Cantami,
o Diva,
del Pelide Achille
l’ira
funesta,
che infiniti addusse
lutti
agli Achei,
molte anzi tempo all’Orco
generose
travolse
alme d’eroi
e
di cani e
d’augelli orrido pasto
lor
salme
abbandonò (così di Giove
l’alto
consiglio
s’adempìa), da quando
primamente
disgiunse aspra contesa
il
re de’ prodi
Atride e il divo Achille.
Cantami,
o Cordelia, del divino Angel
il
bene travolgente, che infiniti addusse
lutti
alla Wolfram & Hart, molte anzi tempo all’inferno
generose
travolse alme di demoni e
di
cani e d’augelli orrido pasto
lor
salme abbandonò (così delle Forze
dell’Essere
l’alto
consiglio s’adempia), da quando
primamente
disgiunse aspra contesa tra*
l’animo
malvagio Angelus e il divo Angel.
Note
dell’autore
*Ho
aggiunto un “tra”, così
l’ultimo rigo si comprende meglio, nonostante non sia
presente nell’originale
(e nemmeno nella traduzione).
Per
il proemio dell’opera di
Omero, ho utilizzato la traduzione di Vincenzo Monti, risalente al 1810.