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Autore: Giuacchina    30/04/2012    0 recensioni
"But Angie, Angie, you can't say we never tried."
Il nostro strano legame nacque talmente in malo modo che sentirsi dire quelle parole mi faceva pensare che dopotutto ero io quella strana e non quel tizio che mi faceva stare sempre bene.
Si, ero decisamente io quella che non credeva che potesse succedere tutto quel gran casino.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il suono della batteria nella stanza davanti a me rendeva l'aria alquanto ansiosa. O forse ero io quella ansiosa. Mi sarei sentita male se da quella porta fosse uscita la tizia super tinta che prima mi aveva accompagnata e, con fare poco gentile, mi aveva chiesto di accomodarmi su quella scomoda sedia ed aspettare, per dirmi che non sarei servita a niente lì, che mi avevano già rimpiazzata con uno dei tizi che era entrato prima di me. Non l'avrei accettato, ma mi sarei scaraventata contro di lei per mostrarle il mio affetto dedicandole un assolo di batteria sulla sua testa. No, meglio di no. Le mie bacchette avrebbero potuto rompersi su quella testa tinta e per lo più rifatta.
Tic-toc, tic-toc. Stupido orologio, smetti di far rumore sulla mia testa.
Ora una chitarra sovrastava il clima, divenuto sempre peggiore col passare del tempo.
Qualche accordo fatto male, un urlo da parte di una donna che diceva che le sue orecchie stavano scoppiando.
E poi silenzio. Mi si bloccò il cuore. Forse si erano stancati dei tizi lì dentro?
Sentii a mala pena sussurrare il nome di qualcuno, che prontamente rispose con un “Sono pronto”.
Brutto segno. Questo tizio sembrava sicuro di se, accidenti a lui! Se avessero scelto lui al posto mio, Dio solo sa che cosa avrei combinato.
Ancora un attimo di silenzio. Le bacchette che stringevo tra le mani a momenti non si spezzavano.
E poi il canto… melodioso? Fantastico? Meraviglioso? No, niente di questo. Era solo una voce ben intonata che cantava qualcosa che a me era abbastanza famigliare. Ma niente di più. Non poteva essere meglio di me. Provai ad ascoltare un po’ quella canzone. Mi sembrava che fosse qualcosa che avevo ascoltato, qualcosa che a me piaceva, oltretutto.
“She comes in colors everywhere, she combs her hair…”
…she’s like a rainbow, continuai mentalmente. Era una delle canzoni più belle che possano esistere sulla faccia della terra! Insomma, i miei Rolling Stones con la loro “She’s like a rainbow”. Quel tizio doveva essere in gamba. no, aspettate! Che sto pensando? Dovrebbe essere un nemico per me. È troppo bravo, cavolo.
Batto una mano sulla fronte cercando di riprendermi da quei pensieri che per me erano già troppo. Ero stressata, qualcuno cercava di rifilarmi il posto e quel qualcuno aveva anche la mia stima. Ahimè, non poteva andarmi peggio.
Un minuto, due minuti. La canzone finì, mentre nel frattempo – ovviamente – cantai a bassa voce anch’io.
Silenzio. E che diamine, la vogliamo smettere con questi attimi di silenzio? Mi ricordavano tanto i momenti in cui al liceo qualche prof aveva intenzione di interrogare. Ecco, c’era la stessa agitazione. La maniglia della porta si mosse.
Fa che mi chiamino, fa che mi chiamino, fa che mi chiamino. Preghiera esaudita. La tizia tutta finta urlò con una voce gracchiante “Il prossimooo!” Trucidatela, fu il mio pensiero.

Tre persone sedute dietro ad un tavolo nero. Tanti fogli davanti a loro – tra quelli doveva esserci anche il mio con tutte le mie informazioni – e sguardi di altra gente dietro le spalle. I ragazzi che arrivarono prima di me si erano sistemati dietro di me, credo che stessero gufando contro di me così come avevo fatto io in precedenza. Eh no, miei cari! Vincerò io, non c’è bisogno che sprechiate il vostro fiato inutilmente.
“Bene, Angie. Suoni la batteria?” disse un simpatico ometto con degli occhiali rotondi indicando le bacchette che stringevo tra le mani.
“No, in realtà sono solo il mio portafortuna” sorrisi “Io canto.”
“Bene, facci sentire” la donna bionica rispose irritata.
Sospirai. Avrebbero sentito un’altra canzone dei Rolling Stones, si sarebbero stancati? Non era la stessa, ma avrebbero potuto esser stufi delle stesse note. Beh, dopotutto io ero migliore del tizio che aveva cantato prima di me, ne ero certa.
Presi tutto il coraggio che avevo e iniziai ad intonare “Streets of love”.
Il microfono in una mano, le bacchette nell’altra. Mi sentivo una star, sapete? Di solito davanti allo specchio mi sentivo una nullità, una sfigata. Quelle dieci persone intorno a me, però, mi facevano sentire importante, ascoltata finalmente. Non avevo mai provato la sensazione di esser fissata e magari anche stimata, perché no. Però avevo avuto un caratteraccio e non ero mai nemmeno riuscita ad avere un discorso più lungo di cinque minuti con una qualsiasi persona sulla faccia della terra.
Mentre recitavo il ritornello, qualcuno dietro di me canticchiò alzando un po’ troppo la voce.
Cercando di fare la disinvolta, trovandomi in piedi, mi voltai per linciare con lo sguardo chiunque avesse osato sovrastare la mia meravigliosa voce. Sorrisi ai giudici, poi verso quei ragazzi che si trovavano dietro di me inquadrai un tipo riccio verso gli ultimi posti, che al buio non si vedeva nemmeno granché. Quell’essere stava cantando con un sorriso sfacciato sul viso. Lo fulminai con lo sguardo, senza dimenticare di continuare a intonare la canzone.
I giudici mi sorridevano, nonostante la biondona mi stesse squadrando. Sembrava anche che il terzo giudice fosse rimasto a bocca aperta, non appena finii di cantare.
“Grande” sentenziò il giudice simpatico.
“SENSAZIONALE!” ora toccò al terzo giudice, quello che non poteva credere alle sue orecchie. “Uhm” la donna bionica sentenziò.
Un applauso, e dico un solo applauso, partì dal “pubblico” dietro di me. Il tizio che aveva cantato irritandomi. E continuava a sorridere! Me l’avrebbe pagata se non fossi riuscita a passare le selezioni. I giudici ci fecero uscire tutti nella sala d’aspetto in cui mi trovavo poco prima. Le urla disperate dei ragazzi che non avevano ottenuti buoni risultati mi davano ai nervi. Mi avvicinai alla macchinetta del caffè per poterne prendere un po’. Avevo i nervi a fior di pelle.
Bevvi un sorso di caffè, amarissimo, e chiusi gli occhi.
“Niente male” una voce dietro di me mi distrasse dal mio momento di relax.
“Che vu-” mi bloccai. Era il tizio che aveva osato cantare con me!
Lo guardai torvo e mi voltai verso la finestra al mio fianco.
“Non è un bel panorama. Beh, a meno che non ami i muri in cemento”
Lo evitai un’altra volta. Lui, nel frattempo, picchiettava sulla finestra.
“Angie?”
“Come diamine fai a sapere il mio nome?!” sbottai irritata. Avevo persino posizionato le bacchette in segno di attacco.
“Prima Rob ha detto il tuo nome.” Rob? Chi diamine era… ah, il giudice.
“Già. Ora lasciami in pace.”
“Come mai così di mal umore?”
Lo guardai negli occhi. Cavolo, in mezzo a quella catasta di capelli riccissimi c’erano due smeraldi accesi. Rimasi imbambolata qualche secondo, poi ripresi in mano la situazione e gli puntai le bacchette al collo.
“Prova a soffiarmi il posto e non sarò più io quella con il malumore”
Acchiappò le bacchette in modo da poterle togliere dal suo collo e si avvicinò un po’ di più a me. “Lo stesso vale per me, baby. Anzi, io non voglio farti stare col malumore! Sono sicuro che se sorridi sei più bella”
Mi colse alla sprovvista, ma trovai subito una risposta prontissima.
“PRIMO: lascia stare le mie bacchette, non voglio che si infettino coi tuoi germi.” Mi calmai un po’ fissandolo ancora negli occhi “Secondo: non sei per niente coerente.”
Uno sguardo interrogativo da parte di lui.
“Non vuoi che venga presa al posto tuo e poi mi dici che vuoi vedermi sorridere. Questa tua teoria non ha senso.”
“Invece si, cara: se vengo scelto io e non tu, sarai costretta ad uscire con me, così da farti sorridere. Sai sono bravo con le donne” mi porse uno sguardo malizioso che smise subito di fare quando gli puntai addosso le bacchette “Se, invece succede il contrario ti lascerò in pace. Ci stai?”
“Non mi pare di aver parlato di scommesse o altro”
“Allora ci stai?” domando impaziente evitando la mia affermazione.
Annuii, sapendo che avrei vinto io sicuramente.
La bionda ci richiamò tutti in sala. Strinsi le mie bacchette, allontanandomi da quello strano tipo, che prontamente si avvicinò ancora a me.
“Comunque io sono Harry, non voglio che tu esca con me senza sapere nemmeno come mi chiamo!” Che presuntuoso, pensava davvero che sarebbe stato preso!



Corner
Bene bene bene! È la mia prima fan fiction. Spero vi piaccia, spero che la nostra Angie non vi dispiaccia! (scusate per il brutto gioco di parole ahah) Ho provato a raccontare di una ragazza… rock? Non lo so, avrei tanto voluto creare la storia con una ragazza alternativa, diversa dalle solite ragazze “oh come sono bella e blablabla”
Ci sarò riuscita? Un grazie, comunque, a chiunque leggerà :D

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