A Ania, Ellie e Vi.
Che non scrivono storie, ma
le vivono.
E sono sempre lì,
per supportarmi.
E a chi chiunque ami Jacob
Black tanto quanto noi.
Al mondo ci sono
milioni di storie
che aspettano solo
di essere raccontante.
Questa è una delle
tante.
Questa è la storia
di Jacob Black.
Alla fine del
viaggio
Aveva freddo. Sentiva il gelo dentro
tutte le ossa. Le
spesse calze di lana, il maglione e la vestaglia di flanella pesante,
non erano
sufficienti a scaldare il suo corpo ormai vecchio da tutto quel freddo.
Non era
abituato a quella sensazione da quando aveva subito la trasformazione
che aveva
cambiato per sempre la sua vita. Non aveva più provato il
freddo fino ad oggi.
Oggi che la sua vita stava giungendo alla fine.
Jacob Black aveva vissuto per
centoquarantanove anni ed ora
era pronto per dire addio.
Sdraiato nel letto, di fronte alla
finestra della sua
camera, osservava la pioggia che scendeva incessantemente. Avrebbe
voluto
alzarsi, avrebbe voluto uscire da lì, da quella casa, e
sentire addosso la
sensazione familiare dell’acqua che ti inzuppava i vestiti.
Perché ogni volta che
pioveva lui tornava a casa, tornava a
Forks, tornava con loro… con lei.
Chiuse gli occhi e, quando
trovò la forza di riaprirli, non
era più solo.
C’era abituato, ormai. I
fantasmi avevano iniziato a fargli
visita nell’ultimo anno. Non si spaventava più.
Non si dava pizzicotti, non
strabuzzava più gli occhi. Non sapeva se esistessero davvero
o se fossero solo
frutto della sua mente prossima alla fine, ma aveva imparato ad
accettarli come
anni prima aveva accettato l’esistenza di vampiri e
licantropi.
Lui sorrideva dalla porta della sua
camera. Jacob alzò una
mano tremante in un gesto di saluto e quello si avvicinò.
Avevano ancora l’aspetto da
diciassettenni, erano rimasti
uguali. Per lui erano ancora il gruppo di ragazzi che accendeva
falò sulla
spiaggia di La Push nelle sere d’estate.
“Sei venuto solo? Mi
aspettavo di vedervi tutti qua per il
grande evento. Sto morendo, Embry. Vero? Ho finito il mio
tempo.”
“Tempo ne hai avuto, Jake.
Hai avuto più tempo di chiunque
altro.”
“Ma non ho mai vissuto
davvero.”
“Lo so, amico
mio… lo so.”
“Adesso non iniziare di
nuovo con il tuo melodramma, Jake.
Sai, mi ero quasi dimenticato di come a volte potessi essere
maledettamente
noioso.”
Quil apparve vicino a loro,
allungandogli un pugno sulla
spalla. Jacob sorrise.
“Di nuovo insieme,
eh?”
“I tre moschettieri,
ricordi, Jake? Avevamo quattro anni
quando tuo padre ci costruì quelle spade di legno con i
nostri nomi incisi
sopra.”
“Sono vecchio, Embry, ma
non rincoglionito. Morirò con tutti
i ricordi al loro posto. E questo sarà uno di
quelli.”
Risero. Una risata che lo
riportò al passato, una risata che
sapeva di adolescenza, di compiti di storia copiati, di sigarette
fumate di
nascosto, di un’amicizia che non sarebbe mai finita.
“Perché
l’hai fatto, Jake? Perché hai smesso di
trasformarti?” Chiese Quil, tornando di colpo serio. Da
quando quelle visite
erano iniziate non gli avevano mai fatto domande, ma questa volta, lui
lo
sapeva bene, sarebbe stata diversa dalle altre. Sarebbe stato
l’ultimo
incontro.
“Tu perché hai
smesso, Quil?”
“Volevo invecchiare con
Claire. Ma tu… Nessie è ancora viva
e lo sarà per sempre.”
“Penso ogni giorno a lei,
Quil, ogni giorno, ma non mi pento
della mia scelta. Non ho mai voluto essere un highlander. Ho una storia
da
raccontarvi, ragazzi. Una storia che non ho mai raccontato a
nessuno.”
Erano tornati a Forks.
Non ricordava neanche
più da quando tempo mancasse.
E adesso era di nuovo
lì.
Della riserva in cui era
nato e cresciuto, non restavano
che poche case disabitate. Il rosso sbiadito dei muri si notava ancora
in una
di quelle. Quella che era stata casa sua.
La riserva di La Push, con
il passare degli gli anni, era
divenuta solo un nome per gli affezionati di Storia Americana. Il tempo
aveva
disperso gli ultimi discendenti e più nessuno ormai
l’abitava. La tribù dei
Quileutes era finita, non c’era più, ma non era
stata dimenticata. Lui non
avrebbe mai potuto dimenticare quella terra e chi l’aveva
abitata. Loro che
erano stati la sua prima famiglia e forse la più vera.
Ma era proprio la sua
scomparsa che aveva permesso ai
Cullen di tornare.
Ora che la loro vicinanza
non avrebbe più fatto
trasformare dei ragazzini, ora che il loro ritorno non sarebbe stato
più un
pericolo si concesse, finalmente, una camminata fra il viale dei
ricordi.
E tutto iniziava e finiva
nel piccolo cimitero indiano.
L’erba intorno alle tombe era alta, impediva quasi di
distinguere i contorni
delle sepolture, ma lui sapeva perfettamente dove tutti loro
riposavano.
Si inginocchiò
sulla tomba di sua madre, accarezzò il
nome e volse lo sguardo. Accanto a lei giaceva suo marito Billy. Suo
padre che,
nella morte, si era finalmente riunito con la donna che aveva amato per
tutta
la vita. Mormorò una preghiera silenziosa e si
spostò sulla tomba della
sorella.
Rachel Black Lahote.
Ricordò il giorno
del suo matrimonio, ricordò la nascita
dei suoi nipoti, ricordò il suo funerale. Ricordò
il funerale di tutti; di
Embry e di Quil, di Jared e Kim che erano morti abbracciati, nel letto
che
avevano condiviso per oltre sessant’anni.
Nascite, morti, matrimoni.
Gli unici eventi che, in tutti
quegli anni, lo avevano visto tornare a La Push, sempre più
defilato, sempre
più in disparte. Lui, eternamente giovane. Lui sempre uguale
a se stesso, per
lo meno esteriormente.
Era ormai scesa la notte,
quando si decise a muoversi da
lì. Ma non era ancora tempo di andare via; si
incamminò verso la spiaggia di
First Beach e si sedette lì, dove una volta si trovava un
tronco bianco.
Neanche più
quello era rimasto.
Chiuse gli occhi, ma la
sentì arrivare lo stesso. Una
mano bianca, piccola e fredda gli sfiorò la guancia e
raccolse con il pollice
una lacrima.
Jake fermò la
mano nella sua, intrecciando le loro dita.
“Bells.”
“Nessuno abita
più La Push e… non credo che il trattato
valga ancora. Posso restare, Jake?”
“Sei stata da
Charlie.” Non era una domanda.
“Sei stato da
Billy. ”Ma la sua era una risposta.
Si voltò a
guardarla senza interrompere il contato delle
loro mani, il suo volto perfetto non portava segni del dolore che
invece, Jake
sapeva, provava in quel momento.
“Ricordami
perché l’abbiamo fatto, Jake. Perché
siamo
tornati?”
“Perché
nessun altro posto come Forks garantisce una così
vasta quantità di giornate nuvolose”, rispose
sorridendo. “E perché non
possiamo scappare per sempre dai ricordi. A un certo punto ci avrebbero
trovato
comunque.”
“Non pensi mai che
sia tutto sbagliato, Jake? Che la
nostra vita lo sia. Che avrebbe potuto andare tutto
diversamente.”
“Non farlo, Bells,
per favore. Non porre domande di cui
non vuoi davvero sapere la risposta.”
“Scu…
scusa. È solo che qua ignorare è più
difficile.”
Non la sentiva balbettare da
anni, da prima della sua
trasformazione. Fu come se una diga dentro di lui crollasse.
All’improvviso
stava fissando di nuovo la sua Bells, quella con le guance rosse, il
corpo
caldo e le ginocchia sbucciate. Quella che arrossiva, quella che sapeva
di
shampoo all’arancia. Quella che sapeva di moto e bibite
gassate. Quella che
tremava quando lui la stringeva, quella che si
abbandonava alle sue
labbra. Quella che gli dava pugni, quella che piangeva supplicandolo di
non
lasciarla.
La sua Bells, sua e di
nessun altro.
Quei ricordi annullarono
tutto il resto: non esisteva
Nessie, non esisteva l’imprinting, non esistevano i loro
figli, non esistevano
Edward ed il resto dei Cullen.
C’erano solo Jake
e Bells, una spiaggia ed un tronco
bianco. C’erano ancora scelte da fare, c’era ancora
un futuro, c’erano due
teste brune che giocavano in un cortile. C’era una intera
vita da vivere e non
più una vita a cui sopravvivere.
Spostò la sua
mano dalla guancia e la fece scorrere lungo
la schiena di Bells, premendola poi con decisione contro il suo corpo.
Avvicinò
le sue labbra a quelle di
lei e la fissò
negli occhi. Si fermò ad un soffio ed
aspettò che lei si spostasse, che lei lo rifiutasse come era
sempre stata brava
a fare. Ma non successe, questa volta lesse nei suoi occhi la medesima
consapevolezza.
Solo allora lui annullò la breve distanza fra le loro
labbra, che si
incontrarono con un tonfo sordo. Non era un bacio morbido, non
c’era dolcezza
in quel gesto, non c’era dolcezza nelle mani scure che in
pochi attimi la
privarono dei vestiti. E c’era impazienza nelle mani di lei
che abbassarono la
zip dei jeans di lui e strapparono la sua maglietta.
Rotolarono nella sabbia,
riprendendo a baciarsi. Si
accorsero appena delle onde dell’ acqua che ormai lambivano i
loro corpi. Lui
iniziò a baciarle il collo, a leccare la sua pelle e un
gemito uscì da quelle
labbra rosa. Jake si riscosse al suono della sua voce e si
staccò da lei. Si
mise in ginocchio, guardandola ansante. Bella era seduta, i capelli
spettinati
e una mano posata sul cuore muto.
Si morse le labbra e lui le
spostò una ciocca dei capelli
dietro le orecchie. Come faceva da ragazzo, come non faceva
più da anni.
Appoggiò la
fronte contro la sua e cercò di calmare il
respiro.
“Non sai quante
volte ho pensato a questo.”
“Credevo che
l’imprint…”
Jake posò allora
un dito sulla sua bocca, bloccando le
sue parole. “Non dire quella parola, per
favore. Non lo so, Bells. Forse
sono merce avariata, ma tu da qua dentro non sei mai andata
via.” Prese una
mano di lei e la posò sul suo cuore. “Sono solo
diventato bravo a mentire. Alla
fine sono diventato un Cullen a tutti gli effetti. Non lo trovi
ironico?”
“È
ironico, sì, Jake. Perché io, invece, credo di
non
essere mai stata una brava bugiarda. Almeno non con te. Non da quando
Nessie ha
scoperto il mio diario. Non so come… ”
Tornò a chiudere
la sua bocca con la propria e a baciare
ogni centimetro della sua pelle. Ma questa volta non c’era
fretta nei suoi
gesti, la sua la mano era come quella di uno sculture che accarezza il
suo
capolavoro. Indugiò su ogni centimetro del suo corpo,
tracciò con la lingua
ogni piega, ogni curvatura di lei, e lei fece altrettanto. Si
esplorarono
lentamente, concedendosi il tempo che l’eternità
aveva loro negato. E quando
lui entrò in lei, si amarono dolcemente, intrecciando le
loro mani e perdendosi
nei loro sguardi. Unendo le loro anime e fondendo i loro corpi.
La luna era ormai alta nel
cielo. Bells appoggiò la testa
contro il suo petto, mentre lui attorcigliava una ciocca dei suoi
capelli fra
le dita. Jacob prese la sua giacca tirandola addosso ad entrambi,
nessuno dei
due ebbe la forza di interrompere quel momento. E, dopo un tempo
infinito, fu lui
a parlare per primo.
“Voglio smettere
di trasformarmi, Bells.” Lei
alzò
la testa, guardandolo senza dire niente e Jake continuò.
“Tornare qua e vedere
quelle bare… fa male, Bells, troppo male. Non voglio
più seppellire nessuno,
non voglio esserci al funerale di mia figlia. Lo riesci a capire,
Bells?”
Lei annui, svuotata di ogni
energia. Tornò a stringersi a
lui e, in quell’unica notte che il destino aveva concesso
loro, ripresero ad
amarsi.
“Eh bravo, Jake, sapevo che
prima o poi avresti assaggiato
la principessa dei ghiacci. Lo dicevo, a Rachel, che con tutta
l’eternità
davanti sarebbe successo.”
Jake si riscosse da quei ricordi e
fissò il volto
sghignazzante di Paul. “Quando
sei
arrivato?”
“Abbastanza presto per
sentire i dettagli.”
Allora Rachel diede una gomitata al
marito e si chinò a
baciare la fronte ricoperta di rughe del fratello. “E
così mia nipote è umana.
Non è come tuo figlio Lucas.”
Jake sospirò.
“La prima gravidanza di Nessie è stata veloce,
ma non come quella di Bella. È quando è nato
Lucas, è stato subito chiaro che
sarebbe stato un licantropo, proprio come me. Ma questa storia la
sapete, tutti
voi l’avete conosciuto. Quello che non sapete è
che non volevo più figli dopo
di lui. Anche se Lucas sembrava adorare la sua natura non volevo
condannare
nessun altro a quella vita, ma poi è arrivata Lilian Sarah.
Ed è umana, al
cento per cento. Ho amato entrambi i mie figli, ma Lilian mi ha ridato
la
voglia di vivere e in quella spiaggia ho capito che non avrei mai
potuto portarmi
dietro quel dolore, non avrei potuto ignorare anche quella crepa nel
mio cuore,
come invece faceva Bella. Un genitore non dovrebbe sopravvivere ai
figli. Ma
non pensate che sia stata una decisione facile, Nessie non
l’ha mai accettata.
Non gliene faccio una colpa, mi amava e anche io l’amavo a
modo mio, ma non è
mai riuscita a conoscermi veramente… e forse io non
gliel’ho mai permesso.”
“L’amore non
può essere coltivato in un terreno arido, Jake.
E l’unica terra fertile per te è sempre stata
Bella. A lei e lei soltanto hai concesso
di entrarti nell’anima”, lo
interruppe
Rachel.
Jake annuì e si
lasciò trascinare ancora una volta dai
ricordi.
Era passato un anno da
quella notte in spiaggia e tenere
lontani i suoi pensieri su quanto era successo fra loro, quando Edward
era nei
paraggi, diventava sempre più difficile. Ed Edward, da parte
sua, iniziava a
porsi domande sul perché Bella usasse sempre più
spesso il suo potere per
schermare la mente di Jake. Lilian era partita per il college da
qualche mese e
Jacob aveva iniziato ad allontanarsi da Nessie.
Infine, un giorno la bolla
esplose e si infranse contro
di loro.
Edward ringhiò,
Bella corse in avanti frapponendosi fra
il corpo del marito e quello di Jake, scosso dai tremiti e Nessie fece
cadere
il bicchiere che teneva fra le mani.
Non occorsero parole, tutta
la verità era leggibile nei
volti dei quattro protagonisti di quel teatro grottesco.
Jake fece le valige mentre
Nessie lo osservava dalla
porta.
“Mi
dispiace.” Le uniche parole che lui riuscì a dirle.
“Non credo sia
colpa tua, Jake. O meglio lo è, ma non
sono così ingenua da non sapere che prima o poi sarebbe
successa una cosa
simile. Tutti noi abbiamo la nostra dose di sbagli in tutto questo. Ma
non
chiedermi di condividere la tua scelta, non posso farlo e non voglio
perderti.”
“Tu meriti di
essere amata, Nessie”, disse,
baciandole la fronte.
Caricò una borsa
di vestiti sulla sua moto nera, l’unica
rimasta davvero uguale nel corso degli anni.
Bella lo raggiunse
all’uscita del garage. “Chiederti
di restare sarebbe inutile, lo so. Ma voglio che tu sappia che lo
farei. Ti
chiedere di restare, Jake.”
“E io forse lo
farei se fossi tu a chiedermelo, Bells.”
Lei annuì,
sfiorando le sue labbra con le dita. “Dove
andrai?’”
“Non lo
so.”
“Dovunque sia,
ricordati che ti amo.” Lui la strinse a
sé, tenendola forte e cullandola contro il suo petto, poi
salì sulla moto e
sparì, inghiottito da una curva.
Si incontrarono ancora. Alla
laurea di Lilian, al suo
matrimonio, alla nascita dei loro nipoti. Lui ogni volta con un capello
bianco
e una ruga in più.
Si rivolsero poche parole in
quelle occasioni, ma gli
sguardi parlarono per loro. La lontananza non avrebbe mai davvero
separato due
anime gemelle.
E così riprese a
vivere, Jake: spostò in avanti il suo
orologio, si sentì di nuovo libero nello spirito ma
incatenato nel cuore.
L’imprinting si affievolì a poco a poco con la
distanza, ma non l’amore per la
sua Bells. Quei fili non vennero mai recisi, restarono lì,
forti e indistruttibili.
Attraversarono il paese a bordo di una moto nera, fecero surf fra le
onde
dell’Australia, si gettarono col paracadute in una landa del
Brasile.
Cercò di vivere,
Jake, di vivere per quanto potesse farlo
lontano da lei. E quando fu stanco, si traferì di nuovo in
una cittadina nella
penisola olimpica simile a Forks. Tornarci a vivere senza di lei
sarebbe stato
troppo doloroso.
Aprì
un’officina e passò le sue giornate ad aggiustare
motori
per non pensare a l’unico motore che non avrebbe mai
più potuto essere
aggiustato, il suo cuore.
Lilian veniva a trovarlo,
lei e la sua truppa di
scatenati nipoti, che metteva a soqquadro casa e si faceva raccontare
le
avventure del nonno. Jake chiedeva di Nessie e del suo nuovo compagno,
si
accertava che stesse bene, ma non parlò mai di Bella. Quel
nome divenne
impronunciabile, nascosto per sempre nella sua coscienza. E
così passarono gli
anni e il circolo della vita si chiuse intorno a lui.
Tornò al presente, ancora
una volta. Riaprì gli occhi e si
accorse di essere rimasto solo, anche i fantasmi erano spariti.
È vero, pensò
allora, che si muore soli. Non aveva paura, però, sapeva che
presto tutto
sarebbe finito e che si sarebbe ricongiunto con loro.
Allungò la mano per
prendere il bicchiere sul comodino, continuava ad avere freddo e la
gola gli
ardeva. Tremava troppo e non riuscì a portare il bicchiere
alle labbra finché
non senti una mano stringersi intorno al suo polso, bloccandogli il
tremore e
permettendogli di bere.
Anche stavolta l’aveva
sentita arrivare.
“Bells.”
“Posso restare,
Jake?’”
Un sorriso si aprì sul suo
volto al ricordo di quello
scambio di battute. “Come hai fatto a sapere
dov’ero?”
“L’ho sempre
saputo. Lilian…”
“Ma non sei mai
venuta.”
“Non era il
momento.”
“E adesso lo
è?”
Lei si rannicchiò sul
letto, attenta a non toccarlo con il
suo corpo freddo.
“Vieni più
vicina, Bells.”
“Non voglio farti sentire
freddo.”
“Non ho mai sentito freddo
con te vicina.”
Bella si avvicinò e
posò la testa sul suo petto.
“Sono un bello spettacolo,
eh?”
“Sei Jake. Sarei sempre il
mio Jake.”
“Ti amo, Bells. Ti amo da
più di cent’anni e continuerò a
farlo anche dopo.” Sospirò.
“Alla fine, allora, ho
ottenuto anche io il mio lieto fine.”
Alzò il volto incrociando
gli occhi di lei, lui le accarezzò
la guancia e tutto il freddo gli si cancellò dalle ossa.
Bella avvicinò le
labbra e lo baciò. Jacob chiuse gli occhi e si
lasciò andare, stanco, contro il
cuscino. Lei tornò ad appoggiarsi al suo petto e rimase
lì, ferma ad ascoltare
gli ultimi battiti del cuore di Jake, che si spense cantando per lei.
Jacob Black era morto.
Era morto fra le braccia della donna
che aveva sempre amato.
Jacob Black era morto assaporando la
felicità perfetta che
poche volte, nella sua lunga vita, aveva assaggiato.
Isabella Marie Swan Cullen
aspettò per il resto della sua
eternità il giorno in cui si sarebbe finalmente ricongiunta
con lui, sognandolo
nelle sue notti senza sogni.
NOTE AUTRICE
Con questa storie si conclude la
serie
gli
occhi di tua madre . Queste tre storie sono il
seguito di BD. È la vita dei nostri protagonisti come
immagino che sia andata quando il sipario della Myer si è
chiuso. Quando Bella si è accorta, come una volta le disse
Jake, che un giorno, ormai vampira sposata, si sarebbe resa conto dei
suoi sbagli e sarebbe stato troppo tardi. Questa è la vera
storia di Jacob e Nessie. Questo è quello che porta
l’imprinting. Grazie a chi ha seguiti e amato tutte e tre le
storie, grazie ha chi è arrivato in fondo a questa. Grazie a aniasolaryche
è stata una magnifica beta e a xxx_Strange_xxxper
il magnifico banner che trovate a inizio pagina. Non dimenticate di fare un
salto nel loro profilo autore. A presto. Noemi. |