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Autore: HarryJo    29/04/2012    6 recensioni
C’era una volta e adesso non c’è più una ragazza innamorata che viveva nel suo castello di felicità fantasticando tutto il tempo sulle giornate trascorse accanto al suo bel principe. [...]
La principessa si chiamava Erica. Aveva i capelli castani e dei bellissimi occhi azzurri, la sua pelle era candida e il suo sorriso risplendeva ovunque.
Il suo bel principe si chiamava Davide. I suoi capelli ricci e biondi e i suoi occhi verdi infondevano fiducia e speranza a tutti, specialmente alla bella principessa. Era un gentiluomo di prim’ordine, pieno di talento per la musica e con un animo buono e sincero.
Teneva la sua Erica per mano e l’accompagnava a vedere le rose del suo giardino, stringendola a sé e promettendole di non lasciarla mai. Quando la baciava le ricordava che l’amava e che niente avrebbe mai potuto dividerli. Davide sconfiggeva tutti i possibili mostri del regno per difendere la sua principessa e la portava con il suo cavallo alato sopra alle nuvole per volare, danzare, sognare.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Erica & Davide, it's a never ending story.'
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C'era una volta e adesso non c'è più
(This ain't a love song)

 
 
C’era una volta e adesso non c’è più una ragazza innamorata che viveva nel suo castello di felicità fantasticando tutto il tempo sulle giornate trascorse accanto al suo bel principe…
 
Alt, alt, è meglio che chiarisca una cosa. Sapete qual è la cosa più brutta delle favole? Loro iniziano dicendo: “C’era una volta…”, sottintendendo: “… e adesso non c’è più.” Le favole esistono e tutte noi le viviamo, inevitabilmente: il nostro errore è pensare che sia un momento felice, quando in realtà la favola è qualcosa che si è perso. Si può aver vissuto una favola ma non la si può vivere, perché la sua ambientazione è sempre passata. Per questo inizio dicendo: “C’era una volta e adesso non c’è più”: chiarisco subito come stanno le cose.
 
… La principessa si chiamava Erica. Aveva i capelli castani e dei bellissimi occhi azzurri, la sua pelle era candida e il suo sorriso risplendeva ovunque.
Il suo bel principe si chiamava Davide. I suoi capelli ricci e biondi e i suoi occhi verdi infondevano fiducia e speranza a tutti, specialmente alla bella principessa. Era un gentiluomo di prim’ordine, pieno di talento per la musica e con un animo buono e sincero.
Teneva la sua Erica per mano e l’accompagnava a vedere le rose del suo giardino, stringendola a sé e promettendole di non lasciarla mai. Quando la baciava le ricordava che l’amava e che niente avrebbe mai potuto dividerli. Davide sconfiggeva tutti i possibili mostri del regno per difendere la sua principessa e la portava con il suo cavallo alato sopra alle nuvole per volare, danzare, sognare.
 
Forse avrei dovuto capirlo. Avrei dovuto accorgermi della fine dell’estate nei petali appassiti delle rose. Avrei dovuto scorgere la parola addio nella tua buonanotte. Forse avrei potuto difendermi, avrei potuto preparare un materasso che mi accogliesse una volta scaraventata a terra. Non è buffo che non si impari mai a cadere?1
 
C’è adesso e non c’era una volta una principessa con i vestiti strappati. I suoi abiti suntuosi vedono giorno per giorno sbiadire il loro colore. I suoi occhi rispecchiano un grigio sempre più spento e il suo sorriso è un adesivo ritagliato dai più vecchi giornalini per teenager. È passato molto tempo dall’ultimo giorno in cui ha visto una rosa.
Il principe è diventato spavaldo e superbo. Dopo aver ammaliato con rose e promesse la giovane principessa, l’ha lasciata nella carrozza senza farla entrare nel suo castello, dove intanto lui beve, organizza banchetti, pranzi luculliani e si intrattiene con giovani ragazze di corte.
 
E ho pianto e ho pianto e ci sono state notti in cui sono morta per te. Ho provato e riprovato a negare che il tuo amore mi avesse resa pazza.2
Ho deciso di raccogliere la mia vita, di provare a lottare e non esserti più succube. Sentivo le mie forze scivolare via, eppure continuavo a darmi forza e coraggio. Saresti ritornato, ti saresti ricordato di me, delle nostre rose, delle nostre nuvole. Dovevo solo aver pazienza e tanta dignità da farti calpestare.
 
C’era una volta e adesso non c’è più una principessa ad una festa in maschera, che ballava in mezzo a pagliacci con sorrisi finti. Il suo volto era coperto da una sincera spensieratezza, da voglia di vivere, da gioia. Guardò il suo principe in mezzo alle persone e gli rivolse un timido sorriso, che esprimeva gioia, amore, fiducia.
Lui la vide e la raggiunse in velocità, le prese la mano e le chiese con voce suadente di ballare con lui. Sentì il cuore mancare un battito quando lei con un cenno assenso accettò la sua proposta, e mentre la musica risuonava intorno a loro si ritrovò a prometterle che avrebbero ballato insieme per tutta la vita.

 
Una parte di me ne è ancora convinta, sai? Pensavo che avremmo resistito alla prova del tempo, come se avessimo compiuto un crimine perfetto. Ma io e te eravamo solo una leggenda nella mia testa, penso proprio di esser stata cieca.3
Credo sia anche per questo che ora sono diventata pazza. Non ho mai temuto nemmeno per un secondo che tra di noi ci sarebbe stata la parola fine, non ci stava, non suonava bene. Per noi secondo me potevano esistere solo tanti e tanti, infiniti, inizi.
 
C’è adesso e non c’era una volta un ballo solitario in quella piazza del centro. Ogni tanto si scorge una ragazza da sola che danza lentamente, quasi aspettando. Si guarda intorno alla ricerca di due paia di occhi verdi – non sa nemmeno se li abbia solo sognati o se veramente li abbia mai visti – e nei suoi gesti lenti puoi individuare una leggera malinconia che si vela con una speranza che rimane sempre disillusa.
Non riesci a vedere quel suo bel principe. Probabilmente ora è ad una festa in un altro paese, o si ritrova a casa a onorare della sua presenza qualche altra bella donna, ormai dimentico di quel ballo. Non saprà mai che c’è chi lo aspetta tutte le sere con in mano una promessa mancata e un po’ di cuore.
 
A volte penso che non ci siano mai state per davvero tutte quelle lacrime. Che la principessa, che io non abbia mai aspettato per davvero i tuoi occhi, che non abbia mai ballato da sola in piazza e che il principe, che tu non sia mai sparito dai miei occhi.
A volte penso che in realtà noi siamo ancora insieme, sparsi in una dimensione alternativa, incastrati tra le pieghe del tempo passato e incapaci di arrivare fino al presente. Sono in questi giorni che non posso fare a meno di pensare di non aver vissuto una favola, anche se la mia mente è pienamente consapevole del contrario.
Se dovessi elencare tutte le cose che c’erano una volta e adesso non ci sono più credo che non finirei mai. Ricordo i sospiri, gli abbracci, i baci, le carezze nascoste e un po’ proibite, i sogni nel cassetto e gli scheletri nell’armadio. L’amore, sepolto sotto strati di timidezza e gesti, e anche il futuro che avevamo tanto desiderato. Le promesse. I ricordi.
Se dovessi elencare tutte le cose che ci sono e non c’erano una volta allora penso che non inizierei nemmeno. Dovrei raccontare di bugie, menzogne, rimpianti, rimorsi, lacrime, sangue, dolore e tradimenti. Non inizierei ad elencarle perché non mi sentirei più una principessa, non resisterei, vorrei urlare, scappare, scalpitare, fremere, piangere, morire.
 
C’era una volta e c’è ancora adesso una storia che non è una favola. Perché le favole sono solo al passato, questa è stata, è e sempre sarà. È la storia di una ragazza, Erica, che sogna il suo migliore amico, Davide.
Lui l’ha amata, un tempo, ma non se lo ricorda più. Le ha voluto bene come ad una sorella, come ad una madre, ad un’amica e come ad un’amante. L’ha desiderata, l’ha spogliata delle sue insicurezze e l’ha scaldata col proprio corpo.
Lei lo ha amato, un tempo, e se lo ricorda ancora. Gli ha voluto bene come ad un fratello, come ad un padre, ad un amico e come ad un amante. L’ha desiderato, l’ha spogliato delle sue insicurezze e l’ha scaldato col proprio corpo.
Lui non l’ama più, ora, e non se n’è nemmeno accorto. La ignora, la lascia in un angolo lontano dalla sua vita, la rinchiude in un cassetto e non la degna di uno sguardo. Ogni tanto si ricorda di lei, allora la ritira fuori, la usa per riversarle i suoi pensieri e poi la rimette dov’era, noncurante dei suoi sentimenti.
Lei lo ama ancora, ora, e non riesce a disfarsene. Lo cerca, lo pone al centro della sua esistenza, lo mette in un vaso di cristallo e lo rimira come fosse un quadro prezioso. È al centro dei suoi pensieri in ogni secondo, ascolta le sue pene ed accetta i suoi sbalzi d’umore, aspettando con pazienza i rarissimi momenti in cui lui si ricorda di lei.
Vorrebbe smettere di pensarlo, la povera Erica. Eppure ci sono cose che non si possono controllare, ci sono Davide che non si possono non amare, ci sono ricordi che non si possono debellare. Nemmeno quando il sangue ricopre il tuo corpo, ormai distrutto dalle ferite subite. Perché, è strano, eppure i cuori spezzati battono ancora.4

Canto queste parole, le scrivo, le compongo, per raccontare del mio amore, ancora una volta. Perché spero che ti giungano, che la mia favola finisca, perché una canzone come questa giunga alle tue orecchie e ti faccia capire quello che ci sta succedendo, quello che tu stai facendo accadere a me, senza accorgerti. Perché spero ancora che sotto a quegli strati di ipocrisia, di ingenuità, di cattiveria e di superiorità ci sia ancora quel principe che tanto ho amato.
Ma se il dolore che sento così forte è la ragione per cui sto tenendo duro, allora mi sbaglio: questa non è una canzone d'amore.5
… o forse sì.6

 
 



Note:
1) Riadattamento dei versi di “This ain’t a love song” dei Bon Jovi: « Should have seen it coming when the roses died, should have seen the end of summer in your eyes, I should have listened when you said “good night” you really meant “goodbye”. Baby ain't it funny how you never ever learn to fall? »
2) Traduzione dei versi di “This ain’t a love song” dei Bon Jovi: « I cried and cried, there were nights that I died for you baby. I tried and I tried to deny, your love drove me crazy, baby ».
3) Riadattamento dei versi di “This ain’t a love song” dei Bon Jovi: « Baby I thought you and me would stand the test of time like we got away with the perfect crime, but we were just a legend in my mind, I guess that I was blind ».
4) Riadattamento di una frase tratta dal libro “Green” di Kerstin Gier: « Era davvero strano che un cuore spezzato fosse ancora in grado di battere ».
5) Traduzione dei versi del secondo ritornello di “This ain’t a love song” dei Bon Jovi: « If the pain that I’m feeling so strong is the reason I'm holding on, I’m wrong, yeah, I’m wrong: this ain’t a love song ».
6) Conclusione personale, perché sì, alla fine tutto questo è una canzone d’amore, è inutile raccontarsi ancora balle.



{ Spazio HarryJo.
Ciao a tutti! Eccomi tornata con una storia sulla mia (in tutti i sensi) serie. Come avrete potuto notare, l'intera One-Shot è stata creata anche con l'aiuto di una canzone meravigliosa, che consiglio a tutti: This ain't a love song dei Bon Jovi. 

E' diversa dal solito, ho provato a scrivere una cosa "nuova", spero che sia di vostro gradimento. 
A me è piaciuto scriverla. Ho cercato di inserirci più sentimenti possibili, in questi giorni in cui... beh, ogni sentimento sembra sbagliato. Penso anche io che siano sbagliate certe emozioni quando ormai le persone sono cambiate e pensano solo a se stesse.
Comunque, lasciando perdere questo, fatemi sapere che cosa ne pensate se volete,
Un bacio a tutti e a presto,

La principessa Erica.
   
 
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