Libri > Eragon
Ricorda la storia  |      
Autore: Djali    22/11/2006    10 recensioni
L'ultimo ruggito di Saphira... Un grido di dolore che, dentro Brom, continuerà a riecheggiare per tutti i secoli dell'eternità.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Brom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sul mio viso rilassato ondeggiavano placide le ombre verdi delle foglie. Con le ciglia abbassate sugli occhi sereni, pensavo e non pensavo, nella tiepida frivolezza che annebbia la mente nei momenti di riposo. E poi un lampo di incomprensibile verità squarciò il silenzio dei miei pensieri, nitido eppure criptico come un sogno da cui ci si svegli di colpo. Gelido e insieme rovente come una frustata, come un presentimento improvviso, inattesto, inequivocabile. Schizzai seduto, con l'erba morbida sotto di me che di colpo parve una distesa di punte di freccia.

-Hai già finito di riposare? Sei pronto a riprendere?- mi chiese Oromis, seduto su un ceppo poco più in là. Poi mi guardò bene in viso e la sua espressione divenne allarmata nell'accorgersi del mio funereo pallore. -Brom, stai bene?-

Mi guardai intorno con gli occhi sbarrati, cercando di dare un senso a quell'inspiegabile, atroce sensazione che per un secondo mi aveva attanagliato lo stomaco. Ora non me ne restava nulla, se non la sensazione di aver visto per un solo istante uno spicchio di mondo notturno illuminato da un lampo. Sentivo il mio corpo scosso da un tremito incontrollabile, e i brividi gelidi della febbre del terrore iniziare a salire e scendere lungo la mia schiena d'un colpo madida di sudore.

-Stai bene, Brom?- insisté Oromis con le sopracciglia sottili ed oblique aggrottate sulla fronte diafana.

-No- risposi soltanto. Mi alzai in piedi e sentii di vacillare sotto una vertigine che mi era sconosciuta. Sentivo paura . Attraverso gli infiniti spazi della mia mente sentivo l’eco disperato di un’anima che urlava. E poi, lentamente, l’urlo attraversò il torace della creatura che mi trasmetteva il suo terrore e, scivolandole fra i denti come un veleno, proruppe all’esterno, con un ruggito che dentro di me avrebbe continuato a riecheggiare per tutti i secoli dell’eternità.

Brom!

Una spada mi trafisse il petto. Sentii il sangue sgorgare dallo squarcio, mentre un dolore incontenibile scuoteva il mio corpo e ancor più la mia coscienza. Caddi in ginocchio e urlai la mia sofferenza, rovesciando il capo all’indietro. Con le mani mi percorsi il petto infuocato e mi sorpresi nel sentirlo asciutto. Fra ondate di dolore insopportabile riuscii a schiudere gli occhi, e dove mi aspettavo di vedere carne viva, osso scheggiato e sangue zampillante non c’era che la mia calzamaglia, liscia e tesa sui muscoli contratti dallo spasmo improvviso. Allora compresi.

Più veloce di qualsiasi uomo mai esistito, più disperato di quanto lo fosse mai stato un elfo, mi misi in piedi e iniziai a correre. Alle mie spalle, avvertivo lo sbigottimento di Oromis, ma non era importante. Corsi nella giusta direzione senza averla scelta.

Cos’è stato?

I peli mi si rizzarono sulla nuca quando la mia interlocutrice, troppo sconvolta dal dolore per pensare lucidamente, si limitò a trasmettermi una nuova ondata di dolore. Ancora fiotti di sangue mi sprizzavano dal petto, mentre il mio cuore mancava un battito. L’aria attorno a me mi strappava dagli occhi lacrime arroventate. Volevo rassicurarla, volevo dirle che sarei arrivato in tempo, ma nella mia mente non c’era più spazio per nulla.

Correvo, pregavo, mentre la mia anima straziata voleva precedermi su una strada che percorrevo troppo lentamente. Mi sforzavo di reggermi in volo, e la fatica mi premeva contro il cuore sfaldato dalla lama. E poi, improvviso e irrevocabile, fu l’ultimo battito d’ali. Mi sentii precipitare da un’altezza incalcolabile, mentre le ali si stropicciavano nel vento della caduta. Caddi al suolo, col viso affondato nell’erba, mentre ancora continuavo a precipitare fra le giogaie e le correnti ascensionali che solo un minuto prima mi reggevano nel cielo.

Brom… , tentò senza riuscire. La terra si avvicinava sotto le squame lucenti e l’anima si allontanava col sangue che l’aria strappava dal petto.

Sarebbe morta prima dell’impatto.

Saphira… , gemetti sull’anima che, dagli occhi, si riversava sull’erba in una pozza di lacrime.

Vidi un uovo, un uovo azzurro. Lo vidi luccicare e occhieggiare sotto le torce. La mia mano ne toccò la superficie calda e liscia, e poi una crepa lo attraversò dall’alto in basso. La vita, dolce e indifesa, sbucò da quell’uovo con la sua testolina coperta di squame iridate, con gli occhioni impazienti. Mi morse con affetto la punta del dito, e un disco d’argento fuso mi marchiò per tutta la vita il palmo della mano.

Brom…

La terra mi mancò sotto i piedi. Il sole accanto a me si era fatto fiammella tremolante, e poi, di colpo, fu la solitudine. Il mare si richiuse sulla mia testa mentre venivo portato via dalle onde.

Impazzivo. Metà della mia mente appassì come un fiore reciso dal gambo, accartocciandosi come una pergamena lambita dal fuoco. L’eco del mio pianto rimbombava nelle mie orecchie, nel mio torace, nella mia gola. Non sentivo più il sangue scorrermi dalla ferita sul petto, non sentivo più l’aria fra le ali, né il sole sul capo squamato. Sentivo la mia anima aggirarsi in un deserto di carbone, guardando dietro ogni duna con gli occhi bagnati, alla ricerca di sé stessa.

Ma non avrei trovato nessuno. Mai più nessuno.

   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Eragon / Vai alla pagina dell'autore: Djali