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Autore: Ell Emerson    29/04/2012    1 recensioni
Nella diciassettesima estate della sua vita Evelyn viene spedita in uno sperduto paese sulle coste irlandesi, a trascorrere l’estate sotto la tutela della sua sconosciuta zia. La ragazza prevede un noioso soggiorno all’insegna del dolce far niente… si sbaglia.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THE TRUTH BENEATH THE SHADOWS


PROLOGO

La porta batté tanto forte che la cornice appesavi accanto cadde per terra frantumandosi. Evelyn non si degnò nemmeno di raccogliere la fotografia che la ritraeva insieme alla sua famiglia, il giorno del suo diciassettesimo compleanno. L’avrebbe volentieri bruciata in quel momento. Era finita, l’indomani sarebbe partita e basta. “non si discute” aveva detto suo padre pochi minuti prima mentre lei, indignata, correva a barricarsi in camera sua.
La finestra socchiusa era incredibilmente allettante, ma dove poteva andare? Non aveva per niente voglia di vagabondare per la città.
Sarebbe partita sì, ma avrebbe fatto le cose a modo suo.

Guardò le valigie ancora vuote abbandonate in un angolo della stanza, ma non aveva voglia di fare niente e si disse che ci avrebbe pensato la mattina seguente svegliandosi presto.
Si addormentò pensando alla tremenda estate che la aspettava. Lontano dalla sua città e dai suoi amici, a prendere ripetizioni di greco e matematica da quella sua zia (alquanto isterica a detta dei suoi cugini che avevano avuto la fortuna di incontrarla) che non aveva mai conosciuto.

1. IL BUON GIORNO SI VEDE DAL MATTINO

Aprì gli occhi infastidita dalla luce. Come sempre sua madre aveva spalancato le tende ignorando che la cosa mandasse Evelyn su tutte le furie. Guardò l’orologio sul comodino, segnava le sette e cinque. Sbuffò e si seppellì sotto le coperte.
Non va bene, farò  tardi… dovrei proprio alzarmi.
Si trascinò giù dal letto di malavoglia e caracollò in bagno per lavarsi. Dopodiché si vestì e sistemò le sue cose dentro le rispettive borse senza neanche vedere che cosa stesse maneggiando. Scese di sotto, salutò tutti e si accomodò sul sedile posteriore della macchina, dove chiuse gli occhi solo per un minuto…
Non va bene, farò  tardi… dovrei proprio alzarmi.
Spalancò gli occhi tirandosi su… nel suo letto. Guardò l’orologio. Le nove.
<< Merda! >> esclamò mentre saltava giù dal letto e sfrecciava verso il bagno.
La fase in cui la mattina si sogna di prepararsi e adempiere i propri doveri, mentre in realtà si è ancora comodamente a ronfare a letto, era normalmente superata in terza o quarta elementare, ma evidentemente lei era tardiva per quanto riguardava questa fase dello sviluppo adolescenziale.
Quando alla fine fu pronta e si osservò fugacemente allo specchio si rese conto che non aveva per niente un bell’aspetto; i capelli erano arruffati e informi ed in viso era tremendamente pallida come sempre. Fu tentata di afferrare il borsello dei trucchi, ma doveva ancora fare le valigie e dovette lasciar perdere.
Dato che le avevano ripetuto circa una decina di volte che la misteriosa zia non tollerava i ritardatari, prendersela comoda le sembrava un ottimo presupposto per il suo piano, tuttavia cercò di fare ancora più in fretta. Conoscendo suo padre sapeva benissimo che alla dieci meno un minuto l’avrebbe trascinata in macchina, anche se fosse stata in pigiama.

Alle dieci non aveva ancora finito le valigie ed era forse ancora più pallida di prima. Suo padre sbucò dalla soglia della porta camminando a passo svelto e sicuro senza neanche bussare e le augurò il buongiorno, poi afferrò quante più valigie poteva e uscì come era entrato. << Chiamalo buongiorno! >> fu tutto quello che riuscì a urlargli dietro Evelyn.
Si precipitò giù nell’ampio atrio rincontrando l’amato genitore che faceva dietro front per andare a recuperare le valigie rimanenti, << Perché tutta questa fretta? Hai forse paura di pentirti e ripensarci? >> gridò rivolta alle scale. L’interessato passandole accanto le rivolse semplicemente un sorriso ebete che Evelyn ebbe voglia di cancellargli a suon di schiaffi dalla faccia << Sai che ti dico? Troppo tardi. Non vedo l’ora di essere lontana da questo maledetto posto, dalla mia isterica zia! >> continuò la ragazza.
Non si poteva dire che fosse una che si teneva tutto dentro; e proprio in quel momento stava fornendo prova della sua capacità di esternare i suoi sentimenti e i suoi disagi con ogni genere d’imprecazioni contro la sua famiglia e la sua sfortuna.
<< Chi sarebbe l’isterica? >> esordì suo zio comparendo all’ingresso, seguito da tutta la sua famiglia che si era probabilmente appropinquata per salutarla e augurarle una felice permanenza estiva a isteriavill. Evelyn li fulminò con lo sguardo, << Già. Direi che farete proprio una bella coppia tu e la zia Josephine >> continuò suo cugino.
<< Sta zitto Nick! >> lo aggredì la ragazza.
Il caso volle che proprio in quel momento anche sua madre fosse di ritorno dalla messa domenicale, accompagnata da nonne, zie e prozie. Dovevano aver organizzato una festa in onore della sua dipartita.
Fortunatamente suo padre aveva finito di caricare le sue cose sulla jeep.
<< Se eravate venuti per salutarmi… >> iniziò Evelyn rivolta ai parenti che iniziavano ad affollare l’atrio di casa sua.
<< Veramente siamo qui per festeggiare il novantasettesimo compleanno di zia Giselle >> la interruppe suo cugino con un sorrisino malefico e indicando una nonnetta decrepita che quattro dei suoi cugini stavano tentando di issare su per le scale.
Neanche si degnavano di scomodarsi per salutarla.
<< Peccato, stavo per suggerirvi un posticino dove potevate ficcarvi i vostri salut… >>
<< Evelyn! >> la richiamò sua madre. In tutta risposta la ragazza rivolse a tutti un sorriso sgargiante e finto senza proferire parola e si fiondò in macchina.
Partì così, senza salutare nessuno e con ancora quel nodo di rabbia alla gola.
   
 
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