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Autore: Psiche_delica    02/05/2012    3 recensioni
Queste sono le uniche parole che sono impresse nella mia mente.
Queste sono le uniche parole che mi fanno correre verso di lui.
Queste sono le uniche parole che mi hanno aperto gli occhi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Damon/Elena
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Over bite

 






Damon è stato morso.
 
 
Queste sono le uniche parole che sono impresse nella mia mente.
Queste sono le uniche parole che mi fanno correre verso di lui.
Queste sono le uniche parole che mi hanno aperto gli occhi.
 
 
Lui, il vampiro più egocentrico, più odioso, più strafottente, più vanitoso è stato morso ed io corro. Corro e piango.
Perché non può finire così. Non deve finire così, non ora che ho capito.
Non ora che ho capito cosa lui sia per me.
Damon non può morire.
Continuo a correre anche se i muscoli delle gambe iniziano a bruciare, anche se il fiato comincia a dimezzarsi, anche se le lacrime mi annebbiano la vista.
Urto qualsiasi passante e non mi curo di chiedere scusa, perché per me in quel momento c’ è qualcosa di più importante. C’ è Damon.
Continuo a correre e sento la pioggia lavare via le mille lacrime, la sento farsi strada in ogni fibra del tessuto dei miei vestiti ed è terribilmente fredda. Ma poco importa, devo correre, devo arrivare da lui. E quando finalmente intravedo la casa sento il mio cuore accelerare i battiti e mi do della stupida per non aver mai dato peso al significato che questo cuore martellante aveva quando lui era vicino a me. Davo per scontato che fosse la paura della sua imprevedibilità, ma in realtà era tutt’ altro. Era attrazione e lui lo sa. L’ ha sempre saputo.
Continuo a correre fino a quando non sono di fronte l’ enorme portone. Rimango lì  per un po’, ma al diavolo le buone maniere! Mi affretto ad entrare e lo chiamo.
Damon!
Ho il respiro affannato per la corsa e sento le vene pulsare per lo sforzo e la gola bruciare.
Mi volto verso il salone per cercarlo, ma non c’ è. Continuo così a chiamarlo.
Damon…”, ma nessuna risposta.
Improvvisamente sento un rumore e mi volto subito verso i piani superiori. Deve essere in camera, come avevo fatto a non pensarci prima?
Con la consapevolezza di essere sotto il suo stesso tetto riprendo la mia corsa.
Ogni scalino è una fitta ai polmoni, ma non mi importa, non se tutto questo male mi conduce a lui.
Finalmente sono al piano di sopra e giro su me stessa cercando di capire quale sia la sua stanza. In altre situazioni l’ avrei facilmente trovata, ma ora con la paura, con la stanchezza, con il cuore in gola non riesco a distinguere niente ma quando sento un suo gemito capisco. Mi volto verso sinistra e raggiungo quella porta chiusa. Stringo gli occhi per la paura di quello che potrei trovare davanti ai miei occhi e apro la porta.
 
 
 
 
 
**
 
 
 
Sono disteso sul letto. Completamente morente e quel dannatissimo morso brucia. Brucia più di quanto avessi mai creduto e non lo sopporto.
Sono disteso sul letto. Sul mio letto, un letto che ne ha viste di brutte e di belle, e ora accoglie me, madido di sudore, mentre lotto per rimanere su quel filo che mi permette di essere tra la vita e la morte.
Cerco di sistemarmi meglio sul letto e gemo per il dolore che quel maledetto veleno sta facendo al mio corpo. Senza pensare strappo la camicia che indosso e me ne libero. Sento caldo, troppo caldo e la ferita brucia, brucia e prude. Vorrei asportarla ma non posso e anche se fosse possibile il veleno ormai è in circolazione e sta raggiungendo ogni mia cellula, lo sento.
Sento che sto per morire e ogni minuto in più che mi avvicino alla morte non posso non pensare a lei.
Lei che, forse, dopotutto sarà contenta di vedermi morire. Non sarò più un peso per lei e per mio fratello, non dovrò più vedere i suoi occhi cambiare e diventare freddi e scostanti quando sono con lei nella stessa stanza, non dovrò più vedere il suo corpo irrigidirsi per la mia presenza.
Penso a lei che, nonostante io non sia niente per lei, che non valga niente, ne sono perdutamente innamorato.
Continuo a pensare a lei che sorride per me, ma queste sono solo le prime allucinazioni di una lunga serie e un po’ ne sono felice. Potrò finalmente provare cosa voglia dire ricevere un suo sorriso, perché non l’ ho mai ricevuto. Mai un gesto dolce, eppure la amo. La amo perché mi ha fatto battere il cuore quando scese le scale correndo e sorridendo e facendomi credere che venisse da me, per vederla poi tra le braccia di Stefan. In quel momento ci ho creduto davvero, ho creduto davvero che nonostante tutto lei avesse cambiato idea su di me. Infondo ho sempre dato la vita per lei. Perché sembra non accorgersene?
Perché sono il nulla, forse.
E proprio perché sono il nulla mi trovo solo, mi trovo a morire solo.
Anche se la vorrei vicino a me. La vorrei vicino a me anche se dovesse guardarmi disprezzandomi, almeno potrei bearmi comunque di lei.
Comincio a sentire la testa sempre più pesante e gli occhi pungere. Stringo i pugni, ma mossa del cazzo. I miei muscoli sembrano andare a fuoco e gemo di dolore.
Respiro profondamente cercando di calmare il dolore e di creare dinanzi a me l’ immagine di lei.
Elena…oh Elena.
Quanto vorrei essere diverso per avere un briciolo della tua attenzione.
E una lacrima scende. Una, in tutta la mia esistenza.
Improvvisamente sento chiamarmi, ma non capisco bene. I miei sensi si sono indeboliti e non do peso a niente, penso che sia la mia ennesima allucinazione. Ma poi una voce si fa sempre più profonda e continua a chiamarmi e allora cerco di rispondere ma mi è totalmente impossibile. Cerco di alzarmi dal letto ma faccio cadere tutti i libri che erano sul comodino e quando toccano terra delle foto di Elena si spargono sul pavimento e io mi lascio andare con loro. Quelle foto che la ritraggono mentre dorme le ho scattate quando giungeva la notte. L’ unico momento della giornata che amavo, perché potevo esserle vicino e a volte accarezzarla.
Il braccio brucia ancora, ma ora capisco che non è niente in confronto al dolore che provo per lei.
E una nuova lacrima scende.
Quanto vorrei dirle che l’ amo.
Quanto vorrei vederla sorridere per me.
Ma tutto ciò non sarà mai possibile. Sto morendo.
E morirò con il ricordo di lei tra le braccia di mio fratello.
Ma non importa. Lei sarà la mia Elena, sempre.
 
 
**
 
 
Entro cautamente e sgranò gli occhi, imperlati di lacrime. Damon è a terra vicino al letto e stringe dei fogli tra le mani. E’ a terra e respira con difficoltà e non posso non notare lo sforzo che fa nel respirare. Il suo corpo è imperlato di sudore e senza pensare corro da lui. Mi inginocchio a terra e prendo una sua mano tra le mie.
Damon!” lo chiamo nuovamente e quando abbasso lo sguardo incontro il morso. E’ in quel momento che sento lo stomaco chiudersi, è uno scenario orribile e rivoltante e penso solo al dolore che lui può provare.
Lo vedo aprire gli occhi e girarsi verso di me ed è come se…come se sognasse.
“Sei tu? Davvero?” mi chiede scetticamente.
Prendo la sua mano e la porto sul mio viso. Continuo a piangere e sento il cuore stringersi per la possibilità che non mi riconoscesse.
“ Sono io, davvero” gli rispondo e lui continua a guardarmi con gli occhi appesantiti e stanchi.
Scansa immediatamente la sua mano e se la porta al petto.
“Non può essere. Tu non puoi essere qui. Tu mi odi, tu…dovresti essere contenta di tutto questo” lo sento dire e il mio cuore si frantuma. Solo in questo momento capisco tutto il dolore che posso avergli inflitto escludendolo dalla mia vita. Io non potrei essere contenta della sua morta, mai.
Damon sono io e sono qui…sono qui per te” gli dico poggiando le mie mani sulle sue spalle.
Lui scuote la testa di rimando.
“Sei solo la mia ennesima allucinazione…magari ora mi dirai di volermi bene” e sfodera un sorriso strafottente e io mi sento morire. Come posso fargli capire che è tutto vero?
Come posso fargli capire che la realtà ha voltato faccia?
“No!” urlo e gli prendo il volto tra le mani. Voglio che mi guardi negli occhi, almeno potrà capire che non mento. “Guardami” gli dico.
Lo vedo guardarmi e una smorfia di dolore gli si dipinge sul volto e capisco che è per via della ferita, così prima di parlare cercò di alzarlo.
“Cosa fai?” mi chiede con affanno.
“Ti rimetto a letto” dico cercando di non far uscire le lacrime e lo sento alzarsi da terra e stendersi sul letto. Finalmente è sdraiato e mi perdo nella sua bellezza.
Come avevo fatto a non notarla?
Come potevo averlo lasciato in un angolo quando lui chiedeva di essere amato?
A lato del letto vedo quello che doveva rimanere della sua camicia e inizio ad asciugargli la fronte e faccio in modo che la sua schiena poggiasse sul mio petto.
“Se tu sei veramente te perché…perché fai questo?” mi chiede tenendo gli occhi chiusi.
Già perché lo sto facendo?
Stringo involontariamente una sua mano e mi abbasso per arrivare alla sua stessa altezza.
“Per lo stesso motivo per cui sono qui…” dico accarezzandogli una guancia.
“ E’ più patetico di quanto credessi” dice e non comprendo le sue parole, mi limito a guardarlo.
“Ti faccio così pena?” mi chiede con un debole sussurro aprendo questa volta gli occhi e puntandoli nei miei.
A quella domanda rimango allibita. Non so cosa stia pensando ma so con esattezza che non è niente di buono.
Damon io…” ma non so nemmeno io quello che voglio dirgli. Prima di entrare in quella stanza sapevo benissimo cosa avrei dovuto dirgli, ma ora questi occhi mi stanno mettendo in difficoltà.
Elena non sei obbligata a darmi il contentino prima di morire. Non ce n’ è bisogno…non sono mai stato nulla per te non credo che possa essere cambiato qualcosa…” mi dice e soffro. Soffro nel sentirlo parlare così ma infondo cosa potevo aspettarmi? Lui soffre tutt’ ora e forse la mia vicinanza gli sta rendendo le cose solo peggio di quanto possano essere.
Ma devo provarci.
Deve saperlo.
“Io non ti sto dando nessun contentino. Io…io…”
“tu cosa?” mi chiede chiudendo gli occhi.
Prendo un profondo respiro e lo dico. “Io…sono innamorata di te” e stringo gli occhi in attesa di una sua sfuriata, ma intorno a noi c’ è il silenzio.
D’ un tratto sento la sua risata e sento le lenzuola arricciarsi per la forte presa di Damon.
Inizia a tossire e le lenzuola si sporcano di sangue e io non so cosa fare. Rimango immobile mentre lui continua a contrarsi per il dolore e solo capisco quello che devo fare. Mi muovo verso di lui e gli volto il viso verso di me. Scopro il polso e lo avvicino a lui.
“Levati” mi dice freddo e rimango a fissarlo non scostando il braccio. “Ti ho detto di levarti, sei sorda?” mi dice nuovamente con più freddezza e il mio cuore sembra perdere un battito.
Abbasso così lo sguardo e tolgo il polso da dinanzi a lui.
“Preferisci il collo?” gli chiedo con timore. Avrei fatto qualunque cosa per lui. Ora che sapevo di amarlo avrei dato la mia vita per lui.
“Voglio che tu te ne vada”.
 
 
**
 
 
Sono costretto a dirle quelle cose. Ora che sa di amarmi non posso permettermi di essere dolce con lei perché quando morirò una parte di lei se ne andrà con me e io non posso permetterlo, non me lo perdonerei mai. Ma vedo il suo volto rigarsi di lacrime e mi do del coglione perché in qualunque modo riesco solo a farla soffrire.
Abbassa gli occhi e avvicina le mani alla mia. La prende tra le sue e piange.
“Ti prego non cacciarmi…so perfettamente che non mi ami…so che per te sarà sempre Katherine…ma io amo te e vorrei stare qui con…te” dice e sento il suo cuore  battere più lentamente.
Quelle parole mi stanno distruggendo l’ anima. È un’ intera esistenza che spero di poterle sentire e ora che posso devo rifiutarle.
Senza che mi dia il tempo di rispondere si sdraia vicino a me e posa il viso sul mio petto mentre la mano  poggia sulla mia pancia.
Questo contatto che ho sempre bramato mi scalda il cuore e mi fa sentire più vicino a lei.
Lei mi ama. Ha detto di amarmi. La mia Elena ha detto di amarmi e io cosa dovrei fare?
Non sarà mai Katherine, sarai sempre te…perché io amo te” le dico tenendo gli occhi chiusi e cercando di non sprecare le energie che mi stanno consumando.
La sento muoversi e affondare il viso nell’ incavo del mio collo.
“ Avresti dovuto conoscermi nel 1864 ti sarei piaciuto di più” le dico abbozzando un sorriso.
“Mi piaci ora, cosi come sei.” E le sento.
Dopo tanto sognare, dopo tanto fantasticare sento le sue labbra finalmente sulle mie e non mi allontano. Rimango fermo per la debolezza anche se avrei voluto ricambiarlo e renderlo più pieno d’ amore.
“Grazie..” le dico e sorrido. Ma di nuovo un altro bacio e un altro ancora.
“Promettimi che vivrai…” mi chiede con voce bassa e il mio cuore muore per un seconda volta. Non posso prometterle una cosa simile. Non posso farlo perché la morte stessa mi sta tirando per un braccio.
Ma mento. “Te lo prometto”
E quando sto per baciarla sulla fronte una terza persona entra dentro la mia stanza.
“ Sono io che potrei prometterti di farlo vivere” dice e la riconosco. Katherine.
Elena  si alza leggermente dal letto e la squadra dalla testa ai piedi mentre io con difficoltà riesco a tenere gli occhi aperti.
“Che intendi?” le chiede con un tono di sfida.
“Questo” risponde la vampira centenaria mostrandole un flacone scarlatto.
Lo riconosco, è sangue.
Ka-Katherine…cos’ è?” le chiedo debolmente sentendo che le forze stanno per annullarsi.
“Il tuo antidoto” risponde e si avvicina con fare suadente a noi.
Elena si stringe a me e sono felice per questo.
Vedo a malapena Katherine lanciare il flacone ad Elena e la sento. “Guarisci presto Mr. Salvatore” dice per poi dileguarsi e con fatica mi volto verso lei.
La vedo stappare il flacone e porta alle mie labbra quel sangue. E quando lo bevo mi accorgo della diversità. Non è un sangue comune, che funzioni davvero?
“So che vivrai” mi dice e rimettendo il tappo al flacone si sdraia nuovamente. “perché non puoi lasciarmi sola, non ora che sappiamo di amarci” e ha ragione.
Non posso morire ora.
Non posso lasciarla.
 
   
 
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