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Autore: Black Mariah    29/04/2012    5 recensioni
Frank è allibito.
-Oddio spogliarelliste!-esclama come un bambino che per la prima volta vede una donna nuda. -Oddio spogliarelliste con le divise di Hogwarts!- ripete ancora più eccitato.
Le due ragazze scoppiano a ridere e dopo averlo stuzzicato un'altro po' ritornano tra le altre.
-Grazie, grazie, grazie!- continua a dire Frank muovendosi da sulla sedia, battendo le mani e assumendo un'espressione da bambino.
Io e Ray scoppiamo a ridere.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gerard Way, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salgo le scale del suo condominio a due a due, cercando di non cadere. Non sono mai stato molto atletico.
Arrivo davanti la porta del suo appartamento, busso forte sperando che mi apra. Non so che ore sono, non ho il cellulare, non ho un orologio, non ho niente di niente.
Quando realizzo il fatto che non è ancora a casa, quasi mi sento perso. Mi accascio a terra, inginocchiandomi di fronte la grande porta marrone scuro.
Probabilmente questa sarà l’ultima volta che aspetto. Sarà l’ultima volta che aspetto lei.
Mi siedo, appoggiandomi con la schiena al muro. Ora che sono qui, non so che fare. Sembra che tutta la convinzione e la voglia di lottare che avevo prima di arrivare, sia scomparsa.
Io, Gerard Way, mi ritrovo seduto su una moquette di un palazzo, mi ritrovo ad aspettare fuori la porta il ritorno di una ragazza che mi ha letteralmente fottuto il cervello.
I momenti della serata scorrono lenti nella mia mente: sembrano così lontani.
Forse non gli ho vissuti veramente, mi sto semplicemente inventando tutto. Quello che è accaduto negli ultimi due mesi è semplicemente frutto della mia fantasia.
Magari fosse così, o meglio, magari fosse in parte così.
Vorrei solo che l’ultimo giorno non fosse mai trascorso. Vorrei rimanere fermo al momento in cui Annabelle era a casa mia, sul divano, quando non sapevo ancora la verità su di lei.
Me la immagino vestita di quelle poche cose che indossava stasera, e un improvviso dolore mi prende lo stomaco.
Sento le palpebre pesanti.
La mia respirazione si è calmata, o meglio, non ho più l’affanno e sento crescere in me la voglia di addormentarmi.
Probabilmente ho chiuso gli occhi, e probabilmente adesso mi addormenterò. Cerco di lottare contro questa sensazione di pesantezza e di stanchezza, ma a quanto pare sono fin troppo stanco per resistere.
Sento il capo reclinarsi un po’ all’indietro e mi appoggio con la nuca alla parete.
Spero solo di riuscire a riaprire gli occhi subito.
 
Non so quanto tempo sia passato, so solo che inspiro un profumo particolare. Forse sto sognando, o forse Annabelle è davvero china su di me e mi sta parlando.
Mi sveglio di soprassalto e cerco di rialzarmi velocemente.
Annabelle mi guarda, e vedo le sue labbra muoversi. Mi stropiccio gli occhi per vedere meno sfuocato, e sento la voce della ragazza.
-Gerard, che ci fai qui?- mi dice con fare comprensivo.
-Annabelle…- sussurro con un po’ di imbarazzo. Sto facendo la figura dello scemo. Mi sono addormentato, diavolo.
-Vieni- mi dice dandomi la mano.
Afferro il palmo della sua mano, è freddo, anzi quasi gelido.
Mi alzo lentamente, sento le vertebre della schiena allungarsi.
La guardo di sfuggita, indossa un giubbotto nero, lungo fino alle ginocchia, dei jeans scuri e degli stivali. Ha gli occhi stanchi, le palpebre con un leggero residuo di ombretto nero, e a stento mi guarda negli occhi. Non so se è arrabbiata per quello che ho fatto, so solo che apre la porta e mi lascia entrare.
Getta le sue cose sul tavolo e io guardo l’orologio: sono le tre e mezza.
-Perché eri fuori?- mi chiede con un filo di voce.
Accende la luce e i miei occhi ne soffrono un po’, ma ci impiego poco ad abituarmi all’illuminazione della stanza.
Sono in piedi, aspettando non so cosa, e la sto guardando. Lei si sta levando il soprabito e mi da’ le spalle. E’ come se mi stesse ignorando.
Vorrei dirle tanto qualcosa di sensato, vorrei dirle che le posso dare un’altra possibilità, vorrei chiederle anche perché ha scelto di rimanere in quel posto ascoltando Clive e non me.
La sto guardando. E’ appoggiata alla cucina, continua a darmi le spalle.
Il silenzio che c’è in questa stanza è insopportabile, riesco persino a sentire il ronzio dell’elettricità.
-Perché fai così?-
La sua voce mi fa venire i brividi. Mi fa questa domanda all’improvviso, e io non me l’aspetto, a dire il vero non so nemmeno come risponderle.
-Così come?- le chiedo scioccamente.
Sento un grosso peso sulle spalle, lo so che non ho fatto nulla, ma non saprei…è una cosa strana, non l’avevo mai provata prima.
Si gira e adesso si decide a guardami negli occhi. Noto con ancora più chiarezza quanto sia stanca, forse ha anche pianto di nuovo.
Mi guarda e sospira. Sembra che quello da convincere a fare qualcosa sia io e non lei.
-Non devi preoccuparti per me- mi dice, e questa frase risuona più come un rimprovero che come un consiglio.
Mi avvicino, mi da’ fastidio parlarle a tre metri di distanza.
Lei mi guarda come se le stesse nascendo una nuova consapevolezza, non vorrei che pensi che mi stia avvicinando a lei per corromperla fisicamente o altro. Mi appoggio leggermente al tavolo e metto le mani in tasca. Ho la testa bassa e mi guardo le scarpe.
-E se non riuscissi a farne a meno?- sussurro, quasi imbarazzato da queste stesse parole che ho pronunciato. Mi risuonano troppo sdolcinate.
Qualcosa le sferra di mano e cade a terra. Non mi prendo nemmeno la briga di alzare la testa e vedere cos’è finito per terra.
-Io…io non sono quella giusta per te.- mi dice. La sua voce sembra quasi sicura. Non è tremante o flebile come tutte le altre volte. Sembra che sia davvero convinta di ciò che sta dicendo. Fantastico.
-E questo chi lo stabilisce?- chiedo infastidito.
-Lo stabiliscono i fatti, Gerard. Non puoi stare con una come me- risponde.
Alzo la testa e la guardo. Anche lei ha gli occhi bassi e si sta guardando le scarpe.
-E tu come sei?- chiedo secco. Adesso voglio proprio sentire cosa mi dice.
-Come sono?!- mi risponde guardandomi. –Faccio la spogliarellista in un night club. Non ti basta come ragione?- aggiunge alzando un po’ la voce. Adesso è tremante, e probabilmente sta lottando contro se stessa per non far scendere le lacrime.
-Secondo te, se davvero mi fosse importato, adesso sarei qui? Credo proprio di no- dico secco. Sinceramente mi sono stancato di questa situazione: di me che la inseguo e di lei che scappa.
Chiude gli occhi e fa un respiro profondo. Li riapre e poi mi dice –Allora perché ti importa così tanto?-
La guardo, mi soffermo sui suoi capelli sciolti, ricci, neri e lunghi, che le ricadono sulle spalle e sul petto.
-Non lo so nemmeno io. So solo che da quando ti ho visto in quel negozio, ogni volta che penso a te mi sento meglio…Ma credo che queste cose tu le sappia già.- dico a voce bassa ma lo stesso sicura.
La guardo, cercando di cogliere qualche movimento facciale: sembra impassibile.
-E’ un errore- mi dice.
-Questo lo stabilisco io- faccio secco. Ho ancora le mani in tasca e sono ancora appoggiato al tavolo, e lei è di fronte a me, appoggiata alla cucina.
Questo tono così severo sembra impressionarla, adesso i suoi occhi blu mi penetrano.
-Ora spiegami che cosa è successo in quella stanza con Clive- aggiungo. E’ arrivata la resa dei conti.
La sento deglutire.
-Perché sei voluta rimanere lì?- le chiedo curioso e un po’ infastidito.
-Semplicemente non potevo andarmene.- mi risponde secca.
-Perché?- chiedo senza battere ciglio. Non mi risponde e questo mi infastidisce. Vorrei tanto urlarle addosso che non sopporto la maniera in cui si sta comportando. Mi sono fatto in quattro per lei, ho fatto anche la parte del coglione, e questo è il ringraziamento.
-Annebelle degnati almeno di rispondermi. O almeno, dimmi qualcosa. Dimmi che non mi vuoi. Dimmi che mi hai preso per il culo per tutto questo tempo, ma cazzo, guardami negli occhi e dimmi qualcosa!- esplodo avvicinandomi a lei. Ok, ho gridato un po’ e lei sembra essere un po’ sconvolta da questo, ma a quanto ho capito le piace essere trattata male, perciò le do quello che vuole.
-Che cosa ti devo dire?!- mi chiede alzando la voce. –Che non potevo seguirti perché altrimenti Clive mi avrebbe licenziato? E’ già tanto che non l’ha fatto prima, quando ci ha incontrati nella caffetteria! E no, non ti sto prendendo per il culo...E’ solo che è…- dice abbassando la voce. -…E’ complicato…-
-Non è complicato…- le dico avvicinandomi. –Se lasci che mi prenda cura di te, non è complicato- ripeto poggiando le mani sulle sue braccia. Ha la testa bassa e non riesco a guardarle gli occhi.
-Ma come puoi ancora volerlo?- mi sussurra –Ti ho deluso fin troppe volte. Ti rovinerei la carriera…- aggiunge.
Alzo gli occhi al cielo. Fosse quello il problema…
-Mi devi solo promettere che non lo farai più…Non serve spogliarti- dico con voce tremante. Come sempre la mia poca determinazione scompare quando mi ritrovo vicino a lei: dovrei farglielo presente prima o poi.
Senza che io faccio nulla, la sento avvicinarsi e sento le sue braccia attorno alla mia schiena. Mi sta abbracciando.
Appoggio la testa sulla sua e ricambio l’abbraccio. Non so cosa significa davvero per lei questo gesto. I suoi capelli profumano e io rimango immobile, assuefatto da quell’odore.
-Mi dispiace- mi sussurra tra le braccia, e io vorrei solo baciarla. –Non credevo che la situazione avrebbe preso una piega del genere.- aggiunge discostandosi da me.
-Quale piega?- le domando confuso. Ha le guance rosse.
Sembra imbarazzata, guarda a terra e sembra fare ancora più rossa.
-Non credevo che mi sarei innamorata di te- mi risponde.
Mi sento morire.
Perdo l’appoggio sotto i piedi. Mi manca il respiro e sento il mio cuore battere come non mai nel petto.
Rimango senza parole. Forse è più vera questa frase e non quando mi ha detto “ti amo” la prima volta.
-Quando ti ho visto alla festa di Frank, e poi al club e poi ancora al California…sembrava mi stessi perseguitando. Ma poi sei stato dolce e gentile…Credevo che non sarebbe durata molto tutta quella situazione…- mi dice con gli occhi e la testa bassì.
-Non mi hai inquadrato subito, allora- le rispondo con il cuore che mi scoppia nel petto.
Mi sorride debolmente. Non riesco a capire subito se questa sua nuova espressione è una cosa positiva o no.
In teoria quello che ci siamo detti non vale niente. Non vale niente perché non mi ha detto che smetterà di fare ciò che ha fatto fino a stasera. Non mi ha detto perché ha scelto di rimanere in quel posto e di non seguirmi. Mi ha detto solo che è complicato e che non credeva che si sarebbe innamorata di me, ma non mi ha detto cosa potremmo essere da qui a dieci minuti, o da qui a domani.
Non mi ha detto “Gerard, voglio stare con te e lasciarmi tutto alle spalle”. Non mi ha detto nulla. Solo che si è innamorata di me. E questo fino a oggi pomeriggio andava bene, perché l’avrei creduta, ma adesso non lo so…Il cuore mi batte forte, ma non sono felice, sto provando qualcosa di indefinito.
La guardo negli occhi e le mie iridi penetrano le sue. Le prendo la mano e intreccio le nostre dita. Le ha ancora fredde.
Questo è uno di quei momenti in cui vorresti dire o fare tante cose, ma alla fine non ne riesci a concluderne una. Avrei altre cose da dire, altre domande da fare, ma semplicemente l’intensità del momento non me lo permette, e credo che per lei sia la stessa cosa.
Non mi sento meglio, non mi sento più leggero, anzi. So solo che forse adesso è meglio così. Preferisco ascoltare il silenzio piuttosto che ascoltare parole che non mi piacciono.
-Gerard?- mi chiede all’improvviso. Il sentire pronunciare il mio nome in quella maniera mi mette i brividi.
-Sì?- le dico.
-Puoi abbracciarmi di nuovo?-
 
**
Apro gli occhi e vengo travolta da un’ondata di luce proveniente dalla finestra. Do un sguardo alla sveglia sul tavolino e leggo con poca sorpresa che sono le dodici e mezza. Non ricordo a che ora mi sono addormentata, so solo che non riuscivo a farlo, date le tante emozioni che ho vissuto.
Mi giro prima a guardare il soffitto bianco sopra di me, e poi guardo la sagoma che mi si trova affianco.
Tiro su le lenzuola, ho leggermente freddo, appoggio la testa al cuscino e rimango ferma a guardare Gerard.
Sta dormendo come un bambino, vedo il suo petto nudo alzarsi e abbassarsi al ritmo del suo respiro.
Mi fermo a guardare il suo profilo, i suoi lineamenti delicati, il suo naso all’insù e le sue labbra rosee. Non è mai stato così bello come in questo momento e io non mi sono mai sentita più sporca.
Mai nessuno mi ha dato le attenzioni che mi da lui, nessuno si è fermato a lottare e a cercare di raccogliere i cocci della vita che mi sono scelta. E forse è proprio questa la ragione per cui mi sento un verme.
Se fosse stato meno perfetto, sarebbe stato diverso…

I suoi capelli neri sembrano una macchia in confronto al candore delle lenzuola.
E’ bello. Il più bello che io abbia mai incontrato, e adesso vorrei soltanto perdermi nei suoi occhi verdi per un’ultima volta. Vorrei perdermi in lui come ho fatto stanotte per la prima volta, senza pensare a niente, solo a lui.
Parte di me vorrebbe restare in questo letto, aspettare il suo risveglio, baciarlo, dirgli “ti amo” e rimanere per tutto il giorno  stretta tra le sue braccia, mentre un’altra parte vorrebbe alzarsi, rivestirsi e lasciare un biglietto.
Devo scegliere se fare l’egoista o la ragazza di cui Gerard ha bisogno, e quest’ultima cosa richiede che io me ne vada per sempre dalla sua vita, perché di certo non sono io quella che merita.
Rimango qualche altro minuto a fissarlo, forse per l’ultima volta e quasi con le lacrime agli occhi mi alzo, sedendomi sul bordo del letto. Sento le lenzuola scivolare e percepisco il freddo sulla mia schiena nuda.
Chiudo un attimo gli occhi, cercando di trovare la forza di fare quello che ho in mente, e proprio quando sto per alzarmi, decisa ad uscire per sempre dalla sua vita sento un rumore, e poi una voce.
-Annabelle- mi dice con voce un po’ roca –Dove stai andando?- 


***
E' finita. Dopo ben sette mesi ho finito questa storia. 
E' nata un po' per gioco, un po' per caso. Come ho detto all'inizio era un esperimento, perchè era la prima volta che scrivevo sotto un punto di vista maschile, usando il presente come tempo di scrittura, e non nascondo che ad ispirarmi a farlo è stata What a wonderful caricature of intimacy di Terexina, che ringrazierò a breve isieme a tutte le altre. 
Arrivata a questo punto mi scuso se in questi tredici capitoli ci sono errori grammaticali o di punteggiatura o qualsiasi altra cosa, non sono mai stata bravissima ad usare la grammatica correttamente. 
Detto ciò vi ringrazio singolarmente tutti, da tutti quelli che hanno recensito e che facendolo hanno fatto nascere un mio sorriso, a tutte le venti persone che hanno seguito la storia, da tutti quelli  che l'hanno messa tra i preferiti a tutti quelli che l'hanno solo letta. 
Per me è stata una grande gioia e un motivo di orgoglio. 
Questa è la seconda fan fiction che concludo e quindi mi sento un po' male, perchè con ogni storia che si conclude va via una parte di noi scrittori, ma era arrivato il momento di congedarla, se mi permettete il termine. 
Ok, questo momento è stato decisamente melenso quindi ci do un taglio.
Siete stati tutti fantastici <3  
Sapete oramai che questa è la mia pagina facebook:

https://www.facebook.com/pages/Black-Mariah-Efp/105133312907556
E
 se percaso vi mancassi xD vi consiglio le altre due storie che ultimamente ho iniziato a scrivere:
The right side of the bed e Ten things I hate about you.
Alla prossima 
<3

   
 
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