terra tutta la roba del tipo e mi appropriai del letto.

Ho fame.” dichiarai a Matt, che mi fece il terzo dito.

Vai a mangiare, allora, al strada la sai.” mi disse, noncurante.

Colsi l'opportunità al volo, fiondandomi verso la mensa.

Davanti all'ingresso della sala affollata di tipi in arancione c'era una delle guardie più anziane, con cui avevo un grande rapporto.

Ehilà, vecchietto” dissi, facendogli l'occhiolino.

Lui si girò verso di me: “Parliamo dopo, vero? Tanto lo so già che stai morendo di fame, vai.” disse, restituendo l'occhiolino.

Io risi, facendogli una domanda: “Mi dici almeno chi sono i due tipi che hanno occupato la mia stanza?”

Lui annuii: “Certo, vieni dentro che te li faccio vedere.”

Pregustando la mia entrata trionfale, feci un passo avanti nella mensa.
Tutti i veterani scattarono in piedi, pronti a qualsiasi reazione perché non sapevano ancora chi era.

Le matricole invece si limitarono a girarsi verso di me.

Scese un silenzio di tomba sui ragazzi, che mi guardavano come se avessero visto un fantasma.

Alzai un braccio, facendo un verso non identificabile: “Lisa è tornata!” urlai alla mensa.

Subito scoppiarono tutti in una serie di urla e grida, tanto che la mensa sembrava essersi trasformata in uno zoo.

Ma ovviamente le matricole non sapevano chi fossi: “Allora, vecchietto? Chi sono?”

Lui mi puntò due ragazzi seduti ad un tavolo da cinque, di cui nessuno mi stava acclamando: “Il riccio e il pakistano.”

Li guardai per un po', non sembravano i tipici delinquenti da quattro soldi che mi ritrovavo tra i piedi.

Come si chiamano?” chiesi, curiosa di saperne di più.

Il mio vecchietto ci pensò un attimo: “Il riccio è Harry Styles, il moro Zayn Malik. Ma non ne sono sicuro.”

Sbuffai: “Perché hanno nomi da checche?” domandai, seccata.

Lui rise la sua risata profonda: “Insieme agli altri tre fanno parte di quel gruppo. I One Direction.”

Ecco, l'avevo detto io che erano tutti froci.” mormorai, non facendomi sentire.

Li avevo già presi in antipatia, tutti e due. Poi però un mio vecchio compagno, un altro veterano come me, si fece avanti, tirandomi un pugno sulla spalla, e mentre riacquistavo il mio status quo, mi dimenticai di quei due tipi per tutta la durata del pranzo.

 

Hello :)

È corto, lo so, ma solo perché è un prologo.

Comunque, sono una stupida. Invece di finire le ff che ho cominciato, ne inizio un'altra... Boh...

Ma se l'idea non interessa a nessuno è inutile anche che la continuo, mi concentro sulle altre!

Quindi fatemi sapere se vi piace, se vi fa schifo, se la devo continuare o se dovrei dargli fuoco.

Per farla corta: mi lasciate una recensione?

Ecco, ora la smetto però.

Ele :)

P.S. Il titolo del capitolo è preso dall'omonima canzone di Marilyn Manson.

   
 
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