What’s
your destiny,
Cyborg 18?
Un tonfo e
subito dopo vide il
bicchiere
frantumarsi in mille schegge trasparenti.
Brutto presagio, non c’era altra spiegazione.
Tese
le orecchie e restò in allerta, ma non accadde nulla. Non
sentì nemmeno i
passetti della piccola Marron, il che significava che la bambina stava
ancora
beatamente dormendo nel lettino in camera sua.Si chinò e
iniziò a raccogliere pazientemente i cocci di vetro per
evitare che qualcuno potesse ferirsi camminandoci sopra. Fu proprio
allora che
una gelida corrente d’aria, proveniente dalla finestra alle
sue spalle, la
investì in pieno.
–Ciao,
C-18. Come te la passi?-.
La bionda si voltò di scatto verso la voce e
sbarrò gli occhi azzurri, visibilmente
sorpresa. Quella era sicuramente l’ultima persona che si
sarebbe aspettata di
trovare davanti.
–Tu c-che ci fai qui?
–Oh, sinceramente mi aspettavo un'accoglienza più calda da parte tua...
–E
tu? Credevo che Cell ti avesse assorbita… e
invece ti trovo in
perfetta forma- le disse il cyborg dai capelli scuri, balzando con
eleganza giù
dalla finestra ed entrando in casa, fradicio d’acqua. Fuori,
intanto,
continuava a diluviare e il vento ululava feroce.
Ai piedi del bel ragazzo si formò presto
una pozza d’acqua, ma la giovane sembrò non
preoccuparsene, nonostante avesse
da poco finito di ripulire il pavimento.
–Beh,
non ci crederai ma anch’io ho fatto la tua stessa fine-
esordì lei avanzando
lentamente verso la finestra per chiuderla. –Devono essere
proprio difficili da
digerire i cyborg per Cell-.
C-18 detestava
esternare il proprio stato d’animo, così
cercò in tutti i modi di mantenere
davanti al fratello quel suo solito atteggiamento calmo e impassibile,
sebbene
dentro di lei era tutt’altro che tranquilla.
–Tu, piuttosto…- riprese a un tratto,
voltandosi verso di lui –…come hai fatto a
trovarmi?-. Lo fissò gelidamente
negli occhi, in quegli occhi così identici ai suoi, sperando
che in tal modo
non trapelasse il turbine di emozioni che aveva dentro.
Cercò di regolarizzare
il battito cardiaco e il respiro, ma C-17 continuò a
fissarla come per
scrutarle fin dentro l’anima. –Niente di
più semplice: è bastato che seguissi
il tuo radar- C-18 dilatò le pupille, presa alla sprovvista.
–Ma questo non è
possibile! Io…-. Stava per commettere il più
grosso errore della sua vita:
quasi dimenticava la feroce ostilità del gemello nei
confronti degli esseri
umani. No, non poteva rivelargli una cosa del genere, non solo
perché gli
avrebbe procurato una forte delusione, ma anche perché
avrebbe attirato su di
sé e sulla sua famiglia la sua ira. E sapeva perfettamente
quanto C-17 potesse
diventare pericoloso quando si arrabbiava.
–Perché
non è possibile?- le domandò il cyborg,
accigliandosi. Dannazione, doveva
inventarsi qualcosa di convincente e alla svelta, anche. C-17 era una
macchina
troppo furba e intelligente per bersi una qualunque storiella inventata
al
momento…ciò significava che non avrebbe impiegato
molto a smascherarla e allora
la sua ira sarebbe stata ancor più spaventosa, in quando lei
non aveva mai
osato mentirgli tanto spudoratamente in tutta la sua vita. Per la prima
volta,
in venti maledettissimi anni di esistenza, C-18 si sentiva a disagio e
in
difficoltà. Si poteva dire, anzi, che avesse
persino…paura?.
Deglutì
e spostò lo sguardo verso il basso, ma il ragazzo le prese
delicatamente il
mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. –Guardami e
dimmi che non stai cercando
di mentirmi. Ti conosco fin troppo bene, sorellina, e so che mi stai
nascondendo qualcosa. Avanti, parla!-.
Le stinse ancora di più il mento, tanto che la bionda
dovette stringere
gli occhi dal dolore. Non appena se ne rese conto, il cyborg
allentò la presa e
il volto di C-18 tornò a rilassarsi. Riaprì gli
occhi e appoggiò la testa al
muro, costringendosi così, senza volerlo, a guardare dritta
negli occhi il
fratello. –Perché sei venuto? Che cosa vuoi da
me?-.
Il cyborg dai capelli scuri si avvicinò ancora di
più, tanto che la
giovane potè sentire il respiro caldo investirle in pieno il
viso bianco.
–Voglio
che vieni via con me, adesso. Non voglio stare nemmeno un minuto di
più lontano
da te. Mi sei mancata.
Ebbe un flash: vide lei poco tempo prima, a bordo di un furgone, mente
imbracciava un fucile e mitragliava chiunque tentasse di ostacolare il
loro
passaggio. Non provava rimpianto, senso di colpa, dolore: era una
fredda
macchina costruita per uccidere. Tornare con C-17 significava tornare a
quella
vecchia vita di pericoli, furti, uccisioni, minacce. Significava
tornare ad
essere una macchina priva di vita.
–Io…io
non posso, C-17. Mi dispiace-. Avrebbe voluto spiegargli il motivo di
quella
decisione, ma farlo voleva dire mettere a rischio la vita di Crilin, di
Marron
e anche sua.
Tentò di oltrepassarlo
per troncare lì la loro discussione, ma il cyborg non glielo
permise: con un
colpo secco tornò ad incastrarla al muro.
–Lasciami
andare, ti prego. Non rendermi le cose più difficili di
quanto non lo
siano.-
–Non ti
lascerò finchè non mi avrai detto tutta la
verità. Per il tuo bene,
parla.-
–Non farlo, C-17. Non costringermi…-
–PARLA,
CAZZO!-
–Per favore,
sveglierai la bambina!-.
C-17
indietreggiò di colpo, ma anzicchè approfittare
della situazione, C-18 rimase
immobile dov’era: nessuna fibra del suo corpo sembrava voler
rispondere ai suoi
comandi.
–Una
bambina…- ripetè sconvolto il gemello
– Q-quale bambina?
–Mia... figlia
Per qualche attimo non riuscì a pronunciare
altro, così come lui, perciò rimasero in
silenzio entrambi, la prima per la delusione provocata, il secondo per
la
confusione che la sorella gli aveva creato. Quest’ultimo,
poi, sorrise
amaramente, non potendo credere a ciò che aveva appena
udito; la gemella, in
tutta risposta, abbassò lo sguardo verso un punto
imprecisato del pavimento.
Non sarebbe riuscita a guardarlo, anche solo per un istante in
più, in quegli
occhi gelidi come il ghiaccio. Gelidi come le parole che le aveva
rivolto fino
a quel momento. Come potevano due occhi essere così identici
e rispecchiare, al
contempo, due esseri così diversi?
–Una bambina…che ironia della sorte, vero? Io, che
detesto con tutto me
stesso gli esseri umani, mi ritrovo improvvisamente una gemella che
si è sistemata con loro.
Che delusione!-
C-18 alzò lo sguardo per un attimo, soltanto per leggere
l’espressione
che vi era dipinta sul viso: era sarcastica, agghiacciante e non vi era
nemmeno
la minima traccia d’ira. E questo la spaventò
maggiormente, in quanto era
un’espressione del fratello che non aveva mai visto prima.
Il cyborg
rise ancora amaramente. –Guardati, C-18: ti sei proprio
rammollita. Fino a ieri
nemmeno avresti pensato di sposarti, avere una casa, una
famiglia…e adesso? Ti
ritrovi a fare la brava mogliettina e la mamma amorevole. E lui?
Dov’è il tuo
adorato maritino? Ti sta forse tradendo con un’altra?-
–E’ partito per un viaggio d’allenamento
insieme a Gohan e Junior. Tornerà qui fra due o tre giorni
massimo- rispose lei
distrattamente. –Un viaggio d’allenamento, eh? Ma
bene…così quando tornerà
potrò accoglierlo come si deve-. Fu come una molla che, se
tirata troppo,
quando viene rilasciata schizza alla velocità della luce:
allo stesso modo, le
parole di C-17 scatenarono una furia nell’animo di C-18.
Scattò in avanti, lo
afferrò per il colletto della maglia e sfidandolo con lo
sguardo gli rivolse le
parole più taglienti che potessero mai uscirle dalla bocca.
–Tu prova soltanto a toccare mio marito o
mia figlia e giuro che ti elimino dalla faccia della Terra, dovessi
anche
rinnegare di essere la tua gemella…
Per un attimo si sentì di nuovo padrona di se stessa.
Per un attimo fu come ritornare la vecchia cyborg C-18, pronta a
uccidere chiunque l’avesse ostacolata. E di questo anche C-17
se ne accorse,
tant’è che sorrise beffardamente, come a farle
notare di essere tornata quella
di un tempo.
–Non puoi rinnegare la tua natura di cyborg, C-18. Tu sei
come me: sei
nata per distruggere, non per creare. E per quanto tu voglia essere
un’umana,
ci sarà sempre una parte di te che ti ricorderà
di essere un cyborg.-
La
donna strinse ancor più la maglia del fratello, ma poi
mollò la presa e abbassò
la testa in modo tale che la frangia bionda le coprisse gli occhi.
–Vattene
via, C-17- sussurrò piano quanto bastava perché
il cyborg potesse sentirla
–Vattene via, costruisciti una vita tua, con una donna tua,
una casa tua, una
famiglia tua e lascia che io viva la mia vita.-
Era una
richiesta? Un ordine? Una supplica? Questo né
l’una né l’altro seppe dirlo con
esattezza. Forse erano tutt’e tre le cose o forse non era
nessuna.
–Ma
allora non capisci?- sbottò il ragazzo afferrandola per le
spalle per
riscuoterla: vederla così lo faceva dannatamente infuriare,
come può infuriarsi
un toro quando gli viene sventolato davanti un fazzoletto rosso.
–Io non voglio
nessun altra donna nella mia vita che non sia tu!-
La
stava stringendo forte, troppo forte, fino a farle un male lancinante.
Ancora
una volta C-18 si vide costretta a stringere gli occhi dal dolore, ma
stavolta
C-17 sembrò non curarsene.
–Mi stai facendo male, C-17…-
–Anche
tu mi stai facendo male, dannazione! Riprenditi: che fine ha fatto la
temeraria
C-18 di una volta, quella che non ci pensava due volte a far fuori
chiunque la ostacolasse,
quella che ha avuto la faccia tosta di accettare un duello contro un
Sayan e di
batterlo senza il minimo sforzo? Dov’è la mia
C-18?
–L’ho eliminata dal mio corpo, esattamente
come tanti anni fa Cell fece
con me.
C-17
sospirò e appoggiò la testa al muro, oltre la
spalla della sorella. Minuscole
gocce di pioggia colarono giù dai capelli pece del cyborg,
finendo sulla maglia
della bionda.
–Perché? Perché
ti ostini a essere qualcuno che in realtà non sei? Non
sarebbe più facile
mollare tutto e venire via con me?-
–Non
posso,C-17. Non posso tradire Crilin, non dopo tutto quello che ha
fatto per me…mi
ha protetta, salvato la vita, mi ha…voluto bene. Sarei
un’ingrata se ora
abbandonassi questa vita e ti seguissi-
–E’
questo, allora? E’ solo per riconoscenza che stai con
lui?-
–Io sto con lui perché…me ne sono
innamorata.
Fu allora che la rabbia di C-17 esplose come la bella C-18 non aveva
mai
visto. Lui l’afferrò nuovamente per le spalle,
stavolta con maggiore forza di
prima, impiegando ogni muscolo delle proprie braccia, la
incastrò con le spalle
al muro, la guardò negli occhi e digrignando i denti
proferì le parole più dure
che lei avesse mai sentito in tutta la sua vita. –I cyborg
non amano, C-18. Lo vuoi capire che siamo
soltanto macchine create per distruggere e niente di più?
Siamo nati per
uccidere, questo è l’unico destino di un cyborg. E
tu non fai eccezione-.
–Il mio destino è un altro, C-17. Il mio destino
è restare qui, sulla
Terra, e vivere la mia vita, una
vita
che gestisco io e per cui non devo
essere soggetta a nessuno. Non sono più un cyborg, sono un
essere umano. Sono
libera-
Il respiro le si
fece più pesante, il battito riprese ad aumentare; intanto
minuscole gocce di
sudore le imperlavano la fronte, risaltando l’azzurro degli
occhi.
–E’
davvero questo quello che vuoi? Sei proprio sicura che sia questo il
tuo destino?-
domandò il moro dopo attimi di silenzio.
–Il
destino lo scriviamo noi, fratello mio. Nessuno si prende la briga di
scriverlo
al posto nostro, semplicemente perché poi non vuole vedersi
costretto a
correggere e cancellare eventuali errori. Agiamo e sbagliamo con la
nostra
testa e ci assumiamo le eventuali conseguenze. Ma almeno non dipendiamo
da
nessuno e credo sia questo il vero obiettivo di ogni cyborg: la
libertà di
agire come meglio gli pare.-
D’un
tratto C-17 si ritrovò a pensare che la
sua cara sorellina era davvero cambiata, che quello non era
l’ennesimo colpo di
testa che le era preso all’improvviso e che, forse per la
prima volta, stava
ragionando come…un’umana
e non come
un cyborg. E doveva ammettere anche
che, sebbene C-18 fosse stata sempre una “testa
calda”, a differenza sua aveva
sempre agito responsabilmente, pensando due volte prima di agire. Beh,
a parte
quando si trattava di uccidere: là l’aveva sempre
guidata l’istinto prima
ancora che la ragione. Improvvisamente C-17 compì un gesto
che né lui stesso né
la gemella si sarebbero mai aspettati: le cinse i fianchi e
l’abbracciò. In un
primo momento la bionda restò stupita da quel gesto, ma poi,
circondando le
braccia dell’altro, rispose all’abbraccio.
Affondò il viso nell’incavo del
collo di lui e aspirò l’odore di terra e di erba
bagnata che impregnavano gli
abiti del cyborg. Si sentì poi cullata dalla possente mano
del ragazzo che gli accarezzava delicatamente i capelli
oro: era forse il primo e unico gesto protettivo che C-17 le avesse mai
rivolto
fino ad allora.
–Perché…perché dovevamo
essere gemelli?- le sussurrò, senza però
smettere di passarle una mano tra i capelli. C-18 interpretò
male quelle sue
parole, tuttavia restò in silenzio e attese che il gemello
le desse qualche
spiegazione. –Detesto avere davanti ciò che so di
non poter avere…-
Se prima la ragazza era rimasta
sconcertata dalle parole del cyborg, ora ne era confusa.
–Che
cosa vuoi dire...?- gli chiese staccandosi leggermente da lui. C-17 le
prese
una ciocca bionda e iniziò a passarla tra il pollice e
l’indice della mano
sinistra. Era intenzionato a tirar fuori tutto quello che aveva dentro,
tutto
quello che aveva tentato disperatamente di reprimere nei suoi patetici
vent’anni
di esistenza, eppure, proprio all’ultimo secondo, decise di
tacere.
“I cyborg non amano, C-17, Sono solo
macchine create per distruggere e nulla più” ricordò
a se stesso. Non era
forse questo che aveva appena detto alla sua sorellina?
–Lascia stare, non capiresti.- le
disse infine in un sospiro, staccandosi da lei e avviandosi alla
finestra.
Saltò sul davanzale e si accovacciò, ma
prima di ripartire si voltò a guardare per
l’ultima volta la gemella. Decise di
rivolgere un’ultima, semplice domanda, poi sarebbe sparito
per sempre dalla sua
vita.
–C-18…sei felice?-. In
un primo momento la bionda restò sorpresa da quella domanda,
poi però lo guardò
e gli sorrise teneramente.
–Sì,
C-17. Ho scritto io la strada per il mio destino, quindi posso
ritenermi
felice.-
Anche l’altro sorrise,
malinconicamente. –Qualora tu ne abbia bisogno, semmai questa
vita dovesse
farti soffrire, sappi che sarà sempre
libero un posto insieme a me. -
La ragazza gli
accarezzò un guancia con il dorso della mano. –Io
ti apparterrò sempre, C-17.
Siamo gemelli e questo non potrà mai cambiare, qualunque sia
il nostro
destino.- Passarono altri pochi istanti di silenzio: entrambi si
limitarono a
guardarsi, quasi volessero imprimere l’uno il volto
dell’altra nella propria
mente per non dimenticarlo.
–Addio,
C-18. Stammi bene e abbi cura di te-
–Addio,
C-17. Ti auguro buona fortuna, per tutto-
Poco dopo il
cyborg era sparito tra i grossi cumuli di nubi nere.
C-18 si accasciò delicatamente sul
pavimento, mentre calde e silenziose lacrime le rigavano le bianche
guance.
Una piccola mano
le accarezzò delicatamente i capelli. Per un attimo C-18
credette che lui fosse
tornato per non abbandonarla mai più. Ma quando si
voltò vide il visino tondo
di sua figlia mentre la scrutava con apprensione. –Mamma,
tutto bene? Perché
piangi?-
Come
avrebbe potuto spiegare ad una bambina così piccola quello
che aveva dentro, a
maggior ragione se nemmeno lei riusciva a spiegarselo?
Avvertì un bruciore alla mano, la
girò e vide due rivoli di sangue attraversarla fino al
polso: doveva essere
rimasta ancora qualche scheggia di vetro sul pavimento.
–Vedi, la mamma si è solo tagliata. E’
tutto a
posto, piccola.- mentì asciugandosi in fretta le lacrime. La
bambina l’abbracciò
e le accarezzò i capelli come poco prima, poi le
schioccò un bacio sulla
guancia. –Adesso va meglio, mammina?-.
C-18
sorrise tra le lacrime. –Sì tesoro. Adesso la
mamma sta bene.-
*Angolo
autrice*:
Dunque,
in tutta sincerità, questo è il
mio primo esperimento nel fandom di Dragon Ball. Vi prego di apprezzare
lo
sforzo che ho impiegato nel scrivere la fan fiction: l’ho
letta, riletta,
modificata, cancellata e riscritta. Questo non significa
però che debba
piacervi per forza…anzi, nessuno vi vieta di darmi una
pesante bandierina rossa
o qualcosa di simile. Quello che vi chiedo è di non essere
troppo severi o
acidi nel darmi un giudizio: le cose si possono spiegare bene e con
calma, le
critiche aspre, a mio parere, non portano da nessuna parte.
Ci
tenevo molto a pubblicare qualcosa sulla pairing C-17/C-18, sebbene
siano
gemelli. Hanno sempre avuto un certo fascino nascosto che li
idealizzava come
una possibile coppia, o quantomeno questa è la mia opinione.
Spero di non
averli resi troppo OOC: in ogni caso l’avvertimento
lo metto lo stesso, poi aspetto un vostro giudizio. Grazie
per aver letto fin qui, a presto!
PiccolaEco