Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: _Misery    30/04/2012    2 recensioni
«Sette diavoli intorno a me» disse, tirando giù il cappuccio del mantello vespertino, e i suoi capelli furono un bagliore alla luna che sorgeva. «Che serataccia.»
Al primo quarto di luna, in un tempo incerto e un mondo magico in cui non esistono ancora il Bene e il Male ma solo un’umanità confusa e riti senza nome, Harry James Potter riceve finalmente il suo battesimo di sangue mentre i lupi cantano.
«… Un vero lupo non ha bisogno della luna piena, per attaccare.»
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fenrir Greyback, Harry Potter, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Goodnight, Travel Well'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A body in the garden
 




Non v’era luce, nell’ultima notte di novembre: la giovane Gwenae Spelling l’attraversava svelta, strisciando, col tepore bugiardo del gelo sulle spalle e gli stivali che parevano fondersi alla terra nera.
«Sette diavoli intorno a me» disse, tirando giù il cappuccio del mantello vespertino, e i suoi capelli furono un bagliore alla luna che sorgeva. «Che serataccia.»
La strada s’inerpicò repentina su quel fianco della collina che a mezzogiorno esalava erbe giallastre, e i soliti cento alberi dalla chioma languida l’accompagnarono a casa, inghiottendo le ultime lanterne nella tenebra; Gwenae salutò i tabernacoli dimenticati dal cielo, oramai nidi per il bosco, e si chiuse la porta della stamberga alle spalle prima che lo facesse il vento. Quando la vecchia stanza da letto l’accolse nella sua polvere, la ragazza tossì un paio di volte, gettò le vesti sul pavimento e si distese tra le ombre che danzavano tra le assi del soffitto, sulle pareti, fino al suo letto.
Il sonno la prese che aveva ancora addosso l’odore dei roghi in onore del primo quarto di luna, il gorgoglio dei canti sacri nelle orecchie e davanti agli occhi il sangue dei sacrifici; un lupo ululò lontano.
 
Volpi, salamandre e unicorni continuavano a gridare nel nero delle viscere spezzate, sotto decine di lune rosse e distorte. Gwenae aprì gli occhi di scatto.
 
La tramontana doveva essersi rialzata da tempo, perché la casa parve risvegliarsi tutta in una miriade di scricchiolii; Gwenae attese che le ombre si dissolvessero negli angoli della stanza, e si mise seduta sul letto senza un rumore. Un soffio fece fremere le imposte delle finestre: quante volte, da bambina, aveva sognato che strane creature la scrutassero da quelle fessure, alitando sul suo collo nudo? Quante volte aveva creduto di scorgerne le zanne, le labbra scarlatte, il bianco lucente degli occhi smaniosi? Ma le cerimonie in cui danzava, circondata da piume di corvo e sacerdoti ciechi, le avevano insegnato a non avere più paura – finché i falò non morivano e le voci languivano, almeno.
Fu così che, quando il portone si spalancò rombando al piano di sotto, Gwenae scattò in piedi e represse i brividi – di freddo, lo sperava – con un singhiozzo. Si allontanò dalla finestra che sospirava ancora, afferrò il pugnale del sacrificio nel buio e tornò alle scale stringendosi nella camicia da notte; d’improvviso la stamberga non rispose più ai suoi piedi, il mondo si fece silenzioso, e Gwenae pensò che fosse orribile.
Era un posto in cui nessuno aveva nessuno, e forse per questo esistevano tanti proseliti.
«Sette diavoli nella mia casa» disse.
 
Una volta, tempo prima, Cahe Morrigan si era presentato alla sua porta nella notte che gli tingeva i capelli di pece. Con lui era giunto anche il grasso Maestro che aveva il compito d’istruirlo – Cahe Morrigan era destinato a comandare i sacerdoti della loro cerchia, e sue sarebbero state le vittime più pregiate e la lama che ne avrebbe bevuto il sangue – e Gwenae li aveva fatti entrare, mentre il laido vecchio blaterava di nuovo qualcosa a proposito di lupi e della storia della stamberga in cui lei aveva trovato rifugio.
«Ti porto un messaggio da parte delle anziane» aveva detto il giovane Morrigan, chinando il capo per entrare nel salotto (o per osservarla meglio), e «niente luce, noi cresciamo all’ombra, lo sai» aveva aggiunto, quando Gwenae aveva cercato di accendere una candela; lei aveva assentito e distolto gli occhi, sapendo che, nonostante il suo orgoglio, Cahe viveva nell’oscurità per nascondere – e nascondersi – la cicatrice che gli aveva mangiato l’occhio destro.
Poi, mentre ancora il Maestro borbottava nel corridoio, lui le aveva stretto le mani con un fremito nel consegnarle la missiva, e per un attimo lei s’era sentita enormemente, disperatamente piccola.
Sperava che fosse lui anche stavolta, perché nemmeno il vento porta buone notizie.
 
«Sei pronto, ragazzo? Le prede fuggono in fretta.»
«Certo che lo sono, diamoci una mossa.»
«Perfetto! Perché un vero lupo non ha bisogno della luna piena, per attaccare.»
 
La soglia era vuota, i cardini gemevano piano. Gwenae si affacciò e spinse un piede nella polvere gelida, ma persino il vento cessò di soffiare; le sembrò quasi di poter udire l’alto cicalare delle stelle, il sospiro delle terre sotto le sue caviglie… ed era come quando danzava, di nuovo: qualcosa l’osservava, qualcosa attendeva.
Gwenae strinse il pugnale contro il fianco candido, il cuore come impazzito che scioglieva l’ultimo torpore, e avanzò nel cortile. Tutto era immoto sotto il sorriso lunare.
Il cieco potrà forse essere sacerdote, l’idiota mai.
Gwenae si pentì presto di aver ascoltato le sue fantasie, ma non riuscì a voltarsi: quel che all’inizio le parve un cumulo di carne in putrefazione si gettò alle sue spalle, e una mano ruvida l’afferrò per la gola ancor prima che potesse gridare. Era stato un lampo senza rumore, e adesso una bocca nera e fetida s’era aperta accanto alla sua guancia, lenta, inesorabile.
«Buonasera, bambina.» Gwenae strinse le palpebre per non rabbrividire, quando quella voce estranea le alitò addosso, raschiandole la pelle. «È tutta la notte che ti seguiamo, finalmente abbiamo il piacere d’incontrarci.»
Gwenae alzò una mano a sfiorare quella pungente dell’uomo, mentre l’altra si stringeva attorno al pugnale tanto forte da farle male. «Chi se… siete? Chi siete?» singhiozzò, senza fiato.
Per tutta risposta, l’uomo la fece voltare con veemenza, sempre tenendola stretta per la gola. Gwenae seppe di non aver provato tanto terrore, né di essersi mai sentita sola come allora, ma fu quel che vide a farle tremare le ginocchia: un’enorme ombra cinerea la fissava maligna, assetata, le pupille brillanti di lune passate e il brutto volto quasi completamente ricoperto di peli.
«Credo sia evidente, cosa ne dici?» la creatura emersa dall’ombra sghignazzò aspramente, ma i suoi occhi rimasero spalancati. «Mi sorprende che una ragazzina che partecipa a quei rumorosi riti da Mezzosangue non lo sappia. Piuttosto» aggiunse, avvicinandosi, e la sua voce non era che un soffio corrotto «credevo avessi i capelli rossi e invece sei così brunetta, che peccato… temo che al mio ragazzo non piacerà molto, ma l’importante è che la carne sia dolce, in fondo.»
«La carne… sia… dolce…» Gwenae avrebbe voluto chiedere perché, che cosa stavano per farle, ma capì che non serviva; percepì chiaramente il cuore sprofondarle, tentare di ribellarsi, pompare sangue fino a mozzarle il respiro ancora di più. «Lupi… lupi man…»
«Ben detto!» Il ghigno dell’uomo si allargò di colpo. «Harry! Potter, esci fuori» chiamò, stringendo la presa; Gwenae dovette lottare contro se stessa per non perdere quella sulla lama, quando la seconda creatura si fece avanti dalla boscaglia a pugni stretti.
«Non c’è bisogno che urli, Greyback, non sono sordo e neppure cieco» replicò l’altro, e gli fu accanto con un mezzo sorriso nervoso; era molto più giovane del compagno, molto più bianco e umano, ma i suoi occhi verdi rifulgevano di furia repressa come oro sporco.
 
L’idiota mai.
 
Non avrebbe dovuto farlo, Gwenae lo sapeva, non adesso che erano in due; le sacerdotesse s’inchinavano al fato con dignità, eppure lei estrasse il pugnale dai veli della camicia da notte e colpì il lupo al ventre – disperatamente, una, due, tre volte, finché lui non gridò di rabbia e il ragazzo non la prese per le braccia.
«Basta così, ragazzina» sibilò sui suoi capelli. «Non è certo il suo sangue puzzolente quello che mi serve.»
Gwenae reclinò la testa verso la notte, mentre il mannaro ringhiava qualcosa d’incomprensibile.
 
«Sei pronto, ragazzo? Le prede fuggono in fretta.»
«Certo che lo sono, diamoci una mossa.»
 
La sua lama brillava a quelle che le parvero miglia e miglia di distanza, sorella mondana della luna; Gwenae la guardava con occhi lontani, velati dal caldo brillio delle lacrime. S’era piegata, spezzata al destino, alla fine – con quanta dignità non avrebbe saputo dirlo, non adesso che il respiro idrofobo del mostro le riempiva la bocca e le mani pure di Cahe Morrigan sembravano non essere mai esistite, sotto quella voragine schiumosa.
«Basta» ebbe la forza di dire; un sussurro, senza pregare.
«Basta, dici, infida bambina» ansimò il lupo, stavolta spingendo le ginocchia contro la terra; le sue dita sudice artigliarono il mento della ragazza e la fecero voltare di scatto con un crepitio ripugnante.
Una spalla si contrasse senza motivo, le pupille tornarono al cielo senza luce, i brividi si spensero.
«Ops, peccato» latrò Greyback, rialzandosi pigramente. «Forse sono stato un po’ troppo violento, saresti stata un esemplare carino, anche se fastidioso. In ogni caso… ragazzo, vieni a prendere la parte che ti spetta; io la mia l’ho già avuta.»
«Hai esagerato, Fenrir» ribatté il mannaro più giovane. «L’hai sporcata.»
«Ah, se lo meritava. Adesso smettila di fare lo smorfioso e sbrigati.»
Harry Potter si chinò accanto alla preda già fredda, pose una mano sul ventre offeso e affondò i denti nella gola, giù, quasi fino ai resti della sua anima; il sangue si riversò sull’erba morente come vermi, di nuovo. Fenrir Greyback l’osservò con un vago sorriso di soddisfazione, le dita contratte sulla ferita, mentre in quel sangue Harry immergeva le mani e il volto e rinasceva, entrava nell’ombra affamata.
«Bravo, ragazzo mio.» Il lupo prese Harry per un gomito, lo alzò, bevve il sangue dalle sue labbra. 
 
«… Perché un vero lupo non ha bisogno della luna piena, per attaccare.»
 
Le vesti abbandonate nella stamberga spasimarono alla brezza crepuscolare, la stessa che carezzava timida le gambe insanguinate della loro padrona.
Tutto era immoto sotto il sorriso lunare.













~ Innanzitutto, se siete arrivati a leggere fin qui, vi meritate un premio XD
Pfui, credevo di stare per abbandonare questo fandom (per la gioia di tutti XD)! E invece in un giorno e mezzo, totalmente presa da un'ispirazione un po' bislacca, ho buttato giù... questa cosa.
Beh, Harry è sicuramente un po'... parecchio... OOC, anche se compare pochissimo alla fine, ma dev'essere anche perché l'ho ignorato talmente tanto - pur essendo il protagonista *tossicchia* - che non sono mai riuscita a farmi un'idea precisa sul suo carattere. A parte che fondamentalmente non lo sopporto ò_ò
Pure su Greyback non assicuro nulla, per adesso è ancora un esperimentucolo... infatti compaiono alla fine... si nota che ho il brutto vizio di ficcare in tutto un mio personaggio, pur scialbo? Eppure con le storie totalmente originali non mi trovo un granché bene, ho sempre bisogno di un qualche appoggio ^^" solo che avevo letto che la cara Erodiade si stava appassionando alle Fenrir/Harry, se non sbaglio, e mi ha fatto venire quest'idea in mente (quando sarò in grado di scrivere una ff decente te la dedicherò, Ero, promesso ç_ç e magari con più slash, sìsì!).
E niente, mi sa che ho ignobilmente citato parecchie canzoni dei Florence + the Machine (Seven Devils, Blinding - da cui il titolo, Spectrum, Howl... sarà che davano l'atmosfera perfetta) e l'ambientazione non so proprio dove l'abbia tirata fuori, sappiate solo che (credo) si tratta di un tempo moooolto ancestrale, che Voldemort probabilmente non esiste (mi scuso per questo ç_ç) come non esiste Silente, insomma, è tutto un po' un casino; però mi piaceva l'idea di usare la vecchia Stamberga Strillante, seppur negli avvertimenti ci sia AU (perché ho rivoltato un po' tutto, ecco).
Che note del cavolo? Bene, io vi saluto e torno a buttarmi sul Trono di Spade perché ho un'ingente cotta per Sandor Clegane, ehm ehm :D

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _Misery