Anime & Manga > Hellsing
Ricorda la storia  |      
Autore: Nezu    01/05/2012    4 recensioni
[Alucard/Walter] Durante un meeting di vari rappresentanti religiosi Alucard incontra un uomo che aveva conosciuto in una missione decenni prima; da quest'incontro il vampiro e Walter rivangano vecchi ricordi che non hanno mai condiviso con nessuno, ricordi che riguardano unicamente loro due e la loro assurda relazione, vissuta tra proposte e rimpianti.
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alucard, Un po' tutti, Walter C. Dorneaz
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Avvertimenti: yaoi, spoiler (Walter), gore, language (accenno)
Note: questa storia ha preso parte all'edizione 2011 del Big Bang Italia.
Gifter: [info]xshade_shinra
Link al gift: Qui <3

It was a lie

 

Integra Hellsing era perfettamente consapevole che lei, la sua famiglia e l'Organizzazione erano semplicemente degli strumenti nelle mani della Famiglia Reale, ed in particolar modo della Regina.

Era a Sua Maestà che doveva rispondere se falliva una missione, se prendeva una decisione avventata o se Alucard, com'era più volte successo quando gli aveva lasciato carta bianca, non rispettava le regole alla base del loro Ordine - colpire dritto al cuore il nemico e salvare i civili senza che questi o nessun'altro vengano a sapere dell'esistenza stessa dell'Hellsing.

Sir Integra sapeva anche che, qualsiasi fosse il volere della Regina, lei avrebbe dovuto ubbidire senza esitare, anche se fosse stata costretta a puntare la spada contro le persone a lei più care (a parte il fatto che, in quel momento, chi più le stava a cuore avrebbe potuto piegare la sua lama con un dito e ad occhi chiusi, per cui l'ipotesi di attaccarlo era da bollare come tentativo suicida).

Tuttavia Sua Maestà le aveva finora lasciato la più assoluta libertà: ogni piano andava bene, l’esuberanza di Alucard veniva per lo più ignorata, chi scopriva qualcosa era zittito in diversi modi, a seconda di quanto rapidamente fosse disposto a dimenticare quel che aveva visto.

Era l’ordinaria amministrazione e ormai Hellsing, a livello inconscio, si riteneva libera di fare quel che doveva fare, senza imposizioni di alcun genere.

Per cui era normale che, quando la Regina le aveva annunciato in maniera quasi casuale un incontro pacifico con il Vaticano, Integra non si fosse allarmata più di tanto: non era affar suo, lei si limitava a lavorare come aveva sempre fatto e basta, i suoi compiti si fermavano lì.

Peccato che i piani alti la pensassero diversamente.

Sbuffò seccata, le braccia conserte e le gambe accavallate mentre con aria truce fissava insistentemente un punto fisso del finestrino dell’aereo.

Quando le avevano parlato di rappresentanza non aveva di certo pensato a questo.

< Allora, miss Hellsing, vogliamo rompere il ghiaccio e conversare amabilmente fintantoché non giungeremo a destinazione?>

Chi non la conosceva bene avrebbe creduto che la donna avesse ignorato completamente la domanda, ma la leggera tensione dei muscoli del collo faceva capire che aveva sentito e che, chiaramente, la proposta non le era piaciuta.

< Non sono intenzionata ad intavolare una conversazione priva di significato con un uomo con cui non ho nulla da spartire, signor Maxwell.>

No, di certo non aveva pensato a questo quando le avevano parlato di rappresentanza.

La sensazione del suo sorrisetto impudente la fece voltare verso il suo avversario, sempre più irritata ogni istante che passava.

Condividere quel volo per atterrare sul luogo dell’incontro era una mossa pubblicitaria, più che altro, sbandierava ai quattro venti che cattolici e protestanti andavano d’amore e d’accordo perché cristiani.

Il Papa e la Regina avevano ritenuto che, dovendo trovarsi faccia a faccia con i rappresentanti di tutte le religioni riconosciute, era bene mostrarsi uniti. Certo, i cattolici rimanevano una piaga e i protestanti la rappresentazione del male in terra, ma gli islamici, gli animisti e la feccia che frequentava quelle sette era, se possibile, addirittura peggio.

Per cacciare via il nervosismo Integra tirò fuori un sigaro dall’astuccio e se lo mise un bocca senza pensarci due volte.

< Devo farLe notare, miss Integra, che siamo in un aereo. Temo non sia permesso fumare.> commentò subito il cane del Vaticano, gli occhi che scintillavano mentre giocherellava con le dita con la propria coda di cavallo.

Il capo della casata Hellsing fece come se non esistesse e scoccò uno sguardo penetrante ad Heinkell, in piedi accanto al proprio capo.

< Accendi.>

La bionda sbatté le palpebre senza capire il senso di quello che le era stato detto; quando ci arrivò fissò l’altra donna con aria indignata.

“Non sono il suo dannatissimo cagnolino” si ripeté mentalmente senza interrompere il contatto visivo, eppure lentamente la mano scivolò in una delle tasche della tunica e ne tirò fuori l’accendino.

Maxwell non nascose una smorfia di disappunto nel vedere la sua fidata guardia del corpo accendere con dita tremanti il sigaro tra le labbra del suo peggior nemico.

Integra tirò soddisfatta, un sorrisetto di vittoria sulle labbra.

Heinkell ritirò la mano come se si fosse scottata; sentiva il sudore colarle lungo la fronte e giù per il collo per il nervosismo: il capo la stava guardando mentre si faceva sottomettere in quella maniera dalla scrofa protestante.

La odiava: odiava tutto di quella donna, la sua prepotenza, la sua faccia di bronzo, anche i suoi sigari, tutto. E in particolar modo non sopportava di essere messa tanto in soggezione da una come lei, ma per sua sfortuna ogni tentativo di resistere era inutile: non riusciva a dirle di no, qualunque fosse la richiesta.

Strinse i pugni con rabbia, aveva una gran voglia di picchiare quella bastarda, ma le circostanze non lo permettevano assolutamente.

Si morse il labbro inferiore pensando che avrebbe dovuto uccidere qualcuno una volta atterrati per scaricare la tensione… ma probabilmente sarebbe stata in buona compagnia.

Lanciò un’occhiata significativa agli altri occupanti del mezzo privato: accanto a sir Integra sedeva l’anziano maggiordomo, intento a seguire ogni movimento di Heinkell.

La ragazza sbuffò: conosceva perfettamente le disposizioni del suo superiore in caso di rottura delle trattative e conseguente scontro. A lei toccava occuparsi del vecchio, a Yumie della vampira che proprio in quel momento le sedeva davanti e a Padre Anderson…

Deglutì nel notare la sua espressione: omicida era dir poco.

Il ghigno stampato in faccia aveva un che di malato, inquietante, decisamente poco sano, così come la luce nei suoi occhi, più larghi del solito e poco amichevoli. A dirla tutta il suo avversario non era da meno, poteva intravedere le sue iridi scarlatte da sotto la tesa del cappello e da sopra le lenti colorate degli occhiali.

Era un vampiro vero e proprio, non come la feccia a cui la donna era abituata.

E, Buon Dio, di quella differenza se ne sarebbe accorto anche un moccioso.

Mentre osservava la scena incrociò lo sguardo di Yumie e capì che stavano pensando la stessa cosa: “Dio, fa che questo viaggio finisca presto”.

 

Quale luogo migliore per un incontro così scottante e pericoloso della Svizzera? Il Paese neutrale per eccellenza, almeno a livello politico. Per quanto riguarda le religioni le cose non andavano esattamente così, ma Seras aveva capito ormai da tempo che, sotto la facciata di baluardi di difesa della fede, tutte quelle congregazioni, la Hellsing compresa, aveva più che mai un peso ed un’importanza politica.

Era il potere mascherato da Dio, ecco cos’era, ma a lei di quegli intrighi importava ben poco.

Ringraziando il cielo che quell’aereo fosse arrivato a destinazione in piena notte, trotterellò accanto al suo Master senza perdere d’occhio la ragazzina con la spada.

A ciascuno il suo avversario, questo aveva disposto Integra prima della partenza, e lei si sarebbe attenuta fedelmente agli ordini ricevuti (anche perché, ad essere sinceri, non aveva alcuna intenzione di scontrarsi con quel prete pazzo, aveva dei brutti ricordi del loro ultimo incontro e preferiva non aggiungerne altri).

Ad essere sinceri la delegazione cattolica sembrava seriamente intenzionata a portare fino in fondo quella farsa di apparente amicizia tra di loro e questo un poco la confortava: avrebbe preferito di gran lunga non combattere contro di loro, quando manteneva il controllo di sé preferiva evitare l’uso della violenza.

Molto meglio fingere così, di sicuro.

< Master, credete che il piano funzionerà?> mormorò rivolta alla figura maestosa di Alucard che scivolava silenzioso come un’ombra dietro a sir Integra.

Lui non rispose, ma dalla sua faccia sembrava non vedesse l’ora di piantare una pallottola nel cranio del prete solo per sparargliene un’altra non appena si fosse rigenerato.

Di certo come inizio non prometteva esattamente bene.

 

L’incontro sarebbe durato una settimana, sette giorni dedicati interamente ad avvicinare tra loro religioni così diverse e distanti. Alucard ghignò: quanti giorni sarebbero bastati perché esplodesse il putiferio?
Al di là del terribile ed ipocrita intento di sembrare amici quando per anni si erano sgozzati l’uno con l’altro e quando ancora continuavano a farlo, il vampiro si aspettava che, presto o tardi, ma il suo intuito gli diceva molto presto, ci sarebbe stato del lavoro per lui.

Già la presenza di Anderson gliene dava la certezza.

Il trovarsi di fronte quel fanatico non faceva che aumentare la sua sete e più di una volta aveva accolto con insofferenza le occhiate ammonitrici di sir Integra e di Walter.

Tralasciando queste piccolezze, l’unica nota positiva era che gli incontri si sarebbero tenuti la sera e questo gli permetteva di poter vegliare sulla sua padrona senza doversi preoccupare dei raggi solari e di tutti gli inconvenienti che essi portavano con loro. Per la sicurezza di sir Integra durante le ore diurne si era già mobilitato Walter con l’aiuto di Seras, che pur indebolita dal sole sembrava tollerarlo, forse perché vampiro da poco tempo.

Così la sera successiva al loro arrivo si trovarono tutti nella hall dell’albergo in cui pernottavano, Alucard, Seras e sir Integra, in attesa dell’arrivo dei protestanti; a Walter era stato concesso di riposare, il viaggio lo aveva sfinito e non aveva più l’età per correre certi rischi.

Il posacenere sul tavolino davanti a lady Hellsing continuava senza sosta a riempirsi, la sala era invasa dal fumo e probabilmente l’uomo della reception avrebbe voluto farsi avanti per chiedere a quella distinta signora di fumare nell’apposita area, ma bastava un’occhiata al suo volto per capire che in quel momento Integra era tutto tranne che incline ad ascoltare le timide ingiunzioni di un comune mortale.

< Sono davvero in ritardo…> bisbigliò Seras guardandosi attorno, sperando di vederli apparire prima che il suo capo desse in escandescenze.

Era stata un’idea dei cattolici quella di incontrarsi nella hall per arrivare tutti insieme al congresso, l’ennesima ostentazione dell’amicizia che correva tra le varie fazioni di fede cristiana.

Finalmente, quando ormai gli occhi di Integra mandavano fulmini e saette, Maxwell e le sue guardie del corpo si fecero vedere; Seras rabbrividì nel constatare che c’era ancora il prete pazzo.

< Sei in ritardo, Maxwell. Di ben quindici minuti.> commentò la donna con aria acida cercando di incenerire il suo acerrimo nemico lì sul posto.

< Perdonatemi, miss Integra. Le posso assicurare che io e i miei uomini abbiamo fatto di tutto per diminuire il ritardo, ma sono sopraggiunte complicazioni e…>

Non riuscì neanche a finire la frase che la bionda si alzò e gli passò davanti, ignorandolo, diretta verso la porta per poter finalmente andare a quello stramaledetto incontro.

Al cattolico non restò che sospirare e seguirla con tutta la cricca.

 

Seras non era mai stata ad un evento simile, anche perché da quanto aveva capito era la prima volta che veniva organizzato, ma quando le avevano detto che sarebbero state rappresentate tutte le religioni, senza esclusioni, non aveva realizzato quante persone ci sarebbero state.

Ora che se le trovava davanti non poteva che restare a bocca aperta: la sala, la più grande che avesse mai visto, era gremita di uomini corpulenti, dame e guardie del corpo, quasi tutti vestiti con gli abiti sacri della loro religione. Si trovò un po’ in imbarazzo nel suo solito vestito da militare, ma si consolò al pensiero che neanche lady Hellsing stesse indossando qualcosa di diverso dal suo abito usuale,

Lei e Alucard si strinsero al loro capo, consci del fatto che, se l’avessero perso in quella calca, ci avrebbero messo un bel po’ prima di ritrovarlo.

< Quelli sono gli animisti.> fece Maxwell indicando un gruppo di africani, neri come la notte, all’angolo della sala. A prima vista sembravano il gruppo più numeroso.

Enrico sembrò intuire i pensieri della vampira, perché fece una smorfia di disprezzo nel guardarli.

< Sono così tanti per via delle loro innumerevoli differenze di fede da un luogo all’altro. Passano più tempo a scannarsi che ad adorare i loro dei… guardateli, che incivili!>

Il ghigno sul volto di Alucard sembrava urlare che anche loro, stupidi cattolici, passavano più tempo ad ammazzare che a pregare, ma il vampiro non fiatò, sapendo che Integra non avrebbe perdonato quel tipo di provocazione.

< Ah, lady Hellsing!>

Un ragazzino dall’aria sveglia si inchinò leggermente davanti a lei con aria ossequiosa; Seras lo fissò stupita, non sembrava avere più di vent’anni. Dietro di lui c’era un ragazzo della sua stessa età, vestito con una camicia bianca e la classica cravatta da uomo d’affari: doveva essere per forza la sua guardia del corpo, ma non sembrava particolarmente pericoloso, data l’aria molto effeminata del suo volto.

< Signor Jordan.> replicò Integra, ma dai lineamenti del suo volto la vampira capì che i due si conoscevano molto bene ed erano anche in ottimi rapporti, nonostante le formalità.

< Il signor Arteld Vi cercava. Mi ha incaricato di avvisarVi che l’avreste trovato al buffet.>

< La ringrazio. Spero di poterLe parlare con più calma più tardi.>

Il ragazzo sorrise e con un cenno alla sua guardia del corpo tornò a mischiarsi nella folla.

< Quello chi era?> domandò petulante Maxwell, scocciato che quello strano tipo non l’avesse degnato neanche di uno sguardo.

< Il rappresentante dei panteisti, Jordan Ater.> replicò freddamente la donna avviandosi al buffet per incontrare l’organizzatore dell’incontro, il signor Arteld.

< La sua guardia del corpo non sembrava un granché, vero, Master? Aveva un’aria così fragile…>

Alucard dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere.

< Quella è una ragazza.>

Se l’anatomia l’avesse concesso la mandibola di Seras avrebbe toccato il pavimento tirato a lucido.

< Ma… ma…> balbettò sconvolta e a quella vista il suo Master non poté sopprimere un ghigno.

< Non dovresti giudicare il sesso solo dal taglio di capelli. – ridacchiò – Da come camminava si capiva chiaramente che era una femmina.>

La vampira avrebbe voluto replicare che non erano stati tanto i capelli corti, quanto la totale assenza di trucco, i vestiti da uomo, non un orecchino, non una collana o un anello, assolutamente niente che la potesse identificare come donna, ma improvvisamente si trovarono davanti il gruppo degli organizzatori e il signor Arteld, un vecchio con barba e baffi bianchi, si fece avanti a braccia aperte.

< Lady Integra!>

Maxwell, alle loro spalle, fremette dalla rabbia e si fece avanti, deciso a non farsi più ignorare da nessuno.

Fecero le presentazioni in quattro e quattr’otto e poi il vecchio cominciò a dilungarsi nello sperticare lodi per l’evento, nello spiegare in ogni singolo dettaglio quanto fosse stato difficile organizzare il tutto, inviare gli inviti a tutti e via dicendo.

Integra stava già per sbadigliare in faccia all’anziano signore – dal suo punto di vista se quella roba non fosse mai stata organizzata lei si sarebbe risparmiata tempo, fatica e la spiacevole compagnia di Enrico Maxwell e dei membri dell’Iscariota XIII, ma si guardò bene dal dirlo – quando si fece avanti un uomo che doveva avere come minimo novant’anni.

Il suo volto sembrava fatto solo di rughe, una ragnatela interminabile che continuava sotto il colletto della camicia inamidata e rispuntava sulle mani rinsecchite; gli occhi sotto le palpebre cascanti erano però incredibilmente vivaci e salutò i presenti con un sorriso sdentato.

< Questo – disse con voce tonante il signor Arteld, guardando il nuovo arrivato con ammirazione – è il signor Ryomond. In passato ha combattuto contro la minaccia nazista ricoprendo di gloria il suo nome e quello della Svizzera, sua patria d’origine. E’ un onore averlo tra noi.>

I due rappresentanti della religione cristiana salutarono l’uomo con un profondo inchino, ma nonostante la posizione Integra notò il suo sguardo illuminarsi quando i suoi occhi si posarono sulla figura di Alucard.

< Ah, voi dovete essere la figlia di lord Hellsing, dico bene?> esordì quello in un ottimo inglese.

Ignorando con un sorrisetto la faccia di Maxwell che si era accorto di essere stato per l’ennesima volta messo da parte, sir Integra si fece leggermente più vicina al suo interlocutore.

< Conoscevate mio padre?>

< Ho avuto la fortuna di incontrarlo in un paio di occasioni, una volta debellate completamente le forze dei nazisti. Ci salvò per il rotto della cuffia quando inviò i vostri uomini in nostro aiuto.> e mentre pronunciava l’ultima parte della frase indicò con un cenno discreto il vampiro alle spalle della donna.

< Alucard?> Integra era allibita, non riusciva proprio a convincersi che un tempo il non-morto aveva servito anche suo padre: lo sapeva, ma pensarci le faceva sempre un effetto strano.

< Si ricorda di me?> chiese l’anziano alla sua guardia del corpo e quello ghignò mettendo in bella mostra i canini.

< Ma certo, ricordo come se fosse ieri.>

< Ah, e mi dica, che fine ha fatto l’altro giovanotto?>

Alla parola “giovanotto” Seras e lady Hellsing si scambiarono un’occhiata sconvolta.

< Ah, Walter. Questa sera è fuori servizio, ma domani potrà incontrarlo.>

Appena il vecchietto si fu allontanato sir Integra si voltò verso Alucard, in attesa di spiegazioni,

< Quando l’hai incontrato?>

< Poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Alcuni nazisti si erano organizzati in piccoli gruppi nel tentativo di provare a recuperare il potere; lord Hellsing inviò me e Walter per occuparcene.>

< Né Walter né mio padre me ne hanno mai parlato…>

< Era una missione minore, nulla di complicato. Si trattava solo di spazzare via gli ultimi moscerini.>

Le due donne sembrarono soddisfatte dalla spiegazione, ma Seras notò un lampo nello sguardo del suo Master, qualcosa che le fece intuire che forse non aveva detto tutta la verità.

 

La vecchiaia era una brutta cosa, ricordava che suo padre lo ripeteva spesso: ora che ci era arrivato anche lui, non poteva che concordare in pieno. Alla luce della luna riusciva a distinguere le rughe, una per una, sul suo volto incartapecorito, davanti allo specchio; gli veniva voglia di rompere quel dannato vetro che, impietoso, gli mostrava l’unica verità che non avrebbe mai voluto conoscere, quella che presto anche il suo tempo sarebbe giunto al termine.

Un fruscio sul suo balcone gli fece distogliere lo sguardo da quell’orrenda visione e gli ci volle poco per riconoscere in quell’ombra scura appoggiata al parapetto il suo alleato vampiro. Uscì anche lui sul terrazzo, la luna piena li illuminava quasi a giorno.

< Il convegno è già finito?> chiese a bassa voce, come se lady Integra o gli altri clienti dell’albergo potessero svegliarsi da un momento all’altro.

< Per fortuna, credo sia stata una delle esperienze più noiose di tutta la mia esistenza. E questo vuol dire molto.>

La bocca di Walter si piegò in un sorriso amaro a quella dichiarazione.

Già, tutta la sua esistenza…

< Ho incontrato il signor Ryomond a quel raduno di fanatici. Immagino che tu ti ricordi di quella missione…>

Se Alucard non gli avesse dato le spalle si sarebbe stupito nel vedere negli occhi del vecchio tristezza, rimpianto, nostalgia, tutto in un secondo prima di lasciare spazio alla solita aria sorniona ed indecifrabile.

< E come dimenticare?>

 

Faceva freddo in quel cazzo di bosco, Walter non aveva mai avuto così freddo in tutta la sua vita, neanche durante la missione di tre anni prima, quando assieme ad Alucard, all’epoca con sembianze femminili, era stato inviato a distruggere il Millennium.

Rabbrividì stringendosi di più nel cappotto, certo che molto presto le dita si sarebbero staccate dalle sue mani.

Avanzò a fatica arrancando nella neve alta fino al ginocchio e scrutò tra gli alberi alla ricerca del proprio compagno; era già notte inoltrata, ma non sarebbe dovuto essere così complicato identificare quella figura scura che si trascinava  dietro la propria bara per un meritato riposino appena fosse spuntato il sole.

Trattenne il desiderio di chiamarlo per nome, oltre ad essere altamente sconveniente era anche un gesto stupido: non sapeva chi altro potesse nascondersi in quel luogo.

Proseguì tenendo a mente le indicazioni che il comandante inglese che controllava quella zona gli aveva dato; in caso di tormenta di neve c’era una piccola cascina in direzione Nord-Est ed era lì che si stava dirigendo.

I fiocchi avevano cominciato a cadere cinque minuti prima, innocui ed innocenti finché non venivano giù più fitti, cosa se sarebbe accaduta di lì a poco.

Era meglio trovare il riparo prima che fosse troppo tardi.

Dieci minuti dopo la situazione stava peggiorando a vista d’occhio e della cascina neanche l’ombra; Walter era sempre più irritato e teso, ogni minimo rumore lo faceva sobbalzare senza ritegno.

Così quando una mano gli sfiorò il braccio con un fruscio scattò balzando all’indietro con un mezzo grido di sorpresa; ma appena riuscì ad identificare il possessore della mano lo spavento si trasformò in sollievo e rabbia.

< Alucard…>

Il vampiro ghignò, i denti brillavano illuminati dalla neve.

< Non è consigliabile per un ragazzino come te vagare da solo a quest’ora.>

< Non fare l’idiota. – replicò Walter, evidentemente scocciato – Si può sapere dov’eri finito?>

< Ho trovato il rifugio, è a tre minuti di cammino in quella direzione. Ti interessa o progettavi di passare la notte fuori?>

Indispettito il giovane si decise a seguire il compagno riuscendo a stare al suo passo con qualche difficoltà, il candore della neve lo abbagliava e impediva ai suoi occhi di abituarsi al buio della notte.

Arrivarono al riparo proprio quando le raffiche di vento e i fiocchi cominciavano a farsi più frequenti e minacciosi; la baracca era sull’orlo dello sfascio, ma miracolosamente il tetto era ancora solido.

C’era una piccola stufa nell’unico angolo privo di spifferi e con le travi completamente a posto e Walter si affrettò a recuperare dalla legnaia sufficienti ciocchi da poter scaldare la stanzetta almeno fino alla mattina seguente.

Alucard sistemò la sua bara sul pavimento e studiò le sue mosse con scherno mal celato; il ragazzo era consapevole che per il vampiro caldo o freddo non facevano alcuna differenza e che accendere un fuoco voleva dire emettere fumo che avrebbe potuto segnalare la loro posizione, ma la neve copriva ogni traccia e lui non aveva alcuna intenzione di morire assiderato solo per non aver voluto accendere una stupida stufa.

Tirò fuori dalla tasca il pacchetto di fiammiferi e accese un fuocherello confortevole, facendo bene attenzione che non si spegnesse per il vento che trapelava dalle fessure.

< Che schifo di tempo…> borbottò accoccolandosi contro la parete accanto alla fonte di calore, lo sguardo rivolto verso il vampiro: preferiva non perderlo di vista.

Ricordava quando, anni prima, suo padre aveva cominciato ad addestrarlo per diventare il perfetto domestico che doveva essere, era una tradizione di famiglia e la lealtà di Dornez Senior nei confronti di lord Hellsing era totale ed indubitabile.

Se l’uomo avesse saputo cosa stava realmente facendo suo figlio si sarebbe chiesto se i suoi insegnamenti fossero valsi a qualcosa.

“Ci sono cose in questa casa che non ti piaceranno, Walter. Creature che ti faranno gelare il sangue nelle vene e ti chiederai perché tu debba avere a che fare con loro. Sappi solo che, finché questi saranno gli ordini del tuo signore, dovrai collaborare con questi esseri dando anima e corpo, aiutandoli a costo della tua vita. Ma non fidarti di loro. Fidati di lord Hellsing e dei suoi eredi, ma non dare mai le spalle a queste creature. Ne va della tua vita.”

Erano le sue più o meno esatte parole e da quando il ragazzo aveva incontrato personalmente Alucard non era più riuscito a levarsele dalla testa; certo, non era rimasto sconvolto come quando, all’età di quindici anni, si era trovato ad affiancare una mocciosetta che avrebbe potuto sfondargli il cranio con una mano sola. Erano passati tre anni e dall’alto della sua maggiore età Walter si considerava molto più preparato di quanto non fosse allora, anche se, dopo la missione contro il Millennium, il vampiro aveva ripreso il suo aspetto abituale, decisamente più inquietante di quello della ragazzina di prima.

A livello inconscio il ragazzo avrebbe preferito che il suo compagno avesse mantenuto il suo precedente aspetto: era più a suo agio a trattare con una minuta bambina che con un individuo grande e grosso che lo sovrastava di diverse spanne.

Senza contare che trovava insopportabile le occhiate di scherno e leggermente allusive che gli venivano rifilate da dietro quelle lenti tonde: era snervante.

Si trattenne dall’abitudinale gesto di tirar  fuori il pacchetto di sigarette e ficcarsene una in bocca, temeva che Alucard potesse prenderla non molto bene… sempre che poi i non-morti fossero sensibili agli odori, era un particolare che ignorava e non ci teneva a scoprirlo sulla sua pelle.

Sbadigliò vistosamente e si chinò per aggiungere un altro tronchetto al fuoco; si stropicciò gli occhi col dorso della mano, consapevole del fatto che avrebbe dovuto abituarsi in fretta a dormire di giorno e lavorare di notte per poter assistere al meglio il suo compagno.

Il periodo di relativa calma dei mesi precedenti gli aveva fatto recuperare i ritmi e gli orari dei comuni esseri umani, un lusso che durante una missione non poteva assolutamente permettersi.

< Per quanto mi riguarda puoi anche dormire, ragazzino.>

La voce di Alucard ebbe il potere di svegliarlo all’improvviso e Walter alzò la testa di scatto, la mente lucida come non mai. Aveva la pelle d’oca.

< Non ho sonno, grazie.> rispose a denti stretti e il ghigno saccente del compagno non fece che aumentare la sua irritazione.

< Ma davvero?>

La ragione vera e propria la conoscevano entrambi e in quel momento pareva echeggiare tra le strette pareti di quella bettola: “Non ho alcuna intenzione di abbassare le mie difese di fronte a te”.

< Di cosa hai paura, ragazzino?>

Quella domanda gli gelò il sangue e per un istante che gli sembrò un’infinità si perse in quegli occhi rossi che avevano visto intere epoche nascere e morire, vite di uomini stroncate dal fato o dal semplice capriccio, speranze venire infrante, odio trasformare persone oneste in belve feroci, sangue, tanto sangue, scorrere ovunque, a terra, sulle pareti, sulla lama delle spade e da quelle labbra appena dischiuse tra cui si potevano intravedere i canini acuminati.

< Di diventare come te.>

Non parlarono più per il resto della nottata e Alucard non si mosse dalla bara sulla quale era seduto neanche quando il giovane si lasciò vincere dal sonno e scivolò sul pavimento, una mano pronta sui suoi fili per ogni evenienza.

La sera seguente, appena il sole calò, i due abbandonarono la cascina e continuarono il loro cammino; secondo le loro informazioni si stavano avvicinando al covo nemico, a quel branco di moscerini che credevano di avere ancora qualche speranza di vittoria. Speranza che Walter e Alucard avrebbero sradicato completamente.

Con le orecchie tese a captare ogni minimo movimento nemico il giovane avanzava silenzioso, la neve aveva smesso di cadere lasciando un manto bianco ancora immacolato, senza impronte o altre orme che indicassero spostamenti estranei.

Dopo più di un’ora di cammino finalmente poté intravedere qualcosa: a una prima occhiata pareva un semplice cumulo di neve un po’ più alto degli altri, ma, strizzando gli occhi, nel buio si poteva riconoscere una piccola porta di quello che doveva essere per forza un bunker sotterraneo.

< Io apro la strada. – sussurrò Alucard affiancandolo – Tu occupati dei pesci piccoli.>

< Ricevuto.>

L’irruzione durò un attimo, un secondo prima erano fuori dal bunker e un secondo dopo la porta schizzava verso l’interno investendo in pieno le due sentinelle mentre i due servitori dell’Hellsing sfrecciavano per il corridoio lasciando una lunga scia rossa alle loro spalle.

Walter si chiese perché, dopo così tanti anni, sperasse di vedere qualcosa di umano nei suoi avversari, qualcosa che non fosse quel ghigno folle o gli occhi vacui di una bestia che agisce solo in base al suo istinto; da un bel pezzo la sua vita era costellata di mostri dalle più perverse nature e un solo semplice barlume di umanità in qualcuno lo avrebbe fatto sentire un po’ meno solo nella sua battaglia.

Ma, sinceramente, dopo tutto quel tempo, avrebbe dovuto farsene una ragione.

Si accese una sigaretta visto che non c’era più il pericolo di essere scoperti e continuò a correre dilaniando e tagliando chiunque avesse la sventurata sorte di pararsi di fronte a lui.

Proprio quando il giovane stava pensando che, in fin dei conti, erano davvero dei moscerini, un ghoul decisamente anomalo gli sbarrò la strada; con una smorfia di disprezzo lanciò in avanti i suoi fidati fili, ma dove un attimo prima si trovava il mostro non c’era che lo spoglio pavimento.

Un fiato puzzolente sul collo lo avvertì del colpo imminente e cercò di scansarsi, ma non abbastanza velocemente: un dolore lacerante al braccio sinistro gli fece intendere di essere stato colpito in pieno.

Cercò nuovamente di colpirlo, ma ci vollero due o tre tentativi prima di riuscire a tagliarlo com’era come un mostro qualsiasi, il bastardo era incredibilmente veloce. Sibilò tra i denti un’imprecazione e riprese a correre lungo il corridoio, il sangue colava copioso dalla ferita.

Meno di mezz’ora dopo Walter era di nuovo fuori a respirare a pieni polmoni l’aria pungente della notte; aveva avvolto il braccio con della stoffa strappata dal vestito di uno dei suoi avversari, ma il tessuto, originariamente grigio, era già diventato scarlatto.

< Che hai combinato?>

Sobbalzò sentendo quella voce profonda, non si era reso conto che il vampiro si era portato alle sue spalle.

< Uno di quegli stronzi era stato modificato, aveva una velocità fuori dal comune e mi ha dato qualche problema.> replicò piatto tornando sui propri passi e puntando alla cascina della notte precedente.

Aveva una gran voglia di dormire e dimenticare tutto il dolore che continuava a pulsargli in corpo.

Dopo quel che gli parve un secolo avvistarono finalmente il riparo; una volta al sicuro Walter riaccese il fuoco e cercò nelle tasche del suo cappotto qualcosa per fermare l’emorragia che, pur rallentando, non accennava a fermarsi.

Alucard studiò le sue mosse con attenzione, ma quando il giovane sciolse la benda improvvisata mettendo in bella mostra il braccio ferito e ricoperto di sangue fresco un guizzo poco tranquillizzante passò dietro le lenti.

< Merda…> soffiò Walter, a contatto con l’aria il taglio bruciava ancora di più. Non si accorse che il vampiro si era portato davanti a lui finché non percepì la sua presenza sopra, fin troppo vicino per i suoi gusti.

Non era mai stato una persona facilmente impressionabile, ma quando il suo inquietante compagno si inginocchio accanto a lui e il tessuto dei suoi guanti si strofinò contro la pelle gelida del proprio braccio, allora al ragazzo mancò un battito e pregò con tutte le sue forze che quell’essere si allontanasse: la sua vicinanza aveva il potere di bloccare la sua capacità di ragionare.

Ma Alucard ignorò totalmente la sua muta richiesta e il ragazzo sbarrò gli occhi nel vederlo sollevargli il braccio e portarlo al volto; cercò di scostarlo, ma la presa si fece più ferrea, così forte da fargli male. Nel giro di qualche ora si sarebbero formati dei lividi decisamente vistosi.

Rabbrividì impotente quando la lingua di quell’essere orripilante sfiorò il taglio che bruciava da impazzire.

Una leccata, poi un’altra, sempre più in profondità, sul sangue rappreso e quello ancora fresco che continuava a fuoriuscire. A Walter girava la testa, ma non capiva se era a causa del dissanguamento o del vampiro di fronte a sé.

Si appoggiò con la schiena alla parete, gli occhi che stavano aperti a fatica, ma non riusciva a distoglierli da quella bocca sporca di sangue e anche il dolore lancinante pareva più ovattato da quando quella lingua aveva cominciato la sua opera.

Un gemito gli sfuggì dalle labbra e un gelo improvviso calò tra i due.

Gli occhi rossi di Alucard si fissarono sui suoi incollandolo al suo posto, incapace di muoversi o di parlare; una periferica del suo cervello lo informò che la ferita aveva smesso di sanguinare, ma non aveva più tanta importanza, non ora che la tensione stava raggiungendo il culmine.

Si rese conto che il suo corpo tremava quando quel ghigno che aveva imparato ad odiare si fece più ampio e il vampiro si spostò su di lui, ignorando il braccio ormai guarito, una mano guantata che risaliva lungo la coscia – e il ragazzo si chiese quando cavolo avesse cominciato a toccarlo lì.

Era già successo in precedenza che quel dannato vampiro invadesse insistentemente il suo spazio personale, ma fino a quel momento non era mai arrivato a tanto; Walter tentò con le ultime forze che gli rimaneva di divincolarsi, ma la sua era una speranza più che vana.

Il fruscio della stoffa che veniva spostata raggiunse a malapena le sue orecchie, troppo impegnate a captare ogni minima inflessione della voce di Alucard, la cui bocca premeva sulla pelle.

< Ragazzino…>

Le poche facoltà intellettive rimastegli cedettero bruscamente appena quella mano sfiorò il suo membro e da quel momento le pareti di legno cominciarono a girare come impazzite e dalla sua bocca fuoriuscivano gemiti uno dopo l’altro, l’unico suono che riusciva ad emettere.

I movimenti di quelle dita erano precisi, calcolati, e in una zona remota del cervello del ragazzo si andò formulando l’interrogativo fatidico – con chi diamine l’aveva fatto prima?

Inconsciamente cominciò a muoversi assecondando quella mano, poteva sentire sul collo il ghigno del vampiro e un’ondata di irritazione e orgoglio fu sufficiente per riprendere almeno in parte il controllo.

Appena in tempo, perché si accorse che i canini di Alucard erano fin troppo vicini alla sua giugulare.

< No.>

Anche se la voce gli tremava il rifiuto uscì forte e chiaro, accompagnato da un mezzo spintone più simbolico che altro, dato che con quel briciolo di energia che aveva in corpo non sarebbe riuscito neanche a reggersi sulle sue gambe.

< Non mi pare ti dispiaccia.> fu la risposta seccata del suo compagno e strinse un po’ più forte il suo membro costringendo Walter a sibilare un’imprecazione.

< Non mordere. Non ho alcuna intenzione di diventare come te.>

Sapeva che non era la cosa più carina da dire e che in quanto tatto faceva assolutamente schifo, ma, insomma, quello era Alucard, non una ragazzina alla sua prima cotta o un sensibile animo primaverile. E con certe cose non si poteva scherzare.

< Ma davvero?>

Con quelle parole il vampiro si arrestò completamente, immobile nella sua posizione, la mano ancora là, ma ferma; Walter si morse il labbro inferiore: quel dannatissimo bastardo.

Se credeva che gli avrebbe permesso di morderlo in cambio di… di quello che stava facendo prima – e il volto del ragazzo si fece se possibile ancora più rosso a quel pensiero – bé, si sbagliava di grosso.

Anche se effettivamente lo voleva, Cristo se lo voleva, sembrava non riuscire a pensare ad altro che non fossero le dita di Alucard su di lui, precise e sicure come solo le sue riuscivano ad essere, ma no, l’ultima cosa che voleva era diventare proprio quello che lui e tutta la sua famiglia prima di lui avevano combattuto.

Meglio morire da umano che vivere per sempre da mostro e un po’ di piacere, anche se era il piacere più immenso che Walter in quel momento poteva immaginare, non era certo prezioso quanto l’umanità di una persona.

Con queste riflessioni in mente, ripetendosele continuamente per non lasciarsi sopraffare dall’istinto, il ragazzo fissò negli occhi l’essere inumano di fronte a sé e trovò la forza di parlare.

Senza dar adito a incomprensioni o altro.

< Allontanati. Non ho alcuna intenzione di diventare come te.>

Per un attimo temette che l’altro l’avrebbe colpito, che si sarebbe avventato su di lui mordendolo a tradimento, sfruttando la sua forza incredibilmente superiore e la debolezza della sua preda e in effetti il bagliore che attraversò quegli occhi rossi non prometteva proprio nulla di buono.

Invece, con una lentezza surreale, Alucard si scostò dal ragazzino, accompagnato da un fruscio di stoffa, e tornò alla sua bara senza staccare gli occhi da predatore dal suo giovane compagno.

< Te ne pentirai, ragazzino.>

Se non avesse visto le sue labbra muoversi mettendo in bella mostra i canini Walter avrebbe scambiato quel sussurro per il rumore del vento che filtrava attraverso gli spifferi.

< Non credo proprio.> replicò deciso mentre si riallacciava i pantaloni e cercava di darsi una sistemata – ma quando cavolo glieli aveva slacciati, tra l’altro? Non sopportava l’idea che quella creatura potesse sconvolgerlo e renderlo vulnerabile con una così estrema facilità.

Avrebbe dato un braccio per poter continuare a toccarsi da solo, ma il suo orgoglio glielo impediva, sapeva perfettamente che Alucard non gli stava staccando gli occhi di dosso proprio per quel motivo; e comunque cascava male, non l’avrebbe mai fatto sapendo che a pochi metri da lui c’era il compagno più inaffidabile che fosse mai esistito, un essere ripugnante, disumano e con parecchie perversioni in mente, a quanto pareva.

< Staremo a vedere.>

Se fosse stato un umano Walter non avrebbe esitato a colpirlo, ma date le circostanze era meglio passare sopra a quel tono così irrispettoso e mantenere le distanze; in compenso dovette sopportare per tutta la notte quello sguardo insinuante che pareva urlargli che lui, il vampiro, al contrario di qualche stupido moccioso esaltato, la sapeva lunga su come andavano le cose.

Ed effettivamente nei giorni seguenti, anche una volta rientrati in Inghilterra e tornati alla solita, noiosa routine quotidiana, risultò evidente che Alucard aveva fottutamente ragione.

Il ragazzo odiava ammetterlo, ma ogni volta che si trovava nella stessa stanza con il vampiro, anche se circondato da tante altre persone come durante uno dei tanti ricevimenti che lord Hellsing dava regolarmente, non poteva non ricordare nitidamente quant’era successo durante la missione, il modo in cui era stato toccato, la scossa di adrenalina che aveva sentito.

Aveva cercato in tutti i modi di dimenticare, di respingere quegli stupidi ricordi che continuavano a riaffacciarsi nella sua mente, ma era stato del tutto inutile: c’era sempre la curiosità che lo spingeva a chiedersi cosa sarebbe potuto succedere dopo, se non si fosse opposto così fermamente alla creatura.

Inizialmente aveva dato la colpa di quei suoi strani pensieri alla totale mancanza di una figura femminile in tutta la dannatissima residenza degli Hellsing: sua madre era morta quand’era piccolo e la moglie di lord Hellsing si vedeva di rado. Quando veniva spedito in missione a sterminare vampiri o a incontri e conferenze nelle vesti di ambasciatore e portavoce di certo non poteva sperare di incontrare una ragazza di età giusta per lui.

La triste realtà era che l’unica figura femminile che poteva dire di aver frequentato in maniera assidua era lo stesso Alucard, quando aveva preso le sembianze di quella graziosa e mortale ragazzina durante la loro spedizione contro il Millennium; al sol pensiero Walter contemplava con una certa serietà l’ipotesi del suicidio.

Non poteva negare a se stesso che quella mocciosa sfacciata l’aveva sempre affascinato, fin dal primo istante che l’aveva vista, ma col senno di poi, rivedendo ogni istante con la consapevolezza che quella lì era lo stesso essere perverso e ammorbante che pareva non vedere l’ora di saltargli addosso, bé, pensando al passato in quella chiave poteva davvero spararsi.

Comunque c’era ben poco da rimpiangere di quel periodo. Ora si ritrovava a fronteggiare un Alucard in forma di uomo, ma più importante di ogni altra cosa un Alucard maschio, e se il presente pareva grigio il futuro non poteva che essere il più grande casino di tutti i tempi.

Perché doveva essere quella famosa mancanza di donne e di qualsivoglia elemento femminile che lo rendeva così “reattivo” alla presenza del vampiro, come dire che in mancanza del meglio ci si accontentava, o almeno questo era quanto il suo corpo sembrava dirgli.

La sua mente, il suo lato razionale, era di tutt’altro avviso.

Si era ripromesso di non lasciare che il suo poco gradito collega si avvicinasse a lui com’era accaduto durante la missione, non gli era mai piaciuto e dopo quanto era successo non voleva che accadesse più. Il vampiro aveva capito perfettamente le sue intenzioni e faceva di tutto per sbucare all’improvviso alle sue spalle, avvicinarsi quanto più riusciva, sfiorarlo, ghignare verso di lui in maniera inequivocabile.

Ed ogni volta che questi contatti avvenivano il corpo di Walter pareva più che felice di attivarsi e reagire, a dispetto dei buoni propositi della sua mente; che comunque giocava brutti scherzi anch’essa, visto che si chiedeva sempre più spesso, quando il ragazzo abbassava un poco la guardia, come sarebbe stato avere di più di quell’assaggio che aveva provato.

Finché un giorno non accadde quello che lui aveva sempre detto di voler evitare: Alucard era tornato, deciso a non farsi respingere, e aveva ricominciato da capo il suo stupido giochetto da malati.

Aveva ripreso a toccarlo, invadere seriamente il suo spazio personale, leccargli il collo, fingere di morderlo ignorando ogni sua protesta; non che avesse tanto fiato per protestare quando il vampiro cominciava a fare quello che gli pareva, ma almeno era riuscito ad evitare che il suo collo finisse azzannato da quel mostro.

Almeno fino a quel momento.

 

Se qualcuno gli avesse detto, appena cominciata quella… relazione, se così si poteva chiamare, che la cosa sarebbe continuata per mesi, per anni, gli avrebbe detto che era un idiota (e lo avrebbe eliminato in tutta fretta perché non rivelasse nulla a lord Hellsing).

Eppure due anni erano passati senza che né lui né Alucard parlassero una sola volta di quel che stava succedendo. Questo non voleva dire che Walter non ci avesse pensato.

A dire il vero si era scervellato per notti e notti passate senza dormire, chiedendosi che diamine stava succedendo e cosa sarebbe accaduto in futuro. E finalmente aveva capito perché il vampiro continuava ad insistere con l’idea di morderlo.

Si sentiva uno stupido ad averci messo così tanto tempo per ricordare la regola basilare per la trasformazione in vampiro: bisognava essere vergini o si diventava uno schifosissimo ghoul. Questo spiegava molto, anche troppo.

Perché Walter non poteva davvero credere che Alucard ci tenesse a trasformarlo in un vampiro, che volesse tenerlo al suo fianco per tutta l’eternità; non era affatto nel suo stile, eppure il giovane non riusciva a trovare un’altra spiegazione.

Perché ogni volta che se lo trovava addosso tornava a proporgli di farsi mordere; ogni volta che lui negava, ovvero sempre, il vampiro non andava oltre un certo limite, si fermava esattamente sul più bello. E non c’erano altre spiegazioni a quel comportamento se non il fatto che quella creatura voleva il ventenne come compagno per tutta la non vita.

Pensando alla proposta di Alucard sotto quella nuova luce Walter si era chiesto più volte se non valesse la pena di accettare: trovava alquanto improbabile morire di vecchiaia o di malattia dato il lavoro che gli toccava svolgere. Era molto più plausibile morire per il morso di uno di quegli schifosi mostri piuttosto che farsi ammazzare da una broncopolmonite o un’infezione e sinceramente non aveva questa grande smania di diventare un ghoul a servizio di qualche schifosissimo vampiro di basso rango che aveva avuto la fortuna di sconfiggerlo per puro caso.

Meglio mantenere una coscienza propria come creatura notturna che essere un semplice burattino.

Sì, ci aveva riflettuto a lungo ed era giunto a prendere una decisione; Alucard sarebbe stato felice di sentirla, anche se da un paio di settimane aveva smesso di offrirsi per morderlo. Ora che Walter ci pensava nelle ultime due settimane i loro incontri erano stati molto più sporadici e silenziosi del solito.

Non che gli mancassero le stupide chiacchiere del vampiro, ma era alquanto innaturale un così brusco cambio di comportamento.

Bé, qualsiasi cosa fosse aveva poca importanza, il giovane era pronto ad andare da quell’essere e comunicargli senza esitazione la propria scelta.

I sotterranei in cui si trovava situata la bara di Alucard, ovvero ciò che più si avvicinava al concetto di “stanza” per la creatura, avevano sempre avuto un che di sinistro nella sua memoria; ricordava che la prima volta che suo padre l’aveva portato là sotto si era messo a piangere per la paura. Il suo vecchio non se l’era sentita di biasimarlo, anzi, sapendo bene cosa si nascondesse in quei corridoi bui, era più che felice che suo figlio non avesse la tentazione di andare lì ad esplorare.

Anche ora che erano passati più di quindici anni Walter non poté trattenere il brivido che gli corse lungo la spina dorsale; aveva una gran voglia di girare i tacchi e tornare in superficie, alla luce del sole, ma si consolò riflettendo sul fatto che, una volta diventato vampiro, quell’oscurità non gli avrebbe più dato fastidio.

Era pomeriggio inoltrato, quasi al crepuscolo, perciò non si preoccupò se il collega stesse ancora dormendo o meno e bussò senza esitare alla massiccia porta di legno che lo separava da quella tetra stanza che ospitava Alucard.

Una voce profonda e ancora assonnata lo invitò a farsi avanti.

Se non lo aveva svegliato lui stesso col suo bussare doveva essersi alzato davvero da poco perché non indossava il suo solito cappotto rosso e neanche la cravatta; il cappello giaceva appoggiato su una sedia assieme agli occhiali dalle lenti rotonde.

< Ah, ragazzino… A cosa devo la visita?>

Walter si chiuse la porta alle spalle senza fare alcun rumore e rimase fermo a fissarlo: vedere quegli occhi rossi così vivi in assenza degli occhiali gli provocava sempre un nodo alla bocca dello stomaco. Deglutì piano e tentò di riprendere il controllo sul suo corpo.

< Ti ho svegliato?>

L’altro scosse le spalle.

< Era quasi ora. Ma mi fai preoccupare con tutta questa tua gentilezza. Sei malato?>

Il giovane sbuffò scocciato.

< Sto benissimo, grazie. Solo non volevo trovarmi di fronte un vampiro terribilmente incazzato con l’idiota che l’ha appena risvegliato. Perciò se non sei dell’umore per parlare posso tornare più tardi.>

< Sei venuto fin qui per parlare? Mi sorprendi.>

Fu difficile, una vera impresa, sostenere lo sguardo di quell’essere, ma ci voleva ben altro per scoraggiarlo. Osservando con attenzione l’atteggiamento di Alucard si avvicinò con aria circospetta.

Il vampiro lo fissò, la sua espressione era indecifrabile, ma nel profondo era parecchio perplesso: si era sempre vantato di riuscire a prevedere qualsiasi mossa l’altro stesse per fare, ma in quel caso si trovava davanti ad un gigantesco punto interrogativo.

< Sei venuto solo per guardarmi o c’è qualcosa che devi dirmi?>

Walter fece un bel respiro prima di sputare il rospo.

< Hai fame?>

Per la prima volta da quando ne aveva memoria una sua domanda ottenne dal compagno qualcosa che non fosse un ghigno di scherno. Per la prima volta Alucard sembrava dannatamente sconvolto e, Cristo Santo, si sarebbe fatto mordere milioni di volte pur di vedergli stampata in faccia quell’espressione sbigottita.

Non riuscì a trattenere un sorrisetto soddisfatto.

< Sorpreso?>

Non c’era bisogno di parole per conoscere la risposta, ma Walter avrebbe preferito comunque che l’essere di fronte a lui dicesse qualcosa; non era da lui restare in silenzio e sinceramente il ragazzo non voleva che andasse così. Doveva essere un momento intenso, di liberazione, eppure allo stato delle cose una chiacchierata col muro sarebbe stata più eccitante.

< Sai, ci ho riflettuto. Sulle tue continue offerte e su quello che mi hai detto durante la missione di due anni fa. E…>

Lasciò morire lì apposta la frase, per ricordare al vampiro che aveva l’uso della parola anche lui, che era il caso che partecipasse un minimo al discorso o quel monologo sarebbe stato davvero penoso.

< E?>

Era poco più di un sussurro, fatto con una voce roca da far paura tra l’altro, ma era meglio di niente.

< Ho deciso che mi sta bene. Non credo che mi dispiacerebbe… farmi mordere da te.>

Nonostante tutti i suoi sforzi Walter non poté non arrossire mentre pronunciava quelle parole: non era il tipo da sdolcinatezze, nessuno dei due lo era, e alle sue orecchie quella frase suonava davvero come una fottuta dichiarazione d’amore. Cercò un’espressione un po’ più neutra con cui rettificare il suo pensiero, ma quando Alucard si sollevò dal bordo della bara al quale era appoggiato il suo cervello smise di funzionare a dovere.

Poteva vederlo avvicinarsi a rallentatore, passo dopo passo, un tragitto di pochi metri che pareva essere lungo chilometri.

In quei due anni Walter era cresciuto parecchio, ma era ancora più basso di diversi centimetri, se ne rese conto quando l’altro gli fu davanti, inquietante come suo solito, e si chinò verso di lui, le ciocche di capelli che gli oscuravano completamente la visuale, gli sfioravano la guancia mentre le labbra del vampiro si appoggiavano appena al suo collo.

Trattenne il respiro quando sentì i canini gelidi appoggiarsi alla pelle senza essere conficcati in profondità.

Walter si chiedeva cosa avrebbe detto lord Hellsing una volta venuto a sapere del fatto: difficilmente sarebbe stato contento, anzi. E per fortuna che il suo caro vecchio era morto o lo scoprire che suo figlio era diventato un vampiro l’avrebbe ucciso.

Il ragazzo continuava a distrarsi con quel tipo di pensieri per non far caso al dolore che avrebbe provato – perché certamente sarebbe stato doloroso – una volta che quelle zanne si fossero spinte nella carne, eppure Alucard non si era ancora mosso di un millimetro.

Poi, dopo quel che parve un lasso infinito di tempo, fece un passo indietro senza dire una parola; la mano di Walter corse automaticamente al collo, ma non c’erano fori o ferite o nulla di particolare.

< Perché..?>

< Non mi pare il caso.>

Un’ondata di rabbia investì il ragazzo e in un impeto d’ira cercò di colpire in pieno viso quell’essere schifoso che trovava anche il coraggio di sfoderare uno dei suoi famosi ghigni in una situazione del genere; peccato che l’essere schifoso fosse il vampiro più potente che avesse mai messo piede sulla faccia della terra e il suo colpo istintivo venne bloccato senza il minimo sforzo.

< Si può sapere perché no?! Eri tu, eri tu che continuavi a propormelo! Non hai fatto altro per due dannatissimi anni ed ora che finalmente accetto tutto quello che sai fare è tirarti indietro e dire “non mi pare il caso”?! Che razza di gioco stai giocando?>

Non si era accorto di essersi messo a urlare, ma in quel preciso istante non gliene poteva fregare di meno; non sapeva se essere più arrabbiato con il vampiro che non aveva fatto altro che prenderlo in giro per mesi – macché per mesi, dalla prima volta che si erano visti, lui ed il suo stupido travestimento da ragazzina innocente – o con se stesso per aver creduto seriamente che ad uno come Alucard potesse davvero importare di un ragazzino umano che poteva schiacciare con un dito.

Qualunque fosse la cosa più sensata da fare, in quel momento Walter si sentiva un perfetto idiota.

Alucard stava sorvolando. Sorvolando sul fatto che se chiunque altro avesse provato a parlargli in quella maniera avrebbe incontrato una morte lenta e dolorosa e che probabilmente la stessa sorte sarebbe capitata anche a quel moccioso, se le circostanze non avessero perfettamente giustificato il suo scatto di collera.

Restò in silenzio nel tentativo di organizzare un discorso che fosse comprensibile per qualcuno che non aveva neanche un decimo della sua età e che ovviamente certe cose non le poteva capire.

< Allora non te ne frega niente di me? Stavi davvero solo giocando?>

Walter non era esattamente entusiasta di fare la parte della ragazzina a cui la prima cotta ha spezzato il cuore, ma una vocina nella sua testa continuava a ripetergli che ormai la sua credibilità ed il suo orgoglio avevano preso il largo da diverso tempo.

Se era già umiliato tanto valeva non farsi più problemi.

< Credi davvero che avrei sprecato due anni a braccarti solo per divertimento?>

< Sì.>

Effettivamente era una cosa molto da Alucard, il suo essere sadico e bastardo lo avrebbe potuto spingere a farlo; e cos’erano due anni per chi aveva di fronte a sé l’eternità?

< Non ne vale la pena.>

< Di fare cosa?>

< Di scambiare la tua umanità per diventare quello che sono io.>

Un vampiro. Un mostro, uno di quegli esseri rivoltanti a cui per generazioni la famiglia Dornez aveva dato la caccia; a ripensarci il giovane sentì un moto di disgusto: forse non era così sicuro di voler diventare come Alucard.

< Continuavi a propormelo.>

< Ci ho ripensato. Ti posso assicurare che è meglio morire da umano che vivere per sempre da bestia.>

< Se io fossi in punto di morte non me lo proporresti?>

< Ti lascerei scegliere. Non c’è una decisione giusta e una sbagliata in questi casi. C’è solo una decisione.>

Il giovane sbuffò, la rabbia stava scemando lentamente, ma in fondo al cuore si sentiva ancora estremamente tradito.

< Credo che sceglierei di vivere in quel caso. Che me ne faccio della mia umanità se sono morto?>

< Solo chi è umano può sconfiggere i mostri.>

Gli lanciò un’occhiata scettica.

< Alucard…>

< Non chiedermelo un’altra volta. Non lo farò.>

Walter si morse il labbro con forza e il suo sguardo scivolò inevitabilmente sul pavimento, incapace di fissarsi negli occhi scarlatti del vampiro.

< Se ti rifiuti ora vuol dire che ti rifiuterai di farlo anche in futuro?>

< Esattamente.>

Un altro silenzio, più lungo del precedente; il tradimento, nella testa di Walter, si stava ingigantendo a vista d’occhio.

< Capirai. Prima o poi capirai.>

Non ne era affatto convinto, non poteva capire cosa ci fosse di così onorevole e prezioso nel morire da esseri umani quando poteva continuare a fare il suo lavoro nei panni di vampiro, come d’altronde faceva ogni notte Alucard. Forse non lo riteneva all’altezza? O non voleva spartire la sua immortalità con uno come lui?

Fece per andarsene, ma la stessa mano che gli bloccava ancora il polso lo trattenne.

< Dato che sei qua e che comunque hai preso la tua decisione, direi che si potrebbe sfruttare al meglio l’occasione. Non trovi?>

Schifoso bastardo. Con tutta quella rabbia e quelle urla Walter si era dimenticato anche cosa sarebbe di sicuro seguito alla sua presunta trasformazione in vampiro; quando finalmente non ci sarebbe stata più la necessità di restare vergine, di certo Alucard non si sarebbe trattenuto.

Gli lanciò l’occhiata più omicida che riusciva a fare, la rabbia gli dava ancora una sfrontatezza che in condizioni normali non avrebbe mai avuto.

< Se per colpa tua mi trasformerò in un ghoul quando verrò ucciso, allora giuro che te la farò pagare.>

Di nuovo quello stupido ghigno insinuante. Quel vampiro era davvero un sadico.

 

Quel giorno Alucard gli aveva detto che avrebbe capito prima o poi cosa intendeva e Walter aveva fatto del suo meglio per non deluderlo; in fin dei conti aveva tempo per rifletterci fino a quando un vampiro più forte e potente degli altri non gli fosse saltato addosso per segnare il suo destino e farlo diventare il burattino che non avrebbe mai voluto essere.

Per sua fortuna, almeno fino a quel momento, sembravano non esserci esseri così anormali e in un modo o nell’altro il giovane se l’era sempre cavata. Anche se, mentre i mesi e gli anni passavano, non era più tanto giovane.

Aveva cercato di capire, si era sforzato, ma proprio non ce la faceva. Ci aveva provato per vent’anni, ma ogni sera ad un certo punto mandava tutto al diavolo, gettava la spugna e si ripeteva che la notte seguente ci sarebbe riuscito.

Ma più il tempo passava, più gli anni si accumulavano e più Walter rimpiangeva quella sera, quel ghigno a cui ormai si era abituato e quel rifiuto che aveva segnato la sua vita. Ora si sentiva più rigido, più lento, gli anni sulle spalle non si potevano ignorare più di tanto.

Fino a che, a quarant’anni, una mattina si guardò allo specchio per farsi la barba. Ad una prima occhiata non scorse nulla, ma mentre si radeva con precisione impeccabile la guancia l’occhio gli cadde su ciò che non avrebbe mai voluto vedere; sbatté le palpebre, se le stropicciò, guardò con più attenzione, ma non era un gioco di luce e neanche una visione spiacevole.

La prima ruga; la prima fottutissima ruga della sua vita ed era lì immobile, quasi a prenderlo in giro, a schernirlo, il primo segno realmente tangibile di quello che lo aspettava nel suo futuro. L’immagine di suo padre come lo ricordava negli ultimi anni, il volto rugoso segnato dalla fatica, gli apparve davanti come un incubo e per poco non si tagliò nell’allontanarsi di scatto dal vetro dello specchio.

Non voleva diventare così, la sola idea lo terrorizzava; sarebbe stato più allettante farsi trasformare davvero in un ghoul, tutto ma non quello, non una vecchiaia trascorsa a rimpiangere il passato, quello che poteva essere e che invece non era mai stato.

Come già stava facendo in quel momento, perché era perfettamente consapevole che se Alucard quel giorno non si fosse opposto, se invece di ripetere belle parole prive di significato si fosse deciso ad affondare i canini nel suo collo, a quell’ora la schifosissima ruga non ci sarebbe stata.

Walter ingoiò un’imprecazione. Poi un’altra ed un’altra ancora, infine si fece coraggio e si riavvicinò allo specchio per concludere l’opera che aveva cominciato. Lord Hellsing lo attendeva per le solite faccende e lui non poteva permettersi di tardare.

 

Considerarsi vecchio a quarant’anni poteva sembrare un’esagerazione, ma Walter non riusciva a togliersi l’idea dalla testa. E si chiedeva come potesse Alucard, sempre uguale a se stesso nonostante gli anni che passavano, trovarlo ancora interessante ora che non aveva più quel bel faccino giovane di una volta. Ma per il vampiro sembrava che nulla fosse cambiato.

L’unica novità rispetto a vent’anni prima era che non chiamava più il maggiordomo “ragazzino”, ma si era finalmente deciso a chiamarlo per nome; per il resto le missioni continuavano, sempre più di rado ora che la guerra era finita e non tutti si stavano abituando alla solita pace.

Fino a che a lord Hellsing non venne l’idea di sigillare il vampiro, una sorta di periodo di ferie prolungato. Il vampiro aveva accettato senza discutere, Walter era rimasto in silenzio, ma da ridire ne aveva fin troppo.

< Tranquillo, Walter. Se sentirai così tanto la mia mancanza potrai sempre chiedere di farmi risvegliare.>

Le occhiate omicide dell’uomo erano rimaste le stesse della sua gioventù.

< Non dire assurdità.>

Si fissarono a lungo prima che il maggiordomo si lasciasse andare ad un sospiro, sistemandosi meglio la coda di cavallo.

< Quando ti risveglierai mi rivedrai come un vecchio. O forse sarò già morto quando riaprirai gli occhi.>

< Se non sei morto fino ad ora credo che potrai sopravvivere per una trentina di anni, anche senza di me a farti da balia.>

< Forse non mi riconoscerai nemmeno. Non ti sembrerò più quello di un tempo; a volte mi chiedo come sarebbe stato se le cose fossero andate diversamente…>

< Walter.>

< Ah, non preoccuparti per me. Ho capito quello che volevi dire. Ho capito.>

 

Un fruscio più forte riscosse Walter dai suoi ricordi; Alucard era ancora accanto a lui, appoggiato al parapetto, ma sembrava leggermente irrequieto.

< Vado. E’ una così bella notte per andare a caccia, sarebbe un vero peccato sprecarla.>

Il vecchio maggiordomo annuì mordendosi il labbro come faceva quand’era giovane e nervoso.

< Domani ci sarò anch’io al convegno per proteggere sir Integra.>

< Vedi di non esagerare, vecchio.>

Ancora quel ghigno, uguale negli anni, e poi la figura scura che si lanciava nella notte, rapida e silenziosa.

Walter sorrise e rimase fermo in quella posizione per un paio di minuti, ricordando ancora.

Aveva voluto dirgli che quel che doveva capire l’aveva capito, che finalmente si era reso conto di quanto fosse prezioso rimanere umani e morire come tali; gliel’aveva detto perché non era certo che l’avrebbe più rivisto, perché mentre Alucard riposava lui sarebbe potuto morire senza più rivolgergli la parola.

Voleva che il vampiro conservasse un ricordo decente di lui, tutto lì.

Ma in realtà non era passata sera senza che Walter rimpiangesse la scelta di quel rifiuto, non c’era stata ora che non avesse pensato a quanto sarebbe stato meraviglioso restare giovani per sempre e non sentire le forze abbandonarlo, la vista indebolirsi e il corpo farsi pesante, come gli stava accadendo.

No, Alucard si era rifiutato di donargli l’immortalità e lui aveva dovuto cercarla da qualche altra parte; anche a costo di non essere più umano, un prezzo minimo dal suo punto di vista.

Perché in realtà lui non aveva capito.

In realtà quella era solo una bugia.

Lentamente il vecchio si ritirò nella sua stanza, deciso a rimettersi in forze per poter svolgere al meglio il suo compito di proteggere lady Hellsing. Almeno fino a che non sarebbe giunto il momento di riappropriarsi della giovinezza che gli era stata strappata via.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Hellsing / Vai alla pagina dell'autore: Nezu