Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: Moriar tea    28/04/2012    2 recensioni
26 mini-drabble, dalla Z alla A, che parlano dell'amore tra Kurogane e Fay.
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Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ventisei modi per volersi bene
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Z
elante, fastidioso, svicolone, scansafatiche. Kurogane faticava ad immaginare un compagno di viaggio più insopportabile del mago, qualcuno di più incompatibile al suo carattere rude e schietto e odiosamente sincero. Ben presto però capì che si sbagliava: Fay era sicuramente una persona zelante, fastidiosa, svicolona e scansafatiche, ma i loro caratteri, in qualche strano modo, sapevano combaciare alla perfezione.


YUKO-SAN, ORA BASTA, E' LA QUARTA BOTTIGLIA DI SAKE'!” sentì gridare dalla bocca di Mokona, mentre la terribile e misteriosa Strega delle Dimensioni sghignazzava in maniera piuttosto subdola brindando alla loro salute. E Kurogane proprio non poté fare a meno di pensare che, sebbene quell'ubriacone del mago fosse un soggetto quantomai molesto ogni volta che si attaccava al bicchiere, tuttosommato poteva andargli peggio. Perlomeno non era un despota.


X, una grossa X rossa sulla porta. A Fay era sembrato il modo più intelligente per far capire ai bambini che quella sera proprio non dovevano disturbarli, sicuro che il suo significato fosse chiaro, anche se aveva sopravvalutato la perspicacia della principessa. Dovettero trattenere una risata quando li sentirono passare davanti alla stanza, e la vocetta di Sakura esclamò “Oh! Che si siano presi l'influenza?”.
Per fortuna ci aveva pensato la polpetta a portarla via da lì.


Watanuki Kimihiro era di certo cambiato dall'ultima volta che l'aveva visto; non si esibiva più in urla stridule, teatrali polemiche e sciocche lamentele. Mentre li accoglieva nel suo negozio, con quello sguardo fastidiosamente familiare di chi tanto sa e poco dice, il ninja capì che nulla è destinato a rimanere uguale, nemmeno -e soprattutto- chi è costretto a restar rinchiuso nello stesso luogo per tutta la vita. Ma nel momento in cui le due manju presero a rincorrersi, saltellando di qua e di là e invocando i loro mammina e paparino, la nota di nostalgia che passò attraverso gli occhi del ragazzo gli ricordò che, in fondo, ci sono cose che cercano di rimanere sempre le stesse.


Vestiti, Kuro-chan, o prenderai freddo.” gli aveva detto una sera Fay, indugiando a guardarlo un po' oltre il consentito, non appena il ninja venne fuori dalla vasca. Era una vera fortuna che Kurogane capisse così bene il mago, da saper interpretare alla giusta maniera le sue -per niente consone- richieste; e anche che conoscesse modi per riscaldarsi assai più interessanti dei vestiti.


Un tempo avrebbe dato qualsiasi cosa perchè quell'imbecille si fosse messo in testa di portargli un po' di rispetto e finirla con quegli insopportabili soprannomi; ma adesso, mentre guardava Fay chiudergli la porta in faccia con un gelido “Buonanotte, Kurogane”, il ninja riuscì a pensare solo che c'era qualcosa di terribilmente sbagliato nel suo nome pronunciato da lui.


Tagliare le verdure non era proprio simile a tagliar gole, sebbene Fay l'avesse piazzato in quella postazione perchè affettare era l'unica capacità culinaria che possedeva. Ma stringendo sedani e carote tra le dita, e sforzandosi di sminuzzarli in piccoli dadini per il soffritto, fu quasi inevitabile per Kurogane ferirsi all'indice; e quando il mago notò le piccole gocce di sangue che sporcavano il tagliere, si sentì orribilmente colpevole. Come se avesse spinto il ninja, ancora una volta, a tagliare un'altra parte di sé.


Shaoran e Sakura, anche se erano due bambini (i loro due bambini), avevano insegnato a Fay e Kurogane quanto devastante e tragico e assolutamente meraviglioso potesse essere il vero amore. E loro, che con l'amore avevano un conto in sospeso che durava da tutta la vita, dopo tanto tempo capirono che le seconde possibilità vanno concesse a tutti. Anche ai sentimenti.


Ritrovarsi soli nel regno degli Yasha fu strano. Guardandosi negli occhi, entrambi seppero di aver desiderato un momento che fosse solo loro per tutto il tempo; anche se, più che un momento, quelli furono sei lunghi mesi trascorsi come una parentesi lontana della loro vita. Non poter comunicare a parole evitò loro una serie di imbarazzanti formalità dettate dalle regole della convivenza: ma si dissero comunque tante cose, cose importanti, che non avevano certo bisogno di voce per farsi spiegare.


Quando la bocca di Fay si appoggiò al suo polso per la prima volta, Kurogane sentì la necessità di distogliere lo sguardo. Un po' perchè non voleva interferire in un attimo di tale intimità, un po' perchè quella fessura dorata, affilata e sottile, non gli ricordava per niente i grandi occhi azzurri a cui era abituato. Un po', si disse infine, perchè la sua lingua sulla pelle gli dava una sensazione che proprio non sapeva spiegarsi, -e forse era meglio rimanere nel dubbio.


Perdonami.” Fay l'aveva sussurrato a mezza voce, guardandolo dritto negli occhi, con un sorriso che non aveva niente a che fare con la solita maschera. Era un sorriso vero, quello, un sorriso incredibile e doloroso: un sorriso bellissimo, di chi è finalmente vicino al proprio scopo, di chi non ha più nulla da perdere. Il suo era un sorriso che abbracciava la morte.
Kurogane lo odiò, odiò Fay e quel sorriso, odiò il suo desiderio disperato di smettere di lottare e andare oltre; e mentre supplicava la strega di salvarlo, decise che se il mago non era abbastanza forte per farlo, avrebbe lottato lui per entrambi.


Ogni notte si distendevano l'uno affianco all'altro, e anche se erano troppo stanchi per fare l'amore, bastava stringersi un po' sotto le lenzuola per sentirsi più uniti che mai. Per loro, continuamente costretti a fuggire da un mondo all'altro, serviva solo quell'abbraccio per tornare finalmente a casa.


Non avrebbe mai immaginato quanto potesse far male un pugno di Fay in pieno viso, con quei braccini esili che si ritrovava; ma in fondo, la forza fisica era solo una delle tante cose che gli aveva sempre tenuto nascoste. Dopo tante lacrime, dolore, sacrifici e sangue, Kurogane non chiedeva niente di meglio che un colpo in faccia per ripristinare il naturale ordine delle cose. A dir la verità, non fu mai così felice di ricevere un pugno come quella mattina, al castello di Shirasagi del regno di Nihon.


Mentre la lama affondava nel corpo del suo amato, pazzo Re, Fay dovette fare una scelta: odiare Kurogane per avergli strappato via l'ultimo frammento del suo passato, o amarlo, per averlo liberato da esso. Diede la sua risposta quando donò tutto ciò che possedeva, incluso sé stesso, per concedergli una via di fuga da quel folle mondo in distruzione.


La Principessa Tomoyo aveva donato tutto per dar loro una possibilità. In quella strana storia erano rimaste implicate davvero un sacco di persone; streghe, stregoni, cloni, maghi, vampiri, regnanti, sudditi, buoni, cattivi. L'unica cosa che tutti loro avevano in comune, era il desiderio di prender parte ad un futuro incredibile, quello che girava intorno ai due ragazzini. Ogni tanto Fay pensava che era stata una vera sfortuna rientrare nei piani di quello strambo destino: ma poi pensava a Kurogane, e si diceva che non avrebbe cambiato la propria storia per nulla al mondo.


Kuro-chan, Kuro-pii, Kuro-pon, Kuro-nya, Kuro-sama, Kuro-tan, Kuro-rin, Kuro-myuu, Kuro-wan, Kuro-wanwan, Kuro-wanko, Kuro-wankoro, Kuro-poppo, Kuro-pippi, Kuro-pippi il Carpentiere, Uomo Nero, Paparino, Cagnolone. Ogni volta che inseguiva Fay con la spada per aria menando le mani, la trafila di insopportabili soprannomi gli scorreva irrisoria davanti agli occhi; e l'unica cosa che Kurogane riusciva a pensare era che no, non lo trovava affatto divertente.


Jingle Bells era probabilmente una delle canzoni più insopportabili mai sentite finora, senza escludere le urla da gallina strozzata che provenivano dal bagno ogni qual volta Fay si faceva una doccia. Non capiva proprio le stramberie di certi mondi, come i festeggiamenti natalizi provenienti dalla dimensione della Strega: ma il mago aveva preso molto a cuore tutta la faccenda del Natale, e un giorno si era messo a decorare la loro stanzetta d'albergo con addobbi del tutto improbabili, sostenendo che, da qualche parte nell'Universo, poteva pure essere il 25 dicembre. E canticchiando insensati motivetti che parlavano di slitte, renne e campane.


Il primo bacio che si diedero lo fecero senza ripensamenti: era un bacio meravigliosamente tragico e senza alcuna speranza, di chi non sa se vivrà abbastanza a lungo per avere una seconda occasione. Probabilmente in circostanze diverse non avrebbero osato mai oltrepassare quella linea, la strana linea del loro incerto rapporto d'amicizia: ma si sa, quando si è ad un passo dalla morte, si tende a commettere qualche follia. Kurogane e Fay non se ne pentirono mai.


Hanshin era stato il loro primo mondo, e l'inizio di tutto quello strano viaggio; quando ancora non sentiva tutta quella protettività nei confronti del ragazzo, quando ancora non lasciava la polpettina accoccolarsi dentro al suo cappotto, quando ancora non vegliava sul sonno della Principessa, e quando ancora non teneva, in maniera irragionevole e perfino ossessiva, alla vita del mago. Ma la prima notte del loro viaggio, lì nella Repubblica di Hanshin, la passò in camera con Fay: e il suo primo sorriso spuntò fuori proprio guardando quel biondino tutto pelle e ossa che dormiva a pancia in giù, con la testa affondata nel cuscino, ronfando come un grosso gattone pigro sul futon.


Giocare e fare il finto tonto era indubbiamente lo sport preferito di Fay, ma Kurogane sapeva essere un rivale piuttosto ostinato. Ogni qual volta il mago non rispondeva alle sue domande, il ninja gli si avvicinava di un passo in più, segretamente felice di mandare il biondino nel pallone -lui e tutte le sue stupide menzogne. Non sarebbe certo stato un po' di silenzio a tenerlo lontano da lui.


Fay, dopo la fuga dal regno di Celes, si chiese molte volte come l'avrebbe chiamato d'ora in poi Kurogane. L'idea che potesse chiamarlo Yuui lo terrorizzava, e allo stesso tempo si sentiva un bugiardo ad indossare ancora quel suo nome, ora che ogni maschera era stata tolta. Quando poi una mattina sentì la voce rude del ninja mormorare il suo solito “Oi, mago!”, smise di farsi tanti problemi. Sarebbe andato tutto bene.


Era un giorno piovoso, quando Kurogane gli diede un bacio sulla tempia e lo strinse tra le braccia -con quel braccio di metallo freddo, che gli regalava sempre piacevoli brividini sulla schiena-.
“Quando questo viaggio finirà, tu verrai a Nihon con me”, aveva detto. Non era una domanda, e Fay lo ringraziò di questo, perchè in quel caso si sarebbe per forza messo a piangere prima di riuscire a dir di sì.



Dolci di tutti i tipi affollavano la cucina: torte al cioccolato, torte alla frutta, torte alla crema, torte gelato, meringhe, praline, biscotti, bidoncini di zabaione, crostatine di marmellata, bigné dai mille ripieni, croassant appena sfornati. Fay aveva passato tutta la notte sui fornelli, ed era chiaro quanto ci tenesse a fargli assaggiare ognuna di quelle sue prelibatezze; aveva le guance ancora sporche di panna montata, uno sguardo terribilmente criminale negli occhi, e addosso portava il grembiule (e nient'altro). Quella mattina Kurogane assaggiò in maniera piuttosto approfondita tutto ciò che il mago aveva da offrirgli.


Celes era un mondo strano. Un mondo freddo, di quel freddo che ti entra nelle ossa e congela il cuore, un mondo disturbato, come se la quiete conservata per tanto tempo dalla sua gente fosse stata esageratamente fragile e precaria, sgretolata troppo facilmente dal seme della follia. Nonostante questo, Kurogane non riusciva ad odiare quel mondo di morte in rovina; per quanto lo trovasse inquietante e diabolico, sarebbe rimasta per sempre una triste immagine legata a Fay, e lui, ormai lo sapeva, non poteva odiare proprio niente che riguardasse il suo mago.


Ballavano stretti, spensierati come per tanto tempo non erano stati. Fay si chiese a lungo da dove provenisse quella sua felicità: forse dalla sensazione dei piedi nudi sulla sabbia, o dal calore del falò scoppiettante, o dalle lucine del fuoco che baluginavano sul mare. Forse erano i suoi occhi, forse erano le sue labbra, o forse quelle mani grandi da guerriero, che lo stringevano con la promessa di proteggerlo sempre, qualunque cosa fosse accaduto.
O forse, molto più semplicemente, era la felicità di Kurogane a rendere felice anche lui.


Amore. C'era amore nei loro occhi, un amore assurdo e insano, di quelli fatalmente vicini alla dipendenza.
Era un amore pericoloso, quello di Kurogane e Fay, perchè, come tutti gli amori più intensi, andava di pari passo con la morte. Era un amore di quelli talmente palesi da non aver bisogno di parole, che si dichiarava con pagamenti di sangue e braccia tranciate, e che faceva male e faceva piangere. Era un amore che costava tantissimo, e a dirlo era stata una strega che di prezzi se ne intendeva. Ma a Kurogane e Fay, dopotutto, non importava.
L'importante era stare insieme, per amarsi ancora un altro po'.

  
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