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Autore: PiccolaEco    02/05/2012    6 recensioni
I cyborg: macchine nate per distruggere, non per creare.
Esseri la cui unica missione è uccidere, non generare.
Ma può un cyborg innamorarsi, provare dolore, sentire la mancanza di qualcuno, avere rimpianti per il passato?
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 17, 18
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What’s your destiny, Cyborg 18?

Un tonfo e subito dopo vide  il bicchiere frantumarsi in mille schegge trasparenti.  Brutto presagio, non c’era altra spiegazione.
Tese le orecchie e restò in allerta, ma non accadde nulla. Non sentì nemmeno i passetti della piccola Marron, il che significava che la bambina stava ancora beatamente dormendo nel lettino in camera sua.Si chinò e iniziò a raccogliere pazientemente i cocci di vetro per evitare che qualcuno potesse ferirsi camminandoci sopra. Fu proprio allora che una gelida corrente d’aria, proveniente dalla finestra alle sue spalle, la investì in pieno.
–Ciao, C-18. Come te la passi?-.
La bionda si voltò di scatto verso la voce e sbarrò gli occhi azzurri, visibilmente sorpresa. Quella era sicuramente l’ultima persona che si sarebbe aspettata di trovare davanti.
–Tu c-che ci fai qui?
–Oh, sinceramente mi aspettavo un'accoglienza più calda da parte tua...
–E tu? Credevo che Cell ti avesse assorbita… e invece ti trovo in perfetta forma- le disse il cyborg dai capelli scuri, balzando con eleganza giù dalla finestra ed entrando in casa, fradicio d’acqua. Fuori, intanto, continuava a diluviare e il vento ululava feroce.
Ai piedi del bel ragazzo si formò presto una pozza d’acqua, ma la giovane sembrò non preoccuparsene, nonostante avesse da poco finito di ripulire il pavimento. 
–Beh, non ci crederai ma anch’io ho fatto la tua stessa fine- esordì lei avanzando lentamente verso la finestra per chiuderla. –Devono essere proprio difficili da digerire i cyborg per Cell-.
C-18 detestava esternare il proprio stato d’animo, così cercò in tutti i modi di mantenere davanti al fratello quel suo solito atteggiamento calmo e impassibile, sebbene dentro di lei era tutt’altro che tranquilla.
–Tu, piuttosto…- riprese a un tratto, voltandosi verso di lui –…come hai fatto a trovarmi?-. Lo fissò gelidamente negli occhi, in quegli occhi così identici ai suoi, sperando che in tal modo non trapelasse il turbine di emozioni che aveva dentro. Cercò di regolarizzare il battito cardiaco e il respiro, ma C-17 continuò a fissarla come per scrutarle fin dentro l’anima. –Niente di più semplice: è bastato che seguissi il tuo radar- C-18 dilatò le pupille, presa alla sprovvista. –Ma questo non è possibile! Io…-. Stava per commettere il più grosso errore della sua vita: quasi dimenticava la feroce ostilità del gemello nei confronti degli esseri umani. No, non poteva rivelargli una cosa del genere, non solo perché gli avrebbe procurato una forte delusione, ma anche perché avrebbe attirato su di sé e sulla sua famiglia la sua ira. E sapeva perfettamente quanto C-17 potesse diventare pericoloso quando si arrabbiava. 
–Perché non è possibile?- le domandò il cyborg, accigliandosi. Dannazione, doveva inventarsi qualcosa di convincente e alla svelta, anche. C-17 era una macchina troppo furba e intelligente per bersi una qualunque storiella inventata al momento…ciò significava che non avrebbe impiegato molto a smascherarla e allora la sua ira sarebbe stata ancor più spaventosa, in quando lei non aveva mai osato mentirgli tanto spudoratamente in tutta la sua vita. Per la prima volta, in venti maledettissimi anni di esistenza, C-18 si sentiva a disagio e in difficoltà. Si poteva dire, anzi, che avesse persino…paura?.
Deglutì e spostò lo sguardo verso il basso, ma il ragazzo le prese delicatamente il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. –Guardami e dimmi che non stai cercando di mentirmi. Ti conosco fin troppo bene, sorellina, e so che mi stai nascondendo qualcosa. Avanti, parla!-.
Le stinse ancora di più il mento, tanto che la bionda dovette stringere gli occhi dal dolore. Non appena se ne rese conto, il cyborg allentò la presa e il volto di C-18 tornò a rilassarsi. Riaprì gli occhi e appoggiò la testa al muro, costringendosi così, senza volerlo, a guardare dritta negli occhi il fratello. –Perché sei venuto? Che cosa vuoi da me?-.
Il cyborg dai capelli scuri si avvicinò ancora di più, tanto che la giovane potè sentire il respiro caldo investirle in pieno il viso bianco. 
–Voglio che vieni via con me, adesso. Non voglio stare nemmeno un minuto di più lontano da te. Mi sei mancata.
Ebbe un flash: vide lei poco tempo prima, a bordo di un furgone, mente imbracciava un fucile e mitragliava chiunque tentasse di ostacolare il loro passaggio. Non provava rimpianto, senso di colpa, dolore: era una fredda macchina costruita per uccidere. Tornare con C-17 significava tornare a quella vecchia vita di pericoli, furti, uccisioni, minacce. Significava tornare ad essere una macchina priva di vita.
–Io…io non posso, C-17. Mi dispiace-. Avrebbe voluto spiegargli il motivo di quella decisione, ma farlo voleva dire mettere a rischio la vita di Crilin, di Marron e anche sua.
Tentò di oltrepassarlo per troncare lì la loro discussione, ma il cyborg non glielo permise: con un colpo secco tornò ad incastrarla al muro.
–Lasciami andare, ti prego. Non rendermi le cose più difficili di quanto non lo siano.-
–Non ti lascerò finchè non mi avrai detto tutta la verità. Per il tuo bene, parla.-
–Non farlo, C-17. Non costringermi…-
–PARLA, CAZZO!-
–Per favore, sveglierai la bambina!-. 
C-17 indietreggiò di colpo, ma anzicchè approfittare della situazione, C-18 rimase immobile dov’era: nessuna fibra del suo corpo sembrava voler rispondere ai suoi comandi.
–Una bambina…- ripetè sconvolto il gemello – Q-quale bambina?
–Mia... figlia
Per qualche attimo non riuscì a pronunciare altro, così come lui, perciò rimasero in silenzio entrambi, la prima per la delusione provocata, il secondo per la confusione che la sorella gli aveva creato. Quest’ultimo, poi, sorrise amaramente, non potendo credere a ciò che aveva appena udito; la gemella, in tutta risposta, abbassò lo sguardo verso un punto imprecisato del pavimento. Non sarebbe riuscita a guardarlo, anche solo per un istante in più, in quegli occhi gelidi come il ghiaccio. Gelidi come le parole che le aveva rivolto fino a quel momento. Come potevano due occhi essere così identici e rispecchiare, al contempo, due esseri così diversi?
–Una bambina…che ironia della sorte, vero? Io, che detesto con tutto me stesso gli esseri umani, mi ritrovo improvvisamente una gemella che si è sistemata con loro. Che delusione!-
C-18 alzò lo sguardo per un attimo, soltanto per leggere l’espressione che vi era dipinta sul viso: era sarcastica, agghiacciante e non vi era nemmeno la minima traccia d’ira. E questo la spaventò maggiormente, in quanto era un’espressione del fratello che non aveva mai visto prima.
Il cyborg rise ancora amaramente. –Guardati, C-18: ti sei proprio rammollita. Fino a ieri nemmeno avresti pensato di sposarti, avere una casa, una famiglia…e adesso? Ti ritrovi a fare la brava mogliettina e la mamma amorevole. E lui? Dov’è il tuo adorato maritino? Ti sta forse tradendo con un’altra?-
–E’ partito per un viaggio d’allenamento insieme a Gohan e Junior. Tornerà qui fra due o tre giorni massimo- rispose lei distrattamente. –Un viaggio d’allenamento, eh? Ma bene…così quando tornerà potrò accoglierlo come si deve-. Fu come una molla che, se tirata troppo, quando viene rilasciata schizza alla velocità della luce: allo stesso modo, le parole di C-17 scatenarono una furia nell’animo di C-18. Scattò in avanti, lo afferrò per il colletto della maglia e sfidandolo con lo sguardo gli rivolse le parole più taglienti che potessero mai uscirle dalla bocca.
–Tu prova soltanto a toccare mio marito o mia figlia e giuro che ti elimino dalla faccia della Terra, dovessi anche rinnegare di essere la tua gemella…
Per un attimo si sentì di nuovo padrona di se stessa.
Per un attimo fu come ritornare la vecchia cyborg C-18, pronta a uccidere chiunque l’avesse ostacolata. E di questo anche C-17 se ne accorse, tant’è che sorrise beffardamente, come a farle notare di essere tornata quella di un tempo.
–Non puoi rinnegare la tua natura di cyborg, C-18. Tu sei come me: sei nata per distruggere, non per creare. E per quanto tu voglia essere un’umana, ci sarà sempre una parte di te che ti ricorderà di essere un cyborg.-
La donna strinse ancor più la maglia del fratello, ma poi mollò la presa e abbassò la testa in modo tale che la frangia bionda le coprisse gli occhi. –Vattene via, C-17- sussurrò piano quanto bastava perché il cyborg potesse sentirla –Vattene via, costruisciti una vita tua, con una donna tua, una casa tua, una famiglia tua e lascia che io viva la mia vita.-
Era una richiesta? Un ordine? Una supplica? Questo né l’una né l’altro seppe dirlo con esattezza. Forse erano tutt’e tre le cose o forse non era nessuna.
–Ma allora non capisci?- sbottò il ragazzo afferrandola per le spalle per riscuoterla: vederla così lo faceva dannatamente infuriare, come può infuriarsi un toro quando gli viene sventolato davanti un fazzoletto rosso. –Io non voglio nessun altra donna nella mia vita che non sia tu!-
La stava stringendo forte, troppo forte, fino a farle un male lancinante. Ancora una volta C-18 si vide costretta a stringere gli occhi dal dolore, ma stavolta C-17 sembrò non curarsene. 
–Mi stai facendo male, C-17…-
–Anche tu mi stai facendo male, dannazione! Riprenditi: che fine ha fatto la temeraria C-18 di una volta, quella che non ci pensava due volte a far fuori chiunque la ostacolasse, quella che ha avuto la faccia tosta di accettare un duello contro un Sayan e di batterlo senza il minimo sforzo? Dov’è la mia C-18? –L’ho eliminata dal mio corpo, esattamente come tanti anni fa Cell fece con me.
C-17 sospirò e appoggiò la testa al muro, oltre la spalla della sorella. Minuscole gocce di pioggia colarono giù dai capelli pece del cyborg, finendo sulla maglia della bionda.
–Perché? Perché ti ostini a essere qualcuno che in realtà non sei? Non sarebbe più facile mollare tutto e venire via con me?-
–Non posso,C-17. Non posso tradire Crilin, non dopo tutto quello che ha fatto per me…mi ha protetta, salvato la vita, mi ha…voluto bene. Sarei un’ingrata se ora abbandonassi questa vita e ti seguissi-
–E’ questo, allora? E’ solo per riconoscenza che stai con lui?- 
–Io sto con lui perché…me ne sono innamorata.
Fu allora che la rabbia di C-17 esplose come la bella C-18 non aveva mai visto. Lui l’afferrò nuovamente per le spalle, stavolta con maggiore forza di prima, impiegando ogni muscolo delle proprie braccia, la incastrò con le spalle al muro, la guardò negli occhi e digrignando i denti proferì le parole più dure che lei avesse mai sentito in tutta la sua vita. –I
cyborg non amano, C-18. Lo vuoi capire che siamo soltanto macchine create per distruggere e niente di più? Siamo nati per uccidere, questo è l’unico destino di un cyborg. E tu non fai eccezione-.
–Il mio destino è un altro, C-17. Il mio destino è restare qui, sulla Terra, e vivere la mia vita, una vita che gestisco io e per cui non devo essere soggetta a nessuno. Non sono più un cyborg, sono un essere umano. Sono libera-
Il respiro le si fece più pesante, il battito riprese ad aumentare; intanto minuscole gocce di sudore le imperlavano la fronte, risaltando l’azzurro degli occhi.
–E’ davvero questo quello che vuoi? Sei proprio sicura che sia questo il tuo destino?- domandò il moro dopo attimi di silenzio.

Il destino lo scriviamo noi, fratello mio. Nessuno si prende la briga di scriverlo al posto nostro, semplicemente perché poi non vuole vedersi costretto a correggere e cancellare eventuali errori. Agiamo e sbagliamo con la nostra testa e ci assumiamo le eventuali conseguenze. Ma almeno non dipendiamo da nessuno e credo sia questo il vero obiettivo di ogni cyborg: la libertà di agire come meglio gli pare.- 
D’un tratto C-17 si ritrovò a pensare che la sua cara sorellina era davvero cambiata, che quello non era l’ennesimo colpo di testa che le era preso all’improvviso e che, forse per la prima volta, stava ragionando come…un’umana e non come un cyborg. E doveva ammettere anche che, sebbene C-18 fosse stata sempre una “testa calda”, a differenza sua aveva sempre agito responsabilmente, pensando due volte prima di agire. Beh, a parte quando si trattava di uccidere: là l’aveva sempre guidata l’istinto prima ancora che la ragione. Improvvisamente C-17 compì un gesto che né lui stesso né la gemella si sarebbero mai aspettati: le cinse i fianchi e l’abbracciò. In un primo momento la bionda restò stupita da quel gesto, ma poi, circondando le braccia dell’altro, rispose all’abbraccio. Affondò il viso nell’incavo del collo di lui e aspirò l’odore di terra e di erba bagnata che impregnavano gli abiti del cyborg. Si sentì poi cullata dalla possente mano del ragazzo che gli accarezzava delicatamente i capelli oro: era forse il primo e unico gesto protettivo che C-17 le avesse mai rivolto fino ad allora.
–Perché…perché dovevamo essere gemelli?- le sussurrò, senza però smettere di passarle una mano tra i capelli. C-18 interpretò male quelle sue parole, tuttavia restò in silenzio e attese che il gemello le desse qualche spiegazione. –Detesto avere davanti ciò che so di non poter avere…-
Se prima la ragazza era rimasta sconcertata dalle parole del cyborg, ora ne era confusa. 
–Che cosa vuoi dire...?- gli chiese staccandosi leggermente da lui. C-17 le prese una ciocca bionda e iniziò a passarla tra il pollice e l’indice della mano sinistra. Era intenzionato a tirar fuori tutto quello che aveva dentro, tutto quello che aveva tentato disperatamente di reprimere nei suoi patetici vent’anni di esistenza, eppure, proprio all’ultimo secondo, decise di tacere.
“I cyborg non amano, C-17, Sono solo macchine create per distruggere e nulla più”
ricordò a se stesso. Non era forse questo che aveva appena detto alla sua sorellina?
–Lascia stare, non capiresti.- le disse infine in un sospiro, staccandosi da lei e avviandosi alla finestra. Saltò sul davanzale e si accovacciò, ma prima di ripartire si voltò a guardare per l’ultima volta la gemella. Decise di rivolgere un’ultima, semplice domanda, poi sarebbe sparito per sempre dalla sua vita.
–C-18…sei felice?-. In un primo momento la bionda restò sorpresa da quella domanda, poi però lo guardò e gli sorrise teneramente.
–Sì, C-17. Ho scritto io la strada per il mio destino, quindi posso ritenermi felice.-
Anche l’altro sorrise, malinconicamente. –Qualora tu ne abbia bisogno, semmai questa vita dovesse farti soffrire, sappi che sarà sempre libero un posto insieme a me. -

La ragazza gli accarezzò un guancia con il dorso della mano. –Io ti apparterrò sempre, C-17. Siamo gemelli e questo non potrà mai cambiare, qualunque sia il nostro destino.- Passarono altri pochi istanti di silenzio: entrambi si limitarono a guardarsi, quasi volessero imprimere l’uno il volto dell’altra nella propria mente per non dimenticarlo. 
–Addio, C-18. Stammi bene e abbi cura di te-
–Addio, C-17. Ti auguro buona fortuna, per tutto-
Poco dopo il cyborg era sparito tra i grossi cumuli di nubi nere.

C-18 si accasciò delicatamente sul pavimento, mentre calde e silenziose lacrime le rigavano le bianche guance.
Una piccola mano le accarezzò delicatamente i capelli. Per un attimo C-18 credette che lui fosse tornato per non abbandonarla mai più. Ma quando si voltò vide il visino tondo di sua figlia mentre la scrutava con apprensione. –Mamma, tutto bene? Perché piangi?-
Come avrebbe potuto spiegare ad una bambina così piccola quello che aveva dentro, a maggior ragione se nemmeno lei riusciva a spiegarselo?
Avvertì un bruciore alla mano, la girò e vide due rivoli di sangue attraversarla fino al polso: doveva essere rimasta ancora qualche scheggia di vetro sul pavimento.
–Vedi, la mamma si è solo tagliata. E’ tutto a posto, piccola.- mentì asciugandosi in fretta le lacrime. La bambina l’abbracciò e le accarezzò i capelli come poco prima, poi le schioccò un bacio sulla guancia. –Adesso va meglio, mammina?-. 
C-18 sorrise tra le lacrime. –Sì tesoro. Adesso la mamma sta bene.-

*Angolo autrice*:

Dunque, in tutta sincerità, questo è il mio primo esperimento nel fandom di Dragon Ball. Vi prego di apprezzare lo sforzo che ho impiegato nel scrivere la fan fiction: l’ho letta, riletta, modificata, cancellata e riscritta. Questo non significa però che debba piacervi per forza…anzi, nessuno vi vieta di darmi una pesante bandierina rossa o qualcosa di simile. Quello che vi chiedo è di non essere troppo severi o acidi nel darmi un giudizio: le cose si possono spiegare bene e con calma, le critiche aspre, a mio parere, non portano da nessuna parte. 
Ci tenevo molto a pubblicare qualcosa sulla pairing C-17/C-18, sebbene siano gemelli. Hanno sempre avuto un certo fascino nascosto che li idealizzava come una possibile coppia, o quantomeno questa è la mia opinione. Spero di non averli resi troppo OOC: in ogni caso l’avvertimento lo metto lo stesso, poi aspetto un vostro giudizio. Grazie per aver letto fin qui, a presto!

PiccolaEco

  
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