La Battaglia Iniziale
[betato da Sunshine Shadow]
“I remember black skyes...”
(Linkin Park-New Divide)
Dolore. Sangue.
Morte. Sciagura. Desolazione.
Samael vedeva tutto ciò mentre si ripuliva il sangue dalla
bocca. Sputò per terra. Gli angeli erano duri a morire, a venire annullati. La
guerra imperversava, e non esisteva la pace per nessuna delle due fazioni.
Arcangeli, Serafini, Troni, Dominazioni, Potestà e Cherubini combattevano
contro i caduti, più crudeli e spietati, ma in netta minoranza.
Una dominazione cercò di colpirlo alle spalle, di strappargli
le ali, ma il Caduto fu più veloce: prese le due spade e gli tagliò la testa,
per poi trafiggergli il nucleo e annullarlo. Samael spalancò le enormi ali nere
e volò in cerca di Michele, annullando tutti gli angeli che gli capitavano
davanti, dando bella mostra dei suoi poteri angelici e della sua grande bravura
con le spade d’Argento Celeste. Non ci mise molto a trovare Michele: lo vide
incendiare un caduto, una povera anima marcita da poco, un povero arcangelo che
si era innamorato di una umana, e che era caduto per poter stare con lei. Ma
nessuna delle due fazioni si interessavano della vita di un soldato, che moriva
in battaglia seguendo una causa, non importa quale essa sia.
Ne erano morti tanti, ne potevano morire ancora. Ma la
battaglia sarebbe finita, e la vittoria era un qualcosa che entrambi
desideravano ardentemente. Il dolore, la frustrazione, la disperazione di poter
ritrovare quella passione che lo avevano fatto cadere, ecco cosa muoveva,
ormai, quel povero pazzo di Lucifero, e Samael lo seguiva a ruota, mentre
Lilith voleva solo uccidere e far valere la propria dignità e il proprio
orgoglio di donna, che stava in prima linea e che non si faceva proteggere dal
marito. Ognuno combatteva per la propria causa, per il proprio motivo, per il
proprio dolore che rende insensibili alle preghiere e alle suppliche degli
altri.
Samael ricordava benissimo quando uccise i primogeniti
dell’Egitto, facendo divorare loro le anime, mentre faceva il lavoro sporco,
insieme ad Azrael. Ricordava benissimo il dolore delle madri, dei padri, dei
fratelli e delle sorelle, mentre gli ebrei, da bravi ipocriti, gioivano per la
libertà appena acquistata. La verità è che la libertà l’avevano anche prima,
solo che non la vedevano e non riuscivano ad apprezzarla, ma Samael non poté
attraversare le porte marcate dal sangue del sacrificio, perché il sacrificio è
l’atto più puro e buono che si possa fare. Se avesse potuto avrebbe insegnato
loro il terrore, il dolore, la disperazione, la sofferenza di chi perdeva
l’anima e di chi rimaneva solo uno schifoso surrogato di persona, di chi moriva
ogni giorno dentro, cercando la forza di non fare del male alle persone amate.
Samael ricordava benissimo Lucifero che sospirava guardando
di nascosto Lilith, mentre la contemplava e la venerava silenziosamente,
lontano dallo sguardo di tutti. Lucifero non poté amare, glielo proibirono, e
così dovette sacrificare la propria purezza per poter amare, ma così perse i
buoni propositi che lo spinsero a sacrificarsi.
Il caduto evitò che una spada gli tagliasse le ali, si girò e
con un rapido movimento infilò le spade nei foderi, e mentre si girava afferrò
l’angelo per la gola, ringhiando furiosamente. L’angelo sbatté furiosamente le
ali, cercando di liberarsi dalla ferrea presa del caduto, ma Samael non gliene
lasciò l’occasione: gli prese le ali e gliele strappò con un suono sordo e un
grido di dolore da parte del povero angelo.
La battaglia quel giorno durò meno del previsto: Lucifero e
il suo esercito se ne andarono, perché Lilith, la bella Lilith, era stata
ferita. Samael, vedendo la preoccupazione sul volto dell’amico, recuperò almeno
un po’ le speranze su ciò che li aspettava.
Forse il cielo non era così scuro e tempestoso come pareva
all’inizio.